Algernon
Henry Blackwood (Shooter's Hill, 14 marzo 1869 – 10 dicembre 1951)
è stato uno scrittore inglese di romanzi horror
e soprannaturali. Studiò
al Wellington College ed intraprese diverse carriere tra cui quella
di agricoltore in Canada, di direttore di un albergo e di giornalista
per una rivista di New York, prima di trasferirsi nel New England e
cominciare a scrivere racconti horror. Superati i trenta anni, decise
di ritornare in Inghilterra, dove iniziò a scrivere racconti
soprannaturali. Collaborò con la BBC per leggere i suoi racconti sia
in radio che in televisione. Scrisse dieci libri di racconti brevi,
quattordici romanzi e numerose opere teatrali, che ottennero un certo
successo di pubblico e di critica. Tra le sue opere più famose
ricordiamo The Willows, influenzata profondamente dai viaggi
di Blackwood sul Danubio, che narra la storia di due campeggiatori
che scelgono il luogo sbagliato per trascorrere la notte; The
Wendigo, ambientata in Canada, è la storia di un gruppo di
cacciatori che si imbatte nella leggendaria creatura.
Di
lui H.P. Lovecraft ha scritto “E' il maestro assoluto e indiscusso
delle atmosfere soprannaturali.” (Supernatural Horror in
Literature, cap. X). E,
in effetti, autori come Blackwood e M.R. James sono riconosciuti
maestri nella creazione di atmosfere soprannaturali attraverso un
accumulo di indizi e colpi di scena che portano al climax, creando
un'immagine culminante così potente da far sembrare insoddisfacente
la conclusione stessa della storia.
Fra
le sue creazioni la più originale è quella del detective dell'occulto John Silence (ispirato, probabilmente, dal personaggio del Dottor Hasselius di Le Fanu), un
barbuto medico sulla quarantina, la cui passione per il
soprannaturale lo porta ad affrontare casi eccezionali tra
occultismo, licantropia e presenze paranormali. John Silence è il
precursore di un vastissimo immaginario pop, che va dalla serie
televisiva Ai confini della realtà
fino ai più recenti Dylan Dog
e Dr House.
Il
racconto che vi propongo La casa vuota, fu
pubblicato per la prima vota nel 1906 in una collezione di short
story intitolata The Empty House and Other Ghost Stories.
Protagonisti della storia sono
Jim Shorthouse “Un giovanotto piuttosto comune” e la sua anziana
zia Giulia, una vecchia zitella con la passione per
la ricerca psichica. I due
decidono di introdursi nottetempo in una casa dove si dice che
accadano fenomeni così spaventosi da far fuggire tutti i suoi
inquilini. Per il giovane
Shorthouse questa avventura diventa una sorta di prova iniziatica,
dove potrà mettere alla prova la sua capacità di autocontrollo di
fronte alla “vera paura”, prova resa ancora più ardua dal fatto
che egli dovrà farsi carico non solo della sua paura, ma anche di
quella della sua fragile, ancorché temeraria, zia Giulia. Ma
la vera protagonista della storia è proprio
la casa. Apparentemente,
una squallida casa di periferia, del tutto simile alle sue squallide
vicine, ma le violenze commesse al suo interno le danno un'aura di
malvagità quasi palpabile. Una
volta varcata la porta d'ingresso, i nostri tragicomici eroi si
troveranno calati in una perfetta atmosfera gotica: fitte tenebre,
rumori inspiegabili, ratti grossi come gatti, semiinterrati
maleodoranti, il labirinto delle camere della servitù nel
sottotetto, il tutto tenuto insieme dalla spirale infinita delle
scale, proprio come in un'incisione di Piranesi.
Ed è su queste scale che
tutte le sere si ripete lo stesso orrore. Ma
se il lettore si aspetta di trovare dettagli orrifici o
sanguinolenti, rimarrà deluso. Blackwood
riesce a costruire un'atmosfera di
terrore servendosi di pochi e
significativi dettagli, l'horror vero va in scena nella mente dei
nostri protagonisti. La
casa diventa così la metafora del buco nero del loro inconscio, non
più luogo sicuro e accogliente, ma possibile
teatro di violenze e crudeltà, in controtendenza con la retorica
vittoriana del “focolare domestico”.
La
casa vuota
Algernon Blackwood, 1906
Certe case, come certe persone, riescono, non si sa come, a
proclamare immediatamente la loro propensione al male. Nel caso di
queste ultime, non necessariamente vengono tradite da qualche tratto
particolare: possono vantare un atteggiamento aperto e un sorriso
ingenuo, e tuttavia, solo un po' di tempo in loro compagnia lascia
l'inalterabile convinzione che c'è qualcosa di radicalmente
sbagliato nel loro modo di essere: sono malvagie. Volenti o nolenti,
sembrano emanare un'aura di pensieri segreti e perversi, che fa
arretrare quelli che si trovano nella loro immediata vicinanza come
se si trattasse di una cosa infetta.