Guardia e ladro
Sinclair Lewis
(Sauk Centre, Minnesota, 7 febbraio 1885 – Roma, 10 gennaio 1951) è
stato il primo scrittore americano ad essere insignito del premio
Nobel nel 1930. Fu autore prolifico, e molti suoi racconti e romanzi
furono portati sul grande schermo. Come tanti scrittori della sua
generazione, viaggiò molto in Europa e Parigi, dove la così detta
Lost Generation poteva sentirsi libera dal puritanesimo
americano, fu la sua seconda patria. Nei suoi racconti si interessò
alle classi più deboli, ed ebbe una visione critica della società
statunitense e dei suoi valori capitalistici, e per questo molti suoi
scritti furono sottoposti a censura, emblematico il suo romanzo
Babbit (1922).
Dei suoi personaggi
adotta non solo il punto di vista, ma anche il linguaggio, e il suo
stile comico e satirico evita che le situazioni degenerino nel
patetico.
Pur avendo cercato
molto, non ho trovato nessuna traduzione italiana dei suoi scritti,
ecco perché vi propongo con piacere questa piccola storia ambientata
nella provincia americana negli anni della Grande Guerra.
Protagonista è il vecchio poliziotto Don Dorgan, burbero dal cuore
d'oro che “aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente”
al punto di farsi messaggero del contrastato amore fra Polo, figlio
di un fantino italiano, e Effie, figlia di un ebreo tedesco. I due
giovani diventano così una sorta di Giulietta e Romeo della piccola
provincia americana dove i contrasti fra i diversi gruppi etnici e
religiosi erano ancora forti e divisivi. Ma è anche una storia di
emarginati: quegli anziani soli che la società isola e dimentica,
proprio come capita al vecchio Dorgan, che una volta andato in
pensione, diventa il fantasma di sé stesso, e saranno proprio
l'amore per gli altri e l'orgoglio per il suo lavoro a dargli la
forza di reagire.
►The Ghost Patrol apparve
nella rivista The Red Book Magazine nel
giugno del 1917. Nel
1923 dal racconto fu tratto un film muto diretto da Nat Ross,
protagonisti Bessie Love e Ralph Graves. Il film, prodotto e
distribuito dalla Universal Pictures, è andato perso.
IL
PIEDIPIATTI FANTASMA
Sinclair
Lewis
Charlot poliziotto, 1917
Donald Patrick
Dorgan aveva prestato sevizio per ventiquattro anni nelle forze di
polizia di Northernapolis, e durante tutto quel periodo, meno cinque
anni, aveva pattugliato la zona di Forest Park. Don Dorgan avrebbe
potuto essere sergente, o perfino capitano, ma al quartier generale
avevano subito capito che aveva un debole per Forest Park. Perché di
là veniva la sua giovane moglie, e là aveva costruito la loro
casetta, là era morta sua moglie e là era stata seppellita. Era
stato un così grande sollievo nella ridda delle politiche del
dipartimento avere un uomo soddisfatto del suo lavoro, che i pezzi
grossi erano contenti di Dorgan e lo lasciavano là dove era, anno
dopo anno, a pattugliare Forest Park.
Perché Don Pat
Dorgan aveva l'immenso dono di amare la gente, tutta la gente. Molto
prima che a Northernapolis si fosse sentito parlare di criminologia,
Dorgan era convinto che il dovere di un poliziotto con i guanti e il
cuore puliti era quello di fare in modo che non ci fosse bisogno di
arrestare la gente. Discuteva con gli ubriachi per convincerli a
nascondersi in un vicolo a smaltire la sbornia dormendo. Quando li
arrestava era perché stavano tranquillamente barcollando verso casa
con l'intenzione di
picchiare le loro beneamate consorti. Qualunque vagabondo poteva
ricevere da Dorgan un nichelino insieme ad una mappa dei dormitori
pubblici. Agli attaccabrighe parlava con calma e li picchiava col
manganello dove faceva più male ma meno danni. Lungo il suo
percorso, i ragazzini potevano giocare a baseball, a patto che non
rompessero i vetri o si piazzassero davanti alle macchine. La tasca
della sua giubba era una miniera, là erano nascosti non solo i suoi
sandwich per lo spuntino notturno, il suo revolver e le manette e un
inserto a fumetti, ma anche un sacchetto di caramelle colorate e una
palla di gomma rossa.
