UN AMERICANO ALLA CORTE DEL SOL LEVANTE
“Lafcadio
Hearn, strange, wandering, and exotic” così lo definisce H.P.
Lovecraft nel suo famoso saggio “Supernatural Horror in Literature”
(1927). E sicuramente questi tre aggettivi ben descrivono la vita
avventurosa e lo stile di questo autore ormai quasi dimenticato, ma
che fu un importante mediatore tra la cultura occidentale e quella
giapponese. Morì nel settembre del 1904, alla vigilia del conflitto
tra Russia e Giappone per il controllo della Manciuria e della Corea,
e che si concluse nel 1905 con una delle prime vittorie dell'era
moderna di una nazione asiatica su una europea: il Giappone rafforzò
così il suo prestigio e cominciò ad essere considerato una grande
potenza moderna.
Ma
questo vagabondo delle isole non fu attratto dalla modernità, bensì
da quel Giappone che stava ormai sparendo tra le ombre - avendo
sempre preferito le ombre alla luce – e vi si tuffò dentro,
crogiolandosi nell'illusione che quello fosse il “vero” Giappone.
Fu
in un'isola greca, Leucade (Lefkada, da cui il suo nome), che nel
1850 venne al mondo, figlio di un ufficiale irlandese dell'esercito
inglese e di una donna greca. A sei anni si trasferì in Irlanda,
dove ricevette un'educazione piuttosto casuale. A diciannove anni -
dopo una breve e spasmodica esperienza educativa in Inghilterra e
Francia - fu spedito negli Stati Uniti, e qui, dopo un periodo di
grande indigenza, il suo talento gli permise di diventare un
affermato giornalista, particolarmente affascinato da storie “fuori
dall'ordinario.” I suoi articoli di cronaca nera, pieni di dettagli
raccapriccianti, erano letteralmente divorati dai suoi lettori.
Nel
1889 fu inviato in Giappone come giornalista corrispondente. Qui
Hearn si sentì finalmente a casa e trovò la sua più grande
ispirazione. Lavorò come insegnante di letteratura inglese e sposò
Setsu Koizumi, la figlia di una famiglia di samurai, diventando un
Giapponese naturalizzato con il nome di Koizumi Yakumo.
Il suo
periodo più prolifico fu tra il 1896 e il 1903. In questo periodo
scrisse sui costumi, la religione e la letteratura del Giappone
e
tradusse
in
un inglese fluido e allusivo storie e leggende del folklore nipponico
- Exotics and
Retrospective
(1898), In Ghostly
Japan (1899),
Shadowings
(1900), A Japanese
Miscellany (1901),
Kottó:Being Japanese Curios, with Sundry Cobwebs (1902).
Nel 1904
pubblicò Kwaidan,
una raccolta di storie soprannaturali, da cui è tratto il racconto
che ho tradotto per voi: LA STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI, sulle
disavventure di un povero cantore cieco narrate
in uno stile sospeso
tra horror, dettagli
splatter e macabra
comicità. Nel 1965 fu girato il film Kwaidan,
ispirato a quattro dei racconti contenuti nel libro - inclusa la storia
di Hoichi - che
fu molto
apprezzato dalla critica.
Il
suo ultimo e più conosciuto libro,
Japan, an Attempt at an Interpretation
(1904) , contiene una serie di lezioni che avrebbe dovuto tenere per
la Cornell University
(N.Y.),
ma Hearn morì prima di poter ritornare negli States. Questi scritti
rappresentano una presa di distanza dalla sua prima e idealizzata
visione del
Giappone e gli diedero
una nuova e drammatica notorietà durante la seconda guerra mondiale.
LIBRI
CONSIGLIATI:
Centouno storie
zen
cur. Senzaki N., Reps P., 1973, Adelphi
cur. Senzaki N., Reps P., 1973, Adelphi
Bashô Matsuo, cur. Muramatsu M., 2008, La Vita Felice
Kokoro. Il cuore della vita giapponese
Hearn Lafcadio, 2013, Luni Editrice
Nel Giappone spettrale
Hearn Lafcadio, cur. Rovagnati G., 1991, Tranchida
Il bambino che
disegnava gatti-The boy who drew cats
Hearn Lafcadio, 1992, Ugo Mursia Editor
Hearn Lafcadio, 1992, Ugo Mursia Editor
LA
STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI
Lafgadio
Hearn
Più
di settecento anni fa, a Dan-no-ura, negli stretti di Shimonoseki,
fu combattuta l'ultima battaglia del lungo conflitto tra il clan
degli Heike, o Taira, e quello degli Genji, o Minamoto*.
