Felicità a kilowatt
TheEupio Question (La
questione dell'eufio) dello
scrittore statunitense Kurt Vonnegut (1922-2007),
è un racconto breve pubblicato nel 1951 nel Collier's Magazine, e
successivamente ripubblicato ne In a
Cat House e poi in Welcome
to the Monkey House.
Romanziere,
poeta, saggista e polemista, con una scrittura dai molti codici e dai
molti livelli, Vonnegut era stato spesso paragonato a Mark Twain, verso il
quale, del resto, nutriva una passione dichiarata.
Nei
primi anni '50 aveva iniziato a pubblicare racconti brevi, molti dei
quali trattavano di tecnologia e di futuro, cosa che indusse molti
critici ad etichettarlo come uno scrittore di fantascienza, etichetta
che lo scrittore aveva sempre rifiutato:
"Anni
fa ho lavorato per la General Electric a Schenectady e , accerchiato
com’ero da macchine e da idee per macchine, non ho potuto far altro
che scrivere un romanzo che parlasse di persone e di macchine, e in
cui spesso le macchine avevano la meglio sulle persone, come del
resto capita nel mondo reale. E’ stato allora che i critici
letterari mi hanno informato del fatto che ero uno scrittore di
fantascienza. Non lo sapevo mica. Pensavo di aver scritto un romanzo
sulla vita, sulle cose che mi toccava vedere e ascoltare a
Schenectady, una città più che reale, un’inquietante presenza nel
nostro quotidiano già tanto spaventoso. Da allora mi hanno fatto
entrare a forza in un cassetto etichettato “ fantascienza”, e
adesso vorrei tanto uscirne, soprattutto perché molti dei critici
più rispettabili scambiano spesso questo cassetto per un orinale.”
(da Divina
idiozia. Come guardare al mondo contemporaneo, ed. E/O)
Anche
La
questione dell'eufio
indaga
gli effetti nefasti della tecnologia sull'uomo, in particolare la
ricerca della felicità, che, secondo la costituzione americana, è
uno dei diritti fondamentali dell'uomo. Per Vonnegut ogni forma di
felicità offerta dalla tecnologia è puramente sintetica e
annulla ogni capacità di giudizio nell'illusione che si possa
semplicemente comprare la felicità senza alcuno sforzo. Pertanto,
l'apparecchio
messo appunto
dal
dottor Fred Bockman, l'eufio
del titolo, che
offre “la voce del nulla” captata dal suo radiotelescopio da
una “zona
vuota”
dell'universo e
in grado di fornire “felicità a kilowatt” è un congegno che
potrebbe far precipitare l'America “in una pericolosa fase della
storia in cui gli uomini invece di perseguire la felicità, la
comprano.”
Anche
se le critiche di Vonnegutt erano indirizzate
soprattutto ai mass media dell'epoca, in particolare alla
televisione, considerata come il focolare elettronico della famiglia,
la sua critica è
più profonda e si ricollega all'intrinseca natura dell'uomo e
pertanto ancor più attuale ai giorni nostri, in cui l'intelligenza
artificiale minaccia di superare e soppiantare l'uomo.
Negli
stessi
anni Ray Bradbury pubblica Fahrenheit
451(1953),
dove
immagina un mondo in cui i libri, veicolo del pensiero critico,
vengono bruciati, mentre enormi televisori interattivi creano
comunità virtuali in
cui
le persone si rifugiano, rinunciando alla vita reale. L'obbiettivo
era la televisione, ma già sembra Face Book.
L'idea
di una società controllata non più da dittature violente e
oppressive, ma attraverso gli strumenti forniti dalla scienza e dalla
tecnologia era già stata esplorata da Aldous Huxley nel suo romanzo
distopico Brave
New World
del 1932, in cui immagina una società apparentemente ordinata e
felice grazie al soma,
una
droga euforizzante e antidepressiva.
Mattatoio n. 5 è il romanzo di Vonnegut più conosciuto, nel 1972 ne fu tratto anche un film. La storia si ispira ad un drammatico episodio della vita dello scrittore quando, fatto prigioniero durante la battaglia delle Ardenne, ebbe la ventura di assistere al bombardamento di Dresda dall'interno di una grotta scavata nella roccia sotto un mattatoio, adibita e deposito di carni.
La questione dell'eufio
Kurt
Vonnegut, 1951
Signori e
signore della Commissione federale per le comunicazioni*, vi
sono grato per l'opportunità di testimoniare sull'argomento di
fronte a voi.
Sono
spiacente – o forse la parola corretta è 'triste' – per la
notizia trapelata al riguardo. Ma ora che questa parola sta
circolando e sta pervenendo alla vostra attenzione ufficiale, potrei
anche raccontare direttamente la storia e pregare Dio di potervi
convincere che non abbiamo bisogno di ciò che abbiamo scoperto.
Non nego che noi tre - Lew
Harrison, annunciatore radiofonico, il dottor Fred Bockman, fisico, e
io stesso, professore di sociologia - abbiamo trovato la nostra pace
mentale. Al contrario. E non dico che non sia giusto che le persone
cerchino la loro pace mentale. Ma se qualcuno pensa di volere la pace
mentale nel modo scoperto da noi, farebbe molto meglio, invece, a
cercare una trombosi coronarica.