Quando
il figlio della vedova Maclester incominciò a bere, fu Don Dorgan
che lo fece arruolare nella marina. Il lavoro di Don – la sua arte
– era fatto di queste cose. E la sua arte gli diede gioia quando
Kitty Silva si pentì e si mise a rigar dritto, quando Mickey
Connors, che Dorgan conosceva da quando era un orfano piagnucoloso,
divenne un dottore, con una grande insegna di vetro su cui era
scritto J. J. Connors – Dottore, e un'infermiera per ricevere i
poveretti che volevano vedere il grande dottor Connors!
C'erano
un ragazzo e una ragazza per cui Dorgan aveva una segreta preferenza
che trascendeva la benevolenza che sentiva per gli altri. Si trattava
di Polo Magenta, figlio di quel fantino italo-inglese-danese che era
morto per la cocaina, e di Effie Kugler, figlia di quel bottegaio
ebreo che conosceva il Talmud1
molto meglio di chiunque altro nel ghetto – la graziosa e morbida
Effie, capelli neri e occhi vivaci, un perfetto abbraccio per
chiunque.
Bessie Love (1898-1986) intrerpretò Effie
Polo
Magenta aveva la stoffa dell'uomo dentro di sé. Il ragazzo amava i
motori come suo padre aveva amato i cavalli. A quattordici anni,
quando morì suo padre, lavava le automobili nel garage di McManus, a
diciotto anni era uno dei più abili tassisti della città. A
diciannove anni, capitato nella salumeria di Kugler per comprare
salsicce e cracker per il pranzo di mezzogiorno, fu servito da Effie.
Da quel momento in poi la sera ciondolava davanti al negozietto,
finché il vecchio Kugler li guardò con disapprovazione – in
particolare Polo, il più bel ragazzo di Little Hell, elegante nella
sua divisa da chauffeur, la schiena dritta come il sergente inglese
che era stato suo nonno, i capelli chiari di un danese, nell'insieme
una figura militaresca, che parlava sottovoce ad Effie che arrossiva
dall'altra parte del bancone.
Kugler
si appostò alla porta e impedì a Polo di passare a pendere Effie
con la sua macchina. Così Effie divenne pallida per il desiderio di
vedere il suo ragazzo; Polo iniziò a bere burbon liscio, che non è
una cosa buona per un tassista che deve correre a per arrivare in
tempo alla stazione. Fece un incidente, una volta, tamponò appena il
paraurti di un'altra macchina, ma ancora un altro incidente del
genere, e la compagnia dei taxi lo avrebbe licenziato.
Allora
il piedipiatti Don Dorgan entrò in gioco. Decise che Polo Magenta
doveva sposare Effie. Disse a Polo che avrebbe portato alla ragazza
un suo messaggio, e mentre sceglieva con pignoleria gli affettati per
un sandwich, le sussurrò che Polo stava aspettando, nella sua auto,
nel vicolo vicino a Minnis Place. Ad alta voce gridò: “Vieni a
fare un giro dell'isolato con me, Effie, demonietto, se tuo padre te
lo permette. Mr. Kugler, non capita spesso che Don Dorgan inviti una
signora a passeggiare con lui, ma è primavera, e sapete com'è con
noi dannati piedipiatti. La ragazza pare proprio aver bisogno di una
boccata di aria fresca.”
“Dacorrdo,”
disse Kugler. “Puoi antare a fare un ciro con Mr. Dorgan, Effie, e
bada di torrnare prresto.”
Dorgan
si piazzò come un leone all'ingresso del vicolo dove, fuori dal suo
taxi, Polo Magenta stava aspettando. Quando sentì il grido con cui
Effie andò incontro al suo ragazzo, gli vennero in mente i pomeriggi
di tanto tempo prima quando lui e la sua innamorata si incontravano
nel viale fiancheggiato da aceri che una volta era al posto di quello
scrofoloso Minnis Place.
“Oh,
Polo, ero proprio morta, senza poterti più vedere.”
“Gesù,
fa male, bimba, alzarsi la mattina e sentirsi vuoti, sapendo che non
ti vedrò più. Potrei lanciare la macchina fuori strada e farla
finita, il mio cuore è così freddo senza di te.”
“Ehi,
abbiamo solo un paio di minuti. Ho un appuntamento per entrare in
società in un'officina a Thornwood Addition. Se riesco a combinare,
potremo filarcela e sposarci, e quando il tuo vecchio vedrà come mi
vanno bene gli affari...”
Dorgan
sentiva la voce di Polo farsi più vivace mentre parlava dei suoi
progetti per l'avvenire, quando ad una tratto si irrigidì e gli
venne male. Perché Kugler stava camminando lungo Minnis Place,
guardandosi intorno, curvo sotto il peso del sospetto. Dorgan non osò
voltarsi per avvertirli.
