domenica 25 gennaio 2015

La storia di Mimi-nashi-Hoichi


UN AMERICANO ALLA CORTE DEL SOL LEVANTE





“Lafcadio Hearn, strange, wandering, and exotic” così lo definisce H.P. Lovecraft nel suo famoso saggio “Supernatural Horror in Literature” (1927). E sicuramente questi tre aggettivi ben descrivono la vita avventurosa e lo stile di questo autore ormai quasi dimenticato, ma che fu un importante mediatore tra la cultura occidentale e quella giapponese. Morì nel settembre del 1904, alla vigilia del conflitto tra Russia e Giappone per il controllo della Manciuria e della Corea, e che si concluse nel 1905 con una delle prime vittorie dell'era moderna di una nazione asiatica su una europea: il Giappone rafforzò così il suo prestigio e cominciò ad essere considerato una grande potenza moderna.


Ma questo vagabondo delle isole non fu attratto dalla modernità, bensì da quel Giappone che stava ormai sparendo tra le ombre - avendo sempre preferito le ombre alla luce – e vi si tuffò dentro, crogiolandosi nell'illusione che quello fosse il “vero” Giappone.


Fu in un'isola greca, Leucade (Lefkada, da cui il suo nome), che nel 1850 venne al mondo, figlio di un ufficiale irlandese dell'esercito inglese e di una donna greca. A sei anni si trasferì in Irlanda, dove ricevette un'educazione piuttosto casuale. A diciannove anni - dopo una breve e spasmodica esperienza educativa in Inghilterra e Francia - fu spedito negli Stati Uniti, e qui, dopo un periodo di grande indigenza, il suo talento gli permise di diventare un affermato giornalista, particolarmente affascinato da storie “fuori dall'ordinario.” I suoi articoli di cronaca nera, pieni di dettagli raccapriccianti, erano letteralmente divorati dai suoi lettori.


Nel 1889 fu inviato in Giappone come giornalista corrispondente. Qui Hearn si sentì finalmente a casa e trovò la sua più grande ispirazione. Lavorò come insegnante di letteratura inglese e sposò Setsu Koizumi, la figlia di una famiglia di samurai, diventando un Giapponese naturalizzato con il nome di Koizumi Yakumo.


Il suo periodo più prolifico fu tra il 1896 e il 1903. In questo periodo scrisse sui costumi, la religione e la letteratura del Giappone e tradusse in un inglese fluido e allusivo storie e leggende del folklore nipponico - Exotics and Retrospective (1898), In Ghostly Japan (1899), Shadowings (1900), A Japanese Miscellany (1901), Kottó:Being Japanese Curios, with Sundry Cobwebs (1902).


Nel 1904 pubblicò Kwaidan, una raccolta di storie soprannaturali, da cui è tratto il racconto che ho tradotto per voi: LA STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI, sulle disavventure di un povero cantore cieco narrate in uno stile sospeso tra horror, dettagli splatter e macabra comicità. Nel 1965 fu girato il film Kwaidan, ispirato a quattro dei racconti contenuti nel libro - inclusa la storia di Hoichi - che fu molto apprezzato dalla critica.


Il suo ultimo e più conosciuto libro, Japan, an Attempt at an Interpretation (1904) , contiene una serie di lezioni che avrebbe dovuto tenere per la Cornell University (N.Y.), ma Hearn morì prima di poter ritornare negli States. Questi scritti rappresentano una presa di distanza dalla sua prima e idealizzata visione del Giappone e gli diedero una nuova e drammatica notorietà durante la seconda guerra mondiale.