Lew, Fred
ed io trovammo la pace mentale sedendoci in poltrona e accendendo un
dispositivo elettronico grande quanto un televisore da 21 pollici.
Niente erbe esotiche, nessuna regola aurea, nessun controllo
muscolare, niente ficcanasare nei problemi altrui per dimenticare i
propri, niente hobby, taoismo, flessioni o contemplazione del fiore
di loto. Il dispositivo è, credo, quello che tanta gente ha previsto
come la conquista più importante della civiltà: un aggeggio
elettronico, economico, facile da produrre in massa, che può,
girando un interruttore, fornire tranquillità. Vedo che qui ne avete
uno.
Il mio
primo approccio con la pace mentale sintetica è stato sei mesi fa. E
fu anche allora, mi dispiace dirlo, che conobbi Lew Harrison. Lew è
l'annunciatore capo dell'unica stazione radio della nostra città. Si
guadagna da vivere con la sua chiacchiera, e sarei sorpreso se fosse
stato qualcun altro a portare l'argomento alla vostra attenzione.
Bene, sei mesi fa Lew ideò un programma su un giovane sognatore e
mio amico all'università, il dottor Fred Bockman. Diedi a Fred un
passaggio fino alla stazione radio, e lui mi invitò ad entrare e
restare a guardare. Giusto per sfizio, accettai.
Fred
Bockman ha trent'anni, ma ne dimostra diciotto. La vita non ha
lasciato segni su di lui, perché non è tipo da prestargli
attenzione. Quello a cui presta la gran parte della sua attenzione, e
al cui riguardo Lew Harrison voleva intervistarlo, era quel suo
ombrello da otto tonnellate con cui ascolta le stelle. E' una grande
antenna radio piazzata su un supporto per telescopio. Per come la
vedo io, invece di guardare le stelle attraverso un telescopio, lui
punta questa cosa nello spazio e cattura i segnali radio proveniente
da diversi corpi celesti.
Naturalmente,
non ci sono persone che dirigono stazioni radio là fuori. E' solo
che molti corpi celesti sprigionano un sacco di energia e una parte
di questa può essere intercettata nella banda di radio frequenza.
Una cosa buona che fa il dispositivo di Fred è di localizzare le
stelle nascoste ai telescopi da grandi nuvole di polvere cosmica. I
loro segnali radio attraversano le nuvole e raggiungono l'antenna di
Fred.
Questo non
è tutto quello che quello strumento può fare, nella sua intervista
con Fred, Lew Harrison riservò la parte più esaltante per la fine
del programma. “Questo è molto interessante, Dr. Bockman,"
disse Lew. “Mi dica, il suo radiotelescopio ha scoperto
qualcos'altro sull'universo che non sia stato rivelato da un normale
telescopio?”
Questo gli
diede l'imbeccata. “Sì, certamente,” disse Fred. “Abbiamo
individuato circa cinquanta posti nello spazio, non nascosti dalla
polvere cosmica, che emettono potenti segnali radio. Tuttavia, sembra
che lì non ci sia nessun corpo celeste. “Incredibile!” disse Lew
fingendosi sorpreso. “Direi che questa questa è una notizia!
Signori e signore, per la prima volta nella storia della radio, vi
portiamo il rumore delle misteriose zone vuote del dottor Bockman.”
Avevano posizionato un cavo fino all'antenna di Fred nel campus. Lew
fece cenno al tecnico di trasmettere i segnali provenienti da lì.
“Signori e signore, la voce del nulla.”
Non c'era molto da sentire – un sibilo tremolante, più che altro simile ad uno pneumatico bucato. Si pensava che fosse andato in onda per cinque secondi. Quando il tecnico lo spense, Fred ed io stavamo inspiegabilmente sghignazzando come due idioti. Io mi sentivo rilassato ed eccitato. Lew Harrison aveva l'aspetto di uno capitato nei camerini del Copacabana. Diede un'occhiata all'orologio dello studio, atterrito. Il fischio monotono era stato in onda per cinque minuti! Se il polsino del tecnico non avesse accidentalmente agganciato il pulsante, lo sarebbe ancora stato.
Fred rideva
nervosamente e Lew cercava disperatamente la sua battuta nel copione.
“Il fischio dal nulla,” disse Lew. "Dr. Bockman, qualcuno
ha proposto un nome per questi interessanti zone vuote?”
"No,"
disse Fred. “Al momento non hanno né un nome né una spiegazione. Le zone vuote da cui provengono questi segnali sono ancora senza
spiegazione, ma ne ho suggerito un nome che sembra incominci a fare
presa: 'Euforia di Bockman.' Possiamo anche non sapere cosa sono
quelle zone ma sappiamo cosa fanno, così il nome è quello giusto.
Euforia, dal momento che sta a significare un senso di leggerezza e
benessere, è realmente l'unica parola adatta.”
Dopo la
trasmissione, Fred, Lew ed io eravamo così cordiali l'un l'altro da
sembrare sentimentali.
“Come mai non ne hai mai sentito gli effetti?”
“Lo potremmo chiamare euforiafono,” suggerii, “oppure eufio, per abbreviare.”
“Non
riesco a ricordare quando una trasmissione sia stata così
piacevole,” disse Lew. La sincerità non è il suo forte, tuttavia
lo pensava davvero.
“E' stata
una delle più memorabili esperienze della mia vita,” disse Fred,
con un'espressione stupefatta, “Straordinariamente piacevole.”
