lunedì 12 maggio 2025

La Cuccetta superiore

 

C’è un uomo in mezzo al mare



La Cuccetta superiore (The Upper Berth) di F.M. Crawford fu pubblicata la prima volta nel 1886 in The Broken Shaft: Tales in Mid-Ocean, un’antologia di sette racconti di autori vari.

Francis Marion Crawford, ufficialmente annoverato tra gli autori americani, è considerato il più cosmopolita di ogni altro autore americano, e non solo dei suoi tempi.

Nacque nel 1854 a Bagni di Lucca da genitori americani (il padre era un famoso scultore) che avevano vissuto all’estero per molti anni. Compì i suoi studi in America, Londra, Berlino e Roma. Visse alcuni anni in India, per poi ritornare in America agli inizi del 1880 per studiare lingue ad Harvard (padroneggiava 20 lingue, compreso il sanscrito). In questo periodo iniziò a scrivere il suo primo romanzo Mr. Isaacs,ambientato in India. Dopo Harvard riprese a viaggiare in Europa, India e Medio Oriente. A Costantinopoli incontrò la sua futura moglie, Elizabeth Berdan. La coppia si stabilì in Italia dove allevarono i loro quattro figli e Crawford iniziò la sua carriera di autore professionale. Morì nel 1909 nella sua villa a Sant’ Agnello di Sorrento, dove è seppellito.

Profondo conoscitore del medio evo italiano, scrisse diversi cicli di romanzi che avevano come protagonisti nobili famiglie inventate dall’autore, ma che agivano sullo sfondo di vicende storiche. Scrisse anche un romanzo sulla mafia intitolato Corleone. Questi racconti pieni di avventura, romanticismo e dramma, lo resero famoso in America, ma oggi sono quasi dimenticati e la sua fama si basa sui suoi racconti del soprannaturale, in particolare, Il teschio che urla (The Screaming Skull), e il racconto che andrete a leggere La cuccetta superiore ( The Upper Berth). Di questo racconto Lovecraft scrisse “L’opera migliore di Crawford è The Upper Berth: una delle storie dell’orrore più tremende di tutta la letteratura." (H. P. Lovecraft in L’orrore soprannaturale in letteratura).

Le sue esperienze di viaggi hanno influito in modo determinante nel delineare l’atmosfera del racconto. Protagonista e narratore della storia è un navigato lupo di mare, che per ravvivare la solita serata trascorsa al club, tra sigari, champagne e storie di caccia, molto macho ma altrettanto noiose, decide di raccontare una sua avventura di mare affermando di aver visto un fantasma durante una delle sue tante crociere: “La gente chiede sempre se qualcuno ha visto un fantasma. Io l’ho visto.” Basta questo per catturare l’attenzione di tutti, stupiti che una tale affermazione venga proprio da un uomo disincantato e concreto come lui, cosa che rende ancora più orrifica la scoperta dello strano passeggero della cuccetta superiore.

 

 

 



La cuccetta superiore

di

Francis Marion Crawford




Qualcuno chiese i sigari. Avevamo chiacchierato a lungo e la conversazione iniziava a languire; il fumo del tabacco si era insinuato nei pesanti tendaggi, il vino si era insinuato nelle menti ormai inclini a diventare pesanti, ed era perfettamente chiaro che, a meno che non si facesse qualcosa per risvegliare i nostri spiriti sopraffatti, la riunione sarebbe presto giunta alla sua naturale conclusione e noi, gli ospiti, saremmo velocemente andati a casa a letto, e sicuramente a dormire.

Nessuno aveva detto niente di veramente notevole, forse nessuno aveva niente di veramente notevole da dire. Jones ci aveva descritto nei minimi dettagli la sua ultima avventura di caccia nello Yorkshire. Mr. Tompkins, di Boston, ci aveva spiegato a lungo e dettagliatamente i principi, grazie alla cui necessaria e attenta difesa la linea ferroviaria Atchison, Topeka e Santa Fé non solo estendeva il proprio territorio e trasportava bestiame senza farlo morire di fame prima del giorno della consegna, ma, anche, era riuscita per anni a imbrogliare i passeggeri che compravano i sui biglietti nel fallace convincimento che la sopraddetta società era veramente in grado di trasportare la vita umana senza distruggerla.

Il signor Tombola si era sforzato di convincerci, con argomenti che non ci prendemmo la briga di confutare, che l’unità del suo paese non rassomigliava affatto alla moderna torpedo, attentamente progettata, costruita con tutta la maestria dei più grandi arsenali europei ma, una volta costruita, destinata ad essere guidata da deboli mani in una regione dove doveva senza dubbio esplodere, non vista, non temuta e non udita, nelle innumerevoli devastazioni del caos politico.

Non è necessario fornire ulteriori dettagli. La conversazione aveva assunto dimensioni che avrebbero annoiato Prometeoi sulla sua roccia, che avrebbero distratto Tantaloii, e che avrebbero spinto Issioneiii a cercare un diversivo nei semplici ma istruttivi dialoghi di Herr Ollendorffiv, piuttosto che sottomettersi a quel male maggiore che era l’ascolto dei nostri discorsi. Eravamo rimasti seduti a tavola per ore, eravamo annoiati, eravamo stanchi e nessuno dava segno di volersi muovere.

Qualcuno chiese i sigari. Ci voltammo tutti istintivamente verso chi aveva parlato. Brisbane era un uomo di trentacinque anni, e notevole per quei doni che principalmente attraggono l’attenzione degli uomini. Era un uomo forte. Il suo aspetto esteriore non presentava niente di straordinario all’occhio comune. Era poco più alto di un metro e ottanta e aveva spalle moderatamente ampie, non sembrava robusto ma, d’altro canto, non era di certo esile, la sua piccola testa era sostenuta da un collo forte e nerboruto; le sue mani grandi e muscolose sembravano possedere una particolare abilità nel rompere le noci senza l’assistenza del comune schiaccianoci e, guardandolo di profilo, non si poteva fare a meno di notare la straordinaria ampiezza delle maniche della sua camicia e l’insolita robustezza del suo petto. Era uno di quegli uomini che sono comunemente considerati ingannevoli, vale a dire che, sebbene sembrasse estremamente forte, in realtà era molto più forte di quanto sembrasse. Dei suoi lineamenti, non è necessario che dica molto. La testa era piccola, i capelli sottili, il naso largo, aveva piccoli baffi e una mascella squadrata.

Tutti conoscevano Brisbane, e quando chiese un sigaro tutti ci voltammo verso di lui.

È una cosa davvero singolare,” disse Brisbane. Smettemmo tutti di parlare. La voce di Brisbane non era potente, ma possedeva una peculiare qualità di penetrare la conversazione generale e tagliarla come un coltello. Ascoltavano tutti. Brisbane, vedendo che aveva catturato l’attenzione generale, si accese il sigaro con grande tranquillità.

È davvero singolare,” continuò, “quella cosa sui fantasmi. La gente chiede sempre se qualcuno ha visto un fantasma. Io l’ho visto.”

Sciocchezze! Cosa, tu? Dici davvero, Brisbane? Ma dai, un uomo della tua intelligenza!”