Dorgan
sorrise. “Di nuovo buona sera,” disse. “Abbiamo fatto proprio
una bella passeggiata, io e Effie. E' già tornata a casa?”
Si
era messo tra Kugler e l'ingresso del vicolo, le mani in vita e le
braccia larghe. Kugler si infilò sotto un braccio e vide Effie
insieme al suo innamorato, tutti e due seduti sul predellino della
macchina di Polo.
“Effie,
torna immediatamente a casa,” disse l'uomo. C'era una terribile ira
nella calma della sua vecchia voce.
Gli
innamorati si guardarono vergognosi e spaventati.
Dorgan
si avvicinò al gruppo con fare spavaldo. “Ascolti, Mr. Kugler:
Polo è un bravo ragazzo. Grossi vizi non ne ha. Mi ha promesso che
lascerà andare il bere. Non crede che sarà un buon marito per
Effie?”
“Mr.
Dorgan, per anni vi ho rispettato, ma... Effie, torna immediatamente
a casa,” disse Kugler.
“Oh,
che devo fare, Mr. Dorgan?” gemette Effie. “Devo fare quello che
vuole papà, o devo andar via con Polo?”
Dorgan
rispettava i diritti divini dell'amore, ma era anche un uomo
all'antica e rispettava i diritti dei genitori sui figli.
“Penso
che faresti meglio ad andare col tuo papà, Effie. Gli parlerò
io...”
“Sì,
voi gli parlerete, e tutti parleranno, e io sarò morto,” gridò il
giovane Polo. “Andatevene via, tutti quanti.”
Intanto
si era messo al volante, e stava facendo marcia indietro. Sparì come
un razzo oltre l'angolo. Dorgan seppe poi che Polo era stato
licenziato dalla compagnia dei taxi perché aveva superato i limiti
di velocità in mezzo al traffico e aveva rotto le luci posteriori di
un'altra macchina, poi aveva trovato un altro lavoro come autista
privato nei sobborghi della città, era stato licenziato per la sua
impudenza, aveva trovato un altro lavoro ed era stato arrestato per
aver preso una macchina per divertirsi insieme ad un gruppo di
giovinastri di Little Hell. Stava per essere processato per il furto
della macchina del suo principale.
Dorgan
spazzolò i suoi abiti da borghese, si fece fare un costoso taglio di
capelli e uno shampo e andò a trovare il datore di lavoro, che si
rifiutò di ascoltare la confusa difesa del ragazzo.
Dorgan
andò a trovare Polo in cella.
“Va
bene così,” disse Polo. “Sono contento di essere stato
pizzicato. Avevo bisogno di essere fermato. Stavo diventando uno
sballato, e se non ci avessero messo un freno, non so cosa avrei
combinato. Ora sto seduto qui a leggere e pensare, e sto di nuovo
bene. Esagero sempre quando faccio le cose, bere o comportarmi bene.
E ora ho intenzione di riflettere seriamente, e non mi dispiace di
avere la possibilità di starmene tranquillo.”
Dorgan
portò via un bigliettino in cui, con molti errori di ortografia e
altrettanta tenerezza, Polo mandava a Effie il suo giuramento di
amore eterno. Per consegnare quel bigliettino Dorgan ricorse ad una
bustarella e suo malgrado dovette intrufolarsi come un ladro in casa
d'altri.
Polo
fu condannato a tre ani di prigione, con l'accusa di furto aggravato.
Dorgan
continuò a tormentarli. Venne al quartier generale ancora e ancora,
finché diventò una seccatura, e il commissario rifiutò di vederlo.
Dorgan non era uno sciocco. Ritornò umiliato alla sua casetta e vi
rimase.
Per
due anni si accovacciò accanto al fuoco e lentamente diventò un
malinconico pazzo – faccia grigia, capelli grigi, il grigio
fantasma di sé stesso.
Di
tanto in tanto, durante i due anni di eremitaggio, Dorgan usciva per
far visita ai suoi vecchi vicini. Questi lo accolsero con affetto,
gli diedero da bere e gli raccontarono le ultime novità, ma non gli
chiesero consigli. Così era diventato un fantasma vivente prima che
fossero trascorsi due anni, e parlava con sé stesso ad alta voce.