LIBRI CONSIGLIATI:

Centouno storie zen
cur. Senzaki N., Reps P., 1973, Adelphi

Poesie. Haiku e scritti poetici. Testo giapponese a fronte
Bashô Matsuo, cur. Muramatsu M., 2008, La Vita Felice

Kokoro. Il cuore della vita giapponese
Hearn Lafcadio, 2013, Luni Editrice

Nel Giappone spettrale
Hearn Lafcadio, cur. Rovagnati G., 1991, Tranchida

Il bambino che disegnava gatti-The boy who drew cats
Hearn Lafcadio, 1992, Ugo Mursia Editor










LA STORIA DI MIMI-NASHI-HOICHI

Lafgadio Hearn








Più di settecento anni fa, a Dan-no-ura, negli stretti di Shimonoseki, fu combattuta l'ultima battaglia del lungo conflitto tra il clan degli Heike, o Taira, e quello degli Genji, o Minamoto*.
In quella battaglia il clan degli Heike fu completamente annientato, insieme alle loro donne e ai loro figli, e al loro imperatore bambino – ora ricordato col nome di Antoku Tenno*. E quel mare e quella spiaggia sono stati infestati da fantasmi per settecento anni... In un altro scritto vi ho raccontato degli strani granchi che si trovano lì, chiamati granchi Heike, che hanno un volto umano sul dorso, e si dice che siano gli spiriti dei guerrieri Heike1. Ma lungo la costa si possono vedere e sentire molte cose strane. Nelle notti senza luna, migliaia di fuochi fatui aleggiano sulla spiaggia, o fluttuano sulle onde, - pallide luci che i pescatori chiamano Oni-bi, o fuochi demoniaci; e, ogni qual volta i venti si levano, dal mare arriva il suono di forti urla, simile al clamore di una battaglia.
Negli anni passati gli Heike erano molto più irrequieti di oggi. Circondavano le navi che passavano di notte e cercavano di affondarle, e a tutte le ore erano a caccia di nuotatori, per tirarli giù. Fu proprio allo scopo di placare quei morti che il tempio buddista, Amidaji, fu eretto a Akamagaseki. Di fianco fu costruito anche un cimitero, vicino alla spiaggia, e dentro vi furono innalzati monumenti su cui vennero scritti i nomi dell'imperatore annegato e dei suoi grandi vassalli, e cerimonie buddiste vi vfurono regolarmente officiate, in onore dei loro spiriti. Dopo che il tempio fu costruito e le tombe erette, gli Heike diedero meno problemi di prima; ma di tanto in tanto continuarono a fare cose strane, a riprova che non avevano trovato la pace perfetta.







Alcuni secoli fa viveva ad Akamagaseki un cieco di nome Hoichi, che era famoso per la sua bravura nella recitazione e nel suonare il biwa2. Era stato educato a recitare e a suonare fin da bambino, e aveva sorpassato i suoi maestri quando era ancora un ragazzo. Come suonatore professionale di biwa era diventato famoso soprattutto per le sue recitazioni della storia degli Heike e dei Genji, e si dice che quando cantava la canzone della battaglia di Dan-no-ura “neanche i demoni riuscivano a trattenere le lacrime.” All'inizio della sua carriera, Hoichi era molto povero, ma trovò un buon amico che lo aiutò. Il sacerdote di Amidaji amava la poesia e la musica, e invitava spesso Hoichi al tempio, per suonare e recitare. In seguito, essendo rimasto molto impressionato dalla maestria del ragazzo, il sacerdote propose ad Hoichi di andare ad abitare nel tempio, e l'offerta fu accettata con gratitudine. Ad Hoichi fu assegnata una stanza nell'edificio del tempio, e, in cambio di vitto e alloggio, gli fu chiesto soltanto di gratificare il sacerdote con un'esibizione musicale nelle sere in cui non aveva altri impegni.