Un coro di esclamazioni accolse l’incredibile affermazione di Brisbane. Tutti chiesero i sigari e Stubbs, il maggiordomo, apparì improvvisamente dalle profondità del nulla con una nuova bottiglia di champagne secco. La situazione fu salvata e Brisbane iniziò a raccontare la sua storia.

Sono un vecchio marinaio, disse Brisbane, e dal momento che devo attraversare l’Atlantico molto spesso, ho i miei punti deboli. La maggior pare degli uomini ha i suoi punti deboli. Ho visto un uomo in un bar di Broadway aspettare per tre quarti d’ora una particolare auto che gli piaceva. Credo che il barista guadagnò almeno un terzo della sua paga con il debole di quell’uomo.

Io ho l’abitudine di aspettare determinati tipi di navi quando sono obbligato ad attraversare quello stagno per anatre. Può essere un pregiudizio,

ma non sono mai stato defraudato di un buon passaggio se non una volta nella mia vita. Me lo ricordo bene: era un caldo mattino di giugno e gli ufficiali della dogana, che sostavano in attesa di una nave ormai di ritorno dalla quarantena, mostravano un atteggiamento confuso e impensierito. Non avevo molto bagaglio, non ne ho mai. Mi mescolai alla folla di passeggeri, facchini e fastidiosi individui in giacca blu e bottoni di ottone, che sembrarono spuntare su come i funghi dal ponte di una nave ormeggiata per imporre i loro inutili servizi al libero passeggero. Ho osservato con un certo interesse la naturale evoluzione di questi soggetti. Quando arrivi non ci sono, dieci minuti dopo che il pilota ha gridato “Via libera!” loro, o almeno le loro giacche blu e relativi bottoni di ottone, sono spariti dal ponte e dalla passerella come se fossero stati consegnati a quello scrigno che la tradizione attribuisce a Davy Jonesv. Ma al momento della partenza, sono lì, ben sbarbati, giacca blu e famelici di tributi. Mi affrettai a salire a bordo. La Kamtschatka era una delle mie navi preferite. Dico era, perché non lo è assolutamente più. Non riesco a pensare ad alcun incentivo che possa convincermi a farci un altro viaggio.


So quello che state per dire. È incredibilmente pulita nella zona di poppa, la prua è abbastanza alta da tenerla asciutta, e le cuccette inferiori sono larghe più del doppio delle altre. Ha un sacco di vantaggi, ma non attraverserò più con quella nave. Scusate la digressione. Mi imbarcai. Salutai lo steward, il cui naso rosso e i favoriti ancor più rossi mi erano egualmente familiari.

Centocinque, cuccetta inferiore,” dissi, con il tono disinvolto tipico degli uomini che sono preoccupati di attraversare l’Atlantico non più che di ordinare un cocktail whisky al centralissimo Delmoco.

Lo steward prese la mia valigia, il mio cappotto e il plaid. Non dimenticherò mai l’espressione della sua faccia.

Non che impallidisse. È asserito dai più eminenti teologi che nemmeno i miracoli possono mutare il corso della natura.

Non ho esitazione a dire che non impallidì, ma dalla sua espressione pensai che stesse per piangere, starnutire o lasciar cadere la mia valigia. Dal momento che quest’ultima conteneva due bottiglie di un vecchio sherry particolarmente pregiato regalatomi per il viaggio dal mio vecchio amico Snigginson van Pickyns, divenni estremamente nervoso. Ma lo steward non fece nessuna di queste cose.

Ebbene, che io si dannato!” disse a bassa voce e fece strada.

Pensai che il mio Ermesvi, dal momento che mi guidava alle regioni inferiori, avesse bevuto un po’ di grog, ma non dissi nulla e lo seguii. La centocinque era sul lato destro ben a poppa. Non c’era niente di particolare in quella cabina privata. La cuccetta inferiore, come la maggior parte di quelle sulla Kamtschatka, era doppia.

C’era spazio a sufficienza: c’erano le solite comodità per lavarsi, calcolate per suggerire un’idea di lusso all’indiano del nord America; c’erano le solite inefficienti rastrelliere di legno scuro, su cui è più facile appendere un grande ombrello che il comune spazzolino in commercio. Sui poco invitanti materassi erano accuratamente ripiegate quelle coperte che un grande umorista moderno ha opportunamente paragonato a torte fredde di grano saraceno.

La questione degli asciugamani era lasciata interamente all’immaginazione. I decanter di vetro erano riempiti con un liquido trasparente vagamente colorato di marrone, ma da cui arrivava alle narici un odore meno vago, ma non più piacevole, che ricordava alla lontana un nauseante odore di olio di macchina. La caliginosa luce di giugno illuminava debolmente quella desolata scenetta. Ugh! Come odio le cabine private!

Lo steward depositò le mie carabattole e mi guardò come se volesse andare via, probabilmente in cerca di più passeggeri e di più tributi. È sempre buona prassi partire col piede giusto con questi funzionari, e di conseguenza di tanto in tanto gli allungavo qualche moneta.

Farò del mio meglio per il suo comfort,” esclamò, mentre metteva in tasca le monete.

Tuttavia, c’era un’intonazione titubante nella sua voce che mi sorprese,

ma, tutto sommato, ero incline e pensare che, come avrebbe detto egli 

stesso, egli era il tipo “del mio meglio per un bicchiere.” Avevo torto, 

comunque, e fui ingiusto con quell’uomo.


II

Niente di particolarmente meritevole di menzione accadde durante il 

giorno. Lasciammo il porto puntualmente ed era molto piacevole 

essere contro vento, perché il tempo era caldo e afoso e il movimento 

della nave produceva una brezza rinfrescante. Tutti sanno com’è il 

primo giorno in mare. Le persone passeggiano sui ponti e si osservano 

l’un l’altra e occasionalmente incontrano conoscenti che non sapevano

essere a bordo. C’è la solita incertezza se il cibo sarà buono, cattivo o 

indifferente, fino a che i primi due pasti non hanno tolto ogni dubbio; 

c’è la solita incertezza riguardo al tempo, finché la nave non ha 

abbondantemente oltrepassato Fire Island. Dapprincipio i tavoli sono 

affollati e poi improvvisamente si spopolano. Gente dal volto pallido 

salta dalla sedia e si precipita verso la porta, e ogni vecchio lupo di 

mare respira più liberamente, mentre il proprio vicino con il mal di 

mare si allontana di corsa dal suo fianco, lasciandogli abbondante 

spazio per i gomiti e un illimitato predominio sulla mostarda.

Una traversata dell’Atlantico è molto simile ad un’altra e noi che 

attraversiamo molto spesso non facciamo il viaggio per amore della 

novità. Per la maggior parte di noi il momento più piacevole della 

giornata su di una nave oceanica è quando abbiamo fatto l’ultimo giro 

sul ponte, abbiamo fumato l’ultimo sigaro e, essendo riusciti a 

stancarci, ci sentiamo liberi di ritirarci con la coscienza pulita. 

 


La prima notte del viaggio mi sentii particolarmente pigro e andai a 

letto nella centocinque molto prima del solito. Mentre entravo, fui 

stupito di vedere che avevo un compagno. Una valigia, molto simile 

alla mia, giaceva nell’angolo opposto e nella cuccetta superiore era 

stata depositata una coperta accuratamente ripiegata, insieme ad un 

bastone e un ombrello. Avevo sperato di essere solo e ne fui deluso, 

ma mi chiesi chi sarebbe stato il mio coinquilino e decisi di dargli 

un’occhiata.

