mercoledì 27 febbraio 2019

Quei tre desideri




Una favola moderna


Quei tre desideri (Those Three Wishes) è un racconto breve della scrittrice americana Judith Gorog*. Il ritmo narrativo veloce, sostenuto da un linguaggio scarno e ricco di colloquialismi, ben si adatta all'età della protagonista, l'adolescente Melinda Alice, brillante studentessa, tanto graziosa quanto velenosa, al punto di essere soprannominata 'Malefica Melinda.' Temuta e ammirata dai suoi compagni di scuola, esercita la sua malevolenza bullizzando i ragazzi più fragili, fino a che, come in ogni fvola che si rispetti, la nemesi si abbatterà su di lei che resterà vittima di sè stessa.

✨Per una bibliografia in lingua italiana: Fantascienza.com 
✨Per una bibliografia in lingua inglese: isfdb
✨Sul mio blog Time for Tales è disponibile il testo originale corredato da esercizi di comprensione e analisi stilistica.




Quei tre desideri

di
Judith Gorog



Roy Lichtenstein




Nessuno aveva mai detto che Melinda Alice fosse simpatica. Non era questa la parola usata. No, era intelligente, perfino spiritosa. La chiamavano – ma mai in faccia – Malefica Melinda. Melinda Alice era intelligente e crudele. Sua madre, quando ci pensava, sperava che Melinda crescendo sarebbe cambiata. Per suo padre contavano gli ottimi voti di Melinda.
Era stata Melinda Alice, quando era in terza media, che aveva soprannominato “Contagio” la timida e miope nuova ragazza ed era stata la prima a pretendere che qualunque cosa o chiunque venisse toccato dalla nuova ragazza doveva essere lavato, vaccinato o evitato. La scuola superiore aveva semplicemente fornito a Melinda Alice maggiori opportunità per i suoi talenti.
La cosa sorprendente riguardo a Melissa Alice era il suo potere, nessuno si fidava di lei, tuttavia nessuno la evitava. Era sempre ben accetta, era sempre in mezzo. Se l’aveste vista, graziosa e spiritosa, al centro di un gruppo di studenti che passava davanti casa vostra, avreste pensato: “Ecco una leader naturale.”

martedì 12 febbraio 2019

Mass media e polarizzazione politica




 It's always Tea Party time

 Risultati immagini per tea party


"Conclusa l'elezione, è venuto il momento di lasciarsi alle spalle la polarizzazione, il confronto. È tempo di lavorare insieme e a favore del nostro Paese”. Non sono parole pronunciate da Donald Trump nel discorso della vittoria dopo l’Election Day, ma dal presidente messicano Enrique Peña Nieto dopo l’ultima tornata elettorale nel suo Paese.
'Polarizzazione*' e 'confronto' sono ormai le parole chiave per desrcivere il dibattito politico dei nostri giorni, anche a causa della massiccia 'specializzazione' dei moderni mass media.

Nel racconto di Vonnegut 'La questione dell'eufio' (mio blog del 15-01-19) la televisione, allora agli albori, era vista come uno strumento misterioso e maligno, capace di annientare le facoltà mentali degli spttatori, facendogli perdere ogni contatto con la realtà circostante. La critica di Vonnegut era di tipo antropologico e non prendeva in considerazione l'aspetto politico e sociologico dei nuovi mass media elettrici, come invece farà alcuni anni dopo uno dei padri di internet, lo scienziato Paul Baran, che intravide già allora un pericolo nella sempre maggiore 'specializzazione' dei nuovi mass media, capace di disgregare la coesione sociale attraverso una sempre maggiore 'polarizzazione' e 'confronto' delle idee.

Per approfondire la questione, vi propongo un articolo dello studioso americano Matt Novak, che commenta il pensiero di Baran alla luce della situazione odierna. Per chi fosse interessato, segue l'articolo in lingua originale.

Per capire meglio la realtà americana, ho trovato interessanti questi due articoli:

Il sistema politico americano nell’era di Obama: continuità e rotture.

Elezioni Mid-Term negli USA: la polarizzazione sociale dietro la propaganda economica.

