Sfida
infernale
Nel
1851 il Dublin University Magazine pubblicò "Ghost
Stories of Chapelizod": una raccolta di tre racconti - The
Village Bully (Il bullo del
villaggio), The Sexton's Adventure
(L’avventura del sagrestano), e The
Spectre Lovers (Gli
amanti
spettrali)
– ambientati nel
villaggio suburbano di
Chapelizod, nei pressi di
Dublino.
Nel
breve prologo che fa da introduzione alle storie, Le Fanu ci
introduce alla natura spettrale dei suoi racconti con l’ironico
corollario che, così come non c’è un vecchio formaggio senza
vermi o una vecchia casa senza topi, non può esistere nessun antico
villaggio, ormai in decadenza, che non abbia le sue storie di
terrore. Proprio come Chapelizod, che una volta era stato un
villaggio prospero e animato, poi ridotto ad uno sparuto gruppo di
case, dove rimanevano solo poche tracce delle antiche glorie a
contribuire a quell’aura di ‘melancholy picturesqueness’ che
tanto aveva affascinato l’autore.
Con
le sue storie, Le Fanu richiama dall’oblio gli abitanti del
villaggio, le loro semplici vite, le loro gioie e i loro dolori,
le loro ingenuità e le loro malvagità, i loro vizi e le loro virtù.
Protagonista
del primo
racconto - TheVillage Bully
(Il
bullo del villaggio)
– è
Larkin detto il bullo, a causa del suo carattere vile e prepotente.
Dotato di grande prestanza fisica e notevole abilità pugilistica, si
diverte a provocare gli uomini del villaggio, in particolare quelli
più deboli e inesperti di lui, al solo scopo di umiliarli e seminare
il terrore tra i suoi compaesani. Ma
la violenza
del bruto sarà particolarmente feroce nei confronti del giovane e
inesperto ‘Long
Ned’ Moran, suo involontario rivale in amore, che morirà in
seguito ai colpi ricevuti durante un combattimento istigato ad arte e
portato a termine
con
fredda determinazione omicida. Ma
tre anni dopo il fantasma del giovane ritornerà ad
esigere la sua vendetta infliggendo
al suo aguzzino le stesse pene da lui subite e sfidandolo ad un match all'inferno.
✨ Il racconto è contenuto in questa interessante antologia di storie horror:
"Le Più Belle Storie di Fantasmi", Gianni Pilo a cura di, Newton e Compton Editori, 2001
Il
bullo del villaggio
di
Sheridan
le Fanu
Circa
trenta anni fa, nella città di Chapelizod viveva un uomo malvagio
provvisto di una forza esrculea, ben noto in tutto il vicinato con
l’appellativo di Larkin il bullo.
Oltre alla sua notevole superiorità fisica, aveva acquisito una
particolare abilità come pugile, cosa che da sola sarebbe bastata a
renderlo un formidabile avversario. Stando così le cose, era
diventato il tiranno del villaggio, e non reggeva lo scettro invano.
Conscio della sua superiorità, e sicuro dell’impunità,
spadroneggiava sui suoi compaesani con una prepotenza vile e brutale,
che lo aveva reso molto più profondamente odiato di quanto non fosse
temuto.
In
più di un’occasione aveva deliberatamente provocato litigi con
uomini che aveva scelto al solo scopo di esibire la sua selvaggia
potenza, e in ogni incontro il suo surclassato antagonista riceveva
una ‘punizione’ di un’entità tale da intimorire e
terrorizzare gli spettatori, e in alcuni casi si lasciava dietro
cicatrici indelebili e ferite durevoli.
Il
fegato di Larkin il bullo non era mai stato messo alla prova
lealmente. Perché, grazie alla sua prodigiosa superirità in termini
di peso, forza e abilità, le sue vittorie erano sempre state certe e
facili, mentre la sua litigiosità e la sua insolenza crescevano in
proporzione alla facilità con cui puntualmente sopraffaceva i suoi
avversari. In tal modo divenne un’odiosa molestia in tutto il
vicinato e il terrore di ogni madre che avsse un figlio e di ogni
moglie che avesse un marito con un carattere suscettibile alle offese
o con un minimo di fiducia nelle proprie abilità pugilistiche.
