domenica 1 giugno 2014

IL PIEDIPIATTI FANTASMA



Guardia e ladro


Sinclair Lewis (Sauk Centre, Minnesota, 7 febbraio 1885 – Roma, 10 gennaio 1951) è stato il primo scrittore americano ad essere insignito del premio Nobel nel 1930. Fu autore prolifico, e molti suoi racconti e romanzi furono portati sul grande schermo. Come tanti scrittori della sua generazione, viaggiò molto in Europa e Parigi, dove la così detta Lost Generation poteva sentirsi libera dal puritanesimo americano, fu la sua seconda patria. Nei suoi racconti si interessò alle classi più deboli, ed ebbe una visione critica della società statunitense e dei suoi valori capitalistici, e per questo molti suoi scritti furono sottoposti a censura, emblematico il suo romanzo Babbit (1922).
Dei suoi personaggi adotta non solo il punto di vista, ma anche il linguaggio, e il suo stile comico e satirico evita che le situazioni degenerino nel patetico.
Pur avendo cercato molto, non ho trovato nessuna traduzione italiana dei suoi scritti, ecco perché vi propongo con piacere questa piccola storia ambientata nella provincia americana negli anni della Grande Guerra. Protagonista è il vecchio poliziotto Don Dorgan, burbero dal cuore d'oro che “aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente” al punto di farsi messaggero del contrastato amore fra Polo, figlio di un fantino italiano, e Effie, figlia di un ebreo tedesco. I due giovani diventano così una sorta di Giulietta e Romeo della piccola provincia americana dove i contrasti fra i diversi gruppi etnici e religiosi erano ancora forti e divisivi. Ma è anche una storia di emarginati: quegli anziani soli che la società isola e dimentica, proprio come capita al vecchio Dorgan, che una volta andato in pensione, diventa il fantasma di sé stesso, e saranno proprio l'amore per gli altri e l'orgoglio per il suo lavoro a dargli la forza di reagire.

The Ghost Patrol apparve nella rivista The Red Book Magazine nel giugno del 1917. Nel 1923 dal racconto fu tratto un film muto diretto da Nat Ross, protagonisti Bessie Love e Ralph Graves. Il film, prodotto e distribuito dalla Universal Pictures, è andato perso. 





IL PIEDIPIATTI FANTASMA
Sinclair Lewis


Charlot poliziotto, 1917

Donald Patrick Dorgan aveva prestato sevizio per ventiquattro anni nelle forze di polizia di Northernapolis, e durante tutto quel periodo, meno cinque anni, aveva pattugliato la zona di Forest Park. Don Dorgan avrebbe potuto essere sergente, o perfino capitano, ma al quartier generale avevano subito capito che aveva un debole per Forest Park. Perché di là veniva la sua giovane moglie, e là aveva costruito la loro casetta, là era morta sua moglie e là era stata seppellita. Era stato un così grande sollievo nella ridda delle politiche del dipartimento avere un uomo soddisfatto del suo lavoro, che i pezzi grossi erano contenti di Dorgan e lo lasciavano là dove era, anno dopo anno, a pattugliare Forest Park.
Perché Don Pat Dorgan aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente. Molto prima che a Northernapolis si fosse sentito parlare di criminologia, Dorgan era convinto che il dovere di un poliziotto con i guanti e il cuore puliti era quello di fare in modo che non ci fosse bisogno di arrestare la gente. Discuteva con gli ubriachi per convincerli a nascondersi in un vicolo a smaltire la sbornia dormendo. Quando li arrestava era perché stavano tranquillamente barcollando verso casa con l'intenzione di picchiare le loro beneamate consorti. Qualunque vagabondo poteva ricevere da Dorgan un nichelino insieme ad una mappa dei dormitori pubblici. Agli attaccabrighe parlava con calma e li picchiava col manganello dove faceva più male ma meno danni. Lungo il suo percorso, i ragazzini potevano giocare a baseball, a patto che non rompessero i vetri o si piazzassero davanti alle macchine. La tasca della sua giubba era una miniera, là erano nascosti non solo i suoi sandwich per lo spuntino notturno, il suo revolver e le manette e un inserto a fumetti, ma anche un sacchetto di caramelle colorate e una palla di gomma rossa.