 




La TV ci dividerà: il futuro della polarizzazione politica nei mass media americani
Nel 1969 Paul Baran, uno dei pionieri di internet, predisse che i nuovi media specializzati avrebbero minato la coesione nazionale.

Di Matt Novak
smithsonian.com
20804089








Immaginate un mondo in cui gli unici media che utilizzate servono a rafforzare il vostro personale bagaglio di granitiche convinzioni politiche. Sembra uno scenario distopico di là da venire, vero? Ebbene, questo è proprio ciò che Paul Baran, uno dei pionieri di Internet, predisse nel 1969.

In un saggio intitolato “Sull'impatto dei nuovi mezzi di comunicazione di massa sui valori sociali,” Baran (scomparso nel 2011) guardò a come gli americani avrebbero potuto essere influenzati dai mass media del futuro. Il saggio esaminò ogni aspetto del problema, dal ruolo della tecnologia in classe fino agli effetti sociali dei cellulari – uno strumento che, come Baran predisse, aveva il potenziale di disgregare enormemente le nostre vite con chiamate indesiderate in momenti inopportuni.
Ma forse la cosa più interessante è che Baran anticipò anche la polarizzazione dei media americani, il genere di polarizzazione che gli studiosi di comunicazione del ventunesimo secolo stanno disperatamente cercando di comprendere meglio.

Baran comprese che con un crescente numero di canali a disposizione dell'informazione, sarebbe stato, per così dire, come predicare ai fedeli. Ciò significa che, quando gli utenti del futuro troveranno un giornale o un canale televisivo o un blog (che ovviamente allora non esisteva ancora) che si adatta perfettamente alla loro ideologia e gli dice continuamente che le loro idee sono giuste, gli americani avranno scarse motivazioni a confrontarsi con quelli che la pensano diversamente.
Baran vedeva il ruolo dei massa media come una forza unificante che contribuiva alla coesione nazionale, ad un'identità condivisa e ad obiettivi comuni. Tuttavia, con più canali specializzati a loro disposizione (politici o altro) gli americani avrebbero avuto pochissime sovrapposizioni nei messaggi ricevuti. Questo, Baran ne era convinto, avrebbe condotto ad instabilità politica e ad un 'confronto' più aspro nelle occasioni in cui voci diverse avrebbero di fatto comunicato l'un l'altra.

 Nel 1969 Baran scrisse:
Una nuova difficoltà nel raggiungimento della coesione nazionale. Un governo nazionale stabile richiede un certo grado di coesione sociale. Tale coesione può derivare da un patto implicito su obbiettivi e metodi – o addirittura sui processi atti a determinare obbiettivi e metodi. A causa della varietà di canali d'informazione disponibili, è sempre più facile creare gruppi che hanno accesso a modelli di realtà completamente diversi, senza sovrapposizione. Per esempio, quasi ogni gruppo ideologico, dalle associazioni studentesche non ufficiali ai circoli John Bicher [La John Birch Society (JBS)è un'associazione di estrema destra fondata nel 1958 con lo scopo di combattere il comunismo e limitare il potere centrale] oggi hanno i loro giornali. Immaginate un mondo in cui ci sia un numero di canali televisivi sufficiente a tenere ogni gruppo, e in particolare i membri meno colti e tolleranti dei gruppi, completamente occupati? I membri di tali gruppi saranno mai più in grado di comunicare significativamente l'un l'altro? Otterranno mai almeno qualche informazione attraverso gli stessi filtri in modo che la loro immagine della realtà possa in qualche modo interagire? Corriamo il rischio di creare attraverso i mass media elettrici una diversità all'interno della società tale da rimuovere quella condivisione di esperienza necessaria alla comunicazione umana, alla stabilità politica e, soprattutto, alla coesione nazionale? Lo strumento del 'confronto' deve essere sempre più usato per la comunicazione umana.La diversità politica a livello nazionale richiede buona volontà e intelligenza per funzionare a dovere. I nuovi media visivi non sono una pura benedizione. Questa nuova diversità ci fa sperare che la buona volontà e l'intelligenza della nostra nazione è sufficientemente ampia da poter contrastare le crescenti pressioni comunicative del futuro.
La parcellizzazione dei mass madia negli Stati Uniti nella seconda metà del secolo scorso ha indubbiamente condotto all'estrema “differenziazione dei modelli di realtà” che Baran descrive. I fedeli seguaci di un'ideologia trascineranno la linea del partito e trarranno forza dai particolari prodotti mediatici del loro gruppo. Ma la prova resta insoddisfacente quando arriviamo all'americano medio. In poche parole, non ci sono prove sufficienti per affermare che le persone che non sono già altamente impegnate politicamente saranno spinte da fonti mediatiche a diventare più radicali o reazionarie a seconda dei casi.