Una sera d'estate il prete fu chiamato ad officiare una cerimonia buddista nella casa di un parrocchiano morto, in compagnia del suo chierico, lasciando Hoichi solo nel tempio. Era una notte calda, e il cieco cercò ristoro sulla veranda della sua camera da letto. La veranda si affacciava su un piccolo giardino sul retro dell'edificio. Là Hoichi aspettò il ritorno del prete, e cercò di dare sollievo alla sua solitudine esercitandosi sul suo biwa. La mezzanotte passò e il prete non si fece vedere. Ma l'aria era ancora troppo calda per per rientrare, e Hoichi rimase fuori. Alla fine sentì dei passi avvicinarsi dal cancello sul retro. Qualcuno attraversò il giardino, avanzò verso la veranda, e si fermò proprio davanti a lui – ma non era il prete. Una voce profonda lo chiamò per nome – in modo brusco e senza cerimonie, alla maniera di un samurai che convoca un inferiore:-
Hoichi!”
Hai!3” rispose il cieco, spaventato da quella voce minacciosa, - “Sono cieco! - Non posso sapere chi mi chiama!”
Non c'è di che aver paura,” esclamò lo straniero, parlando più gentilmente. “Sto facendo sosta vicino a questo tempio e sono stato mandato da te con un messaggio. Il mio attuale signore, una persona di altissimo rango, è in visita ad Akamagaseki, con numerosi nobili al suo seguito. Desiderava vedere il teatro della battaglia di Dan-no-ura, e oggi ha visitato quel luogo. Avendo sentito parlare della tua abilità nel narrare la storia della battaglia, desidera ascoltare una tua esibizione: così tu adesso prendi il tuo biwa e vieni con me alla casa dove l'augusta assemblea sta aspettando.”
A quei tempi, l'ordine di un samurai non poteva essere preso alla leggera. Hoichi indossò i suoi sandali, prese il suo biwa, e andò via con lo straniero, che lo guidò con attenzione, ma lo obbligò a camminare molto velocemente. La mano che lo guidava era di ferro, e il clangore che il guerriero faceva ad ogni passo rivelava che era completamente armato, probabilmente una guardia di palazzo in servizio. 










I primi timori di Hoichi erano passati: e incominciò a pensare di aver avuto fortuna;- perché, ricordando l'affermazione del servitore* circa “una persona di altissimo rango,” pensò che il signore che voleva ascoltare la sua esibizione non poteva essere niente meno che un daimyo di prima classe. Dopo un po' il samurai si fermò e Hoichi si rese conto che erano arrivati ad un'ampia porta: e se ne meravigliò, perché non riusciva a ricordare nessuna ampia porta in quella parte della città, eccetto la porte principale di Amidaji. “Kaimon!4” gridò il samurai, e ci fu un rumore di porte che venivano aperte, e i due passarono. Attraversarono un giardino e si fermarono di nuovo davanti ad un altro ingresso, e il servitore gridò ad alta voce, “Voi lì dentro! Ho portato Hoichi.” Quindi ci fu il suono di piedi che correvano, e pannelli che scorrevano e porte esterne che si aprivano, e voci di donne che conversavano. Dal linguaggio delle donne Hoichi capì che erano le cameriere di una nobile casa; ma non riusciva ad immaginare in che posto fosse stato condotto.
Non gli fu lasciato molto tempo per le congetture. Dopo che lo ebbero aiutato a salire alcuni gradini di pietra, sull'ultimo dei quali gli fu detto di lasciare i suoi sandali, la mano di una donna lo guidò lungo interminabili passaggi di legno levigato, intorno ad un così gran numero di pilastri ad angolo che era impossibile ricordarsene, e attraverso distese incredibili di pavimenti coperti da stuoie, fino al centro di un vasto appartamento. Lì gli sembrò che fossero riuniti molti illustri personaggi: il rumore del fruscio della seta era simile a quello delle foglie di una foresta. Sentì anche un gran brusio di voci, che parlavano sottovoce, e il linguaggio era quello delle corti.
Ad Hoichi fu detto di accomodarsi, e scoprì che era stato preparato per lui un cuscino dove inginocchiarsi. Dopo che si fu sistemato e dopo aver accordato il suo strumento, la voce di una donna - che egli suppose essere la Rojo - ovvero la matrona responsabile della servitù femminile – si rivolse a lui, dicendo:
Ti si chiede di declamare la storia degli Heike, con l'accompagnamento del biwa.”
Ora, l'intera storia avrebbe richiesto il tempo di molte notti: pertanto Hoichi si azzardò a chiedere,
Dal momento che l'intera storia non può non può essere narrata in poco tempo, quale parte l'augusto desiderio mi ordina di recitare?”
La voce della donna rispose:
Recita la storia della battaglia di Dan-no-ura, perché è la più commovente.”
Allora Hoichi levò la sua voce e intonò il canto della battaglia sull'aspro mare,- facendo meravigliosamente risuonare il suo biwa come il battere dei remi e la corsa della nave, il ronzio e il sibilo delle frecce, le grida e il calpestio degli uomini, il cozzare dell'acciaio sugli elmi, il tonfo dei morti nei flutti. E durate le pause del suo canto, poté sentire, alla sua destra e alla sua sinistra, mormorii di apprezzamento: “Che artista meraviglioso!”- “Nelle nostre province non si era mai sentito niente del genere!” - “In tutto l'impero non c'è un altro cantore come Hoichi!” Questo gli diede nuovo coraggio, e suonò e cantò anche meglio di prima, e intorno a lui crebbe un silenzio meravigliato. Ma quando alla fine narrò il fato delle belle e degli indifesi, - la commovente morte delle donne e dei bambini,- e il tuffo mortale di Nii-no-Ama, con il bambino imperiale nelle sue braccia, allora gli ascoltatori emisero tutti insieme un lunghissimo fremente grido di angoscia, e poi piansero e gemettero in modo così forte e selvaggio che il cieco fu spaventato dalla violenza e dal dolore che aveva provocato. I gemiti e i lamenti continuarono a lungo. Poi, lentamente, il suono dei lamenti si spense, e di nuovo, nel grande silenzio che seguì, Hoichi sentì la voce della donna che pensava fosse la Rojo.


