sabato 24 febbraio 2018

Le isole volanti


Chekhov ride
Leisole volanti di Anton Chekhov apparve per la prima volta nel 1883 nella rivista russa Budilnik. Nel 1888, all'età di soli 28 anni, Chekhov aveva pubblicato la bellezza di 528 racconti, metà dei quali umoristici. Senza pretese, pieni di vivacità e inventiva, sono ben noti al pubblico russo, ma ignorati dagli editori e dai lettori occidentali, da cui Chekhov è stato sempre considerato solamente come un genio malinconico e uno studioso dell'umana infelicità. Questi racconti, invece, rivelano la sua piena padronanza del registro comico: parodie oltraggiose con un finale a sorpresa, satire sovversive che anticipano le attitudini antiautoritarie dei suoi lavori più maturi, escursioni nell'assurdo che alludono ai suoi dialoghi teatrali.
Il racconto è una comica parodia, che pretende di essere la traduzione in russo di un'avventura spaziale di Jules Verne. Il romanzo preso di mira è senza dubbio 'DallaTerra alla Luna' (De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes) del 1865, ma prende altresì di mira quella pretesa tutta russa di essere stati i primi a fare tutto.
Il protagonista è un eccentrico scozzese di nome John Lund, che intende bucare la Luna con un succhiello gigantesco, non si sa bene perché. Insieme al suo immancabile maggiordomo, è invitato da un stravagante scienziato russo con pretese di tuttologia, Walter Bolvanius, ad esplorare non la luna, ma delle misteriose isole volanti visibili solo attraverso il suo telescopio. Invece del proiettile di alluminio di Verne, i nostri eroi viaggiano in un cubo di rame appeso a tre palloni aerostatici. Le cose, però, non andranno affatto secondo i piani, e dopo essersi illusi di “aver surclassato Colombo,” scopriranno, ahiloro, di non essere affatto i primi ad aver tentato l'impresa.
Curiosità:
A partire dalla metà dell’Ottocento, si comincia a discutere della possibilità che la Terra abbia o meno un secondo satellite naturale. Nel 1846, Frederic Petit, direttore dell’osservatorio di Tolosa, affermò di aver scoperto una seconda luna della Terra. In generale, gli astronomi ignorarono queste teorie, e l’idea sarebbe stata ben presto dimenticata se un giovane scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto. Nel suo celebre romanzo “De la Terre à la Lune”, Verne racconta che un piccolo oggetto, un secondo satellite naturale, passò vicino alla capsula spaziale su cui viaggiavano i tre coraggiosi protagonisti diretti sulla Luna. 
 
Per saperne di più:

⭕Per approfondire l'argomento vi rimando ad un interessante articolo tra astronomia e cultura su  Altrogiornale.org

⭕Sul fascino della luna su scienza e letteratura :   Stregati dalla luna. Viaggi immaginari sul nostro satellite, Bernd Brunner - Giunti editore, 2014







THE FLYING ISLANDS. By Jules Verne.
A parody by Anton Chekhov (1883)
(tradotto dal russo da France H. Jones)



Questo è tutto, signori!” disse Mr. John Lund, un giovane membro della Royal Geographic Society, mentre sprofondava in una poltrona, esausto. Tutta la sala dell'assemblea rimbombò di applausi calorosi e urla di 'bravo!' Uno dopo l'altro, i presenti si avvicinarono a John Lund per stringergli la mano. Diciassette gentiluomini, come segno del loro stupore, sfasciarono diciassette sedie causando la distorsione di otto colli, appartenenti ad altrettanti gentiluomini, uno dei quali era il capitano dello yacht “La catastrofe,” un'imbarcazione da 100 tonnellate. 

