It's
always Tea Party time
"Conclusa
l'elezione, è venuto il momento di lasciarsi alle spalle la
polarizzazione, il confronto. È tempo di lavorare insieme e
a favore del nostro Paese”. Non sono parole pronunciate da Donald
Trump nel discorso della vittoria dopo l’Election Day, ma
dal presidente messicano Enrique Peña Nieto dopo l’ultima tornata
elettorale nel suo Paese.
'Polarizzazione*' e 'confronto' sono ormai le parole chiave per desrcivere il dibattito politico dei nostri giorni, anche a causa della massiccia 'specializzazione' dei moderni mass media.
Nel racconto di Vonnegut 'La questione dell'eufio' (mio blog del 15-01-19) la televisione, allora agli albori, era vista come uno strumento misterioso e maligno, capace di annientare le facoltà mentali degli spttatori, facendogli perdere ogni contatto con la realtà circostante. La critica di Vonnegut era di tipo antropologico e non prendeva in considerazione l'aspetto politico e sociologico dei nuovi mass media elettrici, come invece farà alcuni anni dopo uno dei padri di internet, lo scienziato Paul Baran, che intravide già allora un pericolo nella sempre maggiore 'specializzazione' dei nuovi mass media, capace di disgregare la coesione sociale attraverso una sempre maggiore 'polarizzazione' e 'confronto' delle idee.
Per approfondire la questione, vi propongo un articolo dello studioso americano Matt Novak, che commenta il pensiero di Baran alla luce della situazione odierna. Per chi fosse interessato, segue l'articolo in lingua originale.
Per capire meglio la realtà americana, ho trovato interessanti questi due articoli:
La TV ci dividerà: il futuro della polarizzazione politica nei mass media americani
Nel 1969 Paul Baran, uno dei pionieri di internet, predisse che i nuovi media specializzati avrebbero minato la coesione nazionale.
Di
Matt Novak
smithsonian.com
Immaginate un mondo in
cui gli unici media che utilizzate servono a rafforzare il vostro
personale bagaglio di granitiche convinzioni politiche. Sembra uno
scenario distopico di là da venire, vero? Ebbene, questo è proprio
ciò che
Paul Baran, uno dei pionieri di Internet, predisse nel 1969.
In un saggio intitolato
“Sull'impatto dei nuovi mezzi di comunicazione di massa sui valori
sociali,” Baran (scomparso nel 2011) guardò a come gli americani
avrebbero potuto essere influenzati dai mass media del futuro. Il
saggio esaminò ogni aspetto del problema, dal ruolo della tecnologia
in classe fino agli effetti sociali dei cellulari – uno strumento
che, come Baran predisse, aveva il potenziale di disgregare
enormemente le nostre vite con chiamate indesiderate in momenti
inopportuni.
Ma forse la cosa più
interessante è che Baran anticipò anche la polarizzazione dei media
americani, il genere di polarizzazione che gli studiosi di
comunicazione del ventunesimo secolo stanno disperatamente cercando
di comprendere meglio.
Baran comprese che con
un crescente numero di canali a disposizione dell'informazione,
sarebbe stato, per così dire, come predicare ai fedeli. Ciò
significa che, quando gli utenti del futuro troveranno un giornale o
un canale televisivo o un blog (che ovviamente allora non esisteva
ancora) che si adatta perfettamente alla loro ideologia e gli dice
continuamente che le loro idee sono giuste, gli americani avranno
scarse motivazioni a confrontarsi con quelli che la pensano
diversamente.
Baran vedeva il ruolo
dei massa media come una forza unificante che contribuiva alla
coesione nazionale, ad un'identità condivisa e ad obiettivi comuni.
Tuttavia, con più canali specializzati a loro disposizione (politici o altro) gli americani avrebbero avuto pochissime sovrapposizioni nei
messaggi ricevuti. Questo, Baran ne era convinto, avrebbe condotto ad
instabilità politica e ad un 'confronto' più aspro nelle occasioni
in cui voci diverse avrebbero di fatto comunicato l'un l'altra.
Nel 1969 Baran scrisse:
Una nuova difficoltà nel raggiungimento della coesione nazionale.
