venerdì 20 giugno 2014

IL LADRO DI CADAVERI

 Non dire gatto...


Robert Lous Stevenson scrisse The Body Snatcher (Il ladro di cadaveri) nel 1881. Originalmente doveva far parte di una serie di racconti del terrore, o “crawlers” come preferiva chiamarli Stevenson, insieme a Janet la storta e I Merry Men, raccolti sotto il titolo THE BLACK MAN AND OTHER TALES. The Cornhill Magazine, però, rifiutò di pubblicarlo “the tale being horrid." Quando infine nel 1884 apparve nel Pall Mall Christmas number, fu reclamizzato in maniera così terrificante, che la polizia londinese ne soppresse i poster pubblicitari.

La vicenda prende le mosse da avvenimenti storici a cui si fa riferimento nel racconto: l'impiccagione del serial killer William Burke avvenuta a Edimburgo nel gennaio del 1829. Burke, insieme al suo complice William Hare – tutti e due emigrati in Scozia dall'Irlanda - furono accusati di aver ucciso 17 persone allo scopo di venderne i corpi agli anatomisti, in particolare al dottor Robert Knox. Hare scampò alla forca testimoniando contro il suo complice, mentre il dottor Knox non fu incriminato perché negò sempre di conoscere l'esatta provenienza di quei corpi, ma la sua brillante carriera fu distrutta dallo scandalo che ne conseguì. La risonanza di quest'avvenimento fu tale che nel 1832 il Parlamento si vide costretto ad emanare l'Anatomy Act per modificare la legge esistente che assegnava alle università solo i cadaveri delle esecuzioni dei criminali.
Da questi fatti deriva il termine Burking che originalmente significava commerciare cadaveri con gli anatomisti, o soffocare a morte la vittima.

Protagonisti di questo breve racconto sono due giovani e brillanti medici, Fettes e Macfarlane, assistenti di un famoso anatomista, indicato solo con l'iniziale del suo nome, K (per Knox?), a cui i due procurano corpi (subjects nel testo) da sezionare durante le lezioni di anatomia all'università di Edimburgo, comprandoli dai famigerati Resurrection Men (come venivano ironicamente soprannominati i trafugatori di salme all'epoca) o andando essi stessi a profanare i cimiteri di campagna quando la 'materia prima' scarseggiava. Come si può ben intuire l'argomento è già orrido in sé, e Stevenson non si fa scrupolo di aggiungere elementi raccapriccianti e grotteschi insieme, come ad esempio lo smembramento del cadavere di Gray, ucciso da Macfarlane perché non rivelasse i loro traffici illeciti, ad opera degli zelanti e ignari studenti di anatomia, episodio che sarà poi all'origine della spettrale scena finale, dove i due lestofanti, di ritorno da una delle loro blasfeme scorribande, vedranno le loro colpe prendere letteralmente forma sotto i loro occhi.


Fu fatto un film nel 1945 La iena - L'uomo di mezzanotte, diretto da Robert Wise, ed interpretato da Bela Lugosi e Boris Karloff.

Burke & Hare - Ladri di cadaveri è un film liberamente basato sul caso storico, con Simon Pegg come Burke e Andy Serkis come Hare, diretto da John Landis, e rilasciato nel Regno Unito il 29 ottobre 2010. In Italia è stato proiettato per la prima volta il 25 febbraio 2011.




IL LADRO DI CADAVERI
Robert Louis Stevenson






Tutte le sere dell'anno, nella saletta del George a Debenham1 sedevamo noi quattro: l'impresario di pompe funebri, l'albergatore, Fettes e io. A volte eravamo di più, ma vento o pioggia, neve o gelo, noi quattro eravamo sprofondati nelle nostre personali poltrone. Fettes era un vecchio scozzese ubriacone, evidentemente uno che aveva studiato e che possedeva delle proprietà, dal momento che viveva senza far niente. Era arrivato a Debenham anni addietro, quando era ancora giovane, e per il solo fatto che aveva continuato a viverci ne era diventato cittadino d'adozione. Il suo mantello di cammello blu era un monumento locale, come il campanile della chiesa. Il suo posto nella saletta dell'hotel George, la sua assenza dalla chiesa, i suoi deprecabili vizi da crapulone, erano tutte cose risapute a Debenham. Aveva delle vaghe opinioni radicali e delle fluttuanti infedeltà, che tirava fuori di tanto in tanto ed enfatizzava colpendo il tavolo con mano tremante. Beveva rum, cinque bicchieri regolarmente ogni sera, e per la maggior parte delle sue visite notturne al George rimaneva seduto, con il bicchiere nella mano destra, in uno stato di malinconica saturazione alcolica. Lo chiamavamo il Dottore, perché si riteneva che avesse una particolare conoscenza della medicina, ed era risaputo che, per una bevuta, poteva mettere a posto una frattura o ridurre una lussazione, ma oltre a questi vaghi particolari, non conoscevamo altro del suo carattere e dei suoi precedenti.

