domenica 25 gennaio 2015

La storia di Mimi-nashi-Hoichi


UN AMERICANO ALLA CORTE DEL SOL LEVANTE





“Lafcadio Hearn, strange, wandering, and exotic” così lo definisce H.P. Lovecraft nel suo famoso saggio “Supernatural Horror in Literature” (1927). E sicuramente questi tre aggettivi ben descrivono la vita avventurosa e lo stile di questo autore ormai quasi dimenticato, ma che fu un importante mediatore tra la cultura occidentale e quella giapponese. Morì nel settembre del 1904, alla vigilia del conflitto tra Russia e Giappone per il controllo della Manciuria e della Corea, e che si concluse nel 1905 con una delle prime vittorie dell'era moderna di una nazione asiatica su una europea: il Giappone rafforzò così il suo prestigio e cominciò ad essere considerato una grande potenza moderna.


Ma questo vagabondo delle isole non fu attratto dalla modernità, bensì da quel Giappone che stava ormai sparendo tra le ombre - avendo sempre preferito le ombre alla luce – e vi si tuffò dentro, crogiolandosi nell'illusione che quello fosse il “vero” Giappone.


Fu in un'isola greca, Leucade (Lefkada, da cui il suo nome), che nel 1850 venne al mondo, figlio di un ufficiale irlandese dell'esercito inglese e di una donna greca. A sei anni si trasferì in Irlanda, dove ricevette un'educazione piuttosto casuale. A diciannove anni - dopo una breve e spasmodica esperienza educativa in Inghilterra e Francia - fu spedito negli Stati Uniti, e qui, dopo un periodo di grande indigenza, il suo talento gli permise di diventare un affermato giornalista, particolarmente affascinato da storie “fuori dall'ordinario.” I suoi articoli di cronaca nera, pieni di dettagli raccapriccianti, erano letteralmente divorati dai suoi lettori.


Nel 1889 fu inviato in Giappone come giornalista corrispondente. Qui Hearn si sentì finalmente a casa e trovò la sua più grande ispirazione. Lavorò come insegnante di letteratura inglese e sposò Setsu Koizumi, la figlia di una famiglia di samurai, diventando un Giapponese naturalizzato con il nome di Koizumi Yakumo.


Il suo periodo più prolifico fu tra il 1896 e il 1903. In questo periodo scrisse sui costumi, la religione e la letteratura del Giappone e tradusse in un inglese fluido e allusivo storie e leggende del folklore nipponico - Exotics and Retrospective (1898), In Ghostly Japan (1899), Shadowings (1900), A Japanese Miscellany (1901), Kottó:Being Japanese Curios, with Sundry Cobwebs (1902).


Nel 1904 pubblicò Kwaidan, una raccolta di storie soprannaturali, da cui è tratto il racconto che ho tradotto per voi: LA STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI, sulle disavventure di un povero cantore cieco narrate in uno stile sospeso tra horror, dettagli splatter e macabra comicità. Nel 1965 fu girato il film Kwaidan, ispirato a quattro dei racconti contenuti nel libro - inclusa la storia di Hoichi - che fu molto apprezzato dalla critica.


Il suo ultimo e più conosciuto libro, Japan, an Attempt at an Interpretation (1904) , contiene una serie di lezioni che avrebbe dovuto tenere per la Cornell University (N.Y.), ma Hearn morì prima di poter ritornare negli States. Questi scritti rappresentano una presa di distanza dalla sua prima e idealizzata visione del Giappone e gli diedero una nuova e drammatica notorietà durante la seconda guerra mondiale.


LIBRI CONSIGLIATI:

Centouno storie zen
cur. Senzaki N., Reps P., 1973, Adelphi

Poesie. Haiku e scritti poetici. Testo giapponese a fronte
Bashô Matsuo, cur. Muramatsu M., 2008, La Vita Felice

Kokoro. Il cuore della vita giapponese
Hearn Lafcadio, 2013, Luni Editrice

Nel Giappone spettrale
Hearn Lafcadio, cur. Rovagnati G., 1991, Tranchida

Il bambino che disegnava gatti-The boy who drew cats
Hearn Lafcadio, 1992, Ugo Mursia Editor










LA STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI

Lafgadio Hearn








Più di settecento anni fa, a Dan-no-ura, negli stretti di Shimonoseki, fu combattuta l'ultima battaglia del lungo conflitto tra il clan degli Heike, o Taira, e quello degli Genji, o Minamoto*.
In quella battaglia il clan degli Heike fu completamente annientato, insieme alle loro donne e ai loro figli, e al loro imperatore bambino – ora ricordato col nome di Antoku Tenno*. E quel mare e quella spiaggia sono stati infestati da fantasmi per settecento anni... In un altro scritto vi ho raccontato degli strani granchi che si trovano lì, chiamati granchi Heike, che hanno un volto umano sul dorso, e si dice che siano gli spiriti dei guerrieri Heike1. Ma lungo la costa si possono vedere e sentire molte cose strane. Nelle notti senza luna, migliaia di fuochi fatui aleggiano sulla spiaggia, o fluttuano sulle onde, - pallide luci che i pescatori chiamano Oni-bi, o fuochi demoniaci; e, ogni qual volta i venti si levano, dal mare arriva il suono di forti urla, simile al clamore di una battaglia.
Negli anni passati gli Heike erano molto più irrequieti di oggi. Circondavano le navi che passavano di notte e cercavano di affondarle, e a tutte le ore erano a caccia di nuotatori, per tirarli giù. Fu proprio allo scopo di placare quei morti che il tempio buddista, Amidaji, fu eretto a Akamagaseki. Di fianco fu costruito anche un cimitero, vicino alla spiaggia, e dentro vi furono innalzati monumenti su cui vennero scritti i nomi dell'imperatore annegato e dei suoi grandi vassalli, e cerimonie buddiste vi vfurono regolarmente officiate, in onore dei loro spiriti. Dopo che il tempio fu costruito e le tombe erette, gli Heike diedero meno problemi di prima; ma di tanto in tanto continuarono a fare cose strane, a riprova che non avevano trovato la pace perfetta.