Ora
accadde che all’epoca vivesse in città un giovanotto di nome Ned
Moran, meglio conosciuto con il soprannome di ‘Ned il lungo,’ a
causa della sua figura magra e slanciata. In verità era appena un
ragazzo di diciannove anni e di ben dodici anni più giovane del
forzuto attaccabrighe. Questo, comunque, come il lettore potrà
constatare, non gli garantì alcuna esenzione dalle vili provocazioni
del malvagio pugile. Ned il lungo, purtroppo per lui, aveva fatto gli
occhi dolci ad una certa prosperosa damigella che si mostrò incline
a ricambiarli, nonostante l’amorosa rivalità di Larkin il bullo.
Non
c’è bisogno di dire come facilmente la scintilla della gelosia,
una volta accesa, deflagri in una fiamma e come, di conseguenza,
esploda in atti violenti e oltragiosi in una natura rozza e
incontrollata.
‘Il
bullo’ attese il momento opportuno e fece in modo di attirare Ned
Moran, mentre beveva in un pub insieme ad un gruppo di amici, in una
lite durante la quale non mancò di rivolgere al suo avversario
insulti tali che nessun uomo potrebbe sopportare. Ned il lungo,
sebbene fosse una persona semplice e di buon carattere, non mancava
certo di coraggio, e replicò con un tono di sfida che intimorì i
più timidi e diede al suo avversario l’opportunità che andava
cercando.
Larkin
il bullo sfidò l’eroico giovane, il cui bel volto egli aveva in
cuor suo consegnato alla massacrante e sanguinaria disciplina che
era tanto abile ad amministrare. La lite, che aveva deliberatamente
provocato, mascherò in parte il risentimento e la malvagia
premeditazione che aveva ispirato le sue azioni, e Ned il lungo,
pieno com’era di giusta ira e punch al whiskey1, accettò di
misurarsi in battaglia. Tutta la comitiva, accompagnata da una folla
di ragazzini e sfaccendati e, per farla breve, da tutti quelli che
potettero assentarsi per un attimo dalle loro consuete attività,
procedette in lenta processione attraverso le vecchia porta del
Phoenix Park2 e, salendo lungo la collina che sovrastava la città,
fu scelta una radura pianeggiante vicino alla sommità come luogo su
cui decidere le sorti della lite.
I
combattenti si spogliarono e anche un bambino avrebbe potuto capire
quanto fossero disperate le probabilità di vincere del povero Ned
Moran: bastava osservare il contrasto fra il fisico lungo e magro del
ragazzo e la complessione muscolare e massiccia del suo più anziano
antagonista.
Furono
nominati i ‘secondi’ e i loro aiutanti3 – selezionati,
naturalmente, tra coloro che amavano la boxe – e la lotta cominciò.
Non
voglio impressionare I miei lettori con la descrizione della
macelleria a sangue freddo che ne seguì. Il risultato del
combattimento fu quello che chiunque avrebbe potuto prevedere.
All’undicesimo round il povero Ned rifiutò di ‘gettare la
spugna,’ mentre il muscoloso pugilatore, indenne e col vento a
favore e livido in volto per un desiderio di vendetta intenso e non
ancora placato, ebbe la soddisfazione di vedere il suo avversario
seduto sulle ginocchia del secondo, incapace di sollevare la testa,
con il braccio sinistro inutilizzabile, la faccia ridotta ad una
massa informe, gonfia e sanguinolenta, il petto pieno di cicatrici
sanguinanti e tutto il copo che tremava e ansimava per la rabbia e lo
sfinimento.
“Arrenditi,
Ned, ragazzo mio,” gridò più di uno fra il pubblico.
“Mai,
mai,” gridò il poveretto, con voce roca e soffocata.
Terminato
l’intervallo, il suo secondo lo rimise in piedi. Accecato dal suo
stesso sangue, ansimando e barcollando, non era altro che un indifeso
bersaglio per i colpi del suo valente avversario. Era chiaro a tutti
che sarebbe bastato un solo colpo per buttarlo a terra.
Ma
Larkin non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andar via così
facilmente. Chiuse con lui senza sferrare il colpo decisivo
(l’effetto del quale, se portato a segno prematuramente, sarebbe
stato quello di stenderlo a terra immediatamente ponendo in tal modo
fine al combattimento), mise la sua testa martoriata e quasi senza
sensi sotto il braccio, stretta in quella particolare ‘mossa’
meglio conosciuta con l’elegante eufemismo di ‘chancery,’4 e lo
tenne fermo mentregli riempiva la faccia di pugni con colpi monotoni
e brutali. Dalla folla si udì gridare “vergogna,” perché era
chiaro che il ragazzo aveva perso i sensi ed era supportato soltanto
dal braccio erculeo del bruto. Il round e l’incontro finirono
quando Lurkin lo scaraventò a terra, e allo stesso tempo si gettò
su di lui schiacciandogli il petto con il ginocchio.
