Gioiello della narrativa novecentesca, questo piccolo racconto è diventato sinonimo dell’umana incomunicabilità.
La storia inizia come una fiaba delle Mille e una notte: c’è un potente imperatore disteso sul suo letto di morte al centro del suo labirintico palazzo, circondato dai suoi dignitari e da un’immensa folla da sudditi, tutti spettatori della sua fine. Prima di morire sussurra il suo ultimo messaggio all’orecchio del suo fido messaggero. Il destinatario, tuttavia, non è un altro potente del mondo, ma un suo umile suddito, rifugiatosi, non si sa perché, in un remoto angolo dell’impero. A questo punto il messaggero inizia il suo viaggio avventuroso, ma non aspettatevi boschi infestati da briganti, maghi malvagi, o lupi famelici da sconfiggere per portare a termine la sua missione. Qui la vicenda diventa surreale, o meglio kafkiana, perché il messaggero non riuscirà mai a superare le mura del palazzo, ad ogni ostacolo superato se ne frapporrà un altro e così per millenni e al destinatario non resta che un’attesa senza fine e il sogno di quel misterioso messaggio che non arriva mai.
O forse la storia è la storia di un sogno, di un incubo senza fine?
Theodor Adornoi ha giustamente affermato che gli scritti kafkiani sono come delle stanze la cui chiave è stata sottratta. E quindi ogni interpretazione è possibile, compressa quella psicologica. Anche se l’autore fu sempre molto scettico verso la psicologia, tuttavia i suoi scritti sono ricchi di molteplici intuizioni psicologiche, in particolare l’utilizzo del sogno per rappresentare la realtà. Tuttavia Kafka sottrae ai sogni ogni elemento onirico e li rappresenta come se fossero reali, mediante una prosa scarna e ricca di dettagli realistici, per far capire al lettore l’importanza di insistere sui dettagli impenetrabili della vita.
📚Invito alla letura:
Il suo più celebre personaggio è lo scarafaggio umanoide Gregor Samsa, descritto ne La metamorfosi (Die Verwandlung, 1915)
Un messaggio imperiale
di
Franz Kafka
L’imperatore,
così si dice, ha inviato un messaggio a te, al singolo, al misero
suddito, alla minuscola ombra rifugiatasi nell’angolo più distante
dal sole imperiale; proprio a te l’imperatore ha inviato un
messaggio dal suo letto di morte. Ha lasciato inginocchiare il
messaggero presso il letto e gli ha sussurrato all’orecchio il
messaggio; talmente importante era per lui che se lo è fatto
ripetere all’orecchio. Con un cenno della testa ha confermato la
sua esattezza. E davanti alla moltitudine di spettatori della sua
morte – tutte le pareti che ingombrano sono state abbattute e sulle
volute dell’ampia e alta scala esterna, stanno in cerchio i grandi
principi dell’impero – davanti a tutti questi egli ha inviato il
suo messaggio.
Il messaggero si è messo immediatamente in viaggio; un uomo vigoroso e instancabile; una volta spingendo col braccio destro, una volta con quello sinistro, si apre una strada attraverso la moltitudine di gente, se incontra resistenza indica il petto, dove c’è il simbolo del sole; egli avanza con gran facilità, come nessun altro. Ma la moltitudine è così enorme; la sua periferia non finisce mai. Se arrivasse in aperta campagna, come volerebbe e presto sentiresti il possente picchiare dei suoi pugni sulla tua porta. Invece, come è vano il suo affannarsi, ancora con grande sforzo attraversa le stanze del palazzo interno, non riuscirà mai a superarle, e se anche ci riuscisse, nulla sarebbe guadagnato, dovrebbe lottare per scendere le scale, e se anche ci riuscisse nulla sarebbe guadagnato, dovrebbe ancora attraversare i cortili; e dopo i cortili il secondo palazzo intorno al primo; e di nuovo scale e cortili; e di nuovo un palazzo; e così ancora per millenni; e se finalmente riuscisse ad irrompere fuori dalla porta esterna – ma giammai, giammai potrà succedere – davanti a lui c’è ancora la città imperiale, il centro del mondo, ricoperta dai suoi rifiuti. Nessuno potrebbe attraversarla, e tanto meno con il messaggio di un morto. Ma tu, quando viene la sera, siedi alla tua finestra e lo sogni.
FINE
iT.W. Adorno, Appunti su Kafka, in Prismen. Kulturkritik und Gesellschaft, Suhrkamp Verlag, Frankfurt am Main, 1969, traduzioni di Alberto Frioli, Enrico De Angelis, Giacomo Manzoni, Enrico Filippini, Note per la letteratura, Giulio Einaudi editore, Torino, 2012, p. 238
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