venerdì 13 ottobre 2017

Childe Roland alla torre nera giunse


Childe Roland to the Dark Tower Came
Robert Browning (1832)


Il poema si articola in trentaquattro stanze di sei versi ciascuna con uno schema metrico A-B-B-A-A-B. I versi sono pentametri giambici, ovvero il tipo di verso tipico della poesia inglese. La vicenda è narrata in prima persona dal protagonista in un ininterrotto soliloquio, che insieme al dramatic monologue, è una delle tecniche narrative predilette da B.

Genesi
Fu pubblicato nel 1855 nella raccolta Men and Women, ma la sua composizione risale al gennaio del 1853 e, secondo le parole dello stesso Browning, ebbe una genesi molto simile al poema di Colleridge Kubla Khan (1816), dal momento che l'ispirazione gli giunse in sogno e “I had to write it, then and there.” B., non attribuisce alcun significato simbolico alla sua opera, e, dalle sue parole, sembra quasi che il senso della poesia risieda proprio nel gesto della scrittura; “But it was simply tha I had to do it. I did not know what it meant beyond it, and I am sure I don't Know now.” E proprio grazie a questo che la poesia si è prestata e si presta a diverse interpretazioni e riesce ad ispirare anche i contemporanei. Famoso il ciclo della Dark Tower di S. King, da cui è stato tratto recentemente l'omonimo film. Ma, a parer mio, il cinema si era già ispirato a quest'opera. Mi riferisco al film di Spilberg Incontri ravvicinati del terzi tipo. Anche qui, per usare una frase non mia, ci troviamo di fronte “agli sconfitti che incontrano il sublime.” I continui flash back, i continui déjà vu, le continue frustrazioni del protagonista, la forma turrita del promontorio oggetto della ricerca del protagonista, sembrano ricondurci al poema di Browning. Il film, però, continua là dove B. si era fermato e ci rivela quello che è nascosto dietro alla torre: la realizzazione dei nostri sogni, anche i più improbabili, se ci si crede veramente.

La vicenda
La storia ricalca le avventure dei cavalieri della tavola rotonda alla ricerca del sacro Graal, ma qui l'oggetto della ricerca è una misteriosa 'Dark Tower.' Roland, il protagonista della poesia, e gli altri membri della sua non meglio qualificata 'Band,' hanno trascorso la loro vita in questa ricerca, e ormai egli è l'ultimo sopravvissuto. Tutto


Thomas_Moran_Childe_Roland_to_the_Dark_Tower_Came_1859
questo ci verrà rivelato da una serie di flash back, perché la poesia inizia in medias res, quando il protagonista incontra uno “storpio canuto” dallo sguardo malevolo che gli indicherà la strada per raggiungere la Dark Tower. E sebbene Roland sia sicuro che il vecchio gli stia mentendo, ormai non ha altra scelta che seguire le sue indicazioni, con l'unica speranza non di arrivare alla meta, ma di essere ormai arrivato alla fine di suoi giorni. Egli si incammina così in una pianura desolata dove regnano “penuria, inerzia e bruttezza.” Le uniche forme di vita sono una vegetazione stentata e un vecchio ronzino cieco e scheletrico che sembra uscito dalle “stalle del diavolo.” Gli fa compagnia il ricordo dei suoi anitichi commilitoni, ma quel ricordo non gli è di conforto, perché sia lui che gli altri membri della sua 'Band' hanno commesso atti di codardia. In una disperazione sempre più profonda, Roland attraverserà con difficoltà un fiume infernale e si troverà in regioni sempre più malridotte. A dargli nuovo coraggio arriva però un grande uccello nero, che gli ricorda l'angelo della distruzione nella bibbia ebraica, Apollion. Improvvisamente il paesaggio cambia e la pianura cede il posto ad una serie di brulle colline e, come in preda ad un déjà vu (Ma quasi mi sembrò di riconoscere un certo trucco / Malvagio che mi era già accaduto” ) Roland finalmente riconosce il posto “Dopo una vita spesa a prepararti per questa scena.” Nella luce del crepuscolo la torre gli appare comeQuel tozzo torrione circolare, cieco come il cuore di uno sciocco.” L'aspetto sinistro della torre non scoraggia Roland, essa comunque rappresenta la vittoria dopo tante sconfitte, per lui e i suoi compagni perduti che gli appaiono “Avvolti in un sudario di fiamme” lungo i fianchi della collina, e in segno di riscatto Roland suona il suo corno e pronuncia la frase fatidica Childe Roland alla Torre Nera giunse.