In
quella battaglia il clan degli Heike fu completamente annientato,
insieme alle loro donne e ai loro figli, e al loro imperatore bambino
– ora ricordato col nome di Antoku Tenno*.
E quel mare e quella spiaggia sono stati infestati da fantasmi per
settecento anni... In un altro scritto vi ho raccontato degli strani
granchi che si trovano lì, chiamati granchi Heike, che hanno un
volto umano sul dorso, e si dice che siano gli spiriti dei guerrieri
Heike1.
Ma lungo la costa si possono vedere e sentire molte cose strane.
Nelle notti senza luna, migliaia di fuochi fatui aleggiano sulla
spiaggia, o fluttuano sulle onde, - pallide luci che i pescatori
chiamano Oni-bi, o fuochi demoniaci; e, ogni qual volta i venti si
levano, dal mare arriva il suono di forti urla, simile al clamore di
una battaglia.
Negli anni passati gli Heike
erano molto più irrequieti di oggi. Circondavano le navi che
passavano di notte e cercavano di affondarle, e a tutte le ore erano
a caccia di nuotatori, per tirarli giù. Fu proprio allo scopo di
placare quei morti che il tempio buddista, Amidaji, fu eretto a
Akamagaseki. Di fianco fu costruito anche un cimitero, vicino alla
spiaggia, e dentro vi furono innalzati monumenti su cui vennero
scritti i nomi dell'imperatore annegato e dei suoi grandi vassalli, e
cerimonie buddiste vi vfurono regolarmente officiate, in onore dei
loro spiriti. Dopo che il tempio fu costruito e le tombe erette, gli
Heike diedero meno problemi di prima; ma di tanto in tanto
continuarono a fare cose strane, a riprova che non avevano trovato la
pace perfetta.
Alcuni
secoli fa viveva ad Akamagaseki un cieco di nome Hoichi, che era
famoso per la sua bravura nella recitazione e nel suonare il biwa2.
Era stato educato a recitare e a suonare fin da bambino, e aveva
sorpassato i suoi maestri quando era ancora un ragazzo. Come
suonatore professionale di biwa era diventato famoso soprattutto per
le sue recitazioni della storia degli Heike e dei Genji, e si dice
che quando cantava la canzone della battaglia di Dan-no-ura “neanche
i demoni riuscivano a trattenere le lacrime.” All'inizio della sua
carriera, Hoichi era molto povero, ma trovò un buon amico che lo
aiutò. Il sacerdote di Amidaji amava la poesia e la musica, e
invitava spesso Hoichi al tempio, per suonare e recitare. In seguito,
essendo rimasto molto impressionato dalla maestria del ragazzo, il
sacerdote propose ad Hoichi di andare ad abitare nel tempio, e
l'offerta fu accettata con gratitudine. Ad Hoichi fu assegnata una
stanza nell'edificio del tempio, e, in cambio di vitto e alloggio,
gli fu chiesto soltanto di gratificare il sacerdote con
un'esibizione musicale nelle sere in cui non aveva altri impegni.
Una
sera d'estate il prete fu chiamato ad officiare una cerimonia
buddista nella casa di un parrocchiano morto, in compagnia del suo
chierico, lasciando Hoichi solo nel tempio. Era una notte calda, e il
cieco cercò ristoro sulla veranda della sua camera da letto. La
veranda si affacciava su un piccolo giardino sul retro dell'edificio.
Là Hoichi aspettò il ritorno del prete, e cercò di dare sollievo
alla sua solitudine esercitandosi sul suo biwa. La mezzanotte passò
e il prete non si fece vedere. Ma l'aria era ancora troppo calda per
per rientrare, e Hoichi rimase fuori. Alla fine sentì dei passi
avvicinarsi dal cancello sul retro. Qualcuno attraversò il giardino,
avanzò verso la veranda, e si fermò proprio davanti a lui – ma
non era il prete. Una voce profonda lo chiamò per nome – in modo
brusco e senza cerimonie, alla maniera di un samurai che convoca un
inferiore:-
“Hoichi!”