 

Non era passato molto tempo da quando mi ero messo a letto che lui 

entrò. Per quello che riuscii a vedere, era un uomo molto alto, molto 

magro, molto pallido, con capelli color sabbia e sbiaditi occhi grigi. Mi

sembrò che avesse intorno a sé un’aura di fascino piuttosto dubbio, 

quella sorta di uomo che si potrebbe vedere a Wall Street, senza essere

 poter capire cosa ci faccia lì – quella sorta di uomo che frequenta il

Café Anglais, che sembra sempre solo e che beve champagne; lo si 

potrebbe incontrare ad una corsa di cavalli, ma avrebbe sempre l’aria 

di uno che non ha niente da fare neanche lì. Era vestito in modo 

alquanto appariscente – un po’ strano. Ce ne sono sempre tre o quattro 

di quel tipo su ogni nave oceanica. Mi convinsi di non essere 

interessato a fare la sua conoscenza, e andai a dormire dicendomi che 

avrei studiato le sue abitudini allo scopo di evitarlo. Se si fosse 

svegliato presto, mi sarei svegliato tardi; se fosse andato a letto tardi, 

sarei andato a letto presto. Non mi interessava conoscerlo. Una volta 

che hai fatto la conoscenza di quel tipo di persone, poi te li trovi 

sempre tra i piedi. Poveretto! Non avrei dovuto disturbarmi a pervenire

a tante decisione al suo riguardo, perché non lo vidi mai più dopo 

quella prima notte nella centocinque.

Stavo dormendo profondamente, quando fui improvvisamente svegliato da un forte rumore. A giudicare dal suono, il mio compagno di stanza doveva essere saltato con un sol balzo dalla cuccetta superiore al pavimento. Lo sentii armeggiare col chiavistello e la serratura della porta, che aprì quasi immediatamente, e poi sentii i suoi passi come se stesse correndo a tutta velocità lungo il corridoio, lasciando la porta aperta dietro di lui. La nave aveva un leggero rollio e mi aspettavo di sentirlo inciampare o cadere, ma continuò a correre come per salvarsi la vita. La porta ondeggiava sui cardini secondo il movimento della nave e il cigolio mi infastidì. Mi alzai, la chiusi e ritornai alla mia cuccetta brancolando nel buio. Mi rimisi giù, ma non avevo idea di quanto sarei riuscito a dormire.

Quando mi svegliai era ancora abbastanza buio, ma sentii una sgradevole sensazione di freddo e mi sembrava che l’aria fosse umida. Conoscete il particolare odore di una cabina che è stata bagnata dall’acqua di mare. Mi coprii meglio che potei e mi rimisi a dormicchiare, immaginando le lamentele da farsi il giorno dopo e selezionando gli epiteti più incisivi che conoscessi. Potevo sentire il mio compagno di stanza rigirarsi sulla cuccetta superiore. Probabilmente era ritornato mentre dormivo. Una volta mi sembrò di sentirlo gemere, e ne dedussi che avesse il mal di mare. È una cosa particolarmente spiacevole quando si sta sotto. Nondimeno, mi appisolai e dormii fino alle prime luci del giorno.

La nave rollava pesantemente, molto più della sera precedente, e la luce grigia che entrava dall’oblò cambiava sfumatura ad ogni movimento, a seconda che l’inclinazione del vascello indirizzasse l’oblò verso il cielo o verso il mare. Faceva molto freddo, inspiegabilmente per il mese di giugno. Girai la faccia e guardai verso l’oblò e vidi, con mia grande sorpresa, che era spalancato e agganciato. Credo che imprecai pesantemente. Poi mi alzai e lo richiusi. Mentre tornavo indietro, diedi uno sguardo alla cuccetta superiore. Le tendine erano accuratamente chiuse, il mio compagno aveva probabilmente

avuto freddo come me. Mi colpì il fatto che avessi dormito così a lungo. La cabina non era accogliente, sebbene, strano a dirsi, non riuscissi a sentire l’odore di umidità che mi aveva infastidito durante la notte. Il mio compagno di stanza dormiva ancora – eccellente opportunità per evitarlo, così mi vestii immediatamente e andai sul ponte. La giornata era calda e nuvolosa, con un odore oleoso sull’acqua. Erano le sette quando uscii – molto più tardi di quanto avessi immaginato. Mi imbattei nel dottore, che stava prendendo la sua prima boccata di aria mattutina. Era un giovane uomo dell’Irlanda occidentale – un giovane formidabile, con capelli neri e occhi blu, già incline ad appesantirsi, emanava un’aria di spensieratezza e salute che era piuttosto piacevole.

Bella giornata,” esclamai, a mo’ di saluto.

Beh,” disse, guardandomi con un’aria di sollecito interesse, “è una bella giornata e non è una bella giornata. Non credo che sia una gran giornata.”

Beh, no, non è così bella,” risposi.

È proprio quello che io chiamo un tempo terribile,” replicò il dottore.

Mi sa che la notte scorsa ha fatto molto freddo,” aggiunsi. “Comunque, quando mi sono guardato intorno, ho scoperto che l’oblò era spalancato. Non l’avevo notato quando ero andato a letto. E poi la cabina era umida.”

Umida!” disse, “Dov’è alloggiate?”

Centocinque...”

Con mia sorpresa, il dottore ebbe un sussulto e mi fissò.

Qual’è il problema?” chiesi.

Oh, nessuno,” rispose, “solo che durante gli ultimi tre viaggi si sono lamentati tutti di quella cabina.”

Mi lamenterò anche io,” dissi. “Di sicuro non è stata adeguatamente arieggiata. È una vergogna!”

Non credo che a questo possa esserci rimedio,” rispose il dottore. “Credo che ci sia qualcosa...beh, non è affar mio spaventare i passeggeri.”

Non deve temere di spaventarmi,” risposi. “Posso sopportare tutta l’umidità che c’è. Se dovessi prendermi un brutto raffreddore, verrò da lei.”

Offrii un sigaro al dottore, e lui lo esaminò con aria molto critica.

Non è tanto l’umidità,” replicò. “Comunque, direi che ve la caverete egregiamente. Avete un compagno di stanza?”


Sì, un diavolo di persona, che scappa fuori nel cuore della notte e lascia la porta aperta.”

Il dottore mi osservò di nuovo curiosamente. Poi si accese il sigaro e assunse un’espressione seria.

È ritornato?” chiese subito dopo.

Sì. Dormivo ma mi sono svegliato e l’ho sentito muoversi. Poi mi è venuto freddo e mi sono rimesso a dormire. Questa mattina ho trovato l’oblò aperto.”

Senta,” disse il dottore con tranquillità, “A me non importa molto di questa nave. Non mi importa un fico secco della sua reputazione. Le dico quello che voglio fare. Io qui ho una bella cabina ampia. La dividerò con lei, anche se non la conosco da molto tempo.”

Fui molto sorpreso a quella proposta. Non riuscivo a capire perché improvvisamente gli stesse tanto a cuore il mio benessere. Tuttavia, il modo in cui parlava della nave era davvero particolare.