Un governo nazionale stabile richiede un certo grado di coesione
sociale. Tale coesione può derivare da un patto implicito su
obbiettivi e metodi – o addirittura sui processi atti a determinare
obbiettivi e metodi. A causa della varietà di canali d'informazione
disponibili, è sempre più facile creare
gruppi che
hanno
accesso a modelli di realtà completamente diversi, senza
sovrapposizione. Per esempio,
quasi ogni gruppo ideologico, dalle associazioni studentesche non
ufficiali ai circoli John Bicher [La
John Birch Society
(JBS)è un'associazione di estrema destra fondata nel 1958 con lo scopo di combattere il comunismo e limitare il potere centrale]
oggi hanno
i loro giornali. Immaginate un mondo in cui ci sia un numero di canali
televisivi sufficiente a tenere ogni gruppo, e in particolare i
membri meno colti e tolleranti dei gruppi, completamente occupati? I
membri di tali gruppi saranno mai più in grado di comunicare
significativamente l'un l'altro? Otterranno mai almeno qualche
informazione attraverso gli stessi filtri in modo che la loro
immagine della realtà possa in qualche modo interagire? Corriamo il
rischio di creare attraverso i mass media elettrici una diversità
all'interno della società tale da rimuovere quella condivisione di
esperienza necessaria alla comunicazione umana, alla stabilità
politica e, soprattutto, alla coesione nazionale? Lo strumento del
'confronto' deve essere sempre più usato per la comunicazione umana.La diversità politica a livello nazionale richiede buona
volontà e intelligenza per funzionare a dovere. I nuovi media visivi
non sono una pura benedizione. Questa nuova diversità ci fa sperare
che la buona volontà e l'intelligenza della nostra nazione è
sufficientemente ampia da poter contrastare le crescenti
pressioni comunicative del futuro.
La parcellizzazione dei
mass madia negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso
ha indubbiamente condotto all'estrema “differenziazione dei modelli
di realtà” che Baran descrive. I fedeli seguaci di un'ideologia
trascineranno la linea del partito e trarranno forza dai particolari
prodotti mediatici del loro gruppo. Ma la prova resta insoddisfacente
quando arriviamo all'americano medio. In poche parole, non ci sono
prove sufficienti per affermare che le persone che non sono già
altamente impegnate politicamente saranno spinte da fonti
mediatiche a diventare più radicali o reazionarie a seconda dei casi.
Nel suo articolo per la rivista Annual Revew of Political Science di ques'anno, Markus Prior spiega: "L'espsizione a informazioni ideologicamente di parte può essere ampiamente circoscritta a segmenti di popolazione piccoli ma estremamente coinvolti ed influenti." Tuttavia, "Non c'è prova inconfutabile che i media di parte stiano rendendo l'americano medio più partigiano."
Facendo un passo indietro e guardando a noi stessi dalla prospettiva del futuro storico, è facile arguire che potremmo ancora essere all'alba dei mass media fortememte polarizzati. L'allentamento e infine la cancellazione della fairness doctrine* della FCC* negli anni '80 vide l'aumento di ospiti di talk show radiofonici liberi da ogni esigenza di dare eguale spazio a punti di vista divergenti. La nascita del web negli anni '90, poi, fornì ancora più canali alle voci politiche per diffondere i loro messaggi attraverso il giovane internet.
I video generati dagli utenti fecero il loro ingresso sul web con la nascita di You Tube all'inizio degli anni 2000, permettendo la diffusione di media visivi sottoposti a molte meno regole di quelle a cui devono aderire politici e creatori di contenuti quando trasmettono su canali pubblici. L'incremento dei social media in questa decade ha dato a chiunque, da vostra nonna ai gruppi di hater, una piattaforma per trasmettere le loro proteste. E domani, chi sa?
Resta da vedere se ci sarà un'ancora maggiore polarizzazione nelle voci politiche dei maggiori partiti. Ma si può tranquillamente dire che quando i messaggi diffusi attraverso le nuove forme di mass media mancano di sovrapposizione e diversità politica, le perdizioni di Paul Baran del 1969 sono ormai diventate realtà.
FINE
*Polarizzazione
è un termine della fisica che identifica un processo per il quale si
vengono a creare due polarità contrapposte, ovvero la concentrazione
separata di due forze di valore opposto in uno stesso corpo. Se
estendiamo il termine alla sociologia, polarizzazione
identifica la concentrazione di valori ed idee opposti in seno alla
società, dunque la tendenza della popolazione a schierarsi per uno
dei due poli. In questo senso, il populismo a sostegno delle
estremità degli schieramenti favorisce ed alimenta la polarizzazione
delle società.
*La fairness doctrine della Federal Communications Commission (FCC),
introdotta nel 1949, era una norma che imponeva ai proprietari di emittenti radiotelevisive di presentare problematiche controverse di interesse pubblico in modo onesto, equanime e bilanciato. La FCC eliminò questa politica nel 1987, cancelandola dal Federal Register nel 2011. La scomparsa di questa regola è stata considerata da alcuni come fattore determinante per l'innalzamento del livello di polarizzazione negli Stati Uniti.