Durante
quei due anni i corpi di polizia divennero forze metropolitane. Ci fu
un commissario nuovo fiammante, ispettori nuovi fiammanti, e divise
nuove fiammanti – un uniforme blu militare con un berretto e le
fasce per le gambe e una giubba sagomata. Quando vide quell'uniforme
per la prima volta, alla parata della polizia, Dorgan andò a casa e
staccò dal muro dietro la stufa una fotografia di dieci anni prima –
il corpo di polizia di quel periodo, orgogliosamente in posa sui
gradini di marmo del municipio. Sembravano tutti efficienti e
magnifici allora, ma – il suo animo sincero lo ammise –
sembravano dei poliziotti di campagna rispetto ai fuoriclasse di
oggi.
Patrolmen, 1907
Patrolmen, 1907
Andò
subito a tirar fuori dal baule di sequoia la sua uniforme, ma non
riuscì a convincersi ad indossare quell'informe giubba grigia e i
pantaloni, l'elmetto grigio e gli immacolati guanti bianchi. E
tuttavia quella presenza lo confortava, era la prova che, per quanto
sembrasse impossibile, quel vecchio eremita una volta era stato un
attivo membro della polizia.
Con
le sue grandi, tenere mani impacciate rammendò un buco in fondo ai
pantaloni e li ripiegò con cura prima di riporli. Tirò fuori il suo
sfollagente e il revolver e la stella tempestata di zaffiri che il
dipartimento gli aveva dato quando aveva salvato due vite nel crollo
dell'edificio Anthony. Li toccò a lungo e desiderò che gli fosse
permesso di portarli... Per tutta la notte, in sogno e nel
dormiveglia e nell'insonnia agitata, si rivedeva di nuovo a
pattugliare le strade, il padre della sua gente.
La
mattina dopo tirò fuori dal baule di sequoia la sua uniforme, il suo
sfollagente e la pistola e il distintivo e li appese nell'armadio,
dove li teneva quando non era di turno nei giorni del suo servizio
attivo. Fischiò allegramente e borbottò: “Gli farò vedere chi
sono i diavoli della decima strada, a quel branco di smidollati.”
Nelle
redazioni dei giornali iniziarono ad arrivare voci di un
“allarme-fantasma” a Forest Park. A mezzanotte un vecchio aveva
guardato fuori dalla finestra e aveva visto un uomo morto, con
indosso una vecchia uniforme, sospeso nel vuoto. Uno straniero,
mentre tornava al suo albergo, il Forest Arms, a circa dieci isolati
sopra Little Hell, alle due del mattino, si fermò a parlare con uno
strano poliziotto, la cui faccia egli descrisse come un turbine di
nebbia sul punto di bruciare, dagli occhi spettrali. Il poliziotto
gli aveva cortesemente indicato l'edificio su a Forest Park, e prima
di andar via aveva salutato, una figura eretta, in qualche modo
commovente. Più tardi lo straniero fu sorpreso di scoprire che
l'uniforme regolamentare era blu, non grigia.
Dopo
di loro ci furono dozzine di persone che videro il “Poliziotto
fantasma”, così il Chrinicle denominò l'apparizione,
alcuni gli parlarono, e sorprendentemente dissero che era grasso,
magro, alto, basso, vecchio, giovane, e fatto di nebbia, di ombra,
un'illusione ottica, e di carne e ossa come tutti.
Poi
scoppiò uno scandalo in società e una guerra straniera, e le storie
sul poliziotto fantasma furono dimenticate. Una sera all'inizio
dell'estate la voce agitata di una donna telefonò al quartier
generale dalla zona residenziale di Forest Park, dicendo che aveva
visto un ladro entrare attraverso la finestra della casa vicino, che
era chiusa per la stagione. Il capo in persona prese sei robusti
poliziotti nella sua macchina e filarono rombando fino a Forest Park
e circondarono la casa. La proprietaria della voce agitata uscì
fuori per informare il capo che appena aveva finito di telefonare,
aveva visto un'altra figura strisciare attraverso la finestra dietro
al ladro. Le era sembrato che la seconda figura avesse un revolver e
uno sfollagente.
Così
il capo e il suo vice strisciarono con nonchalance attraverso una
finestra indiscutibilmente aperta che si apriva sulla dispensa al
lato della casa. Le loro torce elettriche illuminarono il disastro
che c'era in sala da pranzo – vetri rotti dappertutto, i cassetti
del buffet sul pavimento, le tende strappate via. Esclamarono: “Che
disastro!” e gridarono: “Vieni fuori, chiunque tu sia. La casa è
circondata. Kendall, ci sei? Lo hai preso?”
C'era
un silenzio spettrale, come se qualcuno stesse respirando in preda al
terrore, un silenzio più denso e carico di ansia della semplice
assenza di suono. Entrarono in punta di piedi nel soggiorno, dove,
legato al divano, c'era un ben noto personaggio, Butte Benny.