Eravamo
tutti imbarazzati per l'emozione che provavamo e, tutti confusi,
lasciammo la compagnia in fretta e furia. Corsi a casa per farmi un
bicchierino, solo per ritrovarmi nel mezzo di un'altra inquietante
esperienza.
La casa era
silenziosa, la girai due volte prima di scoprire che non ero solo.
Mia moglie, Susan, donna buona e amabile che si vanta di nutrire la
sua famiglia bene e con puntualità, giaceva sul divano, fissando il
soffitto con aria sognante. “Tesoro,” dissi esitante, “Sono a
casa, è ora di cena.”
"Fred
Bockman era alla radio oggi,” disse con voce distante.
“Lo so.
Ero nello studio insieme a lui.”
“Era
fuori dal mondo,” sospirò. “Semplicemente fuori dal mondo. Quel
rumore dallo spazio – quando lo ha acceso, sembrava proprio che
tutto mi scivolasse via. Sono rimasta distesa qui, cercando di
riprendermi.”
"Uh-huh,"
dissi, mordendomi le labbra. “Bhe, penso che farei meglio ad andare
a prendere Eddie.” Eddie è mio figlio, ha dici anni ed è capitano
di una squadra locale di baseball apparentemente invincibile.
“Risparmiati
la fatica, pa',” disse una vocina nella penombra. “Sei a casa?
Cos'è successo? La partita è stata sospesa per via di un attacco
atomico?”
“Macché.
Abbiamo completato otto inning.”
“Gliene
avete date tante che non hanno voluto continuare, eh?”
“Oh, se
la cavavano benissimo. Eravamo pari, avevano due giocatori dentro e
due fuori.” Parlava come se stesse raccontando un sogno. “E poi,”
disse, spalancando gli occhi, “è stato come se tutti avessero
perso interesse, se ne sono andati e basta. Sono tornato a casa e ho
trovato la vecchia raggomitolata lì, così mi sono disteso a terra.”
“Perché?”
chiesi incredulo.
“Pa',”
disse Eddie pensieroso, “che mi venga un colpo se lo so.”
“Eddie!”
disse la madre.
“Ma',”
disse Eddie, “che mi venga un colpo se lo sai tu, invece.” Un
colpo anche a me se c'era qualcuno in grado di spiegarlo, ma avevo un
brutto presentimento. Telefonai a Fred Bockman. “Fred, ti sto
disturbando mentre ceni?”
“Magari,”
disse Fred, “In casa non c'è nemmeno una briciola da mangiare, e
le ho pure lasciato la macchina oggi per andare al supermarket. Ora
sta cercando di trovare un alimentare aperto.”
“Non le è
partita la macchina, eh?”
“Certo
che è partita,” disse Fred. “E' pure andata al supermarket. Poi
si è sentita così bene che se ne è andata andata di nuovo via.”
Fred sembrava depresso. “Penso che sia privilegio di ogni donna
cambiare idea, ma è la menzogna che mi ferisce.”
“Ti ha
mentito? Non ci credo.”
“Ha
provato a dirmi che erano andati tutti via insieme a lei – compresi
gli impiegati.”
“Fred,”
dissi, “Ho delle novità per te. Posso venire da te dopo cena?”
Quando
arrivai alla fattoria di Fred, stava fissando, interdetto, il
giornale della sera.
“L'intera
città è diventata matta!” disse Fred. “Senza nessun motivo,
tutte le macchine si sono accostate al marciapiedi come se stesse
passando il camion dei pompieri. Dice che qui la gente si è zittita
a metà frase ed è rimasta in quel modo per cinque minuti. Centinaia
si aggiravano al freddo in t-shirt ghignando come in una pubblicità
del dentifricio.” Agitò il giornale. “Questo è quello di cui
volevi parlarmi?”
Annuii. “E'
successo tutto mentre veniva trasmesso quel rumore e pensavo che
forse...”
“Le
possibilità che ci possa essere un qualche dubbio al riguardo sono
una su un milione.” disse Fred. “Il tempo coincide al secondo.”
“Ma la
maggior parte della gente non stava ascoltando il programma.”
“Non era
necessario che ascoltassero, se la mia teoria è giusta. Noi abbiamo
captato quei deboli segnali dallo spazio, li abbiamo amplificati
circa un migliaio di volte e li abbiamo ritrasmessi. Tutti quelli nel
raggio di azione della trasmittente hanno ricevuto una bella dose di
radiazioni intensificate, che lo volessero o no.” Fred rabbrividì.
“Apparentemente è come camminare lungo un campo di marijuana che
brucia.”
“Come mai non ne hai mai sentito gli effetti?”
“Perché
non ho mai amplificato e ritrasmesso il segnale. La trasmettente
della stazione è quello che veramente gli ha dato la scossa.”
“E ora
cosa hai intenzione di fare?”
Fred sembrò
sorpreso. “Fare? Cos'altro c'è da fare se non raccontare tutto ad
una rivista specializzata?”
Senza che
nessuno bussasse, la porta d'ingresso si spalancò e Lew Harrison,
accalorato e ansimante, si precipitò nella stanza e si tolse il
cappotto come se fosse la cappa di un torero. “Stai mettendo al
corrente anche lui?” chiese, indicandomi. Fred lo guardò sorpreso.
“Riguardo a cosa?”