Nel suo articolo per la rivista Annual Revew of Political Science di ques'anno, Markus Prior spiega: "L'espsizione a informazioni ideologicamente di parte può essere ampiamente circoscritta a segmenti di popolazione piccoli ma estremamente coinvolti ed influenti." Tuttavia, "Non c'è prova inconfutabile che i media di parte stiano rendendo l'americano medio più partigiano."
Facendo un passo indietro e guardando a noi stessi dalla prospettiva del futuro storico, è facile arguire che potremmo ancora essere  all'alba dei mass media fortememte polarizzati. L'allentamento e infine la cancellazione della fairness doctrine* della FCC* negli anni '80 vide l'aumento di ospiti di talk show radiofonici liberi da ogni esigenza di dare eguale spazio a punti di vista divergenti. La nascita del web negli anni '90, poi, fornì ancora più canali  alle voci politiche per diffondere i loro messaggi attraverso il giovane internet.
I video generati dagli utenti  fecero il loro ingresso sul web con la nascita di You Tube all'inizio degli anni 2000, permettendo la diffusione di media visivi sottoposti a molte meno regole di quelle a cui devono aderire  politici e creatori di contenuti quando trasmettono su canali pubblici. L'incremento dei social media in questa decade ha dato a chiunque, da vostra nonna ai gruppi di hater, una piattaforma per trasmettere le loro proteste. E domani, chi sa?
Resta da vedere se ci sarà un'ancora maggiore polarizzazione nelle voci politiche dei maggiori partiti. Ma si può tranquillamente dire che quando i messaggi diffusi attraverso le nuove forme di mass media mancano di sovrapposizione e diversità politica, le perdizioni di Paul Baran del 1969 sono ormai diventate realtà.

                                                                FINE

*Polarizzazione è un termine della fisica che identifica un processo per il quale si vengono a creare due polarità contrapposte, ovvero la concentrazione separata di due forze di valore opposto in uno stesso corpo. Se estendiamo il termine alla sociologia, polarizzazione identifica la concentrazione di valori ed idee opposti in seno alla società, dunque la tendenza della popolazione a schierarsi per uno dei due poli. In questo senso, il populismo a sostegno delle estremità degli schieramenti favorisce ed alimenta la polarizzazione delle società.


*La fairness doctrine della Federal Communications Commission (FCC), introdotta nel 1949, era una norma che imponeva ai proprietari di emittenti radiotelevisive di presentare problematiche controverse di interesse pubblico in modo onesto, equanime e bilanciato. La FCC eliminò questa politica nel 1987, cancelandola dal Federal Register nel 2011. La scomparsa di questa regola è stata considerata da alcuni come fattore determinante per l'innalzamento del livello di polarizzazione negli Stati Uniti.

*La Federal Communications Commission (FCC) fondata nel 1934 è un'agenzia indipendente degli Stati Uniti creata per statuto con lo scopo di regolare le comunicazioni interstatali via radio, televisione, satellite e cavo. L'agenzia serve il pubblico per quel che riguarda l'accesso alla banda larga, la leale competizione, l'uso delle frequenze radio, la responsabilità dei media, la sicurezza pubblica e quella nazionale



Testo originale

TV Will Tear Us Apart: The Future of Political Polarization in American Media

In 1969, Internet pioneer Paul Baran predicted that specialized new media would undermine national cohesion