 
La nonna di Antoku Tenno si lancia tra i flutti con il bambino imperiale
      
                
La donna disse:
Anche se ci era stato assicurato che sei un abile suonatore di biwa, e senza pari nella recitazione, non credevamo che qualcuno potesse essere così magistralmente bravo come lo sei stato tu questa notte. Il nostro signore si è compiaciuto di dire che intende elargirti un'appropriata ricompensa. Ma desidera che tu ti esibisca al suo cospetto ogni notte per i prossimi sei giorni – passato questo tempo, probabilmente farà il suo augusto viaggio di ritorno. Domani notte, pertanto, devi venire qui alla stessa ora. Verrà a prenderti Il servitore che ti ha guidato stanotte... C'è un'altra cosa che mi è stato ordinato di comunicarti. E' necessario che tu non parli a nessuno delle tue visite qui, per tutto il tempo che il nostro signore soggiornerà ad Akamagaseki. Poiché viaggia in incognito, egli ordina che non venga fatta menzione di tutto ciò... Ora torna pure al tuo tempio.”

Dopo che Hoichi ebbe debitamente espresso i suoi ringraziamenti, una mano femminile lo condusse all'ingresso della casa, dove lo stesso servitore che lo aveva guidato prima, lo stava aspettando per condurlo a casa. Il servitore lo condusse alla veranda sul retro del tempio, e lì lo salutò. Era quasi l'alba quando Hoichi ritornò, ma la sua assenza dal tempio non era stata notata – perché il prete, essendo ritornato molto tardi, aveva pensato che stesse dormendo. Durante il giorno Hoichi riuscì a dormire un poco, e non disse niente sulla sua strana avventura. Alla mezzanotte successiva il samurai ritornò a prenderlo, e lo condusse all'augusta assemblea, dove egli recitò nuovamente con lo stesso successo che aveva accolto la sua precedente esibizione. Ma durante quella seconda visita la sua assenza dal tempio fu casualmente notata, quando ritornò al mattino fu convocato alla presenza del prete, che gli disse, con tono di amichevole rimprovero:
Siamo stati molto in ansia per te, amico Hoichi. Andare fuori, cieco e solo, ad un'ora così tarda, è pericoloso. Perché sei uscito senza dircelo? Avrei potuto ordinare ad un servo di accompagnarti. E dove sei stato?”
Hoichi rispose, evasivamente:
Perdonami, caro amico! Ho dovuto provvedere a delle faccende personali, e non ho potuto organizzare la cosa ad un'ora diversa.”
Il prete fu sorpreso, piuttosto che addolorato, dalla reticenza di Hoichi: sentì che non era naturale, e intuì il pericolo. Temeva che il cieco fosse stato stregato o ingannato da qualche spirito maligno. Non fece altre domande, ma in privato diede istruzioni ai servi del tempio di controllare i movimenti di Hoichi, e di seguirlo in caso avesse di nuovo lasciato il tempio di notte.
La notte successiva, Hoichi fu visto lasciare il tempio, allora i servi accesero immediatamente le lanterne e lo seguirono. Ma era una notte di pioggia e molto buia, e prima che gli inservienti del tempio potessero raggiungere la strada principale, Hoichi era sparito. Evidentemente, aveva camminato molto velocemente, cosa strana, considerata la sua cecità e le cattive condizioni della strada. Gli uomini corsero per le vie della città, chiedendo informazioni in tutte le case che Hoichi era solito frequentare, ma nessuno poté fornire informazioni sul cieco. Alla fine, mentre ritornavano al tempio lungo la spiaggia, furono sorpresi dal suono di un biwa, suonato con furore, nel cimitero di Amidaji. Ad eccezione di alcuni fuochi fatui – di quelli che fluttuavano in quel luogo nelle