Quando il figlio della vedova Maclester incominciò a bere, fu Don Dorgan che lo fece arruolare nella marina. Il lavoro di Don – la sua arte – era fatto di queste cose. E la sua arte gli diede gioia quando Kitty Silva si pentì e si mise a rigar dritto, quando Mickey Connors, che Dorgan conosceva da quando era un orfano piagnucoloso, divenne un dottore, con una grande insegna di vetro su cui era scritto J. J. Connors – Dottore, e un'infermiera per ricevere i poveretti che volevano vedere il grande dottor Connors!
C'erano un ragazzo e una ragazza per cui Dorgan aveva una segreta preferenza che trascendeva la benevolenza che sentiva per gli altri. Si trattava di Polo Magenta, figlio di quel fantino italo-inglese-danese che era morto per la cocaina, e di Effie Kugler, figlia di quel bottegaio ebreo che conosceva il Talmud1 molto meglio di chiunque altro nel ghetto – la graziosa e morbida Effie, capelli neri e occhi vivaci, un perfetto abbraccio per chiunque.



                                 Bessie Love (1898-1986) intrerpretò Effie


Polo Magenta aveva la stoffa dell'uomo dentro di sé. Il ragazzo amava i motori come suo padre aveva amato i cavalli. A quattordici anni, quando morì suo padre, lavava le automobili nel garage di McManus, a diciotto anni era uno dei più abili tassisti della città. A diciannove anni, capitato nella salumeria di Kugler per comprare salsicce e cracker per il pranzo di mezzogiorno, fu servito da Effie. Da quel momento in poi la sera ciondolava davanti al negozietto, finché il vecchio Kugler li guardò con disapprovazione – in particolare Polo, il più bel ragazzo di Little Hell, elegante nella sua divisa da chauffeur, la schiena dritta come il sergente inglese che era stato suo nonno, i capelli chiari di un danese, nell'insieme una figura militaresca, che parlava sottovoce ad Effie che arrossiva dall'altra parte del bancone.
Kugler si appostò alla porta e impedì a Polo di passare a pendere Effie con la sua macchina. Così Effie divenne pallida per il desiderio di vedere il suo ragazzo; Polo iniziò a bere burbon liscio, che non è una cosa buona per un tassista che deve correre a per arrivare in tempo alla stazione. Fece un incidente, una volta, tamponò appena il paraurti di un'altra macchina, ma ancora un altro incidente del genere, e la compagnia dei taxi lo avrebbe licenziato.
Allora il piedipiatti Don Dorgan entrò in gioco. Decise che Polo Magenta doveva sposare Effie. Disse a Polo che avrebbe portato alla ragazza un suo messaggio, e mentre sceglieva con pignoleria gli affettati per un sandwich, le sussurrò che Polo stava aspettando, nella sua auto, nel vicolo vicino a Minnis Place. Ad alta voce gridò: “Vieni a fare un giro dell'isolato con me, Effie, demonietto, se tuo padre te lo permette. Mr. Kugler, non capita spesso che Don Dorgan inviti una signora a passeggiare con lui, ma è primavera, e sapete com'è con noi dannati piedipiatti. La ragazza pare proprio aver bisogno di una boccata di aria fresca.”
“Dacorrdo,” disse Kugler. “Puoi antare a fare un ciro con Mr. Dorgan, Effie, e bada di torrnare prresto.”
Dorgan si piazzò come un leone all'ingresso del vicolo dove, fuori dal suo taxi, Polo Magenta stava aspettando. Quando sentì il grido con cui Effie andò incontro al suo ragazzo, gli vennero in mente i pomeriggi di tanto tempo prima quando lui e la sua innamorata si incontravano nel viale fiancheggiato da aceri che una volta era al posto di quello scrofoloso Minnis Place.
“Oh, Polo, ero proprio morta, senza poterti più vedere.”
“Gesù, fa male, bimba, alzarsi la mattina e sentirsi vuoti, sapendo che non ti vedrò più. Potrei lanciare la macchina fuori strada e farla finita, il mio cuore è così freddo senza di te.”
“Oh, è così, Polo, davvero?”