Il
bullo si rimise in piedi, ma Ned rimase disteso immobile sull’erba.
Fu impossibile farlo stare sulle gambe per un altro round. Così fu
trasportato giù, come si trovava, fino allo stagno che allora si
trovava vicino alla vecchia porta del parco, e lì gli lavarono la
testa e il corpo. Contrariamente a quello che tutti credevano, non
era morto. Lo portarono a casa e dopo qualche mese si riprese
alquanto, Ma non riuscì più a tenere la testa eretta, e prima che
l’anno finisse morì di consunzione. Nessuno dubitò di come il
male fosse stato originato, ma non c’erano prove certe per
collegare causa ed effetto, e quel furfante di Larkin sfuggì alla
vendetta della legge.
Dopo
la morte di Ned il lungo, divenne meno litigioso di prima, ma più
scontroso e riservato. Alcuni dicevano che “se l’era presa a
cuore,” e altri, che non aveva la coscienza tranquilla. Sia come
sia, comunque, la sua salute non soffrì a causa dei suoi presunti
turbamenti, nè la sua prosperità materiale fu minimamente toccata
dalle furibondi maledizioni con cui lo perseguitava l’escerbata
madre del povero Moran, al contrario, la sua posizione era piuttosto
migliorata e ottenne un impiego regolare e ben remnerato dal
giardiniere del Primo Segretario, dall’altra parte del parco.
Viveva ancora a Chapelizod, dove, alla fine della sua giornata di
lavoro, era solito ritornare attraverso il parco.
Fu
circa tre anni dopo la disgrazia che vi ho narrato, che una notte di
fine autunno, contrariamente alle sue abitudini, Larkin non si fece
vedere nella casa in cui alloggiava, né era stato visto, durante la
sera, in alcun altro luogo del villaggio. L’orario in cui ritornava
era sempre stato così regolare che la sua assenza suscitò molta
sorpresa ma, naturalmente, nessun allarme e, alla solita ora, la casa
fu chiusa per la notte e l’inquilino assente fu affidato alla
misericordia degli elementi e alla cura della sua buona stella. Il
mattino presto, comunque, fu trovato che giaceva in uno stato di
assoluta incoscienza sul lato della collina prospiciente la porta di
Chapelizod. Era stato colpito da un attacco apoplettico: il suo lato
destro era morto, e trascorsero molte settimane prima che recuperasse
la parola in maniera sufficiente a farsi capire.
Larkin,
allora, fece il seguente racconto: pare che si fosse trattenuto più
a lungo del solito e che le tenebre fossero scese prima che iniziasse
a prendere la strada di casa attraverso il parco. Era una notte di
luna piena, ma masse di nuvole temporalesche si muovevano lentamente
nel cielo. Non aveva incontrato anima viva e non si sentiva altro
suono se non il fruscio sordo del vento attraverso i cespugli e le
cavità degli alberi. Questi suoni selvaggi e monotoni, insieme
all’assoluta solitudine che lo circondava, non suscitavano,
comunque, nessuna di quelle sgradevoli sensazioni che vengono
attribuite alla superstizione, sebbene disse che si era sentito
depresso o, a parole sue, ‘malinconico.’
Ma
mentre attraversava la sommità della collina che sovrasta la città
di Capelizod, la luna fece capolino tra le nuvole e brillò luminosa
per qualche istante e il suo sguardo, che in quel momento vagava tra
le ombre del cimitero ai piedi della collina, fu attratto dalla vista
di una figura umana che, con la fretta di chi viene inseguito, stava
scavalcando il muro del cimitero, correndo su per la salita proprio
nella sua direzione. Gli vennero in mente storie di
‘resurrezionisti5,’ mentre osservava quella figura dall’aspetto
sinistro. Ma poi, con una specie di terrificante istinto che non
riusciva a spiegare, incominciò a rendersi conto che quella figura
che stava correndo dirigeva i suoi passi, con intenzioni sinistre,
proprio verso di lui.