Il titolo della poesia deriva dalla canzone di Edgar nel Re Lear "Child Rowland to the dark tower came,/ His word was still 'Fie, foh and fum,/ I smell the blood of a British man." (III iv. 182-4). La canzone di Edgar, a sua volta, potrebbe derivare da un'antica ballata scozzese The Romance of Childe Rwland. Rowland, il più giovane discendente della famiglia di re Artù, si reca ad Elfland alla ricerca di sua sorella, Burd Ellen, che era stata rapita dagli elfi, e dei suoi due fratelli maggiori che erano stati catturati nel tentativo di liberarla. Il mago Merlino dice a Rowland che quando sarà entrato nel regno delle fate dovrà uccidere tutti quelli che incontrerà e non dovrà né bere né mangiare niente di quanto gli verrà offerto in quella terra, altrimenti resterà prigioniero degli Elfi non vedrà mai più “middle eard.” Quando Rowland arriva nel luogo dove sua sorella è tenuta prigioniera, il re degli elfi emerge dal suo nascondiglio e canta “fi, fo, and fum / I smell the blood of a Christian man! / Be he dead, be he living, wi' my brand / I'll clash his harns frae his harn-pan!” a questo punto l'indomito (undaunted) Rowland sfodera la sua spada (Excalibur) “that never struck in vain.”

Per leggere la fiaba originale vi rimando al mio blog Time for Tales

Le fonti
1: fiabe popolari

La filastrocca del re degli elfi ci ricorda il nostro “Ucci, ucci, sento odor di cristianucci” e ci suggerisce tutta una serie di associazioni con fiabe popolari che Browning doveva conoscere fin dalla sua infanzia in particolare Hop-o'-my-thumb (il nostro Pollicino), Jack and the Benstalk (Giacomino e il fagiolo magico), e Jack the Giant Killer (L'ammazzagiganti).Ma ci sono molte altre somiglianze tra queste fiabe e la storia di Roland. Alla fine di Jack the Giant Killer l'eroe è guidato da un vecchio canuto ad un castello dove sono tenuti prigionieri tutti quegli avventurieri che avevano provato a conquistare la torre prima di lui. Quando Jack arriva al cancello, trova una tromba d'oro appesa ad una catena d'argento e sotto è scritto che “Whoever can this trumpet blow, / Soon shall the giant overthrow, / And break the black enchantment straight, / So all shall be in happy state.”

2: romanzi cavallereschi
Ma possiamo ravvisare fonti più auliche come quelle dei romanzi cavallereschi. Ho già accennato al ciclo dei cavalieri della tavola rotonda, da cui prende il tema della 'quest,' mentre con la Chanson de Roland condivide sia il nome del protagonista che il gesto finale di suonare il corno quando Orlando, paladino del re Carlo Magno, rimasto alla retroguardia a combattere contro i saraceni, suona il suo corno a Roncisvalle per chiamare un aiuto che arriverà troppo tardi.

3: E.A. Poe
Ci sono anche influenze più moderne. Lo scheletrico cavallo che vaga nella pianura desolata è ispirato dal racconto breve di E.A. Poe Metzengerstein

4: Bibbia, Dante, Bunyan
Numerose le citazioni bibliche, come ho segnalato nelle note. Ma anche l'Inferno dantesco e il Pilgrim's Progress (178) di Bunyan hanno contribuito alla generale atmosfera del poema. Una terra desolata, inaridita e sfregiata dallo sfruttamento industriale, dove l'individuo vaga smarrito, alla vana ricerca di qualcosa che dia valore alla sua esistenza. 


Childe Roland to the Dark Tower Came

Childe Roland alla Torre Nera giunse
Robert Browning (1832)

 




1     My first thought was, he lied in every word,
2         That hoary cripple, with malicious eye
3         Askance to watch the working of his lie
4     On mine, and mouth scarce able to afford
5     Suppression of the glee that pursed and scored
6         Its edge, at one more victim gained thereby.
  
      I.
Il mio primo pensiero fu, egli mente ad ogni parola,
    Quello storpio canuto, col suo occhio maligno
    A fissare di traverso l'effetto della sua menzogna
Sui miei, e la bocca capace a mala pena
Di trattenere la gioia che ne increspava e segnava
    Il profilo, per la nuova vittima così guadagnata.