“I
milioni,” disse Lew. “I miliardi.”
“Meraviglioso,”
disse Fred. “Di cosa stai parlando?”
“Il
rumore proveniente dalle stelle!” disse Lew “Lo amano. Li fa
diventare matti. Hai visto i giornali?” Si calmò un istante. “E'
stato il rumore che lo ha fatto, vero Doc?”
“Pensiamo
di sì,” disse Fred. Sembrava preoccupato. “Come, esattamente,
suggerisci di mettere le mani su questi milioni o miliardi?”
“Proprietà immoiliare!” disse Lew con espressione rapita.
“Lew, come puoi tirar soldi da questo aggeggio se non ottieni il monopolio dell'universo? E, Lew, mi sono chiesto, come puoi vendere questa roba se chiunque può averla gratis quando la trasmetti?”
“Lew, come puoi tirar soldi da questo aggeggio se non ottieni il monopolio dell'universo? E, Lew, mi sono chiesto, come puoi vendere questa roba se chiunque può averla gratis quando la trasmetti?”
“Forse è
il genere di cose da cui non si dovrebbe ricavare denaro,”
suggerii. “Voglio dire, non sappiamo granché al riguardo...”
“La
felicità è una cosa cattiva?” mi interruppe Lew. “No,”
ammisi.
“Okay, e
quello che dovremmo fare con questa roba è rendere felice la gente.
Ora suppongo che mi dirai che è una cosa cattiva?”
“La gente
dovrebbe essere felice,” disse Fred.
"Okay,
okay," disse Fred con sufficienza. “Questo è quello che
faremo per la gente. E il modo in cui la gente può mostrare la sua
gratitudine è in proprietà immobiliare.” Guardò fuori dalla
finestra. “Bene… un fienile. Possiamo partire proprio da lì.
Montiamo un trasmettitore nel fienile e lo colleghiamo alla tua
antenna, Doc, e otteniamo uno sviluppo edilizio.”
“Scusa,”
disse Fred. “Non ti seguo. Questo posto non è adatto ad uno
sviluppo edilizio. Le strade sono insufficienti, non c'è un servizio
autobus o un centro commerciale, il panorama è scadente e il terreno
è pieno di sassi.”
Lew diede
qualche gomitata a Fred. “ Doc, Doc, Doc… certamente ci sono
degli inconvenienti, ma con una trasmittente nel fienile, gli puoi
donare la cosa più preziosa di tutta la creazione: la felicità.”
“Euphoria
Heights,” dissi.
“Grande!”
disse Lew, “io mi occupo dei possibili clienti, Doc, e tu ti metti
a sedere su nel fienile con la mano sul pulsante. Appena il cliente
arriva e tu gli spari addosso la felicità, pagherà qualunque
prezzo per avere un appezzamento di terreno.”
“Casa
mia, casa mia… finché dura l'elettricità,” dissi.
“Allora,”
disse Lew, con occhi scintillanti, “quando avremo venduto tutti
quei lotti, sposteremo il trasmettitore e inizieremo una nuova
speculazione edilizia. Forse dovremmo avere in giro una flotta di
trasmettitori.” Schioccò le dita. “Ma certo! Montiamoli su
ruote.”
“Mi sa
che la polizia non la prenderà bene,” disse Fred.
“Okay,
così quando verranno ad investigare, premi il solito interruttore e
dagli una scossa di felicità.” Rabbrividì. “Diavolo, potrei
perfino diventare generoso e regalargli un lotto all'angolo.”
“No,”
disse Fred sommessamente. “Meglio non stuzzicare il can che dorme.”
“Allora
diamogli una scossettina,” disse Lew allegramente.
“No,”
disse Fred. “Scusa.”
"Okay,"
disse Lew, alzandosi e camminando su e giù per la stanza. “Ero
preparato a questo. Ho un'alternativa, ed è assolutamente legittima.
Costruiremo un piccolo amplificatore con un trasmettitore ed
un'antenna incorporata. Costruirlo non dovrebbe costare più di
cinquanta dollari, diciamo. Possiamo metterci d'accordo con la
compagnia telefonica per incanalare i segnali dalla tua antenna
direttamente nelle case della gente che possiede il dispositivo. Il
dispositivo riceve il segnale dalla linea telefonica, lo amplifica e
lo trasmette nelle case per fare felici tutti quelli che ci abitano.
Capite? Invece di accendere la radio o la televisione, tutti vorranno
accendere la felicità. Niente attori, niente teatri di posa, niente
costose telecamere… niente altro che quel sibilo.”
“Lo potremmo chiamare euforiafono,” suggerii, “oppure eufio, per abbreviare.”
“Grande,
grande,” disse Lew, “che ne dici, Doc?”
“Non lo
so.” Fred sembrava preoccupato. “Queste cose non sono alla mia
portata.”
“Dobbiamo
tutti riconoscere i nostri limiti, Doc,” disse Lew con espansività.
“Io mi occuperò della parte commerciale, e tu ti occuperai della
parte tecnica.”
Fece un
movimento come per mettersi il cappotto. “O forse non vuoi
diventare milionario?”
“Oh, sì,
sì certo che lo voglio,” si affrettò a dire Fred. “Sì,
certamente.”
“Benissimo,”
disse Lew, fregandosi le mani, “la prima cosa da farsi è costruire
uno di quegli apparecchi e testarlo.”