domenica 1 giugno 2014

IL PIEDIPIATTI FANTASMA



Guardia e ladro


Sinclair Lewis (Sauk Centre, Minnesota, 7 febbraio 1885 – Roma, 10 gennaio 1951) è stato il primo scrittore americano ad essere insignito del premio Nobel nel 1930. Fu autore prolifico, e molti suoi racconti e romanzi furono portati sul grande schermo. Come tanti scrittori della sua generazione, viaggiò molto in Europa e Parigi, dove la così detta Lost Generation poteva sentirsi libera dal puritanesimo americano, fu la sua seconda patria. Nei suoi racconti si interessò alle classi più deboli, ed ebbe una visione critica della società statunitense e dei suoi valori capitalistici, e per questo molti suoi scritti furono sottoposti a censura, emblematico il suo romanzo Babbit (1922).
Dei suoi personaggi adotta non solo il punto di vista, ma anche il linguaggio, e il suo stile comico e satirico evita che le situazioni degenerino nel patetico.
Pur avendo cercato molto, non ho trovato nessuna traduzione italiana dei suoi scritti, ecco perché vi propongo con piacere questa piccola storia ambientata nella provincia americana negli anni della Grande Guerra. Protagonista è il vecchio poliziotto Don Dorgan, burbero dal cuore d'oro che “aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente” al punto di farsi messaggero del contrastato amore fra Polo, figlio di un fantino italiano, e Effie, figlia di un ebreo tedesco. I due giovani diventano così una sorta di Giulietta e Romeo della piccola provincia americana dove i contrasti fra i diversi gruppi etnici e religiosi erano ancora forti e divisivi. Ma è anche una storia di emarginati: quegli anziani soli che la società isola e dimentica, proprio come capita al vecchio Dorgan, che una volta andato in pensione, diventa il fantasma di sé stesso, e saranno proprio l'amore per gli altri e l'orgoglio per il suo lavoro a dargli la forza di reagire.

The Ghost Patrol apparve nella rivista The Red Book Magazine nel giugno del 1917. Nel 1923 dal racconto fu tratto un film muto diretto da Nat Ross, protagonisti Bessie Love e Ralph Graves. Il film, prodotto e distribuito dalla Universal Pictures, è andato perso. 





IL PIEDIPIATTI FANTASMA
Sinclair Lewis


Charlot poliziotto, 1917

Donald Patrick Dorgan aveva prestato sevizio per ventiquattro anni nelle forze di polizia di Northernapolis, e durante tutto quel periodo, meno cinque anni, aveva pattugliato la zona di Forest Park. Don Dorgan avrebbe potuto essere sergente, o perfino capitano, ma al quartier generale avevano subito capito che aveva un debole per Forest Park. Perché di là veniva la sua giovane moglie, e là aveva costruito la loro casetta, là era morta sua moglie e là era stata seppellita. Era stato un così grande sollievo nella ridda delle politiche del dipartimento avere un uomo soddisfatto del suo lavoro, che i pezzi grossi erano contenti di Dorgan e lo lasciavano là dove era, anno dopo anno, a pattugliare Forest Park.
Perché Don Pat Dorgan aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente. Molto prima che a Northernapolis si fosse sentito parlare di criminologia, Dorgan era convinto che il dovere di un poliziotto con i guanti e il cuore puliti era quello di fare in modo che non ci fosse bisogno di arrestare la gente. Discuteva con gli ubriachi per convincerli a nascondersi in un vicolo a smaltire la sbornia dormendo. Quando li arrestava era perché stavano tranquillamente barcollando verso casa con l'intenzione di picchiare le loro beneamate consorti. Qualunque vagabondo poteva ricevere da Dorgan un nichelino insieme ad una mappa dei dormitori pubblici. Agli attaccabrighe parlava con calma e li picchiava col manganello dove faceva più male ma meno danni. Lungo il suo percorso, i ragazzini potevano giocare a baseball, a patto che non rompessero i vetri o si piazzassero davanti alle macchine. La tasca della sua giubba era una miniera, là erano nascosti non solo i suoi sandwich per lo spuntino notturno, il suo revolver e le manette e un inserto a fumetti, ma anche un sacchetto di caramelle colorate e una palla di gomma rossa.