 Ralph Graves(1900-1977) interpretò Polo


 
“Ehi, abbiamo solo un paio di minuti. Ho un appuntamento per entrare in società in un'officina a Thornwood Addition. Se riesco a combinare, potremo filarcela e sposarci, e quando il tuo vecchio vedrà come mi vanno bene gli affari...”
Dorgan sentiva la voce di Polo farsi più vivace mentre parlava dei suoi progetti per l'avvenire, quando ad una tratto si irrigidì e gli venne male. Perché Kugler stava camminando lungo Minnis Place, guardandosi intorno, curvo sotto il peso del sospetto. Dorgan non osò voltarsi per avvertirli.
Dorgan sorrise. “Di nuovo buona sera,” disse. “Abbiamo fatto proprio una bella passeggiata, io e Effie. E' già tornata a casa?”
Si era messo tra Kugler e l'ingresso del vicolo, le mani in vita e le braccia larghe. Kugler si infilò sotto un braccio e vide Effie insieme al suo innamorato, tutti e due seduti sul predellino della macchina di Polo.
“Effie, torna immediatamente a casa,” disse l'uomo. C'era una terribile ira nella calma della sua vecchia voce.
Gli innamorati si guardarono vergognosi e spaventati.
Dorgan si avvicinò al gruppo con fare spavaldo. “Ascolti, Mr. Kugler: Polo è un bravo ragazzo. Grossi vizi non ne ha. Mi ha promesso che lascerà andare il bere. Non crede che sarà un buon marito per Effie?”
“Mr. Dorgan, per anni vi ho rispettato, ma... Effie, torna immediatamente a casa,” disse Kugler.
“Oh, che devo fare, Mr. Dorgan?” gemette Effie. “Devo fare quello che vuole papà, o devo andar via con Polo?”
Dorgan rispettava i diritti divini dell'amore, ma era anche un uomo all'antica e rispettava i diritti dei genitori sui figli.
“Penso che faresti meglio ad andare col tuo papà, Effie. Gli parlerò io...”
“Sì, voi gli parlerete, e tutti parleranno, e io sarò morto,” gridò il giovane Polo. “Andatevene via, tutti quanti.”
Intanto si era messo al volante, e stava facendo marcia indietro. Sparì come un razzo oltre l'angolo. Dorgan seppe poi che Polo era stato licenziato dalla compagnia dei taxi perché aveva superato i limiti di velocità in mezzo al traffico e aveva rotto le luci posteriori di un'altra macchina, poi aveva trovato un altro lavoro come autista privato nei sobborghi della città, era stato licenziato per la sua impudenza, aveva trovato un altro lavoro ed era stato arrestato per aver preso una macchina per divertirsi insieme ad un gruppo di giovinastri di Little Hell. Stava per essere processato per il furto della macchina del suo principale.
Dorgan spazzolò i suoi abiti da borghese, si fece fare un costoso taglio di capelli e uno shampo e andò a trovare il datore di lavoro, che si rifiutò di ascoltare la confusa difesa del ragazzo.
Dorgan andò a trovare Polo in cella.
“Va bene così,” disse Polo. “Sono contento di essere stato pizzicato. Avevo bisogno di essere fermato. Stavo diventando uno sballato, e se non ci avessero messo un freno, non so cosa avrei combinato. Ora sto seduto qui a leggere e pensare, e sto di nuovo bene. Esagero sempre quando faccio le cose, bere o comportarmi bene. E ora ho intenzione di riflettere seriamente, e non mi dispiace di avere la possibilità di starmene tranquillo.”
Dorgan portò via un bigliettino in cui, con molti errori di ortografia e altrettanta tenerezza, Polo mandava a Effie il suo giuramento di amore eterno. Per consegnare quel bigliettino Dorgan ricorse ad una bustarella e suo malgrado dovette intrufolarsi come un ladro in casa d'altri.
Polo fu condannato a tre ani di prigione, con l'accusa di furto aggravato.
Dorgan continuò a tormentarli. Venne al quartier generale ancora e ancora, finché diventò una seccatura, e il commissario rifiutò di vederlo. Dorgan non era uno sciocco. Ritornò umiliato alla sua casetta e vi rimase.
Per due anni si accovacciò accanto al fuoco e lentamente diventò un malinconico pazzo – faccia grigia, capelli grigi, il grigio fantasma di sé stesso.
Di tanto in tanto, durante i due anni di eremitaggio, Dorgan usciva per far visita ai suoi vecchi vicini. Questi lo accolsero con affetto, gli diedero da bere e gli raccontarono le ultime novità, ma non gli chiesero consigli. Così era diventato un fantasma vivente prima che fossero trascorsi due anni, e parlava con sé stesso ad alta voce.
Durante quei due anni i corpi di polizia divennero forze metropolitane. Ci fu un commissario nuovo fiammante, ispettori nuovi fiammanti, e divise nuove fiammanti – un uniforme blu militare con un berretto e le fasce per le gambe e una giubba sagomata. Quando vide quell'uniforme per la prima volta, alla parata della polizia, Dorgan andò a casa e staccò dal muro dietro la stufa una fotografia di dieci anni prima – il corpo di polizia di quel periodo, orgogliosamente in posa sui gradini di marmo del municipio. Sembravano tutti efficienti e magnifici allora, ma – il suo animo sincero lo ammise – sembravano dei poliziotti di campagna rispetto ai fuoriclasse di oggi.