notti senza luna – non c'erano altro che tenebre tutto intorno. Ma gli uomini corsero subito al cimitero, e lì, con l'aiuto delle loro lanterne, scoprirono Hoichi, seduto solo nella pioggia, davanti al monumento funebre di Antoku Tenno, che faceva risuonare il suo biwa, mentre cantava con tutto il fiato la canzone della battaglia di Dan-no-ura. E dietro di lui, e intorno a lui, e dappertutto sulle tombe, i fuochi dei morti bruciavano, come candele. Mai prima di allora era apparsa ad occhi mortali una così grande schiera di Oni-bi...









..
"Hoichi San!—Hoichi San!" gridarono i servi, “sei preda di un incantesimo!... Hoichi San!"
Ma il cieco non sembrava sentire. Con forza faceva vibrare, risuonare e stridere il suo biwa, - cantava il canto della battaglia di Dan-no-ura con furore crescente. Lo afferrarono e gli gridarono nelle orecchie:
"Hoichi San!—Hoichi San!— vieni subito a casa con noi!”
Egli si rivolse a loro con tono di rimprovero:
Interrompermi in questo modo, di fronte a questa augusta assemblea, è intollerabile.”
Al che, a dispetto della stranezza della situazione, i servi non poterono fare a meno di ridere. Sicuri che il cieco fosse stato stato stregato, lo afferrarono, lo misero in piedi, e lo trascinarono al tempio a viva forza, dove, per ordine del prete, gli vennero immediatamente tolti gli abiti bagnati. Allora il prete insisté per ottenere un'esauriente spiegazione dell'incredibile comportamento del suo amico.
Hoichi esitò a lungo prima di parlare. Ma alla fine, capito che la sua condotta aveva realmente allarmato e fatto arrabbiare il buon prete, decise di abbandonare il suo riserbo, e riferì tutto quello che era successo sin dalla prima visita del samurai.
Il prete disse:
Hoichi, mio povero amico, tu ora ti trovi in grande pericolo! Che sfortuna che tu non mi abbia raccontato tutto prima! La tua meravigliosa bravura di musicista ti ha cacciato in questo strano guaio. Ormai dovresti aver capito che non hai visitato alcuna casa, ma hai passato le tue notti nel cimitero, tra le tombe degli Heike, ed è davanti al monumento funebre di Antoku Tenno che stanotte i nostri servi ti hanno trovato, seduto nella pioggia. Tutto quello che hai creduto di vedere era illusione – eccetto l'essere convocato dai morti. Una volta che gli hai obbedito, ti sei messo in loro potere. Se gli ubbidisci di nuovo, dopo tutto quello che è successo, ti faranno a pezzi. Ma prima o poi ti avrebbero distrutto, in ogni modo... Ora, io non potrò restare con te, questa notte: sono stato convocato ad officiare un altro servizio. Ma prima che vada, sarà necessario proteggere il tuo corpo scrivendoci sopra dei sacri testi.”
Prima del tramonto il prete e il suo chierico spogliarono Hoichi: poi, con i loro pennelli da scrittura, tracciarono sul petto e sul dorso, la testa e il viso e il collo e le mani e i piedi, perfino sulle suole dei piedi, e su tutte le parti del corpo, il testo della sacra sutra chiamata Hannya-Shin-Kyo5. Quando ebbero finito, il prete diede istruzioni ad Hoichi, dicendo:
Questa notte, appena io sarò andato via, devi sederti sulla veranda e aspettare. Verranno a chiamarti. Ma, qualunque cosa accada, non rispondere e non muoverti. Non dire niente e resta seduto immobile – come se fossi in meditazione. Se ti muovi, o fai rumore, ti faranno a pezzi. Non spaventarti e non pensare di chiamare aiuto – perché nessun aiuto potrebbe salvarti. Se farai esattamente come ti dico, il pericolo passerà e tu non avrai più niente da temere.”







