Amor
Vincit Omnia
La
messa degli spettri (La messe des ombres) di
Anatole France,
fa parte di una collezione di racconti raccolti sotto il titolo di
L'etui de nacre (L'astuccio di madreperla,
1892) che comprende 17 racconti brevi, di cui i primi sei sono
ambientati nell'antichità o nel Medio Evo e si focalizzano su figure
religiose (sulla scia del primo racconto Il procuratore della
Giudea). Gli altri testi sono ambientati in tempi più recenti e
i personaggi non sono direttamente collegati alla religione, anche se
alcuni di loro conservano un'aura di santità, proprio come Catherine
Fontaine, la protagonista della nostra storia.
Molte
di questi racconti hanno in comune l'interesse di France per il
soprannaturale, in particolare La messe des ombres
sembra influenzata
dall'interesse per lo spiritualismo, tipico dell'ottocento. Ma ciò
che unifica tutte le storie, comunque, è l'evocazione
dell'irrazionale.
L'astuccio di France
custodisce gelosamente ricordi ed emozioni da rievocare solo in
momenti di nostalgia per l'irrazionalità. I colori cangianti della
madreperla, invece, suggeriscono la varietà dei contenuti, che
possono assumere diversi significati, a seconda del punto di vista da
cui li si osserva. Proprio come i colori dell'astuccio cambiano con
il movimento.
Ne
La messa degli spettri,
in particolare, France
ha dato risalto al più dolce dei peccati: l'amore. La
protagonista, infatti, è una vecchia merlettaia che in
gioventù ha amato un nobile cavaliere.
Alla sua morte, è rimasta
sola con i suoi ricordi e il peso del suo peccato,
essendo una donna
profondamente religiosa. Ma “l'amore
è più forte della morte,” com'è scritto sui muri della sua
diroccata dimora, e in una notte di magia, la donna incontra il suo
antico amante
durante una messa che Dio, impietosito dalle loro sofferenze per
l'assenza dell'amato, ha concesso alle
anime del purgatorio che
hanno peccato “per amore
carnale... ma senza malizia” proprio come loro due. L'indomani
Catherine è trovata morta. E noi lettori siamo sicuri che il suo
peccato è stato perdonato. L'amore
carnale è un peccato imperdonabile per la chiesa, ma non per il
Cristo misericordioso di France, che ha perdonato l'adultera e
benedetto la prostituta pentita.
Libri
consigliati:
La rosticceria della regina Pie' d'OcaFrance Anatole, cur. Giuliana M., Novecento
Le sette mogli di Barbablù. E altri racconti meravigliosi
France Anatole, 2004, Donzelli
La rivolta degli angeli
France Anatole, cur. Saviano R., 2010, Meridiano Zero
L'isola dei pinguini
France Anatole, 2012, Isbn Edizioni
Il procuratore della Giudea
France Anatole, 1984, Sellerio Editore Palermo
trad. L. Sciascia
La
messa degli spettri
di
ANATOLE FRANCE
Il bacio- Francesco Hayez, 1859 |
Questa è
la storia che il sacrestano della chiesa di Sainte-Eulalie, a
Neuville-d’Aumont, mi ha raccontato sotto il pergolato dell'osteria
del Cavallo Bianco, durante
una bella sera d'estate, bevendo una bottiglia di vino vecchio
alla salute di un morto molto
facoltoso, che quella stessa
mattina aveva condotto al cimitero con tutti gli onori, sotto un
drappo disseminato di belle lacrime d'argento.
“La
buonanima del mio povero padre (è il sacrestano che parla) da vivo
faceva il becchino. Aveva un carattere allegro, ed era senza dubbio
una conseguenza del suo mestiere, perché è stato notato che le
persone che lavorano nei cimiteri sono di umore gioviale. Non sono
per niente spaventati dalla morte: non ci pensano mai. Io stesso,
signore, posso entrare in un cimitero, la notte, tranquillamente
come se mi trovassi sotto il
pergolato
del Cavallo Bianco. E
se, per caso, incontro un fantasma, non ne sono affatto spavento,
perché penso che quello stia
badando ai suoi affari come io ai miei. Conosco
le abitudini dei morti e il loro carattere. Al
riguardo conosco delle cose che gli stessi preti ignorano. E
se raccontassi tutto quello che ho visto, ne restereste sbalordito.
Ma ci sono delle verità che
è meglio non dire, e mio
padre, per quanto amasse raccontare storie, non ha rivelato che la
ventesima parte di quello che sapeva. In
compenso, ripeteva spesso lo stesso racconto, e, per quanto ne so,
avrà raccontato almeno cento volte l'avventura di Catherine
Fontaine.”