                                                  Patrolmen, 1907


Andò subito a tirar fuori dal baule di sequoia la sua uniforme, ma non riuscì a convincersi ad indossare quell'informe giubba grigia e i pantaloni, l'elmetto grigio e gli immacolati guanti bianchi. E tuttavia quella presenza lo confortava, era la prova che, per quanto sembrasse impossibile, quel vecchio eremita una volta era stato un attivo membro della polizia.
Con le sue grandi, tenere mani impacciate rammendò un buco in fondo ai pantaloni e li ripiegò con cura prima di riporli. Tirò fuori il suo sfollagente e il revolver e la stella tempestata di zaffiri che il dipartimento gli aveva dato quando aveva salvato due vite nel crollo dell'edificio Anthony. Li toccò a lungo e desiderò che gli fosse permesso di portarli... Per tutta la notte, in sogno e nel dormiveglia e nell'insonnia agitata, si rivedeva di nuovo a pattugliare le strade, il padre della sua gente.
La mattina dopo tirò fuori dal baule di sequoia la sua uniforme, il suo sfollagente e la pistola e il distintivo e li appese nell'armadio, dove li teneva quando non era di turno nei giorni del suo servizio attivo. Fischiò allegramente e borbottò: “Gli farò vedere chi sono i diavoli della decima strada, a quel branco di smidollati.”
Nelle redazioni dei giornali iniziarono ad arrivare voci di un “allarme-fantasma” a Forest Park. A mezzanotte un vecchio aveva guardato fuori dalla finestra e aveva visto un uomo morto, con indosso una vecchia uniforme, sospeso nel vuoto. Uno straniero, mentre tornava al suo albergo, il Forest Arms, a circa dieci isolati sopra Little Hell, alle due del mattino, si fermò a parlare con uno strano poliziotto, la cui faccia egli descrisse come un turbine di nebbia sul punto di bruciare, dagli occhi spettrali. Il poliziotto gli aveva cortesemente indicato l'edificio su a Forest Park, e prima di andar via aveva salutato, una figura eretta, in qualche modo commovente. Più tardi lo straniero fu sorpreso di scoprire che l'uniforme regolamentare era blu, non grigia.
Dopo di loro ci furono dozzine di persone che videro il “Poliziotto fantasma”, così il Chrinicle denominò l'apparizione, alcuni gli parlarono, e sorprendentemente dissero che era grasso, magro, alto, basso, vecchio, giovane, e fatto di nebbia, di ombra, un'illusione ottica, e di carne e ossa come tutti.

Poi scoppiò uno scandalo in società e una guerra straniera, e le storie sul poliziotto fantasma furono dimenticate. Una sera all'inizio dell'estate la voce agitata di una donna telefonò al quartier generale dalla zona residenziale di Forest Park, dicendo che aveva visto un ladro entrare attraverso la finestra della casa vicino, che era chiusa per la stagione. Il capo in persona prese sei robusti poliziotti nella sua macchina e filarono rombando fino a Forest Park e circondarono la casa. La proprietaria della voce agitata uscì fuori per informare il capo che appena aveva finito di telefonare, aveva visto un'altra figura strisciare attraverso la finestra dietro al ladro. Le era sembrato che la seconda figura avesse un revolver e uno sfollagente.
Così il capo e il suo vice strisciarono con nonchalance attraverso una finestra indiscutibilmente aperta che si apriva sulla dispensa al lato della casa. Le loro torce elettriche illuminarono il disastro che c'era in sala da pranzo – vetri rotti dappertutto, i cassetti del buffet sul pavimento, le tende strappate via. Esclamarono: “Che disastro!” e gridarono: “Vieni fuori, chiunque tu sia. La casa è circondata. Kendall, ci sei? Lo hai preso?”
C'era un silenzio spettrale, come se qualcuno stesse respirando in preda al terrore, un silenzio più denso e carico di ansia della semplice assenza di suono. Entrarono in punta di piedi nel soggiorno, dove, legato al divano, c'era un ben noto personaggio, Butte Benny.
“Dio buono. Capo,” gemette, “portatemi fuori da qui. 'Sto posto è infestato. Un maledetto fantasma è venuto, m'ha afferrato e m'ha legato. Gesù, lo giuro, era proprio un morto, e era vestito come un vecchio piedipiatti, e non ha detto una parola. Ho provato a lottare, ma me le ha date; oh mamma. Capo, me n'ha date tante, tante, ma era morto come il povero nonno mio, ci potevi vedere la luce attraverso. Usciamo – arrestatemi e vi firmo la confessione. Datemi una bella celletta, così stò al sicuro!”
“E' l'opera di qualche poliziotto dilettante che vuol tenere le mani in pasta. Altro che fantasma!” disse il capo. Ma si sentì gelare e non poté fare a meno di guardarsi intorno alla ricerca dello sconosciuto.
“Usciamo da qui. Capo,” disse il tenente Saxon, il più coraggioso dei sei forzuti, e messo Butte Benny in mezzo a loro, filarono via dalla porta d'ingresso, lasciando ancora aperta la finestra della dispensa! Non ammanettarono Benny. Non c'era pericolo di perderlo!



