lunedì 25 febbraio 2013

La casa vuota

--> Il buio oltre la porta 
 
Algernon Henry Blackwood (Shooter's Hill, 14 marzo 1869 – 10 dicembre 1951) è stato uno scrittore inglese di romanzi horror e soprannaturali. Studiò al Wellington College ed intraprese diverse carriere tra cui quella di agricoltore in Canada, di direttore di un albergo e di giornalista per una rivista di New York, prima di trasferirsi nel New England e cominciare a scrivere racconti horror. Superati i trenta anni, decise di ritornare in Inghilterra, dove iniziò a scrivere racconti soprannaturali. Collaborò con la BBC per leggere i suoi racconti sia in radio che in televisione. Scrisse dieci libri di racconti brevi, quattordici romanzi e numerose opere teatrali, che ottennero un certo successo di pubblico e di critica. Tra le sue opere più famose ricordiamo The Willows, influenzata profondamente dai viaggi di Blackwood sul Danubio, che narra la storia di due campeggiatori che scelgono il luogo sbagliato per trascorrere la notte; The Wendigo, ambientata in Canada, è la storia di un gruppo di cacciatori che si imbatte nella leggendaria creatura.
Di lui H.P. Lovecraft ha scritto “E' il maestro assoluto e indiscusso delle atmosfere soprannaturali.” (Supernatural Horror in Literature, cap. X). E, in effetti, autori come Blackwood e M.R. James sono riconosciuti maestri nella creazione di atmosfere soprannaturali attraverso un accumulo di indizi e colpi di scena che portano al climax, creando un'immagine culminante così potente da far sembrare insoddisfacente la conclusione stessa della storia.
Fra le sue creazioni la più originale è quella del detective dell'occulto John Silence (ispirato, probabilmente, dal personaggio del Dottor Hasselius di Le Fanu), un barbuto medico sulla quarantina, la cui passione per il soprannaturale lo porta ad affrontare casi eccezionali tra occultismo, licantropia e presenze paranormali. John Silence è il precursore di un vastissimo immaginario pop, che va dalla serie televisiva Ai confini della realtà fino ai più recenti Dylan Dog e Dr House.
Il racconto che vi propongo La casa vuota, fu pubblicato per la prima vota nel 1906 in una collezione di short story intitolata The Empty House and Other Ghost Stories. Protagonisti della storia sono Jim Shorthouse “Un giovanotto piuttosto comune” e la sua anziana zia Giulia, una vecchia zitella con la passione per la ricerca psichica. I due decidono di introdursi nottetempo in una casa dove si dice che accadano fenomeni così spaventosi da far fuggire tutti i suoi inquilini. Per il giovane Shorthouse questa avventura diventa una sorta di prova iniziatica, dove potrà mettere alla prova la sua capacità di autocontrollo di fronte alla “vera paura”, prova resa ancora più ardua dal fatto che egli dovrà farsi carico non solo della sua paura, ma anche di quella della sua fragile, ancorché temeraria, zia Giulia. Ma la vera protagonista della storia è proprio la casa. Apparentemente, una squallida casa di periferia, del tutto simile alle sue squallide vicine, ma le violenze commesse al suo interno le danno un'aura di malvagità quasi palpabile. Una volta varcata la porta d'ingresso, i nostri tragicomici eroi si troveranno calati in una perfetta atmosfera gotica: fitte tenebre, rumori inspiegabili, ratti grossi come gatti, semiinterrati maleodoranti, il labirinto delle camere della servitù nel sottotetto, il tutto tenuto insieme dalla spirale infinita delle scale, proprio come in un'incisione di Piranesi. Ed è su queste scale che tutte le sere si ripete lo stesso orrore. Ma se il lettore si aspetta di trovare dettagli orrifici o sanguinolenti, rimarrà deluso. Blackwood riesce a costruire un'atmosfera di terrore servendosi di pochi e significativi dettagli, l'horror vero va in scena nella mente dei nostri protagonisti. La casa diventa così la metafora del buco nero del loro inconscio, non più luogo sicuro e accogliente, ma possibile teatro di violenze e crudeltà, in controtendenza con la retorica vittoriana del “focolare domestico”.




La casa vuota
Algernon Blackwood, 1906






Certe case, come certe persone, riescono, non si sa come, a proclamare immediatamente la loro propensione al male. Nel caso di queste ultime, non necessariamente vengono tradite da qualche tratto particolare: possono vantare un atteggiamento aperto e un sorriso ingenuo, e tuttavia, solo un po' di tempo in loro compagnia lascia l'inalterabile convinzione che c'è qualcosa di radicalmente sbagliato nel loro modo di essere: sono malvagie. Volenti o nolenti, sembrano emanare un'aura di pensieri segreti e perversi, che fa arretrare quelli che si trovano nella loro immediata vicinanza come se si trattasse di una cosa infetta.