Lei è un bravo dottore,” dissi. “Ma, davvero, anche adesso penso che la cabina potrebbe essere arieggiata, ripulita o altro. Perché non le importa della nave?”

Non siamo superstiziosi nella nostra professione, signore,” replicò il dottore, “ma il mare ci rende tali. Non voglio recarle pregiudizio e non voglio spaventarla, ma se vuole accettare il mio consiglio, si trasferisca da me. Perché so che presto la vedrei cadere fuori bordo,” aggiunse seriamente, “e come lei, chiunque altro dovesse dormire nella centocinque.”

Buon Dio, perché?” chiesi.

Perché durante gli ultimi tre viaggi le persone che hanno dormito lì sono tutte cadute fuori bordo,” mi rispose cupamente.

Quell’informazione fu sorprendente e incredibilmente spiacevole, lo confesso. Osservai attentamente il dottore per vedere se si stesse facendo gioco di me, ma sembrava perfettamente serio. Lo ringraziai caldamente per la sua offerta, ma gli dissi che intendevo essere l’eccezione alla regola secondo cui chiunque dormisse in quella particolare cabina sarebbe saltato fuori bordo. Non aggiunse molto, ma mi fissò più seriamente che mai e accennò che, prima della fine della traversata, io avrei probabilmente riconsiderato la sua offerta. Alla fine, andammo a fare colazione, ma solo un irrilevante numero di passeggeri vi prese parte. Notai che uno o due degli ufficiali che facevano colazione con noi avevano uno sguardo molto preoccupato. Dopo colazione andai nella mia cabina per prendere un libro. Le tendine della cabina superiore erano ancora completamente chiuse. Non si sentiva volare una mosca. Il mio compagno di stanza stava probabilmente dormendo.

Appena uscii, incontrai lo stewart che mi era stato assegnato. Mi sussurrò che il capitano voleva vedermi e poi se la filò via lungo il corridoio come se fosse molto ansioso di evitare eventuali domande. Andai alla cabina del capitano e scoprii che mi stava aspettando.

Signore,” disse, “voglio chiederle un favore.”

Risposi che avrei fatto di tutto per accontentarlo.

Il suo compagno di stanza è sparito,” disse. “Sappiamo che è rientrato presto la scorsa notte. Avete notato niente di strano nel suo comportamento?”

Poiché la domanda giungeva, in effetti, a puntuale conferma dei timori che il dottore aveva espresso mezz’ora prima, ne rimasi sconcertato.

Vuol forse dire che è caduto fuori bordo?” chiesi.

Temo di sì,” rispose il capitano.

Questo è davvero sorprendente...” accennai.

Perché?” chiese.

È il quarto, allora?” esclamai. In risposta ad un’altra domanda del capitano, spiegai, senza menzionare il dottore, che avevo sentito la storia riguardo la centocinque. Sembrò molto seccato nell’apprendere che la conoscevo. Gli raccontai cosa era successo durante la notte.

Quello che dice,” rispose, “coincide esattamente con quanto mi fu detto dai compagni di stanza di due degli altri tre. Schizzano fuori dal letto e corrono lungo il corridoio. Due di loro furono visti cadere fuori bordo dal marinaio di guardia. Ci fermammo e calammo le scialuppe, ma non furono trovati. Nessuno, tuttavia, ha visto o sentito l’uomo scomparso la notte scorsa – ammesso che sia realmente scomparso. Lo steward, che è un tipo superstizioso, forse, e si aspettava che qualcosa andasse storto, è andato a cercarlo questa mattina e ha trovato la sua cuccetta vuota, ma i suoi abiti erano ancora in giro, proprio come li aveva lasciati lui. Lo steward era l’unico a bordo che lo conoscesse di persona e lo ha cercato dappertutto. Era sparito! Ebbene, signore, voglio pregarla di non parlare di questa circostanza con nessuno dei passeggeri, non voglio che la nave si faccia una cattiva fama e niente turba un crocerista come le storie di suicidi. Potrà scegliere quella delle cabine degli ufficiale che le piace, inclusa la mia, per il resto del viaggio. Non è un buon affare?” 

Molto,” dissi, “e le sono molto obbligato. Ma, dal momento che sono solo e ho la cabina tutta per me, preferirei non muovermi. Se lo steward vuol portar via le cose di quello sfortunato uomo, vorrei il permesso di restare dove sono. Non dirò niente a nessuno di questa cosa e penso di poterle promettere che non seguirò il mio compagno di stanza.”

Il capitano cercò di dissuadermi dalla mia intenzione, ma io preferivo avere una cabina da solo piuttosto che diventare il compagno di uno degli ufficiali. Non so se agii scioccamente, ma se avessi accettato il suo consiglio non avrei molto altro da raccontarvi. Sarebbe rimasta la spiacevole coincidenza di diversi suicidi capitati a persone che avevano dormito nella stessa cabina, ma questo sarebbe stato tutto.

Ma la cosa, comunque, non finì qui, proprio per niente. Mi convinsi ostinatamente che simili racconti non mi avrebbero turbato e mi spinsi fino al punto di discutere la questione con il capitano. C’era qualcosa che non andava in quella cabina, dissi. Era veramente umida. L’oblò era stato lasciato aperto la notte precedente. Il mio compagno di stanza poteva essere già ammalato quando era venuto a bordo e forse era diventato delirante dopo essere andato a letto. Forse anche in quel momento poteva essere nascosto da qualche parte e poteva essere trovato più in là. Il posto avrebbe dovuto essere arieggiato e la chiusura dell’oblò controllata. Se il capitano mi avesse dato il permesso, avrei provveduto a che quello che ritenevo necessario fosse fatto immediatamente.

Naturalmente lei ha il diritto di restare dov’è, se le fa piacere,” rispose, piuttosto piccato, “Ma vorrei che lei se ne andasse e mi permettesse di chiudere la cabina e farla finita con questa faccenda.”

Io non la vedevo allo stesso modo e lasciai il capitano, dopo avergli promesso di non dire niente riguardo alla sparizione del mio compagno. Questi non aveva conoscenti a bordo e nessuno ne notò l’assenza durante la giornata. Verso sera incontrai di nuovo il dottore che mi chiese se avessi cambiati idea. Gli dissi di no.

Allora lo farà fra non molto,” disse, molto cupamente.


III

A sera giocammo a whistvii e andai a letto tardi. Adesso posso confessarvi che provai una sgradevole sensazione quando entrai nella mia cabina. Non potei fare a meno di pensare all’uomo alto che avevo visto la sera prima, che adesso era morto, annegato, in balia delle onde, due o trecento miglia dietro di noi. La sua faccia si delineò chiaramente davanti a me mentre mi spogliavo e arrivai al punto di aprire le tende della cuccetta superiore, come per persuadermi che era veramente andato. Chiusi pure a chiave la porta della cabina. Improvvisamente mi accorsi che l’oblò era aperto e agganciato dietro. Questo era più di quanto potessi sopportare. Indossai velocemente la vestaglia e andai a cercare Robert, lo steward del mio corridoio. Ero molto arrabbiato, ricordo, e quando lo trovai lo trascinai bruscamente alla porta della centocinque e lo spinsi verso l’oblò.