                                       Buster Keaton, The Goat - 1921


Quando la piccolina di Simmons, l'idraulico di Little Hell, si perse, due uomini videro distintamente una figura dal volto grigio con un elmetto da poliziotto dei tempi andati condurre per mano la bambina smarrita attraverso stradine secondarie poco frequentate. Provarono a seguirlo, ma la misteriosa figura conosceva le scappatoie molto meglio di loro, e andarono a riferirlo alla stazione di polizia. Nel frattempo qualcuno suonò il campanello di Simmons, e Simmons trovò sua figlia sullo zerbino, in lacrime ma sana e salva. Nella mano, stringeva con forza il guanto bianco di un poliziotto.
Pieno di gratitudine, Simmons portò il guanto al distretto di polizia. Era un guanto d'ordinanza, era stato rammendato con cotone bianco fino quasi a ricoprire il tessuto originale con piccoli punti inesperti, era stato sbiancato con argilla bianca fine, e da una macchiolina scura si capiva che doveva essere stato stirato con un ferro troppo caldo. All'interno c'era una scritta, impressa con un timbro di gomma: Dorgan, pattugliatore, nono distretto. Il capo portò il guanto al commissario, e fra questi due uomini duri e bruschi ci fu un pietoso silenzio carico di rispetto.
“Dovremo prenderci cura del vecchio,” disse infine il capo.
Un investigatore fu messo alle calcagne del poliziotto fantasma. Il detective vide Dorgan uscire dalla sua casetta alle tre del mattino, stiracchiare le sue lunghe braccia, annusare l'umidità del primo mattino, sorridere come farebbe un uomo quando sta per ricominciare il lavoro che ama. Aveva una postura eretta, la sua vecchia uniforme spazzolata a dovere, il colletto immacolato, sulle mani aveva un solo guanto. Si guardò a destra e a sinistra, sgattaiolò in un vicolo, si inoltrò nelle tenebre, con passi così veloci e silenziosi che la sua ombra quasi non riusciva a stargli dietro. Si fermò vicino ad una persiana lasciata aperta, e la richiuse spingendola con il lungo sfollagente di una volta. Quindi si avviò verso casa e rientrò.
Il giorno dopo il capo, il commissario e un autonominato comitato di ispettori e capitani andarono a far visita a Don Dorgan nella sua casetta. Il vecchio aveva un aspetto trascurato, nella sua camicia di flanella col collo aperto, e un paio di pantofole scalcagnate. Tuttavia, quando arrivarono Dorgan si tirò su e li affrontò come un vecchio soldato chiamato a fare il suo dovere. I dignitari sedettero imbarazzati, mentre il commissario tentò di spiegare che i pezzi grossi avevano saputo che Dorgan era rimasto solo e che, ufficiosamente, il fondo del dipartimento aveva deciso di mandarlo nella clinica privata per anziani e malati mentali del Dr. Bristow – che lui eufemisticamente chiamò “la casa di Doc Bristow.”
“No,” disse Dorgan “Quello è un manicomio privato. Non ci voglio andare. Forse hanno delle stanze accoglienti, ma non voglio essere messo insieme ad un mucchio di svitati.”
Alla fine, dovettero dirgli che stava spaventando il quartiere con la sua ronda fantasma e lo avvisarono che se non la smetteva avrebbero dovuto rinchiuderlo da qualche parte.
“Ma io devo andare di pattuglia!” disse. “I miei ragazzi e le mie ragazze qui, hanno bisogno che gli stia dietro. Mi siedo qui e ascolto... le voci, lo giuro, e mi ordinano di uscire di ronda...Mettetemi in quel manicomio. Mi sa che è meglio. Ehi, dite a Doc Bristow di non provare a fare scherzi con me, ma di lasciarmi stare, o gliele suono, picchio ancora come una recluta, davvero. Capo.”
L'imbarazzato comitato lasciò il capitano Lucetti con lui, per chiudere la casa del vecchio e portarlo in taxi alla clinica. Il capitano suggerì di lasciar stare l'uniforme. Il dottor Davis Bristow era un uomo coscienzioso ma irritabile che aveva bisogno di un supporto psicologico più dei suoi pazienti. Il capo gli aveva aveva inculcato un sacro terrore, e trattò Dorgan con rispetto fin dal primo momento.
Il capo aveva premurosamente predisposto che Dorgan dovesse “riposare”, che non gli si dovesse assegnare alcun lavoro nella fattoria, e per tutto il giorno Dorgan non aveva niente da fare se non far finta di leggere e preoccuparsi dei suoi ragazzi.