“Hai!3”
rispose il cieco, spaventato da quella voce minacciosa, - “Sono
cieco! - Non posso sapere chi mi chiama!”
“Non
c'è di che aver paura,” esclamò lo straniero, parlando più
gentilmente. “Sto facendo sosta vicino a questo tempio e sono stato
mandato da te con un messaggio. Il mio attuale signore, una persona
di altissimo rango, è in visita ad Akamagaseki, con numerosi nobili
al suo seguito. Desiderava vedere il teatro della battaglia di
Dan-no-ura, e oggi ha visitato quel luogo. Avendo sentito parlare
della tua abilità nel narrare la storia della battaglia, desidera
ascoltare una tua esibizione: così tu adesso prendi il tuo biwa e
vieni con me alla casa dove l'augusta assemblea sta aspettando.”
A
quei tempi, l'ordine di un samurai non poteva essere preso alla
leggera. Hoichi indossò i suoi sandali, prese il suo biwa, e andò
via con lo straniero, che lo guidò con attenzione, ma lo obbligò a
camminare molto velocemente. La mano che lo guidava era di ferro, e
il clangore che il guerriero faceva ad ogni passo rivelava che era
completamente armato, probabilmente una guardia di palazzo in
servizio.
I primi timori di Hoichi erano passati: e incominciò a pensare di aver avuto fortuna;- perché, ricordando l'affermazione del servitore* circa “una persona di altissimo rango,” pensò che il signore che voleva ascoltare la sua esibizione non poteva essere niente meno che un daimyo di prima classe. Dopo un po' il samurai si fermò e Hoichi si rese conto che erano arrivati ad un'ampia porta: e se ne meravigliò, perché non riusciva a ricordare nessuna ampia porta in quella parte della città, eccetto la porte principale di Amidaji. “Kaimon!4” gridò il samurai, e ci fu un rumore di porte che venivano aperte, e i due passarono. Attraversarono un giardino e si fermarono di nuovo davanti ad un altro ingresso, e il servitore gridò ad alta voce, “Voi lì dentro! Ho portato Hoichi.” Quindi ci fu il suono di piedi che correvano, e pannelli che scorrevano e porte esterne che si aprivano, e voci di donne che conversavano. Dal linguaggio delle donne Hoichi capì che erano le cameriere di una nobile casa; ma non riusciva ad immaginare in che posto fosse stato condotto.
I primi timori di Hoichi erano passati: e incominciò a pensare di aver avuto fortuna;- perché, ricordando l'affermazione del servitore* circa “una persona di altissimo rango,” pensò che il signore che voleva ascoltare la sua esibizione non poteva essere niente meno che un daimyo di prima classe. Dopo un po' il samurai si fermò e Hoichi si rese conto che erano arrivati ad un'ampia porta: e se ne meravigliò, perché non riusciva a ricordare nessuna ampia porta in quella parte della città, eccetto la porte principale di Amidaji. “Kaimon!4” gridò il samurai, e ci fu un rumore di porte che venivano aperte, e i due passarono. Attraversarono un giardino e si fermarono di nuovo davanti ad un altro ingresso, e il servitore gridò ad alta voce, “Voi lì dentro! Ho portato Hoichi.” Quindi ci fu il suono di piedi che correvano, e pannelli che scorrevano e porte esterne che si aprivano, e voci di donne che conversavano. Dal linguaggio delle donne Hoichi capì che erano le cameriere di una nobile casa; ma non riusciva ad immaginare in che posto fosse stato condotto.
Non
gli fu lasciato molto tempo per le congetture. Dopo che lo ebbero
aiutato a salire alcuni gradini di pietra, sull'ultimo dei quali gli
fu detto di lasciare i suoi sandali, la mano di una donna lo guidò
lungo interminabili passaggi di legno levigato, intorno ad un così
gran numero di pilastri ad angolo che era impossibile ricordarsene, e
attraverso distese incredibili di pavimenti coperti da stuoie, fino
al centro di un vasto appartamento. Lì gli sembrò che fossero
riuniti molti illustri personaggi: il rumore del fruscio della seta
era simile a quello delle foglie di una foresta. Sentì anche un gran
brusio di voci, che parlavano sottovoce, e il linguaggio era quello
delle corti.