Questa
parte del progetto era proprio fatta per Fred, e potei constatare che
la cosa lo interessava. “E' un congegno veramente semplice,”
disse. “Suppongo che possiamo metterne insieme uno e testarlo qui
la prossima settimana.”
Il primo
test dell'euforiafono, o eufio, ebbe luogo nel soggiorno di Fred
Bockman un sabato pomeriggio, cinque giorni dopo la sensazionale
trasmissione radiofonica di Fred e Lew.
C'erano
cinque cavie - Lew, Fred e sua moglie Marion, mia moglie Susan e mio
figlio Eddie. I Bockman avevano sistemato le sedie in cerchio intorno
ad un tavolo da gioco, su cui era adagiata una scatola grigia di
acciaio. Dalla scatola sporgeva una lunga antenna ad asta che
sfiorava il soffitto. Mentre Fred armeggiava con la scatola, noialtri
chiacchieravamo nervosamente mangiando sandwiches e bevendo birra.
Eddie, naturalmente, non stava bevendo birra, sebbene avesse un gran
bisogno di qualcosa per calmarsi.
Era seccato
per il fatto di essere stato portato alla fattoria invece che ad una
partita di baseball… e
minacciava di rifarsi proprio sui mobili stile country di Bockman.
Stava giocando da solo facendo una serie di tiri indiavolati vicino
alla porta finestra con una vecchia palla da tennis e un attizzatoio.
“Eddie,” disse Susan per la decima volta, “Per favore, smetti.”
“E' tutto
sotto controllo,” disse Eddie sprezzante, lanciando la palla sulle
quattro pareti e afferrandola con una sola mano
Marion, che
sfogava il suo istinto materno sul suo mobilio immacolato, non poteva
nascondere la sua preoccupazione riguardo al fatto che Eddie stesse
trasformando la stanza in una palestra.
Lew cercava
di calmarla a modo suo. “Fagli sfasciare tutto,” disse Lew.
“Presto andrai a vivere in un palazzo.”
“E'
pronto,” sussurrò Fred. Lo guardammo con nauseante temerarietà.
Fred inserì due spinotti della linea telefonica nella scatola
grigia. Questa era la linea diretta con la sua antenna sul campus, e
un meccanismo avrebbe mantenuto l'antenna fissa su una delle
misteriose zone vuote nel cielo, la più potente dell'Euforia di
Bockman. Inserì un cavo in una presa elettrica nel battiscopa e
appoggiò la mano sull'interruttore. “Pronti?”
“No,
Fred!” dissi. Ero impietrito per la paura.
“Accendilo,
accendilo,” disse Lew. “Non avremmo avuto il telefono oggi se non
avessi preso l'iniziativa di farne richiesta.”
“Resterò
qui vicino all'interruttore, pronto a spegnerlo se qualcosa va male,”
disse Fred con tono rassicurante. Ci fu un clic, un brusio e l'eufio
si accese.
Un
profondo, unanime sospiro riempì la stanza. L'attizzatoio scivolò
dalle mani di Eddie. Attraversò la stanza in una specie di maestoso
valzer, si inginocchiò accanto alla madre e le appoggiò la testa in
grembo. Fred si allontanò dalla sua postazione, canticchiando, con
gli occhi socchiusi.
Lew Harrison fu il primo a parlare, proseguendo la sua conversazione con Marion. “Ma chi se ne importa della ricchezza materiale?” chiese pensieroso. Si rivolse a Susan per conferma.
***
FINE
Lew Harrison fu il primo a parlare, proseguendo la sua conversazione con Marion. “Ma chi se ne importa della ricchezza materiale?” chiese pensieroso. Si rivolse a Susan per conferma.
"Uh-uh,"
disse Susan, scuotendo la testa con aria sognante. Abbracciò Lew e
lo baciò per circa cinque minuti.
“Ehi,”
dissi, dando una pacca sulla schiena di Susan, “voi ragazzi andate
d'accordo, vero? Non è una cosa carina, Fred?”
“Eddie,”
dissi con sollecitudine, “penso che c'è una vera palla da baseball
nella credenza della sala. Una palla nuova. Non sarebbe più
divertente di quella vecchia palla da tennis?” Eddie non si mosse.
Fred si
stava ancora aggirando nella stanza, sorridendo, con gli occhi chiusi
lungo il tragitto. Il tacco della scarpa restò impigliato nel filo
di una lampada e cadde lungo disteso sul focolare, con la testa nella
cenere. “Ehi, gente,” disse, con gli occhi ancora chiusi. “ho
battuto la testa su un alare.” Rimase lì, ridacchiando di quando
in quando.
“Il
campanello sta suonando da un po',” disse Susan. “Non credo
significhi qualcosa.”
“Avanti,
avanti,” gridai. Questo, in qualche modo, sembrò terribilmente
buffo. Tutti ridemmo fragorosamente, incluso Fred, le cui risate
sguaiate sollevavano nuvolette grige dal focolare.