Da quando era andato in pensione, due poliziotti erano stati successivamente assegnati a fare il suo giro, e l'ultimo, sebbene fosse un bravo ufficiale, proveniva da un contesto sociale rispettabile e non poteva capire la rozza scontrosità di Little Hell. Dorgan era certo che non stesse badando a dissuadere con le buone Matty Carlson dal suo periodico desiderio di fuggire dal suo decente e paziente marito.
Così una notte, in preda all'ansia, Dorgan si calò giù dalla finestra e fuggì, strisciando, inciampando e borbottando attraverso i sobborghi intorno a Little Hell. Ma non aveva più il suo vecchio istinto per tenere nascosto il suo segreto pattugliamento. Un poliziotto lo vide, in abiti civili, barcollare lungo il suo vecchio giro di perlustrazione, controllando le porte e borbottando fra sé e sé. E quando lo misero nell'ambulanza e lo riportarono alla clinica, pianse e li supplicò di farlo ritornare al suo lavoro.
Il dottor Bristow telefonò al capo della polizia, chiedendogli il permesso di far lavorare Dorgan nel giardino.
Quella fu certamente una buona cosa. Infatti, per tutto il resto dell'estate, negli estesi giardini, e per metà inverno, nella serra, Dorgan zappò, sudò e imparò i nomi dei fiori. Ma all'inizio di Gennaio incominciò a preoccuparsi di nuovo. Disse al superiore che aveva calcolato che, grazie alla buona condotta, Polo Magenta avrebbe dovuto essere fuori dalla galera adesso, e aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di lui. “Sì, sì... bene. Sono occupato, me ne parlerai un'altra volta,” borbottò il dottor Bristow, “ma in questo momento ho molto da fare.”
Un giorno di metà gennaio, Dorgan andò in giro per tutto il giorno con aria preoccupata, e divenne ancora più preoccupato quando una bufera avvolse il mondo in una fitta cortina di neve. Si ritirò in camera sua la sera presto. Un'infermiera venne a portar via le scarpe e il cappotto. Ma una volta rimasto solo, strappò con cura le lenzuola e ne fece delle strisce con cui avvolse le sue leggere pantofole. Infilò dei giornali e un pezzo di lenzuolo tra la canottiera e la camicia. Scovò il suo cappello da giardiniere più pesante. Sollevò la finestra senza far rumore. Con il suo grande pugno fece saltare le fragili sbarre di legno. Salì sul davanzale e si calò giù nella tormenta e attraversò il prato.
Con la sua magra figura infagottata, le mani affondate nelle tasche della giacca, i grandi piedi che si muovevano lentamente, senza esitazione, in quella specie di mocassini fatti di stoffa e pantofole leggere, avanzò nella neve fino alla strada e poi giù fino a Little Hell.
Don Dorgan sapeva che la bufera avrebbe impedito alle autorità della clinica di rintracciarlo per uno o due giorni, ma sapeva anche che ne poteva essere sopraffatto. Svoltò in una serie di stradine e trovò una stalla con accanto un furgone per le consegne bloccato dalla neve. Andò nella stalla a prender un po' di paglia e, una volta nel furgone, se la mise addosso e cadde subito addormentato.
Quando si svegliò il pomeriggio seguente, la tempesta era cessata e poté proseguire.
Arrivò alla periferia di Little Hell. Sgattaiolando attraverso viuzze secondarie, entrò nel retro dell'officina di McManus che si trovava nella zona malfamata.
McManus, il capo, stava mettendo le sue automobili fuori nelle ultime folate della tempesta, dal momento che il servizio dei tram era ancora sospeso e le macchine andavano a ruba. Quando vide Dorgana Gridò: “Salve, Don. Da dove sbuchi? Sono sei mesi che non ti vedo. Pensavo che te la stavi spassando in qualche casa per anziani.”
“No,” disse Dorgan, con una serietà che non lasciava spazio a spiritosaggini, “Sono un... una specie di guardiano. Ehi, è vero quello che ho sentito, che il giovane Magenta è uscito di prigione?”
“Sì, il lazzarone. Ho sempre detto che era un poco di buono, quando lavorava qui, e...”
“Cosa ne è stato?”
“Ha avuto la faccia tosta di venire qui quando è uscito, a cercare lavoro; forse era in cerca di un altro po' di macchine da fracassare! Ho sentito che lava le locomotive all'officina delle ferrovie. Un lavoro duro, ma quello che ci vuole per uno della sua razza. Ehi, Don, le cose vanno male da quando te ne sei andato, che ne dici di questi sporchi agitatori che fanno propaganda per il proibizionismo2...”
“Bah,” disse Dorgan, “devo andare, John.”