“Dio
buono. Capo,” gemette, “portatemi fuori da qui. 'Sto posto è
infestato. Un maledetto fantasma è venuto, m'ha afferrato e m'ha
legato. Gesù, lo giuro, era proprio un morto, e era vestito come un
vecchio piedipiatti, e non ha detto una parola. Ho provato a lottare,
ma me le ha date; oh mamma. Capo, me n'ha date tante, tante, ma era
morto come il povero nonno mio, ci potevi vedere la luce attraverso.
Usciamo – arrestatemi e vi firmo la confessione. Datemi una bella
celletta, così stò al sicuro!”
“E'
l'opera di qualche poliziotto dilettante che vuol tenere le mani in
pasta. Altro che fantasma!” disse il capo. Ma si sentì gelare e
non poté fare a meno di guardarsi intorno alla ricerca dello
sconosciuto.
“Usciamo
da qui. Capo,” disse il tenente Saxon, il più coraggioso dei sei
forzuti, e messo Butte Benny in mezzo a loro, filarono via dalla
porta d'ingresso, lasciando ancora aperta la finestra della dispensa!
Non ammanettarono Benny. Non c'era pericolo di perderlo!
Quando
la piccolina di Simmons, l'idraulico di Little Hell, si perse, due
uomini videro distintamente una figura dal volto grigio con un
elmetto da poliziotto dei tempi andati condurre per mano la bambina
smarrita attraverso stradine secondarie poco frequentate. Provarono a
seguirlo, ma la misteriosa figura conosceva le scappatoie molto
meglio di loro, e andarono a riferirlo alla stazione di polizia. Nel
frattempo qualcuno suonò il campanello di Simmons, e Simmons trovò
sua figlia sullo zerbino, in lacrime ma sana e salva. Nella mano,
stringeva con forza il guanto bianco di un poliziotto.
Pieno
di gratitudine, Simmons portò il guanto al distretto di polizia. Era
un guanto d'ordinanza, era stato rammendato con cotone bianco fino
quasi a ricoprire il tessuto originale con piccoli punti inesperti,
era stato sbiancato con argilla bianca fine, e da una macchiolina
scura si capiva che doveva essere stato stirato con un ferro troppo
caldo. All'interno c'era una scritta, impressa con un timbro di
gomma: Dorgan, pattugliatore, nono distretto. Il capo portò il
guanto al commissario, e fra questi due uomini duri e bruschi ci fu
un pietoso silenzio carico di rispetto.
“Dovremo
prenderci cura del vecchio,” disse infine il capo.
Un
investigatore fu messo alle calcagne del poliziotto fantasma. Il
detective vide Dorgan uscire dalla sua casetta alle tre del mattino,
stiracchiare le sue lunghe braccia, annusare l'umidità del primo
mattino, sorridere come farebbe un uomo quando sta per ricominciare
il lavoro che ama. Aveva una postura eretta, la sua vecchia uniforme
spazzolata a dovere, il colletto immacolato, sulle mani aveva un
solo guanto. Si guardò a destra e a sinistra, sgattaiolò in un
vicolo, si inoltrò nelle tenebre, con passi così veloci e
silenziosi che la sua ombra quasi non riusciva a stargli dietro. Si
fermò vicino ad una persiana lasciata aperta, e la richiuse
spingendola con il lungo sfollagente di una volta. Quindi si avviò
verso casa e rientrò.
Il
giorno dopo il capo, il commissario e un autonominato comitato di
ispettori e capitani andarono a far visita a Don Dorgan nella sua
casetta. Il vecchio aveva un aspetto trascurato, nella sua camicia di
flanella col collo aperto, e un paio di pantofole scalcagnate.
Tuttavia, quando arrivarono Dorgan si tirò su e li affrontò come un
vecchio soldato chiamato a fare il suo dovere. I dignitari sedettero
imbarazzati, mentre il commissario tentò di spiegare che i pezzi
grossi avevano saputo che Dorgan era rimasto solo e che,
ufficiosamente, il fondo del dipartimento aveva deciso di mandarlo
nella clinica privata per anziani e malati mentali del Dr. Bristow –
che lui eufemisticamente chiamò “la casa di Doc Bristow.”
“No,”
disse Dorgan “Quello è un manicomio privato. Non ci voglio andare.
Forse hanno delle stanze accoglienti, ma non voglio essere messo
insieme ad un mucchio di svitati.”
Alla
fine, dovettero dirgli che stava spaventando il quartiere con la sua
ronda fantasma e lo avvisarono che se non la smetteva avrebbero
dovuto rinchiuderlo da qualche parte.