Ad
Hoichi fu detto di accomodarsi, e scoprì che era stato preparato per
lui un cuscino dove inginocchiarsi. Dopo che si fu sistemato e dopo
aver accordato il suo strumento, la voce di una donna - che egli
suppose essere la Rojo - ovvero la matrona responsabile della servitù
femminile – si rivolse a lui, dicendo:
“Ti
si chiede di declamare la storia degli Heike, con l'accompagnamento
del biwa.”
Ora,
l'intera storia avrebbe richiesto il tempo di molte notti: pertanto
Hoichi si azzardò a chiedere,
“Dal
momento che l'intera storia non può non può essere narrata in poco
tempo, quale parte l'augusto desiderio mi ordina di recitare?”
La
voce della donna rispose:
“Recita
la storia della battaglia di Dan-no-ura, perché è la più
commovente.”
Allora
Hoichi levò la sua voce e intonò il canto della battaglia
sull'aspro mare,- facendo meravigliosamente risuonare il suo biwa
come il battere dei remi e la corsa della nave, il ronzio e il sibilo
delle frecce, le grida e il calpestio degli uomini, il cozzare
dell'acciaio sugli elmi, il tonfo dei morti nei flutti. E durate le
pause del suo canto, poté sentire, alla sua destra e alla sua
sinistra, mormorii di apprezzamento: “Che artista meraviglioso!”-
“Nelle nostre province non si era mai sentito niente del genere!”
- “In tutto l'impero non c'è un altro cantore come Hoichi!”
Questo gli diede nuovo coraggio, e suonò e cantò anche meglio di
prima, e intorno a lui crebbe un silenzio meravigliato. Ma quando
alla fine narrò il fato delle belle e degli indifesi, - la
commovente morte delle donne e dei bambini,- e il tuffo mortale di
Nii-no-Ama, con il bambino imperiale nelle sue braccia, allora gli
ascoltatori emisero tutti insieme un lunghissimo fremente grido di
angoscia, e poi piansero e gemettero in modo così forte e selvaggio
che il cieco fu spaventato dalla violenza e dal dolore che aveva
provocato. I gemiti e i lamenti continuarono a lungo. Poi,
lentamente, il suono dei lamenti si spense, e di nuovo, nel grande
silenzio che seguì, Hoichi sentì la voce della donna che pensava
fosse la Rojo.
La
donna disse:
“Anche
se ci era stato assicurato che sei un abile suonatore di biwa, e
senza pari nella recitazione, non credevamo che qualcuno potesse
essere così magistralmente bravo come lo sei stato tu questa notte.
Il nostro signore si è compiaciuto di dire che intende elargirti
un'appropriata ricompensa. Ma desidera che tu ti esibisca al suo
cospetto ogni notte per i prossimi sei giorni – passato questo
tempo, probabilmente farà il suo augusto viaggio di ritorno. Domani
notte, pertanto, devi venire qui alla stessa ora. Verrà a prenderti
Il servitore che ti ha guidato stanotte... C'è un'altra cosa che mi
è stato ordinato di comunicarti. E' necessario che tu non parli a
nessuno delle tue visite qui, per tutto il tempo che il nostro
signore soggiornerà ad Akamagaseki. Poiché viaggia in incognito,
egli ordina che non venga fatta menzione di tutto ciò... Ora torna
pure al tuo tempio.”
Dopo
che Hoichi ebbe debitamente espresso i suoi ringraziamenti, una mano
femminile lo condusse all'ingresso della casa, dove lo stesso
servitore che lo aveva guidato prima, lo stava aspettando per
condurlo a casa. Il servitore lo condusse alla veranda sul retro del
tempio, e lì lo salutò. Era quasi l'alba quando Hoichi ritornò, ma
la sua assenza dal tempio non era stata notata – perché il prete,
essendo ritornato molto tardi, aveva pensato che stesse dormendo.