Agenti federali svuotano barili di birra nelle fogne



Tre uomini dalla maniere brusche e dal pessimo carattere buttarono Dorgan fuori da tre diversi ingressi dell'officina delle ferrovie, ma egli si nascose nel tender di una locomotiva e vide Polo Magenta al lavoro, a strofinare gli ottoni, o meglio l'ombra di Polo Magenta. Era magro, gli occhi grandi e accesi. Appena vide Dorgan, saltò su e gli andò incontro.
“Vecchio... accidenti... figlio di buona donna.”
“Proprio io! Beh, come ti va?”
“Da schifo.”
“Come mai?”
“Oh, la solita vecchia storia. Chi sbaglia una volta è fregato per sempre. Il direttore mi dà dei buoni consigli, e io penso di aver pagato per le sciocchezze che ho fatto da ragazzo, e riprendo la strada per Little Hell con due dollari e un sacco di buone intenzioni e... mi hanno visto arrivare. I delinquenti sono stati gli unici a darmi il ben venuto. McManus mi ha offerto un lavoro, in pratica fare l'autista della mala. Ho rifiutato e mi sono messo a cercare un lavoro decente, che però non stava aspettando me. Al tuo posto c'è un nuovo piedipiatti. Proprio un cuor d'oro. Mi prende da parte e mi dà la sorprendente notizia che sono un avanzo di galera senza speranza, e che mi sta addosso... capisci, e se strangolo qualche vecchietta o bastono qualche bamboccio, lui sarà lì con le manette... capisci! così è meglio se lascio perdere la mia carriera di assassino.
“Trovo da lavorare dalle parti di Milldale, come autista di camion, e quello gli viene a dire che sono un falsario e un incendiario e non so cos'altro, e quelli mi mandano via... con qualche buon consiglio. Lo stesso con gli altri lavori.”
“Effie?”
“Non l'ho ancora vista. Però, vecchio, ho ricevuto una sua lettera che per me è la cosa più importante... dice che mi resterà fedele finché il padre crepa e poi verrà da me anche attraverso il fuoco. Ce l'ho qui... mi impedisce di diventare matto. E una sua fotografia. Vedi, avevo progettato di entrare di nascosto per vederla prima che il suo vecchio venisse a sapere che ero fuori di gattabuia, ma il poliziotto di cui ti parlavo avvisa Kugler, e quello si siede sulla soglia di casa con il suo moschetto dei tempi della rivoluzione caricato con chiodi per ferro di cavallo e ghiaia, e così... capisci? Ma riesco a farle arrivare una lettera attraverso uno dei ragazzi.”
“Bene, cosa hai intenzione di fare?”
“Mah... Non c'è nessuno che sta dietro a noi ragazzi, da quando sei fuori servizio. Vecchio.”
“Non sono fuori servizio! Farai quello che ti dico?”
“Sicuro.”
“Allora ascolta: devi ricominciare proprio qui a Northernapolis, come stai facendo, e rifarti una vita. Non sei stato condannato a tre anni ma a sei, gli ultimi tre qui, a convincere la gente a fidarsi di nuovo di te. Non è giusto, ma è così. Capisci? In prigione hai resistito perché c'erano le sbarre a trattenerti. Sei abbastanza uomo da costruirti le tue sbarre, invece di fartele affibbiare?
“Forse.”
“Lo sei! Sai bene com'è la prigione – non puoi mica sceglierti la cella o il lavoro. Allora ascolta: io non me la passo male, per un piedipiatti - un po' di risparmi e la pensione. Mettiamoci in società in una bella officina, e facciamo concorrenza a John McManus – è un imbroglione, e lo facciamo chiudere. Ma devi essere pronto ad aspettare, questa è la cosa più difficile. Ci stai?”