Che diavolo vuoi significare, mascalzone, lasciando l’oblò aperto ogni notte? Non sai che è contro il regolamento? Non lo sai che se la nave dovesse beccheggiare e l’acqua iniziasse ad entrare, dieci uomini non riuscirebbero a chiuderlo? Ti denuncerò al capitano, furfante, per danneggiamento alla nave.”

Ero fuori di me. L’uomo tremò e impallidì e poi iniziò a chiudere la lastra di vetro circolare con le pesanti cerniere di ottone.

Perché non mi rispondi?” chiesi bruscamente.

Col suo permesso, signore,” balbettò Robert, “non c’è nessuno a bordo capace di tenere chiuso questo oblò di notte. Può provare lei stesso, signore. Non mi fermerò più a lungo a bordo di questa nave, signore, proprio no. Ma se fossi in lei, me ne andrei a dormire dal dottore, o qualcun altro, di sicuro. Osservi, signore, l’oblò, secondo lei, può essere considerato ben chiuso, o no? Provi, signore, e veda se si muove di un centimetro.”

Feci la prova e trovai l’oblò perfettamente chiuso.

Ebbene, signore,” continuò Robert trionfante, “Scommetto la mia reputazione di steward di prima classe che tra mezz’ora sarà di nuovo aperto, agganciato dietro, per di più, signore, questa è la cosa orribile, agganciato dietro!”

Esamini la grossa vite e il dado a farfalla che la stringeva.

Se questa notte lo trovo aperto, Robert, ti darò una sovrana. È impossibile. Puoi andare.”

Sovrana ha detto, signore? Molto bene, signore, grazie signore, buon notte, signore. Buon riposo, signore, e ogni sorta di sogni piacevoli, signore.”

Robert sgattaiolò via, contento di essere congedato. Naturalmente, pensai che egli stesse tentando di giustificare la sua negligenza con una sciocca storiella, allo scopo di spaventarmi, e io non gli credetti. Il risultato fu che lui ottenne la sua sovrana ed io trascorsi una notte particolarmente spiacevole.

Andai a letto e cinque minuti dopo che mi ero arrotolato nelle mie coperte, l’implacabile Robert spense la luce che ardeva costantemente dietro il pannello di vetro molato vicino alla porta. Ero disteso immobile al buio tentando di addormentarmi, ma capii subito che era impossibile. Arrabbiarmi con lo steward mi aveva dato soddisfazione e il diversivo aveva allontanato quella spiacevole sensazione che avevo sperimentato prima pensando all’uomo che era annegato e che era stato il mio compagno di cabina, ma non avevo più sonno restai sveglio per un po’, osservando di tanto in tanto l’oblò, che riuscivo a vedere da dove ero e che, nell’oscurità, sembrava una luminescente scodella da zuppa sospesa nel buio. Credo di essere rimasto disteso lì per un’ora e, da quel che ricordo, mi ero appena appisolato, quando fui svegliato da una folata di aria fredda e dalla netta sensazione di di uno spruzzo di acqua marina sulla faccia. Balzai in piedi e, non essendomi reso conto al buio del movimento della nave, fui immediatamente scagliato attraverso la cabina sul divano che era sotto l’oblò. Mi ripresi immediatamente, comunque, e mi sollevai sulle ginocchia. L’oblò era spalancato di nuovo e agganciato dietro!

Badate, questi sono fatti. Ero perfettamente sveglio quando mi alzai, e sicuramente sarei stato svegliato dalla caduta se fossi stato ancora addormentato. Inoltre, mi ammaccai di brutto gomiti e ginocchia, e i lividi erano lì il giorno seguente a testimoniare il fatto, se anche io ne avessi dubitato. L’oblò era spalancato e agganciato dietro – una cosa così inspiegabile che ricordo molto bene che mi sentii stupito piuttosto che spaventato quando lo scoprii. Richiusi immediatamente il finestrino e riavvitai il dado con tutta la mia forza. Era molto buio nella cabina. Giunsi alla conclusione che il finestrino era stato certamente aperto nell’ora dopo che Robert l’aveva chiuso la prima volta in mia presenza e decisi di stare di stare a vedere se si sarebbe aperto di nuovo. Quelle viti di ottone erano molto pesanti e per niente facili da smuovere; non potevo credere che il dado fosse stato allentato dalla vibrazione della vite. Rimasi ad osservare, attraverso quel pesante vetro, l’alternasi delle scie bianche e grigie del mare che spumeggiava sotto la fiancata della nave. Devo essere rimasto lì un quarto d’ora.

Improvvisamente, mentre me ne stavo fermo, udii chiaramente qualcosa muoversi dietro di me in una delle cuccette e un momento dopo, mentre mi giravo istintivamente per guardare – sebbene non riuscissi a vedere niente al buio – sentii un flebile gemito. Attraversai con un balzo la cabina e aprii le tendine della cuccetta superiore, infilando le mani per scoprire se ci fosse qualcuno. Non c’era nessuno.

Ricordo che, mentre spingevo avanti le mani, la sensazione fu quella di affondarle nell’aria di una cantina umida e da dietro le tende arrivò una folata di vento che puzzava orribilmente di acqua di mare stagnante. Afferrai qualcosa che aveva la forma di un braccio di uomo, ma era liscio e umido e gelato. Ma improvvisamente, mentre tiravo, la creatura balzò violentemente verso di me, una gelatinosa massa appiccicosa, così mi sembrò, pesante e umida, tuttavia dotata di una specie di forza soprannaturale. Barcollai per la stanza e in un istante la porta si aprì e la cosa fuggì via. Non avevo avuto il tempo di spaventarmi e, ripigliatomi velocemente, corsi fuori dalla porta e mi misi all’inseguimento a tutta velocità, ma era troppo tardi. A una decina di metri più in là potevo vedere – e sono sicuro di averlo visto – un’ombra scura che si muoveva nel corridoio fiocamente illuminato, veloce come l’ombra di un veloce cavallo proiettata dalla lanterna davanti ad un calesse in una notte buia. Ma in un attimo era sparita e mi trovai aggrappato alla lucida ringhiera che correva lungo la paratia là dove il corridoio svoltava verso il dormitorio. I capelli mi si rizzarono sulla testa mentre un sudore freddo mi scorreva sulla faccia. Non me ne vergogno affatto: ero terribilmente spaventato.

Ma dubitai dei miei sensi e mi ricomposi. Era assurdo, pensai. Quel Welsh rarebitviii che avevo mangiato mi si era rinfacciato. Avevo vissuto un incubo. Ritornai alla mia cabina ed entrai facendomi forza. Tutta la stanza aveva un odore di acqua di mare stagnante, proprio come quando mi ero svegliato la sera prima. Ci volle tutta la mia forza per entrare e rovistare a tentoni tra le mie cose alla ricerca di una scatola di candele. Avevo appena acceso una lampada da viaggio che porto sempre con me in caso voglia leggere dopo che le luci sono spente, quando mi accorsi che l’oblò era di nuovo aperto, e una specie di orrore strisciante iniziò ad impossessarsi di me, come non mi era mai successo e spero non mi succeda mai più. Ma presi una candela e procedetti ad esaminare la cuccetta superiore, aspettandomi di trovarla umida di acqua di mare.

