Nel
1889 Robert Louis Stevenson
(Edimburgo, 13 novembre 1850 – Vailima, 3 dicembre 1894) era ormai
un autore amato e rispettato sia in Europa che negli Stati Uniti,
grazie al successo incontrato dai suoi romanzi più famosi come Lo
strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde o
L'isola del tesoro.
Influenzato dalle
opere di Melville, accettò l'invito di un editore a scrivere un
volume sui mari del Sud e partì, con la famiglia, per una crociera
verso le isole Marchesi (Polinesia francese), Tahiti e le isole
Sandwich. La sua salute, da sempre cagionevole a causa di
problemi polmonari, ebbe un tale miglioramento che lo scrittore
decise di stabilire la sua dimora a Upolu, la principale delle isole
Samoa. Qui visse dal 1890 fino alla morte, rispettato dagli indigeni
che lo chiamavano Tusitala, ("narratore di storie").
E' a questo periodo che risale la raccolta di quattro racconti An
Island Night's Entertainments (1839), scritta per un pubblico
polinesiano, di cui il più famoso è certamente Il diavolo nella
bottiglia (The Bottle Imp). Il racconto è considerato uno
dei capolavori dello Stevenson, che nella narrazione riesce a fondere
i temi a lui più cari: l'avventura, l'amore per i viaggi, il fascino
dell'esotismo. Ma man mano che lo scrittore viene a contatto con la
cultura di quei popoli, l'atteggiamento di gioiosa scoperta lascia il
passo all'interesse morale e alla sincera solidarietà per le
esigenze umane e sociale dei nativi. Ed è così che questa
narrazione favolistica si tinge dei colori morali dell'eterna lotta
tra il bene ed il male, e accanto allo Stevenson cantastorie,
ritroviamo il rigore calvinista che aveva condotto il Dr. Jekyll
all'autodistruzione. Ma forse il vero limite del Dr. Jekyll è la sua
solitudine, il suo orgoglio che gli impediscono di trovare aiuto e
solidarietà negli altri: è il perfetto figlio della società
vittoriana. Ma qui, ai tropici, dove la ricchezza non ha senso se non
può essere condivisa con gli altri, dove il valore di un uomo è
anche quello dei suoi amici, dove l'amore è spontaneo e totale, il
protagonista riuscirà a riscattarsi grazie al coraggio e alla
coerenza morale della donna amata.
Il protagonista di questa
storia di sapore faustiano è Keawe, un povero marinaio hawaiano, che
durante uno dei suoi viaggi acquista per pochi dollari un'antica
bottiglia, dimora di un demone capace di soddisfare ogni suo
desiderio. La condizione, si sa, è sempre la stessa: l'anima dello
sciagurato possessore. Apparentemente, c'è una via d'uscita:
riuscire a rivendere a qualcun altro la bottiglia. Ma il diavolo si
nasconde nei dettagli. La bottiglia, infatti, può essere ceduta solo
ad un prezzo sempre inferiore a quello precedente. Sebbene
terrorizzato da una visione dell'inferno quanto mai tangibile (le
anime dei dannati rosolate sulle fiamme dell'inferno come in un
barbecue hawaiano, fumo e diavoli spaventosi dappertutto), Keawe cede
alla sua cupidigia e ottiene dal diavolo una splendida casa e denaro
sufficiente per una vita di agi. Quando riesce a vendere la
bottiglia, si sente finalmente in salvo. Ma il diavolo non abbandona
facilmente le sue prede. Il tempo passa e Keawe si innamora della
dolcissima Kokua, ma proprio prima delle nozze scopre di essersi
ammalato di lebbra. E così, contrariamente a quello che si era
riproposto, egli dovrà di nuovo ricorrere ai favori della bottiglia
maledetta. Ma, quando finalmente riesce a rintracciarla, questa ha
cambiato così tante mani e il suo prezzo è così basso che chi la
compera non riuscirà più a rivenderla. Nonostante tutto, Keawe è
così innamorato da rischiare la dannazione eterna. Ma il matrimonio
non è felice: Keawe ha sempre davanti agli occhi le fiamme
dell'inferno e trascura la giovane moglie, che finisce con
l'attribuire a una sua mancanza l'atteggiamento del marito. Quando
finalmente Keawe trova il coraggio di confessare alla moglie ciò che
lo tormenta, la giovane donna, forte della buona educazione ricevuta
alla scuola dei bianchi, convince il marito a partire per Tahiti,
colonia francese, dove ci sono monete sottomultipli del cent
americano: avranno così la possibilità di altre compravendite. Ma
le persone avvicinate, appena scoprono il terribile prezzo da pagare,
fuggono via inorridite, mentre Keawe sprofonda in una disperazione
senza fine. Kokua, allora, grazie ad uno stratagemma, compra lei
stessa la bottiglia, pur di vedere felice l'uomo che ama. Ma ora
tocca a lei essere tormentata dalla consapevolezza della dannazione
eterna al punto da non riuscire a condividere la ritrovata serenità
del marito. Questo atteggiamento indispettisce l'ignaro Keawe, che
pensa di aver venduto la bottiglia ad uno sconosciuto. A questo
punto, sarà proprio Kokua a mettere il marito di fronte alla sua
ambiguità morale:
“O my husband!" said Kokua. "It is
not a terrible thing to save oneself by the eternal ruin of another?
It seems to me I could not laugh. I would be humbled. I would be
filled with melancholy. I would pray for the poor holder."
Salvare la propria anima al prezzo della rovina
eterna di qualcun altro: la consapevolezza della loro cinica condotta
morale potrebbe essere la perfetta conclusione dell'apologo racchiuso
in questa storia. Ma non dimentichiamo che questa è anche una
fiaba, dove magia e realtà convivono sullo stesso piano, spingendo
il destino dei Keawe e Kokua verso una felice conclusione. E qui
entra in scena un quanto mai improbabile deus ex machina,
un nostromo bianco ubriacone e brutale, autentico pendaglio da forca,
che permetterà alla fiaba di avere il suo immancabile happy end,
lasciando il diavolo a bocca asciutta!
IL DIAVOLO NELLA BOTTIGLIA
di Louis Robert Stevenson
AITUTAKI - DONNA SULLA SPIAGGIA
C'era un uomo dell'isola di Hawaii 1, che chiamerò Keawe, perché, a dire il vero, è ancora vivo e il suo nome deve rimanere segreto, ma il suo luogo di nascita non era lontano da Honaunau, dove le ossa di Keawe 2 il grande giacciono nascoste in una caverna. Quest'uomo era povero, coraggioso e laborioso e sapeva leggere e scrivere come un maestro di scuola, inoltre, era un marinaio di prim'ordine: aveva navigato per un certo tempo sui battelli a vapore dell'isola e lavorato come timoniere in una nave baleniera lungo e coste di Hamakua. A lungo andare, nella mente di Keawe si fece strada l'idea di dare un'occhiata al vasto mondo e alle città straniere, così si imbarcò su un vascello diretto a San Francisco.