*
La
Federal Communications Commission (
FCC) fondata nel
1934 è un'agenzia indipendente degli Stati Uniti creata per statuto
con lo scopo di regolare le comunicazioni interstatali via radio,
televisione, satellite e cavo. L'agenzia serve il pubblico per quel
che riguarda l'accesso alla banda larga, la leale competizione, l'uso
delle frequenze radio, la responsabilità dei media, la sicurezza
pubblica e quella nazionale
Testo originale
TV Will
Tear Us Apart: The Future of Political Polarization in American Media
In
1969, Internet pioneer Paul Baran predicted that specialized new
media would undermine national cohesion
smithsonian.com
20804089
Imagine a world where
the only media you consume serves to reinforce your particular set of
steadfast political beliefs. Sounds like a pretty far-out dystopia,
right? Well, in 1969, Internet pioneer Paul Baran predicted just
that.
In a paper titled “On
the Impact of the New Communications Media Upon Social Values,”
Baran (who passed away in 2011) looked at how Americans might be
affected by the media landscape of tomorrow. The paper examined
everything from the role of media technology in the classroom to the
social effects of the portable telephone — a device that he
predicted as having the potential to disrupt our lives immensely with
unwanted calls at inopportune times.
Perhaps most
interestingly, Baran also anticipated the political polarization of
American media; the kind of polarization that media scholars here in
the 21st century are desperately trying to better understand.
Baran understood that
with an increasing number of channels on which to deliver
information, there would be more and more preaching to the choir, as
it were. Which is to say, that when people of the future find a
newspaper or TV network or blog (which obviously wasn’t a thing
yet) that perfectly fits their ideology and continuously tells them
that their beliefs are correct, Americans will see little reason to
communicate meaningfully with others who don’t share those beliefs.
Baran saw the media’s
role as a unifying force that contributed to national cohesion; a
shared identity and sense of purpose. With more specialized channels
at their disposal (political or otherwise) then Americans would have
very little overlap in the messages they received. This, Baran
believed, would lead to political instability and increased
“confrontation” on the occasions when disparate voices would
actually communicate with each other.
Baran wrote in 1969:
A New Difficulty in Achieving National Cohesion.
A stable national government requires a measure of cohesion of the
ruled. Such cohesion can be derived from an implicit mutual
agreement on goals and direction — or even on the processes of
determining goals and direction. With the diversity of information
channels available, there is a growing ease of creating groups
having access to distinctly differing models of reality, without
overlap. For example, nearly every ideological group, from
the student underground to the John Birchers, now has its own
newspapers.Imagine a world in which there is a sufficient number of
TV channels to keep each group, and in particular the less
literate and tolerant members of the groups, wholly occupied?
Will members of such groups ever again be able to talk meaningfully
to one another? Will they ever obtain at least some information
through the same filters so that their images of reality will overlap
to some degree? Are we in danger of creating by electrical
communications such diversity within society as to remove the
commonness of experience necessary for human communication, political
stability, and, indeed, nationhood itself? Must
“confrontation” increasingly be used for human
communication? National political diversity requires good will and
intelligence to work comfortably. The new visual media are not an
unmixed blessing. This new diversity causes one to hope that the
good will and intelligence of the nation is sufficiently broad-based
to allow it to withstand the increasing communication pressures of
the future.
The splintering of mass
media in the United States over the past half a century has
undoubtedly led to the stark “differing models of reality” that
Baran describes. The true believers of any ideology will tow the
party line and draw strength from their particular team’s media
outlets. But the evidence remains inconclusive when it comes to the
average American. Simply put, there’s not a lot of evidence that
people who aren’t already highly engaged politically will be
influenced by partisan media sources to become more radical or
reactionary as the case may be.
Writing in the
Annual
Review of Political Science this
year, Markus
Prior explains, “Ideologically one-sided news exposure may be
largely confined to small, but highly involved and influential
segment of the population.” However, “there is not firm evidence
that partisan media are making ordinary Americans more partisan.”
Stepping back and
looking at ourselves from the perspective of a future historian, it’s
easy to argue that we could still be in the early days of
highly-polarized mass media. The loosening and eventual elimination
of the FCC’s fairness
doctrine in the 1980s saw the rise of talk radio hosts unhindered
by the need to give opposing viewpoints equal airtime. The rise of
the web in the mid-1990s then delivered even more channels for
political voices to deliver their messages through the young
Internet.
User-generated online video saw its rise with the birth of
YouTube in the mid-2000s allowing for the dissemination of visual
media without many of the regulations politicians and content
creators must normally adhere to when broadcasting over the public
airwaves. The rise of social media in this decade has seen everyone
from your grandmother to hate
groups being given a platform to air their grievances. And
tomorrow, who knows?
Just how much more
polarized our nation’s mainstream political voices can become
remains to be seen. But it may be safe to say that when it comes to a
lack of message overlap and increased political diversity in new
forms of media, Paul Baran’s 1969 predictions have long since
become a reality.