Ma fui deluso. Nel letto aveva dormito qualcuno e l’odore di acqua di mare era forte, ma la biancheria era secca come un osso. Immaginai che Robert non avesse avuto il coraggio di fare il letto dopo l’incidente della notte precedente – era stato tutto un brutto sogno. Richiusi accuratamente le tendine ed ispezionai la cuccetta con la massima attenzione. Era perfettamente asciutta. Ma l’oblò era di nuovo aperto. Con una sorte di cupo smarrimento orrifico lo chiusi e lo riavvitai, e infilando il mio pesante bastone nell’anello di ottone, lo avvitai con tutta la mia forza, finché il pesante metallo iniziò a piegarsi sotto la pressione. Poi appesi la mia lampada da lettura al velluto rosso della testata della mia cuccetta e mi sedetti per cercare di ritornare in me. Rimasi seduto lì tutta la notte, incapace di pensare a dormire – a malapena capace di pensare. Ma l’oblò rimase chiuso e non credevo che adesso si sarebbe aperto di nuovo senza l’uso di una considerevole forza.

Finalmente fece giorno e mi vestii lentamente, ripensando a tutto quello che era successo durante la notte. Era una bella giornata e me ne andai sul ponte, felice di mettermi al puro sole del mattino e di respirare la brezza dell’azzurro mare, così diversa dall’odore sgradevole e stantio della mia cabina. Istintivamente mi voltai verso poppa, verso la cabina del dottore. Era lì, con la pipa in bocca, a prendere l’aria del mattino proprio come il giorno precedente.

Buon giorno,” disse tranquillamente, ma fissandomi con evidente curiosità.

Dottore, lei aveva proprio ragione,” dissi. “C’è qualcosa che non va in quel posto.”

Sapevo che avrebbe cambiato idea,” mi rispose con aria trionfante. “Ha avuto una nottataccia, eh? Devo prepararle un tirami suix? Ho una ricetta eccezionale.”

No, grazie,” esclamai. “Ma mi piacerebbe raccontarle cosa è successo.”

Quindi, cercai di spiegare con la maggior precisione possibile cosa era successo, senza omettere di dichiarare che mi ero spaventato come non mi ero mai spaventato prima in tutta la mia vita. Mi soffermai particolarmente sul fenomeno dell’oblò, fatto che io potevo personalmente testimoniare, anche se il resto era stato un’illusione. Lo avevo chiuso due volte durante la notte, e la seconda volta avevo di fatto piegato il dado di ottone nello stringerlo con il mio bastone. Credo di aver insistito un bel po’ su questo punto.

Mi sembra che lei creda che io dubiti della sua storia,” disse il dottore, sorridendo al mio dettagliato resoconto sullo stato dell’oblò. “Non ne dubito affatto. Le rinnovo il mio invito. Porti le sue cose qui, e prenda metà della mia cabina.”

Venga a prendersi metà della mia per una notte,” dissi. “Mi aiuti ad andare fino in fondo a questa faccenda.”

Lei andrà al fondo di qualcos’altro se ci prova,” rispose il dottore.

Cosa?” domandai.

Il fondo del mare. Ho deciso di lasciare questa nave. Non è sicura.”

Allora non mi aiuterà a scoprire...”

Non io,” disse prontamente il dottore. “È affar mio mantenermi sano di mente, invece di gingillarmi in giro con fantasmi e affini.”

Crede davvero che sia un fantasma?” domandai, piuttosto sprezzantemente. Ma mentre parlavo ricordai chiaramente l’orribile sensazione di soprannaturale che si era impossessata di me durante la notte.

Il dottore mi si rivolse contro bruscamente.

Ha da offrire una ragionevole spiegazione per queste cose?” chiese. “No, non ce l’ha. Bene, lei dice che troverà una spiegazione. Io dico di no, signore, semplicemente perché non ce n’è alcuna.”

Ma, mio caro signore,” replicai, “lei, un uomo di scienza, vuol dirmi che queste cose non possono essere spiegate?”

Esatto,” rispose testardamente. “E, se lo fossero, non sarei interessato alla spiegazione.”

Non ero ansioso di trascorrere un’altra notte da solo nella mia cabina, e tuttavia ero ostinatamente determinato ad arrivare alla radice di quegli incidenti. Non credo che ci siano molti uomini che avrebbero dormito lì da soli, dopo aver trascorso due notti simili. Ma io presi la decisione di provarci, se non fossi riuscito a trovare qualcuno per condividere il turno di guardia con me. Il dottore non era evidentemente incline ad un tale esperimento. Disse che era un medico e che nel caso di un qualche incidente a bordo egli doveva essere sempre pronto. Non poteva permettersi di avere i nervi a pezzi. Forse aveva ragione, ma sono incline a pensare che la sua cautela fosse suggerita dal suo carattere. Su mia richiesta, mi informò che era improbabile che ci fosse qualcuno a bordo desideroso di unirsi a me nelle mie ricerche e dopo aver chiacchierato ancora un po’ lo lasciai. Poco più tardi, incontrai il capitano e gli raccontai la mia storia. Gli dissi che se nessuno avesse trascorso la notte con me, avrei chiesto il permesso di lasciare la luce accesa tutta la notte e avrei provato da solo.

Ascolti,” disse, “le dirò quello che intendo fare. Io stesso starò di guardia con lei e vedremo cosa succede. Sono convinto che, tra tutti e due, riusciremo a scoprirlo. Probabilmente c’è qualcuno che si nasconde a bordo, che ruba un passaggio spaventando i passeggeri. È anche possibile che ci possa essere qualcosa di strano nella struttura di quella cuccetta.”

Suggerii di convocare il falegname della nave e di esaminare il posto, ma fui contentissimo dell’offerta del capitano di trascorrere la notte con me. Di conseguenza, mandò a chiamare l’operaio e gli ordinò di fare tutto quello che chiedessi. Ci mettemmo subito all’opera. La cuccetta superiore fu rimossa ed esaminammo il posto attentamente per vedere se ci fosse da qualche parte una tavola non inchiodata o un pannello che potesse essere aperto o fatto scivolare di lato. Saggiammo tutte le assi, bussammo quelle del pavimento, svitammo le viti della cuccetta inferiore e la smontammo – in breve, non ci fu un centimetro quadrato della cabina che non fosse stato ispezionato e verificato. Era tutto in perfetto ordine e rimettemmo tutto a posto. Mentre stavamo finendo di lavorare, Rbert si affacciò alla porta.

Bene, signore… trovato niente?” chiese con un ghigno orribile.

Aveva ragione riguardo all’oblò, Robet,” dissi e gli diedi la sovrana che avevo promesso. Il falegname fece il suo lavoro in silenzio e con perizia, seguendo le mie indicazioni. Quando ebbe finito, parlò.

Sono un uomo semplice, signore,” disse. “Ma credo che farebbe meglio a portare fuori le sue cose e lasciarmi fissare una mezza dozzina di viti da dodici centimetri nella porta di questa cabina. Non è mai venuto niente di buono da questa cabina, signore, e questo è tutto al riguardo. Per quel che ricordo, ci sono state quattro vite perse provenienti da qui, e per quattro viaggi. Meglio lasciar stare, signore, meglio lasciar stare!”

Voglio provare ancora una notte,” dissi.