“Ma
io devo andare di pattuglia!” disse. “I miei ragazzi e le mie
ragazze qui, hanno bisogno che gli stia dietro. Mi siedo qui e
ascolto... le voci, lo giuro, e mi ordinano di uscire di
ronda...Mettetemi in quel manicomio. Mi sa che è meglio. Ehi, dite a
Doc Bristow di non provare a fare scherzi con me, ma di lasciarmi
stare, o gliele suono, picchio ancora come una recluta, davvero.
Capo.”
L'imbarazzato
comitato lasciò il capitano Lucetti con lui, per chiudere la casa
del vecchio e portarlo in taxi alla clinica. Il capitano suggerì di
lasciar stare l'uniforme. Il dottor Davis Bristow era un uomo
coscienzioso ma irritabile che aveva bisogno di un supporto
psicologico più dei suoi pazienti. Il capo gli aveva aveva inculcato
un sacro terrore, e trattò Dorgan con rispetto fin dal primo
momento.
Il
capo aveva premurosamente predisposto che Dorgan dovesse “riposare”,
che non gli si dovesse assegnare alcun lavoro nella fattoria, e per
tutto il giorno Dorgan non aveva niente da fare se non far finta di
leggere e preoccuparsi dei suoi ragazzi.
Da
quando era andato in pensione, due poliziotti erano stati
successivamente assegnati a fare il suo giro, e l'ultimo, sebbene
fosse un bravo ufficiale, proveniva da un contesto sociale
rispettabile e non poteva capire la rozza scontrosità di Little
Hell. Dorgan era certo che non stesse badando a dissuadere con le
buone Matty Carlson dal suo periodico desiderio di fuggire dal suo
decente e paziente marito.
Così
una notte, in preda all'ansia, Dorgan si calò giù dalla finestra e
fuggì, strisciando, inciampando e borbottando attraverso i sobborghi
intorno a Little Hell. Ma non aveva più il suo vecchio istinto per
tenere nascosto il suo segreto pattugliamento. Un poliziotto lo vide,
in abiti civili, barcollare lungo il suo vecchio giro di
perlustrazione, controllando le porte e borbottando fra sé e sé. E
quando lo misero nell'ambulanza e lo riportarono alla clinica, pianse
e li supplicò di farlo ritornare al suo lavoro.
Il
dottor Bristow telefonò al capo della polizia, chiedendogli il
permesso di far lavorare Dorgan nel giardino.
Quella
fu certamente una buona cosa. Infatti, per tutto il resto
dell'estate, negli estesi giardini, e per metà inverno, nella serra,
Dorgan zappò, sudò e imparò i nomi dei fiori. Ma all'inizio di
Gennaio incominciò a preoccuparsi di nuovo. Disse al superiore che
aveva calcolato che, grazie alla buona condotta, Polo Magenta avrebbe
dovuto essere fuori dalla galera adesso, e aveva bisogno di qualcuno
che si prendesse cura di lui. “Sì, sì... bene. Sono occupato, me
ne parlerai un'altra volta,” borbottò il dottor Bristow, “ma in
questo momento ho molto da fare.”
Un
giorno di metà gennaio, Dorgan andò in giro per tutto il giorno con
aria preoccupata, e divenne ancora più preoccupato quando una
bufera avvolse il mondo in una fitta cortina di neve. Si ritirò in
camera sua la sera presto. Un'infermiera venne a portar via le scarpe
e il cappotto. Ma una volta rimasto solo, strappò con cura le
lenzuola e ne fece delle strisce con cui avvolse le sue leggere
pantofole. Infilò dei giornali e un pezzo di lenzuolo tra la
canottiera e la camicia. Scovò il suo cappello da giardiniere più
pesante. Sollevò la finestra senza far rumore. Con il suo grande
pugno fece saltare le fragili sbarre di legno. Salì sul davanzale e
si calò giù nella tormenta e attraversò il prato.
Con
la sua magra figura infagottata, le mani affondate nelle tasche della
giacca, i grandi piedi che si muovevano lentamente, senza esitazione,
in quella specie di mocassini fatti di stoffa e pantofole leggere,
avanzò nella neve fino alla strada e poi giù fino a Little Hell.
Don
Dorgan sapeva che la bufera avrebbe impedito alle autorità della
clinica di rintracciarlo per uno o due giorni, ma sapeva anche che ne
poteva essere sopraffatto. Svoltò in una serie di stradine e trovò
una stalla con accanto un furgone per le consegne bloccato dalla
neve. Andò nella stalla a prender un po' di paglia e, una volta nel
furgone, se la mise addosso e cadde subito addormentato.