Dopo il tramonto il prete e il il suo chierico andarono via, e Hoichi si sedette sulla veranda, secondo le istruzioni che aveva ricevuto. Posò il suo biwa accanto a sé e, assumendo la postura della meditazione, rimase perfettamente immobile – facendo attenzione a non tossire e a respirare appena. E rimase così per ore.
Poi, si udirono dei passi avanzare dalla strada principale. Oltrepassarono il cancello, attraversarono il giardino, si avvicinarono alla veranda, si fermarono – proprio di fronte a lui.
Hoichi!” chiamò la solita voce profonda. Ma il cieco trattenne il fiato, e sedette immobile.
Hoichi!” gridò arcigna la voce una seconda volta. Poi un terza volta – furiosamente: -
Hoichi!”
Hoichi rimase immobile come un sasso, e la voce borbottò:
Nessuna risposta! - questo non va bene!... Devo vedere dov'è l'amico.”...
Ci fu un rumore di passi pesanti che salivano sulla veranda. I piedi si avvicinarono con cautela, e si fermarono accanto a lui. Poi, per lunghi minuti – durante i quali Hoichi sentì il suo corpo scosso dai battiti del cuore - ci fu un silenzio mortale.
Alla fine quella voce aspra mormorò accanto a lui:
Ecco il suo biwa, ma del suonatore di biwa vedo... solo le orecchie! Così questo spiega perché non mi ha risposto: non aveva la bocca per rispondere – non è rimasto niente di lui se non le orecchie... Allora, al mio signore porterò quelle orecchie – come prova che gli augusti ordini sono stati obbediti, per quanto era possibile”...
In quel momento Hoichi sentì le sue orecchie afferrate da dita di ferro, e strappate via! Per quanto il dolore fosse grande, non emise un grido. I passi pesanti lasciarono la veranda, discesero nel giardino, si diressero alla strada e cessarono. Il cieco sentì un gocciolio caldo e vischioso colare da entrambi i lati della testa, ma non osò alzare la mani...
Il prete tornò a casa prima dell'alba. Corse subito alla veranda sul retro, inciampò e scivolò su qualcosa di appiccicoso, ed emise un grido di orrore, perché, alla luce della sua lanterna, vide che quella cosa appiccicosa era sangue. Ma scorse Hoichi seduto lì, in posizione da meditazione, con il sangue che ancora stillava dalle orecchie.
Mio povero Hoichi!” gridò sgomento il prete, “Cosa è successo?... Sei stato ferito?”
Udendo la voce del suo amico, il cieco si sentì salvo. Scoppiò a piangere, e tra le lacrime raccontò la sua avventura notturna.
Povero, povero Hoichi!” esclamò il prete, “tutta colpa mia! - un mio grossolano errore!... I sacri testi erano stati scritti su ogni parte del tuo corpo – ma non sulle orecchie! Avevo affidato al mio chierico l'esecuzione di quella parte del lavoro, ed è stato estremamente sciocco da parte mia non essermi accertato che l'avesse fatto!... Beh, ormai non possiamo farci più niente – possiamo solo cercare di guarire le tue ferite il prima possibile... Fatti coraggio, amico! - il pericolo ormai è passato. Non sarai mai più tormentato da quei visitatori.” Con l'aiuto di un buon dottore, Hoichi si riprese presto dalle sue ferite. La storia di quella strana avventura si diffuse in lungo e largo, e lo rese immediatamente famoso. Molti nobili si recarono ad Akamagaseki per sentirlo recitare, e generosi regali in denaro gli furono elargirti, così che divenne un uomo ricco... Ma dopo quell'avventura fu conosciuto solo con il nome di Mimi-nashi-Hoichi: "Hoichi - senza - orecchie.”