“Sì.”
“Quando hai finito qui, incontriamoci nell'atrio posteriore del casinò di Mullin. Ti saluto, ragazzo.”
“Ci vediamo. Vecchio.”
Quando Polo lo raggiunse nell'atrio posteriore del casinò di Mullins, Dorgan gli chiese: “Pensavo: hai parlato col vecchio Kugler?”
“Manco l'ho guardato. Vecchio. Ho già abbastanza guai senza andare a cercarne altri. Sto diventando diplomatico.”
“Pensavo. A volte la cosa più diplomatica che un uomo può fare è quella di andare dritto al punto e cogliere tutti di sorpresa. Andiamo.”
Arrivarono al negozio di Kugler, senza parlare ne tremare, e la faccia di Dorgan era impassibile, come si addice ad un piedipiatti, mentre spalancava la porte e gridava “Buona sera!” ad un inorridito vecchio sapiente ebreo e alla ragazza. Don Dorgan poggiò le mani sul bancone e iniziò a parlare.“Kugler,” disse, “ora tu mi ascolti, perché se non lo fai, ti sfascio il negozio. Tu hai distrutto quattro vite. Ostacolando un amore buono e puro, hai trasformato questo ragazzo in un criminale, e ora hai deciso che tale deve restare. Hai sistemato Effie allo stesso modo – guarda lo struggimento nel volto di quella colombella! Hai fatto di me un vecchio infelice. Hai reso te stesso, che sei una persona buona e onesta, infelice mettendoti in contrasto con il tuo stesso sangue. Qualcuno dice che sono andato fuori di testa, ma so di essere andato oltre, là dove tutti capiscono e perdonano tutto – e ho imparato che è più difficile essere cattivi che buoni, che tu hai dovuto faticare di più per renderci tutti infelici di quanto avresti dovuto per renderci tutti felici.”
L'alta figura di Dorgan, così magra e trasandata, sembrò crescere fino a riempire il negozio, la sua voce rimbombava e i suoi occhi brillavano di una volontà che sembrava incrollabile.
Quel tiranno di Kugler era senza parole, e ascoltava con rispetto mentre Dorgan continuava, con più gentilezza: “Tu sei un uomo retto tra i peccatori, ma questo ti porta a pensare che devi avere sempre ragione. Hai forse intenzione di ucciderci tutti solo per provare che non hai mai torto? Uomo, bada, questa è una cosa diabolica da farsi. E quanto sarebbe più semplice cedere, per una volta, ammettere questo povero ragazzo nella tua casa a quel calore che tanto desidera, mentre la tempesta infuria intorno a lui e tutti gli sono contro. Guarda, guarda quei poveri bravi ragazzi!”
Kugler guardò e vide Polo e Effie – ancora separati dal freddo marmo del bancone - con le mani strette su di esso e gli occhi che si fissavano con assoluta innocenza.
“Bene..” disse Kugler malinconicamente.
“Finalmente!” Disse Dorgan il poliziotto. “Bene, devo riprendere il mio giro... alla clinica... Ci sono un po' di cose che devo tenere d'occhio là.”



FINE



1   Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento") è il grande libro sacro dell'Ebraismo
2   Con il termine proibizionismo s'intende per antonomasia il periodo fra il 1919 e il 1933 in cui negli Stati Uniti, tramite il XVIII emendamento e il Volstead Act, venne sancito il bando sulla fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool; il proibizionismo in questo senso è conosciuto anche come The Noble Experiment.


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