By Matt Novak
smithsonian.com
20804089


Imagine a world where the only media you consume serves to reinforce your particular set of steadfast political beliefs. Sounds like a pretty far-out dystopia, right? Well, in 1969, Internet pioneer Paul Baran predicted just that.
In a paper titled “On the Impact of the New Communications Media Upon Social Values,” Baran (who passed away in 2011) looked at how Americans might be affected by the media landscape of tomorrow. The paper examined everything from the role of media technology in the classroom to the social effects of the portable telephone — a device that he predicted as having the potential to disrupt our lives immensely with unwanted calls at inopportune times.
Perhaps most interestingly, Baran also anticipated the political polarization of American media; the kind of polarization that media scholars here in the 21st century are desperately trying to better understand.
Baran understood that with an increasing number of channels on which to deliver information, there would be more and more preaching to the choir, as it were. Which is to say, that when people of the future find a newspaper or TV network or blog (which obviously wasn’t a thing yet) that perfectly fits their ideology and continuously tells them that their beliefs are correct, Americans will see little reason to communicate meaningfully with others who don’t share those beliefs.
Baran saw the media’s role as a unifying force that contributed to national cohesion; a shared identity and sense of purpose. With more specialized channels at their disposal (political or otherwise) then Americans would have very little overlap in the messages they received. This, Baran believed, would lead to political instability and increased “confrontation” on the occasions when disparate voices would actually communicate with each other.

Baran wrote in 1969:
A New Difficulty in Achieving National Cohesion. A stable national government requires a measure of cohesion of the ruled. Such cohesion can be derived from an implicit mutual agreement on goals and direction — or even on the processes of determining goals and direction. With the diversity of information channels available, there is a growing ease of creating groups having access to distinctly differing models of reality, without overlap. For example, nearly every ideological group, from the student underground to the John Birchers, now has its own newspapers.Imagine a world in which there is a sufficient number of TV channels to keep each group, and in particular the less literate and tolerant members of the groups, wholly occupied? Will members of such groups ever again be able to talk meaningfully to one another? Will they ever obtain at least some information through the same filters so that their images of reality will overlap to some degree? Are we in danger of creating by electrical communications such diversity within society as to remove the commonness of experience necessary for human communication, political stability, and, indeed, nationhood itself? Must “confrontation” increasingly be used for human communication? National political diversity requires good will and intelligence to work comfortably. The new visual media are not an unmixed blessing. This new diversity causes one to hope that the good will and intelligence of the nation is sufficiently broad-based to allow it to withstand the increasing communication pressures of the future.
The splintering of mass media in the United States over the past half a century has undoubtedly led to the stark “differing models of reality” that Baran describes. The true believers of any ideology will tow the party line and draw strength from their particular team’s media outlets. But the evidence remains inconclusive when it comes to the average American. Simply put, there’s not a lot of evidence that people who aren’t already highly engaged politically will be influenced by partisan media sources to become more radical or reactionary as the case may be.

Writing in the Annual Review of Political Science this year, Markus Prior explains, “Ideologically one-sided news exposure may be largely confined to small, but highly involved and influential segment of the population.” However, “there is not firm evidence that partisan media are making ordinary Americans more partisan.”
 Stepping back and looking at ourselves from the perspective of a future historian, it’s easy to argue that we could still be in the early days of highly-polarized mass media. The loosening and eventual elimination of the FCC’s fairness doctrine in the 1980s saw the rise of talk radio hosts unhindered by the need to give opposing viewpoints equal airtime. The rise of the web in the mid-1990s then delivered even more channels for political voices to deliver their messages through the young Internet. 

User-generated online video saw its rise with the birth of YouTube in the mid-2000s allowing for the dissemination of visual media without many of the regulations politicians and content creators must normally adhere to when broadcasting over the public airwaves. The rise of social media in this decade has seen everyone from your grandmother to hate groups being given a platform to air their grievances. And tomorrow, who knows?
Just how much more polarized our nation’s mainstream political voices can become remains to be seen. But it may be safe to say that when it comes to a lack of message overlap and increased political diversity in new forms of media, Paul Baran’s 1969 predictions have long since become a reality.