* * *
L'invito
era stato accolto da un vecchietto molto serio vestito di bianco, che
ora era fermo all'ingresso e ci guardava allarmato. “Lattaio,”
disse incerto. Mostrò un pezzo di carta a Marion. “Non riesco a
leggere l'ultima riga del vostro biglietto,” disse. “Cos'è
questa nota riguardo ai fiocchi di latte, latte,latte, latte,
latte...” La sua voce andò scemando mentre si sistemava, a gambe
incrociate, sul pavimento accanto a Marion. Dopo essere rimasto in
silenzio per tre quarti d'ora circa, il suo viso assunse
un'espressione preoccupata “Bene,” disse con tono apatico,
“posso rimanere per un minuto soltanto, il mio furgone è
parcheggiato sul bordo della strada, potrebbe bloccare il traffico.”
Iniziò ad alzarsi. Lew diede un giro alla manopola del volume
dell'eufio. Il lattaio si afflosciò a terra. “"Aaaaaaaaaaah,"
fecero tutti.
“La
giornata giusta per stare in casa,” disse il lattaio. “La radio
dice che acchiapperemo la coda di un uragano atlantico.”
“Lasciala
arrivare,” dissi. “Ho parcheggiato la macchina sotto un grande
albero morto.” La cosa sembrò ragionevole. Nessuno obbiettò
alcunché. Scivolai di nuovo in una calda nebbia silenziosa senza
pensare a niente. Questi intervalli sembravano
durare solo alcuni secondi prima di essere interrotti dalla
conversazione dei nuovi arrivati. Col senno di poi, ora mi rendo
conto che raramente duravano meno di sei ore.
Fui
risvegliato nel mezzo di uno di questi momenti, ricordo, dall'insistente
squillo del campanello della porta. “Ho detto avanti,”
borbottai.” “E l'ho fatto,” borbottò il lattaio.
La porta si
spalancò e un poliziotto entrò e ci fissò arrabbiato. “Chi
diavolo ha parcheggiato il furgone del latte in modo da bloccare la
strada?” chiese. Individuò il lattaio. “Ah! Non lo sa che
qualcuno sbucando da una curva cieca potrebbe andarci a sbattere e
ammazzarsi?” Sbadigliò e la sua espressione feroce lasciò il
posto ad un affettuoso sorriso. “E' così dannatamente
improbabile,” disse, “Non so proprio perché l'ho tirato in
mezzo.” Si sedette accanto ad Eddie. “Ehi, ragazzino, ti
piacciono le pistole?” Tolse il suo revolver dalla fondina.
“Guarda, proprio come quella di Hoppy.”
Hopalong Cassidy—interpretato dall'attore William Boyd
|
Eddie prese
la pistola e mirò ad una bottiglia della collezione di Marion e fece
fuoco. Una grande bottiglia blu esplose in mille pezzi e la finestra
dietro andò in frantumi. L'aria fredda entrò ruggendo attraverso
l'apertura.
“Prima o
poi farà il poliziotto,” ridacchiò Marion.
“Dio,
sono felice,” dissi, sentendomi un po' commosso. “Ho il più
fantastico ragazzino, il più fantastico gruppo di amici e la più
fantastica moglie del mondo.” Sentii la pistola sparare una seconda
volta e poi caddi in un oblio celestiale.
Il
campanello della porta mi svegliò di nuovo. “Quante volte devo
dirvi – per amor di Dio, di entrare,” dissi, senza aprire gli
occhi.
“L'ho
fatto,” disse il lattaio.
Sentii il
calpestio di molti piedi, ma non non me ne curai. Un po' più tardi,
mi accorsi di avere difficoltà a respirare. Investigando scoprii che
alcuni boy scout si erano accampati sul mio petto e
sulla mia pancia. “Vuoi qualcosa?” chiesi al ragazzino il che mi
stava alitando in faccia il suo ritmico respiro caldo.
“La
pattuglia delle marmotte voleva vecchi giornali, ma se ne è
dimenticata,” disse. “Noi dovevamo solo portarli da qualche
parte.”
“E i
vostri genitori sanno dove siete?”
“Oh,
sicuro. Erano preoccupati e ci hanno seguiti.” E fece cenno col
pollice ad alcune coppie allineate lungo il battiscopa, che
sorridevano a denti stretti al vento e alla pioggia che li sferzavano
attraverso il vetro rotto.
“Ma', ho
un po' di fame,” disse Eddie.
“Oh,
Eddie! Non vorrai costringere tua madre a cucinare proprio quando ci
stiamo divertendo tanto,” disse Susan.
Lew
Harrison diede un altro giro alla manopola dell'eufio. “Allora,
ragazzi, che ne dite?”
"Aaaaaaaaaaah,"
fecero tutti.
Quando
riemersi di nuovo dal mio oblio, tastai intorno alla ricerca delle
giovani marmotte, ma non le trovai. Aprii gli occhi e scoprii che
stavano vicino ad un finestrone del soggiorno insieme ad Eddie, il
lattaio e Lew, ed erano tutti sorridenti. All'esterno il vento
ruggiva e sferzava selvaggiamente e spingeva le gocce di pioggia
attraverso la finestra rotta come se fossero state sparate da un
fucile. Scossi gentilmente Susan e andammo alla finestra per vedere
cosa potesse esser così divertente.
“Sta
cadendo, sta cadendo, sta cadendo” gridava estatico il lattaio.
Susan ed io
arrivammo giusto in tempo per unirci al coro mentre un grande olmo
crollava sulla nostra berlina.
“Cra-nch!”
disse Susan, ed io risi finché mi fece male lo stomaco. “Porta qui
Fred,” disse Lew con fare concitato. “Si perderà lo spettacolo del
fienile che vola via!”