Meglio lasciar stare, signore, meglio lasciar stare! È una gran brutta faccenda,” ripeté l’operaio, mettendo i suoi attrezzi nella borsa e lasciando la cabina.

Ma il mio umore si era notevolmente risollevato alla prospettiva di avere la compagnia del capitano e decisi di non impedirmi di andare fino in fondo a questo strano affare. Quella sera, mi astenni dal Welsh rare-bit e dal grog, e non partecipai nemmeno alla consueta partita a whist. Volevo essere certo dei miei nervi e la mia vanità mi rese ansioso di fare una bella figura agli occhi del capitano.

IV

Il capitano era uno di quegli esemplari di uomini di mare splendidamente resilienti e gioiosi il cui combinato di coraggio, ardimento e calma nelle difficoltà lo portavano naturalmente verso alte vette di fiducia. Non era uomo da farsi fuorviare da uno sciocco racconto e il solo fatto che fosse desideroso di unirsi a me nella mia indagine era la prova che egli pensava che ci fosse veramente qualcosa che non andava, che non poteva essere spiegato con le solite ipotesi, né ridicolizzato come una volgare superstizione. Fino ad un certo punto, poi, era in gioco la sua reputazione, come la reputazione della nave. Non è cosa da niente perdere passeggeri caduti in mare, e lo sapeva.

Erano circa le dieci di sera, stavo fumando un sigaro quando il capitano mi raggiunse e mi prese in disparte, lontano dal viavai degli altri passeggeri che pattugliavano il ponte nella calda serata.

Questa è una faccenda seria, Mr. Brisbane,” disse. “Dobbiamo prepararci a due possibilità: rimanere delusi oppure passare un brutto quarto d’ora. Capisce che non posso permettermi di riderci sopra, e le chiederò di firmare una liberatoria, qualunque cosa succeda. Se stanotte non succede niente, ci riproveremo domani e il giorno dopo. È pronto?”

Così andammo giù ed entrammo nella cabina. Mentre entravamo, vidi Robert lo steward, che si trovava un po’ più in là, in fondo al corridoio, che ci fissava con il suo solito ghigno, come se fosse certo che stesse per succedere qualcosa di spaventoso. Il capitano chiuse la porta e tirò il chiavistello.

Potremmo la vostra valigia davanti alla porta,” suggerì. “Uno di noi può sedercisi sopra. Pertanto, non può uscire niente. Il finestrino è ben avvitato?”

Era esattamente come lo avevo lasciato la mattina. Infatti, senza usare una leva, come avevo fatto io, nessuno avrebbe potuto aprirlo. Aprii le tendine della cuccetta superiore così che potessi vedere bene all’interno. Dietro consiglio del capitano, accesi la mia lampada da lettura e la posizionai in modo che la luce cadesse sulle lenzuola di sopra. Insistette a sedersi sulla valigia, dichiarando che voleva poter giurare che si era seduto davanti alla porta.

Mi chiese di esaminare attentamente la cabina, operazione immediatamente eseguita, dal momento che consisteva semplicemente nel guardare sotto la cuccetta inferiore e sotto il divano a ridosso dell’oblò. Per il resto, la stanza era quasi vuota.

È impossibile che un essere umano possa entrare,” dissi, “o che possa aprire il finestrino.”

Molto bene,” disse calmo il capitano. “Se a questo punto dovessimo vedere qualcosa, sarebbe immaginazione o qualcosa di soprannaturale.”

Mi sedetti sul bordo della cuccetta inferiore.

La prima volta che successe,” continuò il capitano, accavallando le gambe e appoggiando la schiena alla porta, “fu in marzo. Si scoprì che il passeggero che dormiva qui, nella cuccetta superiore, era pazzo – per lo meno, si sapeva che fosse un po’ tocco e che si era imbarcato senza che i suoi amici lo sapessero. Corse fuori nel cuore della notte e si gettò in mare, prima che l’ufficiale di guardia potesse impedirglielo. Ci fermammo e calammo una scialuppa, era una notte di calma, poco prima che arrivasse il cattivo tempo, ma non riuscimmo a trovarlo. Naturalmente, il suo suicidio fu poi attribuito alla sua follia.”

Credo che succeda spesso,” osservai, sovrappensiero.

Non spesso, no” disse il capitano, “mai prima, nella mia esperienza, sebbene abbia sentito che sia accaduto su altre navi. Bene, come stavo dicendo, successe a marzo. Durante il viaggio successivo… Cosa sta guardando?” chiese, interrompendo bruscamente il suo racconto.

Non credo di avergli risposto. I miei occhi erano fissi sull’oblò. Mi sembrava che il dado ad anello incominciasse a girare lentamente sulla vite – così lentamente, comunque, che non ero sicuro che si stesse veramente muovendo. Lo guardai attentamente, fissandomi in mente la sua posizione e cercando di capire se cambiasse. I ntuendo dove stessi guardando, anche il capitano vi diresse lo sguardo.

Si muove!” esclamò, con convinzione. “No, non è vero,” aggiunse, un minuto dopo.

Se la vite si stesse allentando,” dissi, “si sarebbe aperto durante il giorno, ma questa sera l’ho trovato ben chiuso come l’ho lasciato questa mattina.”

Mi alzai e provai ad aprire il dado. Si era certamente allentato, perché sforzandomi potevo muoverlo con le mani.

La cosa strana, “ disse il capitano, “è che il secondo uomo che perdemmo si pensa che si sia lanciato fuori proprio da quell’oblò. Fu un momento drammatico. Successe nel cuore della notte e il tempo era davvero brutto, ci fu un allarme riguardo ad uno degli oblò che era aperto e lasciava entrare le onde. Scesi giù e trovai tutto allagato, l’acqua che pioveva dentro ad ogni rollio e tutto il finestrino che oscillava appeso ai bulloni in alto – non l’oblò nel mezzo. Bene, riuscimmo a chiuderlo, ma l’acqua fece dei danni. Da allora quel posto odora di acqua di mare di tanto in tanto. Pensammo che il passeggero si fosse buttato fuori, sebbene solo Dio sa come. Lo steward continuava a dirmi che non riusciva a tenere niente chiuso qui. Parola mia, posso sentire quell’odore anche adesso, lei no?” mi chiese annusando l’aria con circospezione.

Sì, distintamente,” dissi, e rabbrividii mentre quello stesso odore di acqua marina stagnante diventava più forte nella cabina. “Allora, per avere un tale odore, questo posto deve essere umido,” continuai, “eppure, quando lo esaminai insieme al falegname, questa mattina, era perfettamente asciutto. È davvero incredibile… un momento!”

La mia lampada da lettura, che era stata messa nella cabina superiore, si era improvvisamente spenta. C’era ancora un bel po’ di luce proveniente dal pannello di vetro molato vicino alla porta, dietro cui si intravvedeva la lampada di servizio. La nave rollava pesantemente e le tendine della cuccetta superiore dondolavano abbondantemente sopra il pavimento della cabina per poi tornare di nuovo indietro. Mi alzai velocemente dal mio posto sul bordo del letto e nello stesso momento il capitano balzò in piedi con un urlo di sorpresa. Mi ero voltato con l’intenzione di prendere la lampada per esaminarla, quando udii la sua esclamazione e immediatamente dopo il suo grido di aiuto. Corsi verso di lui. Stava lottando con tutta la sua forza con il bullone circolare del finestrino. Sembrava che gli girasse tra le mani nonostante i suoi sforzi. Afferrai il mio bastone, una mazza di robusta quercia che portavo sempre con me, la infilai nell’anello e feci pressione con tutta la mia forza. Ma quel robusto legno improvvisamente si spezzò e cadde sul divano. Quando mi rialzai lo sportello era di nuovo spalancato e il capitano se ne stava con la schiena appoggiata alla porta, bianco fino alle labbra.