Durante il giorno Hoichi riuscì a dormire un poco, e non disse
niente sulla sua strana avventura. Alla mezzanotte successiva il
samurai ritornò a prenderlo, e lo condusse all'augusta assemblea,
dove egli recitò nuovamente con lo stesso successo che aveva accolto
la sua precedente esibizione. Ma durante quella seconda visita la sua
assenza dal tempio fu casualmente notata, quando ritornò al mattino
fu convocato alla presenza del prete, che gli disse, con tono di
amichevole rimprovero:
“Siamo
stati molto in ansia per te, amico Hoichi. Andare fuori, cieco e
solo, ad un'ora così tarda, è pericoloso. Perché sei uscito senza
dircelo? Avrei potuto ordinare ad un servo di accompagnarti. E dove
sei stato?”
Hoichi
rispose, evasivamente:
“Perdonami,
caro amico! Ho dovuto provvedere a delle faccende personali, e non
ho potuto organizzare la cosa ad un'ora diversa.”
Il
prete fu sorpreso, piuttosto che addolorato, dalla reticenza di
Hoichi: sentì che non era naturale, e intuì il pericolo. Temeva che
il cieco fosse stato stregato o ingannato da qualche spirito maligno.
Non fece altre domande, ma in privato diede istruzioni ai servi del
tempio di controllare i movimenti di Hoichi, e di seguirlo in caso
avesse di nuovo lasciato il tempio di notte.
La
notte successiva, Hoichi fu visto lasciare il tempio, allora i servi
accesero immediatamente le lanterne e lo seguirono. Ma era una notte
di pioggia e molto buia, e prima che gli inservienti del tempio
potessero raggiungere la strada principale, Hoichi era sparito.
Evidentemente, aveva camminato molto velocemente, cosa strana,
considerata la sua cecità e le cattive condizioni della strada. Gli
uomini corsero per le vie della città, chiedendo informazioni in
tutte le case che Hoichi era solito frequentare, ma nessuno poté
fornire informazioni sul cieco. Alla fine, mentre ritornavano al
tempio lungo la spiaggia, furono sorpresi dal suono di un biwa,
suonato con furore, nel cimitero di Amidaji. Ad eccezione di alcuni
fuochi fatui – di quelli che fluttuavano in quel luogo nelle notti
senza luna – non c'erano altro che tenebre tutto intorno. Ma gli
uomini corsero subito al cimitero, e lì, con l'aiuto delle loro
lanterne, scoprirono Hoichi, seduto solo nella pioggia, davanti al
monumento funebre di Antoku Tenno, che faceva risuonare il suo biwa,
mentre cantava con tutto il fiato la canzone della battaglia di
Dan-no-ura. E dietro di lui, e intorno a lui, e dappertutto sulle
tombe, i fuochi dei morti bruciavano, come candele. Mai prima di
allora era apparsa ad occhi mortali una così grande schiera di
Oni-bi...
..
..
"Hoichi
San!—Hoichi San!" gridarono i servi, “sei preda di un
incantesimo!... Hoichi San!"
Ma
il cieco non sembrava sentire. Con forza faceva vibrare, risuonare e
stridere il suo biwa, - cantava il canto della battaglia di
Dan-no-ura con furore crescente. Lo afferrarono e gli gridarono nelle
orecchie:
"Hoichi
San!—Hoichi San!— vieni subito a casa con noi!”
Egli
si rivolse a loro con tono di rimprovero:
“Interrompermi
in questo modo, di fronte a questa augusta assemblea, è
intollerabile.”
Al
che, a dispetto della stranezza della situazione, i servi non
poterono fare a meno di ridere. Sicuri che il cieco fosse stato stato
stregato, lo afferrarono, lo misero in piedi, e lo trascinarono al
tempio a viva forza, dove, per ordine del prete, gli vennero
immediatamente tolti gli abiti bagnati. Allora il prete insisté per
ottenere un'esauriente spiegazione dell'incredibile comportamento del
suo amico.
Hoichi
esitò a lungo prima di parlare. Ma alla fine, capito che la sua
condotta aveva realmente allarmato e fatto arrabbiare il buon prete,
decise di abbandonare il suo riserbo, e riferì tutto quello che era
successo sin dalla prima visita del samurai.