“Hmm?”
mugugnò Fred dal focolare. “Acc, Fred, te lo sei perso,” disse.
“Ora sì che vedremo qualcosa di eccezionale,” gridò Eddie.
“Questa volta tocca alla linea elettrica. Guardate quel pioppo come
si inclina!” Il pioppo si inclinava sempre più vicino, sempre più
vicino, sempre più vicino alla linea elettrica e poi una raffica di
vento lo buttò giù fra una grandinata di scintille e un groviglio
di fili. Le luci della casa si spensero.
Ora c'era
solo il rumore del vento. “Com'è successo che nessuno ha
festeggiato?” disse Lew sottovoce. “L'eufio… si è spento!”
Dal
focolare si levò un terribile rantolo “Dio, penso di avere una
commozione cerebrale.”
Marion si
inginocchiò accanto al marito e pianse. “Caro, povero caro, cosa
ti è successo?”
Guardai la
donna che cingevo tra le mie braccia – una terribile veccia megera,
con gli occhi rossi infossati nelle orbite e i capelli come quelli
della Medusa. “Uh,” dissi e mi voltai disgustato. “Tesoro,”
piagnucolò la strega, “sono io, Susan.” L'aria si riempì di
lamenti e pianti penosi per mancanza di acqua e cibo. Improvvisamente
la stanza era diventata terribilmente fredda. Soltanto un attimo
prima mi era sembrato di stare ai tropici.
“Chi ha
preso la mia dannata pistola?” disse il poliziotto disperato. Un
ragazzo che non avevo notato prima stava seduto in un angolo,
sfogliando tristemente una pila di telegrammi ed emettendo dei suoni
chioccianti.
Rabbrividii.
“Scommetto che è domenica mattina,” dissi. “Siamo rimasti qui
per dodici ore!” Era lunedì mattina.
Il ragazzo
era sbalordito. “Domenica mattina? Sono arrivato qui domenica
sera.” Guardò tutto intorno la stanza. “Sembra proprio uno di
quei cinegiornali, vero?” Il capo della pattuglia di marmotte, con
l'incredibile energia della gioventù,
fu l'eroe della giornata. Dispose i suoi uomini su due file e li
arringò come un vecchio sergente dell'esercito. Mentre il resto di
noi giaceva disteso in giro per la stanza piagnucolando per la fame,
il freddo e la sete, la pattuglia fece ripartire la caldaia, ci portò
le coperte, applicò compresse fredde alla testa di Fred e ai
numerosi stinchi scorticati, tappò la finestra rotta e preparò
secchiate di cacao e caffè.
Entro due
ore da quando la corrente elettrica e l'eufio si erano spenti, la
casa era calda e noi avevamo mangiato. Le emergenze respiratorie più
gravi – i genitori che erano rimasti seduti vicino alla finestra
rotta per ventiquattro ore – erano stati pompati di penicillina e
trasportati all'ospedale. Il lattaio, il ragazzo e il poliziotto
avevano rifiutato le cure e se ne erano andati a casa. Le giovani
marmotte avevano salutato educatamente ed erano andati via.
All'esterno, gli operai stavano lavorando sulla linea elettrica.
Rimaneva solo il gruppo originale - Lew, Fred e Marion, Susan ed io
ed Eddie. Fred, scoprimmo, aveva delle brutte contusioni e abrasioni
ma nessuna commozione cerebrale.
Susan si
era addormentata appena mangiato. Adesso si stava stiracchiando.
“Cos'è successo?”
“Felicità,”
le dissi.”Incomparabile, ininterrotta felicità – felicità a
kilowatt.”
Lew
Harrison, che sembrava un anarchico con i suoi feroci occhi rossi e
la barba nera, era rimasto a scrivere furiosamente in un angolo della
stanza. “Questa è buona: felicità a kilowatt,” disse. “Compra
la felicità come compri la luce.”
“Contrai
la felicità come contrai l'influenza!” disse Fred, starnutendo.
Lew lo
ignorò. “E' una campagna pubblicitaria, capite? Il primo annuncio
pubblicitario è per gli intellettuali: 'Il prezzo di un libro, che
può rivelarsi una delusione, ti comprerà sessanta ore di eufio.
L'eufio non delude mai.' Poi andremo a colpire la classe media con il
prossimo...”
“Nelle
palle?” disse Fred.
“Cosa vi
succede?” disse Lew. “Vi comportate come se l'esperimento fosse
fallito.”
“Bronchiti
e malnutrizione era ciò ce speravamo di ottenere?” disse.
“Ne
abbiamo avuto una dimostrazione in questa stanza, e abbiamo reso
felici tutti, dal primo all'ultimo,” disse Lew. “Non solamente
per un'ora, né per un giorno ma per due giorni di seguito.” Si
alzò lentamente dalla sedia. “Allora quello che faremo per
evitare di uccidere i fruitori dell'eufio è di accenderlo e
spegnerlo con un timer, chiaro? Il proprietario lo regola così che
si accenda appena lui ritorna a casa e si spegnerà all'ora di cena,
si riaccenderà dopo cena e si spegnerà prima di andare a letto, di
nuovo acceso dopo la prima colazione, spento quando è ora di andare
al lavoro, poi di nuovo acceso per la moglie e i bambini.”