Churchyard
with a Ruined Chapel- John
Teasdale, 1848–1926
|
Era
la sagoma di un uomo con addosso una giacca sbottonata che si
tolse mentre correva
e che poi, per quello che Luarkin riusciva a vedere, dal momento che
la luna era di nuovo coperta dalle nuvole, gettò via. La figura
avanzò in quella guisa finchè giunse ad una trentina di metri da
lui, quì smise di correre e gli si avvicinò con passo felpato e
spavaldo. La luna brillò di nuovo in tutto il suo splendore e, buon
Dio! quale spaettacolo gli si parò dinanazi? Egli vide in maniera
chiara e distinta, come se si fosse presentato là in carne ed ossa,
Ned Moran, in persona, che si era denudato dalla cintola in su, come
per un combattimento pugilistico, e che gli si avvicinava in
silenzio. Larkin avrebbe voluto gridare, pregare, bestemmiare,
fuggirsene attraverso il parco, ma era assolutamente privo di forze.
L’apparizione si fermò a pochi passi e gli rivolse uno sguardo
malevolo con la terrificante espressione di sfida con cui i pugili
provano ad intimidire l’avversario prima del combattimento. Per un
attimo, che gli sembrò eterno, egli fu prigioniero dell’incantesimo
di quello sguardo ultraterreno e alla fine quella cosa, qulunque
fosse, gli si avvicinò con spavalderia protendendo verso di lui il
palmo delle mani. Preso da un impeto di orrore, Larkin allungò le
mani nel tentativo di allontanare quella figura e i loro palmi si
toccarono – almeno, così credette – perché il brivido di una
inspiegabile agonia , correndo attraverso il braccio, gli pervase
tutto il corpo, e cadde a terra privo di sensi.
Sebbene
Larkin vivesse ancora molti anni, la sua punizione fu terribile. Era
stato irrimediabilmente menomato, ed essendo inabile al lavoro, fu
costretto, per sopravvivere, a chiedere la carità di coloro che una
volta lo avevano temuto e adulato. Le sue sofferenze, poi, erano
accresciute dalla sua terribile interpretazione di quell’incontro
soprannaturale che era stato all’origine di tutte le sue disgrazie.
Era impresa vana tentare di scuotere la sua fede nella veridicità di
quell’apparizione e altrettanto inutile, come alcuni fecero
compassionevolmente, cercare di persuaderlo che il saluto con cui
quella visione era terminata, pur avendogli inflitto una temporanea
sofferenza, stava a significare una riconciliazione riparatoria.
"No,
no," era solito dire, “non è così. So fin troppo bene cosa
vuol dire: è una sfida ad incontrarmi con lui all’altro mondo –
all’inferno, dove sto per andare – questo è il significato e
niente altro.”
E
così, infelice e rifiutando ogni conforto, visse ancora per qualche
anno e poi morì e fu seppellito nello stesso piccolo cimitero che
custodiva i resti mortali della sua vittma.
Non
c’è bisogno di dire, quanto fosse assoluta la fede degli onesti
compaesani, al tempo in cui la storia mi fu narrata, nella veridicità
di quella apparizione soprannaturale che, attraverso i portali del
terrore, della malattia e dell’infelicità, aveva richiamato Larkin
il bullo alla sua dimora eterna e, inoltre, tutto era accaduto
proprio nel luogo dove egli aveva portato a segno il più ignobile
trionfo della sua condotta violenta e vendicativa.
FINE
1- Bevanda a base di whiskey acqua calda e zucchero
2- Phoenix Park, è un grande parco situato a 3 km a nord-ovest del centro di Dublino. Ricco di prati e viali alberati, esteso 712 ettari, è delimitato da una cinta muraria di 16 km di perimetro.
3- Nell'originale: "Seconds"
and "bottle-holders" I secondi avevano l'incarico di accudire il pugile durante gli intervalli, facendolo sedere sulle loro ginocchia, ristorandolo con il cordiale custodito dai portatori di bottiglie.
4- In chancery: è la corte di giustizia. Si riferisce alla presa del wrestling in cui la testa di un combattente è imprigionata sotto il braccio dell'avversario.
5- Resurrection men: termine ironico che indicava i ladri di cadaveri da vendere agli anatomisti. Vedi racconto di Stevenson 'IL LADRO DI CADAVERI'
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