Il
prete disse:
“Hoichi,
mio povero amico, tu ora ti trovi in grande pericolo! Che sfortuna
che tu non mi abbia raccontato tutto prima! La tua meravigliosa
bravura di musicista ti ha cacciato in questo strano guaio. Ormai
dovresti aver capito che non hai visitato alcuna casa, ma hai passato
le tue notti nel cimitero, tra le tombe degli Heike, ed è davanti
al monumento funebre di Antoku Tenno che stanotte i nostri servi ti
hanno trovato, seduto nella pioggia. Tutto quello che hai creduto di
vedere era illusione – eccetto l'essere convocato dai morti. Una
volta che gli hai obbedito, ti sei messo in loro potere. Se gli
ubbidisci di nuovo, dopo tutto quello che è successo, ti faranno a
pezzi. Ma prima o poi ti avrebbero distrutto, in ogni modo... Ora,
io non potrò restare con te, questa notte: sono stato convocato ad
officiare un altro servizio. Ma prima che vada, sarà necessario
proteggere il tuo corpo scrivendoci sopra dei sacri testi.”
Prima
del tramonto il prete e il suo chierico spogliarono Hoichi: poi, con
i loro pennelli da scrittura, tracciarono sul petto e sul dorso, la
testa e il viso e il collo e le mani e i piedi, perfino sulle suole
dei piedi, e su tutte le parti del corpo, il testo della sacra sutra
chiamata Hannya-Shin-Kyo5.
Quando ebbero finito, il prete diede istruzioni ad Hoichi, dicendo:
“Questa
notte, appena io sarò andato via, devi sederti sulla veranda e
aspettare. Verranno a chiamarti. Ma, qualunque cosa accada, non
rispondere e non muoverti. Non dire niente e resta seduto immobile –
come se fossi in meditazione. Se ti muovi, o fai rumore, ti faranno a
pezzi. Non spaventarti e non pensare di chiamare aiuto – perché
nessun aiuto potrebbe salvarti. Se farai esattamente come ti dico, il
pericolo passerà e tu non avrai più niente da temere.”
Dopo
il tramonto il prete e il il suo chierico andarono via, e Hoichi si
sedette sulla veranda, secondo le istruzioni che aveva ricevuto. Posò
il suo biwa accanto a sé e, assumendo la postura della meditazione,
rimase perfettamente immobile – facendo attenzione a non tossire e
a respirare appena. E rimase così per ore.
Poi,
si udirono dei passi avanzare dalla strada principale. Oltrepassarono
il cancello, attraversarono il giardino, si avvicinarono alla
veranda, si fermarono – proprio di fronte a lui.
“Hoichi!”
chiamò la solita voce profonda. Ma il cieco trattenne il fiato, e
sedette immobile.
“Hoichi!”
gridò arcigna la voce una seconda volta. Poi un terza volta –
furiosamente: -
“Hoichi!”
Hoichi
rimase immobile come un sasso, e la voce borbottò:
“Nessuna
risposta! - questo non va bene!... Devo vedere dov'è l'amico.”...
Ci
fu un rumore di passi pesanti che salivano sulla veranda. I piedi si
avvicinarono con cautela, e si fermarono accanto a lui. Poi, per
lunghi minuti – durante i quali Hoichi sentì il suo corpo scosso
dai battiti del cuore - ci fu un silenzio mortale.
Alla
fine quella voce aspra mormorò accanto a lui:
“Ecco
il suo biwa, ma del suonatore di biwa vedo... solo le orecchie! Così
questo spiega perché non mi ha risposto: non aveva la bocca per
rispondere – non è rimasto niente di lui se non le orecchie...
Allora, al mio signore porterò quelle orecchie – come prova che
gli augusti ordini sono stati obbediti, per quanto era possibile”...
In
quel momento Hoichi sentì le sue orecchie afferrate da dita di
ferro, e strappate via! Per quanto il dolore fosse grande, non emise
un grido. I passi pesanti lasciarono la veranda, discesero nel
giardino, si diressero alla strada e cessarono. Il cieco sentì un
gocciolio caldo e vischioso colare da entrambi i lati della testa, ma
non osò alzare la mani...
Il
prete tornò a casa prima dell'alba. Corse subito alla veranda sul
retro, inciampò e scivolò su qualcosa di appiccicoso, ed emise un
grido di orrore, perché, alla luce della sua lanterna, vide che
quella cosa appiccicosa era sangue. Ma scorse Hoichi seduto lì, in
posizione da meditazione, con il sangue che ancora stillava dalle
orecchie.