Si passò
le mani tra i capelli e roteò gli occhi. “E i punti vendita –
mio Dio, i punti vendita! Niente giocattoli costosi per i bambini.
Per il costo di un biglietto per il cinema, la gente potrà comprare
trenta ore di eufio. Per il prezzo di una bottiglia di whisky,
potranno comprare settanta ore di eufio!”
“Oppure
una bottiglia formato famiglia di cianuro,” disse Fred.
“Non
capite?” disse Lew incredulo. “Riunirà le famiglie, salverà il
focolare domestico americano. Non più liti su quali programmi tv o
radio seguire. L'eufio accontenta tutti – ne abbiamo la prova. E
non esiste una cosa come un programma eufio noioso.
Fu
interrotto da qualcuno che bussava alla porta. Un tecnico fece
capolino per annunciare che l'elettricità sarebbe ritornata entro
due minuti.
“Ascolta,
Lew,” disse Fred, “questo piccolo mostro potrebbe uccidere la
civiltà in minor tempo di quanto gli ci vorrebbe per essere ridotta
in
cenere. Non ci metteremo nel business dell'incretinimento, e questo è
quanto.”
“Stai
scherzando!” disse Lew stupefatto. Si rivolse a Marion. “Non vuoi
che tuo marito guadagni un milione?”
“Non
gestendo una fumeria d'oppio elettronica,” disse Marion con
freddezza.
Lew
si diede una pacca sulla fronte.
“E' quello che vuole il pubblico. E'
come se Louis Pasteur si rifiutasse di pastorizzare il latte.”
“Sarà
bello avere di nuovo l'elettricità,” disse Marion, cambiando
argomento. “Luci, acqua calda, la pompa, il… oh, Dio!”
Le luci
ritornarono nello stesso momento in cui lo disse, ma Fred ed io
eravamo già a mezz'aria, planando sulla scatola grigia. Vi cademmo
sopra contemporaneamente. Il tavolino da gioco si sfasciò e la spina
fu strappata dalla presa nella parte. Le valvole dell'eufio per un
momento emanarono un bagliore rosso e poi si spensero.
Senza
tradire alcuna emozione, Fred prese un cacciavite dalla tasca e
rimosse il coperchio della scatola.
“Ti
piacerebbe dare battaglia al progresso?” disse, offrendomi
l'attizzatoio che Eddie aveva lasciato cadere.
In un
attacco d'ira, colpii e distrussi il vetro e i cavi dell'eufio. Con
la mia mano sinistra, e con l'aiuto di Fred, impedii a Lew di
gettarsi tra l'attizzatoio e l'apparecchio.
“Pensavo
che fossi dalla mia parte,” disse Lew.
“Se
fai una sola parola con qualcuno riguardo all'eufio,” dissi, “sarò
felice di fare a te quello che ho appena fatto all'eufio.”
***
E a questo
punto, signore e signori della Commissione federale per le
comunicazioni, pensavo che la faccenda fosse finita là. Meritava
di finire là. Ma, grazie alla boccaccia di Lew Harrison,
la voce si è sparsa. Vi ha consegnato una petizione per avviare lo
sfruttamento commerciale dell'eufio. Lui e i suoi finanziatori hanno
costruito un proprio radiotelescopio. Permettetemi di ribadire che
tutte le asserzioni di Lew sono vere, l'eufio è in grado di fare
tutto ciò lui dice che può fare. La felicità che procura è
perfetta e inesauribile anche di fronte a incredibili avversità.
Tragedie simili a quelle del primo esperimento possono essere senza
dubbio evitate con un temporizzatore per accendere e spegnere
l'apparecchio. Vedo, infatti, che sul tavolo di fronte a voi ce ne è
uno dotato di temporizzatore.
Il problema
non è se l'eufio funzioni. Perché funziona. Il problema è,
piuttosto, se entrare in una nuova e dolorosa fase della storia dove
gli uomini non perseguono più la felicità ma la comprano. Non è
questo il tempo in cui l'oblio diventi una mania nazionale L'unico
beneficio che potremmo trarre dall'eufio sarebbe se potessimo in
qualche modo erigere una barriera di pace mentale contro i nostri
nemici e allo stesso tempo proteggere la nostra gente da essa.
In
conclusione, vorrei sottolineare che Lew Harrison, il potenziale zar
dell'eufio, è una persona priva di scrupoli, indegna della pubblica
fiducia. Non mi sorprenderebbe, per esempio, se avesse predisposto il
temporizzatore su questo prototipo di eufio in modo tale che le sue
radiazioni confondano il vostro giudizio quando cercherete di
giungere ad una decisione. Infatti, sembra emettere un ronzio
sospetto proprio in questo momento ed io sono così felice che potrei
piangere. Ho il miglior figlioletto, la miglior moglie e i migliori
amici del mondo. E il buon vecchio Lew Harrison è il sale della
terra, credetemi. Di certo, gli auguro tanta fortuna per la sua nuova
impresa.
FINE
*La
Federal Communications Commission (FCC) fondata nel
1934 è un'agenzia indipendente degli Stati Uniti creata per statuto
con lo scopo di regolare le comunicazioni interstatali via radio,
televisione, satellite e cavo. L'agenzia serve il pubblico per quel
che riguarda l'accesso alla banda larga, la leale competizione, l'uso
delle frequenze radio, la responsabilità dei media, la sicurezza
pubblica e quella nazionale.
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