lunedì 12 febbraio 2018

Dickon il diavolo


Black and white




Dickon il diavolo (Dickon the Devil) di Joseph Sheridan Le Fanu (Dublino, 1814 – Dublino, 1873), fu pubblicato nel 1872. Ancora una volta lo scrittore, noto soprattutto come creatore della vampira Carmilla che dà il nome all'omonimo romanzo, indaga gli incubi e i fantasmi che circondano le nostre vite.
Mentre nel romanzo gotico l'horror obbediva a meccanismi stereotipati e puramente esteriori (il cigolio delle catene, le notti buie e tempestose…), i fantasmi di Le Fanu diventano proiezione dell'inconscio dei suoi protagonisti, delle loro paure o delle loro superstizioni, fino ad arrivare ai confini del fantastico, lasciando al lettore il dubbio se quei fantasmi siano reali o solo il frutto di una mente particolarmente influenzabile o addirittura malata.
La storia è narrata in prima persona dal protagonista: un avvocato di città che trenta anni prima, per motivi professionali, si era recato in una remota località del Lincolnshire per curare gli interessi di due anziane zitelle che avevano ereditato la casa e i possedimenti di un vecchio signorotto di campagna, lo Squire Bowes.
Al tempo quella regione era ancora selvaggia e proprio perciò 'pittoresca' e ancora più suggestiva perché 'poco trafficata,' caratteristica che ha poi perso con l'avanzare della rivoluzione industriale, che cambiò non solo il panorama economico e sociale dell'Inghilterra, ma anche quello naturale, industrializzando le campagne, che vennero anch'esse sfruttate con criteri capitalistici, perdendo quel fascino selvaggio che le rendeva così affascinanti agli occhi del narratore: “...ma mi è stato detto che ora è molto meno selvaggia e, di conseguenza, meno bella.
Anche la dimora dello Squire Bowes sembra ferma nel tempo: è un vecchio edificio elisabettiano costruito nel tipico stile 'black and white' (dal contrasto che il graticciato in legno scuro crea sull'intonaco bianco dei muri), ma tutto è ricoperto di muffa e porta i segni dell'incuria e della decadenza e sembra essere lo specchio dello spirito antiquato del suo defunto proprietario. La casa a sua volta si riflette nel laghetto antistante che col suofreddo luccichio di un serpente nascosto nell'ombra” contribuisce a creare un'atmosfera di mistero e di pericolo.
Ed è proprio questo contrasto tra antico e moderno che sembra risvegliare il fantasma del vecchio squire, uomo all'antica, benvoluto da tutti perché: “Di buon carattere e alla mano… un po' pigro, forse.” Dopo la sua morte improvvisa, i suoi possedimenti vanno alle clienti del narratore, due zitelle di città, detestate dal vecchio squire, che è morto prima di riuscire a disporre altrimenti dei suoi beni. Le due donne mettono immediatamente 'a frutto' la tenuta facendo pascolare mandrie di buoi là dove il vecchio Squire era solito passeggiare. Ma, inspiegabilmente, gli animali iniziano ad ammalarsi e a morire. E quale può essere la causa se non la vendetta del fantasma dell'antico proprietario, che sembra aver perso la sua antica pigrizia e scatena la sua ira non solo sul bestiame ma anche sul povero guardiano del bestiame, il giovane e ignaro Dickon Pyke.




Dickon il diavolo
    
di
Joseph Sheridan Le Fanu



Caspar David Friedrich, Ingresso del cimitero, 1825-1835




Circa trenta anni or sono, fui incaricato da due ricche e anziane signore di ispezionare una proprietà in quella parte del Lancashire situata vicino alla famosa foresta di Pendle, che il romanzo di Mr. Ainsorth Le streghe del Lancashire1, ci ha reso così piacevolmente familiare. Il mio compito era quello di suddividere una piccola proprietà, comprendente una casa e una tenuta, di cui le due donne erano state nominate coeredi già da molti anni.
Durante le ultime quaranta miglia fui obbligato a viaggiare in diligenza, principalmente attraverso strade secondarie, poco conosciute e ancor meno frequentate, che spesso offrivano scenari estremamente interessanti e piacevoli. Il paesaggio era reso ancor più pittoresco2 dalla stagione, i primi di settembre, in cui stavo viaggiando.