mercoledì 9 maggio 2012

Il riscatto di Capo Rosso


Un Giamburrasca tra gli indiani

Se cercate O. Henry (1862-1910), pseudonimo di William Sydney Porter, in una storia della letteratura americana, a mala pena troverete un paio di righe che lo definiscono “autore di racconti brillanti e leggeri” ( Cunliffe M., Storia della letteratura americana; P.B.E., 1969). In effetti, O. Henry fu autore estremamente prolifico di racconti caratterizzati da un finale sorprendente che ribalta completamente le premesse iniziali, ne scrisse più di seicento, in parte raccolti in antologie. Sorprendente fu anche la vita di O. Henry. Come tanti scrittori americani, non ricevette un'educazione universitaria, ma sviluppò ben presto un grande amore per la lettura. Intraprese una varietà di lavori: farmcista, cawboy in Texas, editore e giornalista di una rivista satirica, -The Rolling Stone-, cassiere di banca. E fu proprio il suo lavoro in banca a dare una svolta inaspettata alla sua vita e alla sua carriera di scrittore. Nel 1896 fu accusato di appropriazione indebita. Condannato a cinque anni di carcere, fuggì in Honduras dove trovò l'ispirazione per scrivere la raccolta di racconti che, in onore a Lewis Carroll, intitolò, Cabbages and Kings, in cui coniò il termine “banana republic” per descrivere il paese e che diventerà proverbiale. L'anno successivo ritornò negli States per essere vicino alla moglie morente e prendersi cura della loro unica figlia. Nel 1898 andò in prigione, da cui uscì tre anni e una dozzina di racconti dopo. Fu in prigione che adottò lo pseudonimo O. Henry per proteggere la sua vera identità. Nel 1902 si trasferì a New York, dove iniziò la sua collaborazione con il New York World Sunday Magazine, a cui inviò un racconto alla settimana per più di un anno. Il pubblico adorava le sue storie piene di ironia, caratterizzate da un plot avvincente e sorprendente e popolate da personaggi memorabili per le loro debolezze e i loro difetti, più che per le loro virtù. Più severo il giudizio dei critici, che consideravano superficiale la sua leggerezza. Morì a New York nel 1910, alcolizzato e senza un soldo.
O. Henry amava le persone comuni, le cui vite descrisse con sguardo ironico e solidale. Nel suo universo di banditi falliti e redenti, di amanti delusi ma ancora innamorati, di burberi benefici, c'è sempre un sorriso per tutti. Egli è un impareggiabile chiacchierone, un insuperabile intrattenitore, un affascinante bugiardo. Le sue storie sono un meccanismo perfetto, basate sull'intreccio e sulla suspance, fino al colpo di teatro conclusivo, che si sostituisce, con grazia e leggerezza, al finale edificante della letteratura del tempo. Egli costruisce un universo parallelo dove rifugiarsi dalle brutture del mondo reale e dai suoi incubi, dove c'è ancora il tempo per sorridere sulle proprie disgrazie e dove i buoni sentimenti sembrano prevalere.

Il racconto che vi propongo, The Ransom of Red Chief, pubblicato nel 1910 nella raccolta Whirligigs, è uno dei più conosciuti. Le situazioni e i personaggi contribuiscono a costruire un meccanismo così ben oleato da essere stato letteralmente saccheggiato dal cinema e dalla televisione. Il protagonista; Johnny Dorset, una piccola peste di dieci anni, tutto lentiggini e capelli rossi, continua la tradizione dei ragazzi terribili di Mark Twain, mentre i due malfattori che lo rapiscono nella speranza di ottenere un cospicuo riscatto dal ricco papà, sono la parodia buonista degli spietati banditi del selvaggio west.




Il riscatto di Capo Rosso
di
O. Henry (1910)



Sembrava una buona idea: ma prima aspettate che ve la racconti. Eravamo giù al sud, in Alabama – Bill Driscoll e io – quando ci venne quest'idea del rapimento. Successe, come disse Bill dopo, “durante un momento di temporanea apparizione mentalei”; ma lo scoprimmo solo più tardi.
C'era una città laggiù, piatta come una frittella, e chiamata Summit, naturalmente. I suoi abitanti erano di una razza di contadini innocui e cuor contenti come mai se ne erano affollati intorno ad un May Poleii.
Bill e io avevamo messo insieme un capitale di circa seicento dollari, e avevamo proprio bisogno di altri duemila dollari per realizzare una frode di terreni edificabili nell'ovest dell'Illinois. Discutemmo la cosa sui gradini all'ingresso dell'albergo. L'attaccamento alla progenie, ci dicevamo, è forte nelle comunità semi-rurali, per questo, e per altre ragioni, un progetto di rapimento avrebbe funzionato meglio qui che nel raggio d'azione di quei quotidiani che mandano in giro giornalisti in incognito per attizzare chiacchiere su cose di questo genere. Sapevamo che Summit non poteva metterci contro niente più che qualche guardia e forse qualche bracco indolente e una diatriba o due sul Il bilancio settimanale dell'agricoltore. Perciò, ci sembrò una buona idea.
Scegliemmo come nostra vittima il figlio unico di un eminente cittadino a nome Ebnezar Dorset. Il padre era un rispettabile taccagno, collezionista di ipoteche, impeccabile a passare il piatto delle offerte in chiesa e un intemerato speculatore. Il bambino era un ragazzo di dieci anni, con lentiggini a basso rilievo e i capelli del colore della copertina della rivista che comprate all'edicola quando volete prendere il trenoiii. Bill e io ci immaginavamo che Ebnezer avrebbe sganciato senza fiatare i duemila dollari del riscatto fino all'ultimo centesimo. Ma aspettate che ve lo racconti.