Quando
si svegliò il pomeriggio seguente, la tempesta era cessata e poté
proseguire.
Arrivò
alla periferia di Little Hell. Sgattaiolando attraverso viuzze
secondarie, entrò nel retro dell'officina di McManus che si trovava
nella zona malfamata.
McManus,
il capo, stava mettendo le sue automobili fuori nelle ultime folate
della tempesta, dal momento che il servizio dei tram era ancora
sospeso e le macchine andavano a ruba. Quando vide Dorgana Gridò:
“Salve, Don. Da dove sbuchi? Sono sei mesi che non ti vedo. Pensavo
che te la stavi spassando in qualche casa per anziani.”
“No,”
disse Dorgan, con una serietà che non lasciava spazio a
spiritosaggini, “Sono un... una specie di guardiano. Ehi, è vero
quello che ho sentito, che il giovane Magenta è uscito di prigione?”
“Sì,
il lazzarone. Ho sempre detto che era un poco di buono, quando
lavorava qui, e...”
“Cosa
ne è stato?”
“Ha
avuto la faccia tosta di venire qui quando è uscito, a cercare
lavoro; forse era in cerca di un altro po' di macchine da fracassare!
Ho sentito che lava le locomotive all'officina delle ferrovie. Un
lavoro duro, ma quello che ci vuole per uno della sua razza. Ehi,
Don, le cose vanno male da quando te ne sei andato, che ne dici di
questi sporchi agitatori che fanno propaganda per il
proibizionismo2...”
“Bah,”
disse Dorgan, “devo andare, John.”
Tre
uomini dalla maniere brusche e dal pessimo carattere buttarono Dorgan
fuori da tre diversi ingressi dell'officina delle ferrovie, ma egli
si nascose nel tender di una locomotiva e vide Polo Magenta al
lavoro, a strofinare gli ottoni, o meglio l'ombra di Polo Magenta.
Era magro, gli occhi grandi e accesi. Appena vide Dorgan, saltò su e
gli andò incontro.
“Vecchio...
accidenti... figlio di buona donna.”
“Proprio
io! Beh, come ti va?”
“Da
schifo.”
“Come
mai?”
“Oh,
la solita vecchia storia. Chi sbaglia una volta è fregato per
sempre. Il direttore mi dà dei buoni consigli, e io penso di aver
pagato per le sciocchezze che ho fatto da ragazzo, e riprendo la
strada per Little Hell con due dollari e un sacco di buone intenzioni
e... mi hanno visto arrivare. I delinquenti sono stati gli unici a
darmi il ben venuto. McManus mi ha offerto un lavoro, in pratica fare
l'autista della mala. Ho rifiutato e mi sono messo a cercare un
lavoro decente, che però non stava aspettando me. Al tuo posto c'è
un nuovo piedipiatti. Proprio un cuor d'oro. Mi prende da parte e mi
dà la sorprendente notizia che sono un avanzo di galera senza
speranza, e che mi sta addosso... capisci, e se strangolo qualche
vecchietta o bastono qualche bamboccio, lui sarà lì con le
manette... capisci! così è meglio se lascio perdere la mia
carriera di assassino.
“Trovo
da lavorare dalle parti di Milldale, come autista di camion, e quello
gli viene a dire che sono un falsario e un incendiario e non so
cos'altro, e quelli mi mandano via... con qualche buon consiglio. Lo
stesso con gli altri lavori.”
“Effie?”
“Non
l'ho ancora vista. Però, vecchio, ho ricevuto una sua lettera che
per me è la cosa più importante... dice che mi resterà fedele
finché il padre crepa e poi verrà da me anche attraverso il fuoco.
Ce l'ho qui... mi impedisce di diventare matto. E una sua fotografia.
Vedi, avevo progettato di entrare di nascosto per vederla prima che
il suo vecchio venisse a sapere che ero fuori di gattabuia, ma il
poliziotto di cui ti parlavo avvisa Kugler, e quello si siede sulla
soglia di casa con il suo moschetto dei tempi della rivoluzione
caricato con chiodi per ferro di cavallo e ghiaia, e così...
capisci? Ma riesco a farle arrivare una lettera attraverso uno dei
ragazzi.”
“Bene,
cosa hai intenzione di fare?”
“Mah... Non c'è nessuno che sta dietro a noi
ragazzi, da quando sei fuori servizio. Vecchio.”
“Non sono fuori servizio! Farai quello che ti
dico?”
“Sicuro.”