FINE




Le note numerate sono dell'autore
*La battaglia di Dan-no-ura (1185) pose fine alla Guerra Genpei (1180-1185) con la vittoria dei Minamoto che seppero sfruttare le correnti a loro favore, sconfiggendo così i Taira.
*L'imparatore Antoku (安徳天皇 Antoku-tennō) (Dicembre 22, 1177 – Marzo 24, 1185) fu l' 81° imperatore del Giappone. Durante la battaglia di Dan-no-ura, un membro della famiglia reale si tuffò in mare con il giovane imperatore, per impedire che fosse catturato vivo.
1 Vedere la mia raccolta di racconti KOTTO per una descrizione di questi strani granchi
2 Il biwa, una sorta di liuto a quattro corde, è usato principalmente per accompagnare i recitativi musicali. In passato i cantastorie professionali che interpretavano gli Heike-Monogatari, e altre tragiche storie, erano chiamati “biwa-hoshi” o "preti del liuto." L'origine di questo appellativo non è chiara; ma è possibile che sia stata suggerita dal fatto che questi "preti del liuto" così come i massaggiatori ciechi, si rasavano la testa, come i preti buddisti. Il biwa è suonato con una specie di plettro, chiamato bachi, solitamente fatto di corno.
3 Una risposta per mostrare che abbiamo sentito e stiamo ascoltando attentamente.
* La parola "samurai" ha avuto origine nel periodo giapponese Heian, quando era pronunciata saburai, e significava "servo" o "accompagnatore".
4 Un'espressione rispettosa per chiedere che venissero aperte le porte. Era usata dai samurai quando chiamavano i soldati di guardia per essere ammessi nella dimora del signore.
5 E' così chiamata in giapponese la più breve Pragna-Paramita-Hridaya-Sutra. Sia quella più breve che quella più lunga, denominate Pragna-Paramita ("Saggezza trascendentale"), sono state tradotte dal defunto professor Max Muller, e si trovano nel volume xlix. dei Sacri libri dell'est ("Buddhist Mahayana Sutras").— A proposito dell'uso magico del testo, come descritto in questa storia, vale la pena sottolineare che il soggetto della sutra è la Dottrina della vacuità delle forme,— cioè, del carattere irreale di tutti i fenomeni o noumena... "La forma è vuoto; e il vuoto è forma. Il vuoto non è diverso dalla forma, la forma non è diversa dal vuoto. Ciò che è forma - è vuoto. Ciò che è vuoto— è forma... Percezione, nome, concetto e conoscenza sono a loro volta vuoto... Non ci sono occhi, orecchie, naso, lingua, corpo e mente... Ma quando l'involucro della coscienza è stato annichilito, allora egli [colui che cerca] diventa libero da ogni paura e da ogni cambiamento, raggiungendo infine il Nirvana."

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