venerdì 2 gennaio 2015

Wakefield


L'occhio indiscreto



Di Nathaniel Hawthorne (Salem, 4 luglio 1804 – Plymouth, 19 maggio 1864) ricordiamo soprattutto i grandi romanzi, La lettera scarlatta (1850), La casa dei sette abbaini (1851), ambientati nel New England puritano dei padri fondatori, dove una natura misteriosa e selvaggia ridestava negli abitanti dei primi avamposti urbani turbamenti creduti ormai sconfitti dalla civiltà e dalla fede religiosa. E in nome di quella fede molti roghi furono accesi a Salem. Hawthorne ricostruisce quelle atmosfere di paura e straniamento, voglia di vivere e senso di colpa, attraverso allegorie e simboli possenti, come la “A” che la protagonista de La lettera scarlatta è costretta a portare per denunciare il suo peccato di adulterio e che finisce per diventare il simbolo della sua vittoria sulla morale puritana della comunità.


Questa eterna lotta tra bene e male, carne e anima, colpa e rimorso la ritroviamo anche in molti dei suoi racconti, tra i più conosciuti al pubblico italiano: Il velo nero del pastore (1836), La figlia di Rappaccini (1844), La voglia (1843).

Un posto a parte occupa il racconto che vi sto per proporre: Wakefield, pubblicato per la prima volta nel 1837 in Twice-told Tales (una raccolta italiana, curata da Eugenio Montale, è stata edita da Bompiani e porta il titolo Wakefield e altri racconti). Qui lo sguardo dell'autore non è più rivolto al passato, ma alla nascente società di massa, frutto dell'era industriale che ebbe le sue origini in Inghilterra. E non a caso il racconto è ambientato a Londra. Come più tardi Poe ne L'uomo della folla (1840), Hawthorne indaga la solitudine e la perdita di identità dell'uomo contemporaneo: egli non è più faber fortunae suae, e l'unico ruolo a cui può aspirare è quello dello spettatore. Ed è così che l'attempato Mr. Wakefield, considerato da tutti uomo abitudinario e privo di immaginazione “col pretesto di fare un viaggio, prese alloggio nella strada vicino alla sua casa, e lì abitò, per oltre vent'anni, all'insaputa di sua moglie e dei suoi amici, e senza nessuna apparente ragione per quell'esilio volontario.” In tutto questo tempo Wakefield andrà tutti i giorni a spiare la sua casa e la devota Mrs. Wakefield, ritornerà solo quando si renderà conto della pericolosità di quello che considerava solo una “burla da nienteai danni della consorte e che invece ha finito per stravolgere la sua vita fin quasi ad annientarlo. Rinunciando al suo ruolo sociale, egli ha rinunciato anche alla propria identità, rischiando di essere per sempre escluso dal suo mondo. Un attimo prima dell'annientamento totale, egli fa un passo indietro, al contrario di Bartleby, lo scrivano di Wall Street, nell'omonimo racconto di Melville (Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street, 1853). Altro personaggio emblematico della società contemporanea che persisterà nel suo mite rifiuto: "I would prefer not to" fino all'annientamento morale, sociale e fisico. Perché, come ha lucidamente intuito Hawthorne, “Nell'apparente confusione del nostro misterioso mondo, gli individui sono così ben adattati ad un sistema, e i sistemi gli uni agli altri e al tutto, che, allontanandosene solo per un istante, un uomo si espone al terribile rischio di perdere il suo posto per sempre. Come Wakefield, egli potrebbe diventare, per così dire, il paria dell'universo.



Libri consigliati:

Tutti i racconti, Hawthorne Nathaniel, cur. Antonelli S., Tattoni I., 2013, Feltrinelli
La lettera scarlatta, Hawthorne Nathaniel, 2007, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
La casa dei sette abbaini, Hawthorne Nathaniel, cur. Gebbia A., 2014, Gargoyle
Bartleby. Benito Cereno, Melville Herman, cur. Pirè, L., 2014, Giunti Editore
Tutti i racconti del mistero, dell'incubo e del terrore. Ediz. integrale
Poe Edgar A., 2014, Newton Compton


Le illustrazioni sono tratte da: Wakefield di Ana Juan, testo di Nathaniel Hawthorne
Nordica libros (testo bilingue inglese-spagnolo)










Wakefield





In qualche vecchia rivista o quotidiano ricordo di aver letto la storia, data per vera, di un uomo – chiamiamolo pure Wakefield – che si assentò per lungo tempo da sua moglie. Il fatto – messo in questi termini astratti – non è molto insolito, né – senza un'accurata analisi delle circostanze – può essere condannato come malvagio o insensato. Tuttavia, questo, lungi dall'essere il più grave, è forse il più strano caso mai riportato di reato matrimoniale; e, soprattutto, un'eccezionale bizzarria fra tutte quelle che si possono trovare nella lista delle stranezze umane.