“Allora ascolta: devi ricominciare proprio qui a
Northernapolis, come stai facendo, e rifarti una vita. Non sei stato
condannato a tre anni ma a sei, gli ultimi tre qui, a convincere la
gente a fidarsi di nuovo di te. Non è giusto, ma è così. Capisci?
In prigione hai resistito perché c'erano le sbarre a trattenerti.
Sei abbastanza uomo da costruirti le tue sbarre, invece di fartele
affibbiare?
“Forse.”
“Lo
sei! Sai bene com'è la prigione – non puoi mica sceglierti la
cella o il lavoro. Allora ascolta: io non me la passo male, per un
piedipiatti - un po' di risparmi e la pensione. Mettiamoci in società
in una bella officina, e facciamo concorrenza a John McManus – è
un imbroglione, e lo facciamo chiudere. Ma devi essere pronto ad
aspettare, questa è la cosa più difficile. Ci stai?”
“Sì.”
“Quando
hai finito qui, incontriamoci nell'atrio posteriore del casinò di
Mullin. Ti saluto, ragazzo.”
“Ci
vediamo. Vecchio.”
Quando
Polo lo raggiunse nell'atrio posteriore del casinò di Mullins,
Dorgan gli chiese: “Pensavo: hai parlato col vecchio Kugler?”
“Manco
l'ho guardato. Vecchio. Ho già abbastanza guai senza andare a
cercarne altri. Sto diventando diplomatico.”
“Pensavo.
A volte la cosa più diplomatica che un uomo può fare è quella di
andare dritto al punto e cogliere tutti di sorpresa. Andiamo.”
Arrivarono
al negozio di Kugler, senza parlare ne tremare, e la faccia di
Dorgan era impassibile, come si addice ad un piedipiatti, mentre
spalancava la porte e gridava “Buona sera!” ad un inorridito
vecchio sapiente ebreo e alla ragazza. Don Dorgan poggiò le mani sul
bancone e iniziò a parlare.“Kugler,” disse, “ora tu mi
ascolti, perché se non lo fai, ti sfascio il negozio. Tu hai
distrutto quattro vite. Ostacolando un amore buono e puro, hai
trasformato questo ragazzo in un criminale, e ora hai deciso che tale
deve restare. Hai sistemato Effie allo stesso modo – guarda lo
struggimento nel volto di quella colombella! Hai fatto di me un
vecchio infelice. Hai reso te stesso, che sei una persona buona e
onesta, infelice mettendoti in contrasto con il tuo stesso sangue.
Qualcuno dice che sono andato fuori di testa, ma so di essere andato
oltre, là dove tutti capiscono e perdonano tutto – e ho imparato
che è più difficile essere cattivi che buoni, che tu hai dovuto
faticare di più per renderci tutti infelici di quanto avresti dovuto
per renderci tutti felici.”
L'alta
figura di Dorgan, così magra e trasandata, sembrò crescere fino a
riempire il negozio, la sua voce rimbombava e i suoi occhi brillavano
di una volontà che sembrava incrollabile.
Quel
tiranno di Kugler era senza parole, e ascoltava con rispetto mentre
Dorgan continuava, con più gentilezza: “Tu sei un uomo retto tra i
peccatori, ma questo ti porta a pensare che devi avere sempre
ragione. Hai forse intenzione di ucciderci tutti solo per provare che
non hai mai torto? Uomo, bada, questa è una cosa diabolica da farsi.
E quanto sarebbe più semplice cedere, per una volta, ammettere
questo povero ragazzo nella tua casa a quel calore che tanto
desidera, mentre la tempesta infuria intorno a lui e tutti gli sono
contro. Guarda, guarda quei poveri bravi ragazzi!”
Kugler guardò e vide Polo e Effie – ancora separati dal freddo
marmo del bancone - con le mani strette su di esso e gli occhi che
si fissavano con assoluta innocenza.
“Bene..”
disse Kugler malinconicamente.
“Finalmente!”
Disse Dorgan il poliziotto. “Bene, devo riprendere il mio giro...
alla clinica... Ci sono un po' di cose che devo tenere d'occhio là.”
FINE
1
Accanto alla Bibbia, il Talmud (che significa "insegnamento")
è il grande libro sacro dell'Ebraismo
2 Con
il termine proibizionismo s'intende per antonomasia il periodo fra
il 1919 e il 1933 in cui negli Stati Uniti, tramite il XVIII
emendamento e il Volstead Act, venne sancito il bando sulla
fabbricazione, vendita, importazione e trasporto di alcool; il
proibizionismo in questo senso è conosciuto anche come The Noble
Experiment.
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