“Mio
povero Hoichi!” gridò sgomento il prete, “Cosa è successo?...
Sei stato ferito?”
Udendo
la voce del suo amico, il cieco si sentì salvo. Scoppiò a piangere,
e tra le lacrime raccontò la sua avventura notturna.
“Povero,
povero Hoichi!” esclamò il prete, “tutta colpa mia! - un mio
grossolano errore!... I sacri testi erano stati scritti su ogni parte
del tuo corpo – ma non sulle orecchie! Avevo affidato al mio
chierico l'esecuzione di quella parte del lavoro, ed è stato
estremamente sciocco da parte mia non essermi accertato che l'avesse
fatto!... Beh, ormai non possiamo farci più niente – possiamo solo
cercare di guarire le tue ferite il prima possibile... Fatti
coraggio, amico! - il pericolo ormai è passato. Non sarai mai più
tormentato da quei visitatori.” Con l'aiuto di un buon dottore,
Hoichi si riprese presto dalle sue ferite. La storia di quella strana
avventura si diffuse in lungo e largo, e lo rese immediatamente
famoso. Molti nobili si recarono ad Akamagaseki per sentirlo
recitare, e generosi regali in denaro gli furono elargirti, così che
divenne un uomo ricco... Ma dopo quell'avventura fu conosciuto solo
con il nome di Mimi-nashi-Hoichi: "Hoichi - senza - orecchie.”
FINE
Le
note numerate sono dell'autore
*La
battaglia di Dan-no-ura (1185) pose fine alla Guerra Genpei
(1180-1185) con la vittoria dei Minamoto che seppero sfruttare le
correnti a loro favore, sconfiggendo così i Taira.
*L'imparatore
Antoku (安徳天皇
Antoku-tennō)
(Dicembre 22, 1177 – Marzo 24, 1185) fu l' 81° imperatore del
Giappone. Durante la battaglia di Dan-no-ura, un membro della
famiglia reale si tuffò in mare con il giovane imperatore, per
impedire che fosse catturato vivo.
1
Vedere la mia raccolta di racconti KOTTO per una descrizione
di questi strani granchi
2
Il biwa, una sorta di liuto a quattro corde, è usato
principalmente per accompagnare i recitativi musicali. In passato i
cantastorie professionali che interpretavano gli Heike-Monogatari, e
altre tragiche storie, erano chiamati “biwa-hoshi” o "preti
del liuto." L'origine di questo appellativo non è chiara; ma è
possibile che sia stata suggerita dal fatto che questi "preti
del liuto" così come i massaggiatori ciechi, si rasavano la
testa, come i preti buddisti. Il biwa è suonato con una specie di
plettro, chiamato bachi, solitamente fatto di corno.
3
Una risposta per mostrare che
abbiamo sentito e stiamo ascoltando attentamente.
*
La parola "samurai"
ha avuto origine nel periodo giapponese Heian, quando era
pronunciata saburai,
e significava "servo" o "accompagnatore".
4
Un'espressione rispettosa per chiedere che venissero aperte le
porte. Era usata dai samurai quando chiamavano i soldati di guardia
per essere ammessi nella dimora del signore.
5
E' così chiamata in giapponese la più breve
Pragna-Paramita-Hridaya-Sutra. Sia quella più breve che quella più
lunga, denominate Pragna-Paramita ("Saggezza trascendentale"),
sono state tradotte dal defunto professor Max Muller, e si trovano
nel volume xlix. dei Sacri libri dell'est ("Buddhist Mahayana
Sutras").— A proposito dell'uso magico del testo, come
descritto in questa storia, vale la pena sottolineare che il
soggetto della sutra è la Dottrina della vacuità delle forme,—
cioè, del carattere irreale di tutti i fenomeni o noumena... "La
forma è vuoto; e il vuoto è forma. Il vuoto non è diverso dalla
forma, la forma non è diversa dal vuoto. Ciò che è forma - è
vuoto. Ciò che è vuoto— è forma... Percezione, nome, concetto e
conoscenza sono a loro volta vuoto... Non ci sono occhi, orecchie,
naso, lingua, corpo e mente... Ma quando l'involucro della coscienza
è stato annichilito, allora egli [colui che cerca] diventa libero
da ogni paura e da ogni cambiamento, raggiungendo infine il
Nirvana."
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