C’è qualcosa in quella cuccetta!” gridò con una voce strana, con gli occhi che quasi gli uscivano dalle orbite. “Tenga la porta mentre guardo – non deve sfuggirci, qualunque cosa sia!”

Ma, invece di prender il suo posto, saltai sulla cuccetta inferiore e afferrai qualcosa che si trovava nella cuccetta superiore.

Era qualcosa di terrificante, orribile oltre ogni parola e si dimenava nella mia stretta. Era come il corpo di un uomo annegato da tanto tempo, e tuttavia si muoveva e aveva la forza di dieci uomini vivi, ma lo afferrai con tutte le mie forze – quella terribile, viscida cosa – i bianchi occhi morti sembravano fissarmi attraverso l’oscurità, il putrido odore di acqua marina stagnante lo avvolgeva, e i suoi lucidi capelli gli pendevano sul suo viso morto in ripugnanti ciocche. Lottai con quella cosa morta, si lanciò su di me e mi respinse e quasi mi ruppe le braccia, avvolse le sue braccia cadaveriche intorno al mio collo, quel morto vivente, e mi sopraffece, così che, alla fine, gridai, caddi e lasciai la presa.

Come caddi, la cosa mi scavalcò con un balzo e sembrò slanciarsi verso il capitano. Quando lo vidi per l’ultima volta in piedi, la sua faccia era bianca e le labbra serrate. Mi sembrò che sferrasse un colpo violento a quell’essere morto e poi, anche lui, cadde in avanti sulla faccia, con un inarticolato grido di orrore.

La cosa si fermò un istante, sembrando esitare sopra quel corpo prostrato, mentre io avrei potuto di nuovo gridare per la gran paura, ma non mi era rimasta voce. La cosa improvvisamente sparì e ai miei sensi scossi sembrò che facesse la sua uscita attraverso il finestrino aperto, sebbene, come questo fosse possibile, considerando l’esiguità dell’apertura, è molto al di là di ogni possibile spiegazione. Giacqui a lungo sul pavimento, con il capitano disteso al mio fianco. Infine, mi ripresi in parte e mi mossi e immediatamente mi resi conto che il mio braccio era rotto – l’osso piccolo del mio avambraccio sinistro vicino al polso.

In qualche modo mi rimisi in piedi e, con la mano che mi restava, tentai di rialzare il capitano. Emise un gemito e si mosse e finalmente ritornò in sé. Non era ferito ma sembrava malamente stordito.

Bene, devo continuare? Non c’è molto altro. Questa è la fine della mia storia. Il falegname mise in opera il suo progetto di bloccare la porta della centocinque con una mezza dozzina di viti da dieci centimetri e, se mai decideste di fare un viaggio sulla Kamtschatka, potrete chiedere una cuccetta in quella cabina. Vi diranno che è occupata – sì – è occupata da quella cosa morta.

Terminai il mio viaggio nella cabina del dottore. Mi medicò il braccio rotto e mi consigliò di non “trastullarmi con fantasmi e cose del genere” mai più. Il capitano fu molto silenzioso e non si imbarcò più su quella nave, anche se continua a navigare. E nemmeno io salirò più su quella nave. Fu un’esperienza davvero spiacevole e ne rimasi terribilmente spaventato, cosa che non mi piace. Questo è come mi capitò di vedere un fantasma – se era un fantasma. Era morto, comunque.


FINE


iPrometeo è un titano amico dell'umanità e del progresso poiché ruba il fuoco agli dei per darlo agli uomini, subisce la punizione di Zeus, che lo incatena a una rupe ai confini del mondo per poi farlo sprofondare nel Tartaro.

iiTantalo, privilegiato figlio di Zeus e amato dagli dèi, ebbe tutto ciò che un uomo potesse desiderare, ma la sua insaziabile superbia e la sua empietà gli meritarono un’atroce punizione: fu bandito per sempre nel Tartaro, il luogo dell’Ade riservato alle anime dei grandi trasgressori. Qui, la sua punizione era tanto ingegnosa quanto crudele: fu condannato a un’esistenza di fame e sete insaziabili. Iimmerso in un fiume cristallino, ogni volta che chinava il capo per bere, l’acqua si ritirava, lasciandolo assetato. Sopra di lui pendevano frutti succulenti, ma quando allungava la mano per coglierli, i rami si ritraevano, lasciandolo affamato. Questo eterno tormento rifletteva la sua natura insaziabile e il desiderio mai soddisfatto.

iii Issione personaggio della mitologia greca, fu un re dei Lapiti, la più antica tribù della Tessaglia. Per aver infranto le regole dell’ospitalità e aver ceduto al desiderio di possedere Nefele, una nuvola a cui Zeus aveva dato le sembianze di Era, fu gettato nel Tartaro, legato a una ruota e condannato a girare in eterno nella volta celeste.

iv Heinrich Gottfried Ollendorff (1803, 1865) fu uno studioso di grammatica e docente di lingua tedesco, il cui ‘metodo moderno’ per imparare le lingue straniere fu in voga dal 1840. Fu oggetto di satira dal momento che i suoi testi si basavano sulla ripetizione di frasi costruite artificialmente e difficilmente riscontrabili nella realtà.

v Nella superstizione marinara di tradizione anglosassone, si ritiene che l'essere immaginario chiamato Davy Jones sia un demone del mare soventemente associato alla morte per annegamento dei marittimi o ai relitti[1] che giacciono negli abissi.

Davy Jones è un personaggio immaginario e uno dei due antagonisti principali della popolare serie cinematografica Pirati dei Caraibi.

vi Ermes, Hermes o Ermete, raramente Erme, è una divinità della mitologia e delle religioni dell'antica Grecia. Il suo ruolo principale è quello di messaggero degli dei. È inoltre il dio dei commerci, dei viaggi, dei confini, dei ladri, dell'eloquenza e delle discipline atletiche. Svolge anche la funzione di psicopompo, ovvero di colui che accompagna le anime dei defunti verso l'Ade.

viiWhist è un classico gioco di carte in voga nel XVIII e XIX secolo, evoluzione del più antico Ruff and Honours. Nonostante le regole siano estremamente semplici, il gioco richiede un'analisi scientifica e, dal momento che i soli dati a disposizione di un giocatore sono le proprie 13 carte, è difficile riuscire a giocarlo bene.

viiiIl welsh, chiamato anche welsh rabbit o welsh rarebit, è un piatto originario del Galles a base di formaggio cheddar fuso (originariamente si usava il formaggio del Cheshire, ormai difficile da trovare). È tradizionalmente servito su una grossa fetta di pane grigliato e poi messo dentro il forno.

ixPick-me up, o tirami su, è un coktail a base di brandy e succo di frutta, da non confondersi col nostro dolce al cucchiaio. Ce ne sono varie versioni.