LA
MACCHINA INFERNALE
The
Machine Stops di E. M. Forster, fu pubblicato per la
prima volta nel 1909 sulla Oxford and Cambridge Review e in
seguito nell’antologia The Eternal Moment, ben prima delle
più celebri produzioni di Huxley e Orwell (rispettivamente Brave
New World del 1932 e 1984
del 1948)
Nella
prefazione alle sue
Collected Short
Stories (1947),
Forster scrisse che
"The
Machine Stops
is a reaction to one of the earlier heavens of H. G. Wells."
Sebbene non tutte le
storie di Wells fossero
ottimistiche rispetto al futuro,
con questo racconto
Forster dava voce alle
sue preoccupazioni riguardo
alla dipendenza dell'uomo
dalla macchina. Certo ci
sorprende che a descrivere con tanto anticipo un mondo in balia della
tecnologia sia
lo scrittore inglese Edward Morgan Forster, conosciuto e celebrato
per i romanzi Passaggio
in India, Camera
con vista, Maurice
al
cui successo ha
contribuito
anche la trasposizione cinematografica.
Nel
racconto Forster crea un universo cyberpunk in puro stile vittoriano
portando alle estreme conseguenze la tecnologia ottocentesca:
telefono, cinema, telegrafo, posta pneumatica, dirigibili – gli
aeroplani erano agli albori – grammofono. Egli immagina un'umanità
ridotta ad uno stato larvale che, come in un moderno inferno
dantesco, è costretta a vivere in enormi città sotterranee in piccole
celle esagonali ed è tenuta in vita dalla Macchina, che provvede a tutti
i bisogni delle persone fino a sfociare in una vera e propria
religione “La
macchina,” esclamavano, “ci nutre e ci veste e ci dà una casa;
grazie a lei possiamo parlarci, grazie a lei possiamo vederci, in lei
è custodita la nostra essenza. La Macchina è amica delle idee e
nemica della superstizione: la Macchina è onnipotente, eterna,
benedetta sia la Macchina.”
E'
un universo claustrofobico che ha perso ogni contatto con la natura e
vive di idee surrogate
da altre idee, generando una sorta di babele culturale, dove
l'unica verità è
quella della Macchina.
La
storia non è più raccontata “come
accadde, né come avrebbero voluto che fosse accaduta, ma come
avrebbe dovuto accadere, se avesse avuto luogo nei giorni della
Macchina.”
La
principale occupazione
delle persone è
parlare agli altri per
scambiarsi idee attraverso
gli “speaking tubes” -
telefoni - e i
“cinematophoes” -
piastre rotonde in cui
possono sentire e vedere i loro interlocutori, antenati
dei moderni tablets, trasformando
così le loro stanze in reali “chat rooms”. Tutto
sotto lo stretto
controllo dalla
Macchina: “Noi
abbiamo creato la Macchina affinché ubbidisse al nostro volere ma
noi ora non riusciamo a farle eseguire i nostri ordini... La Macchina
procede ma non verso la nostra meta. Noi esistiamo solo come globuli
sanguigni che scorrono nelle sue arterie, e se lei potesse funzionare
senza di noi ci lascerebbe morire.”
L'unico
contatto tra esseri umani avviene attraverso la Macchina, il contatto
diretto, sia pure tra madre e figlio, fa paura. Solo un attimo prima
della catstrofe finale i due protagonisti avranno la forza di
cercarsi e di abbracciarsi. Oggi questo fenomeno ha un nome preciso:
"Hikikomori" - un termine giapponese che
significa letteralmente "stare in disparte" e che
riguarda soprattutto i giovani, che rifiutano il confronto con la
realtà per rifugiarsi nel mondo virtuale, proprio come i
protagonisti di questo racconto visionario.
Anche
la globalizzazione è un altro fenomeno previsto da Forster, come
degenerazione
del sistema: “Perché
andare a Pechino
quando questa era proprio uguale a Shrewsbury? Perché ritornare a
Shrewsbury quando tutto era uguale a Pechino?”
Ma
l'aspetto più inquietante è che l'umanità si è volutamente
consegnata alla
Macchina dopo aver perso
la sua sfida per
soggiogare la natura: “Ma
l'umanità, nel suo desiderio di benessere, aveva superato sé
stessa. Aveva sfruttato le ricchezze della natura troppo oltre. In
silenzio e con compiacimento, stava affondando nella decadenza, e la
parola progresso aveva finito col significare il progresso della
Macchina.”
Se
ci stupisce il fatto che Forster abbia
anticipato di sessanta anni Internet, non meno precisa è la sua
visione di una società allo stremo che rinuncia volutamente alle sue
prerogative per essere
protetta da sé stessa, prevedendo
quel perverso trade off
tra diritti dei cittadini
e più sicurezza, più lavoro, più benessere che sta snaturando e
indebolendo le moderne
democrazie.
💥Libri
consigliati:
Edward
Morgan Forster, La macchina si ferma,
trad. di Maria Valentini,
Portaparole, 2012, pp. 156, euro 16
Butler Samuel, Erewhon
1975, XXII-237 p., brossura, 6
ed. Adelphi (collana Piccola biblioteca Adelphi)
Traduttore Demby L. D.
Rampini
Federico: Rete padrona. Amazon, Apple, Google & co. Il
volto oscuro della rivoluzione digitale, Feltrinelli
(collana Fuochi), 2014, 278 p
👌Film
consigliati:
Metropolis
– diretto da Fritz Lang, 1927
La
fuga di Logan – (Logan's Run)
1976, diretto da Michael Anderson,
L'uomo
che fuggì dal futuro -
(THX 1138) 1971, diretto da George Lucas,
L'esercito
delle 12 scimmie - (12 Monkeys)
1995, diretto da Terry Gilliam
La
Macchina si ferma.
E.
M. Forster
(1909)
Ugo Pozzo - 1925
L'aeronave
Immaginate,
se potete, una piccola stanza, di forma esagonale, come la cella di
una ape. Non è illuminata né da finestre né da lampade, eppure è
pervasa da una delicata luminescenza. Non ci sono aperture per la
ventilazione, eppure l'aria è fresca. Non ci sono strumenti
musicali, eppure nel momento in cui inizia questa mia meditazione, la
stanza vibra di suoni melodiosi. Al centro c'è una poltrona con
affianco un leggio, e questi sono tutti i mobili. E nella poltrona
siede un ammasso di carne fasciata, una donna alta circa un metro e
mezzo, con il volto bianco come un fungo. E' a lei che appartiene la
stanza.
Un
campanello elettrico suonò.
La
donna toccò un interruttore e la musica cessò.
“Suppongo
che devo vedere chi è,” pensò, e mise in movimento la sedia. La
sedia, come la musica, era azionata da un macchinario e rullò
sull'altro lato della stanza dove il campanello continuava a suonare
inopportunamente.
“Chi
è?” chiese. La sua voce erra irritata, perché era stata
interrotta spesso da quando la musica era iniziata. Conosceva diverse
migliaia di persone, sotto certi aspetti i rapporti umani erano
migliorati enormemente. Ma quando portò il ricevitore all'orecchio,
il suo volto bianco si increspò in un sorriso e disse: “Benissimo.
Parliamo, ora mi isolo. Non mi aspetto che accada niente di
importante per i prossimi cinque minuti. Perché posso darti al
massimo cinque minuti, Kuno1.
Poi devo tenere la mia conferenza su “La musica durante il periodo
australiano.” Toccò la manopola per l'isolamento, così che nessun
altro potesse parlare con lei. Poi toccò il dispositivo per
l'illuminazione e la piccola stanza fu sommersa dalle tenebre.