Catherine
Fontaine era una vecchia
zitella che si ricordava di aver visto quando era bambino. “Non
sarei per niente stupito se in paese ci fossero ancora addirittura
tre vecchi che hanno sentito parlare di lei, perché era molto
conosciuta e rispettata, ancorché povera. Abitava all'angolo della
Rue aux Nonnes, nella torretta che si può ancora vedere e che fa
parte di una vecchia dimora semi diroccata che si affaccia sul
giardino delle Orsoline. Su quella torretta ci sono delle immagini e
delle scritte ormai sbiadite. Il defunto curato di Sainte-Eulalie, M.
Levasseur, assicurava che vi era scritto in latino che l'amore è più
forte della morte. Naturalmente, aggiungeva, si riferisce all'amore
divino.
Lace maker,1846 -
Josephus Laurentius Dyckmans (1811-1888)
|
Catherine
Fontaine viveva tutta sola in quel piccolo alloggio. Era una
merlettaia. Sapete che i merletti delle nostre parti una volta erano
molto famosi. Nessuno sapeva niente dei suoi parenti o dei suoi
amici. Si diceva che a diciotto anni avesse amato il cavaliere di
Aumont-Cléry, con cui era stata segretamente fidanzata. Ma le
persone dabbene non volevano crederci e dicevano che la storia era
stata inventata perché Catherine Fontaine aveva l'aria di una dama
piuttosto che di un'operaia, che sotto i sui capelli bianchi
conservava i resti di una grande bellezza, che aveva un aspetto
triste, e che al dito portava una di quelle fedi sulle quali gli
orefici mettevano due mani unite, e che ai tempi antichi venivano
scambiate per la festa di fidanzamento. Adesso saprete cosa ne è
stato.
Catherine
Fontaine viveva santamente. Frequentava la chiesa, e ogni mattina,
con qualunque tempo, andava alla messa delle sei a Sainte-Eulalie.
Bene, una notte di dicembre, mentre dormiva nella sua cameretta, fu
svegliata dal suono delle campane; credendo che annunciassero la
prima messa, la pia donna si vestì e scese in strada, dove la notte
era così buia che le case non si vedevano e non un raggio di luce
illuminava cielo nero. C'era un tale silenzio in quelle tenebre che
non si udiva abbaiare nemmeno un cane in lontananza, e ci si sentiva
separati da tutte le creature viventi. Ma Catherine Fontaine, che
conosceva ogni pietra su cui posava i piedi e che avrebbe potuto
raggiungere la chiesa ad occhi chiusi, arrivò facilmente all'angolo
tra Rue des Nonnes e Rue de la Paroisse, là dove si erge la casa di
legno che ha un albero di Jesse scolpito su uno delle sue travi1.
Arrivata là, vide che le porte della chiesa erano aperte, e che ne
usciva una grande luce di candele. Continuò a camminare e, dopo ave
attraversato il porticato, si trovò in una vasta assemblea di gente
che riempiva tutta la chiesa.
Albero di Jesse |
Ma non
riconobbe nessuno dei presenti, ed era sorpresa di vedere tutta
quelle persone vestite di broccato e velluto, con cappelli ornati di
piume e armati di spada come ai tempi antichi. C'erano poi dei
signori che tenevano in mano dei lunghi bastoni con il pomo in oro e
alcune dame con una cuffietta di merletto fissata da un pettine a
forma di diadema. Alcuni cavalieri di San Luigi davano la mano a dame
che nascondevano sotto il ventaglio un viso truccato, di cui non si
vedeva che la tempia incipriata e un neo all'angolo dell'occhio! E
tutti andavano al loro posto senza nessun rumore e, mentre
camminavano, non si sentiva né il rumore dei passi sul pavimento, né
il fruscio delle stoffe. Le navate laterali si riempirono di una
folla di giovani artigiani, con giacca marrone, pantaloni di fustagno
e calze blu, che abbracciavano per la vita delle giovinette molto
graziose, con le guance rosee e gli occhi bassi.
E, vicino
alle acquasantiere, alcune contadine con le sottane rosse, il
corsetto allacciato, sedevano a terra con la tranquillità di animali
domestici, mentre dei giovanotti, in piedi alle loro spalle,
spalancavano gli occhi rigirandosi tra le dita i loro cappelli. E
tutti quei volti silenziosi sembravano immersi nello stesso pensiero,
dolce e triste. Inginocchiata al suo solito posto, Catherine Fontaine
vide il prete avanzare verso l'altare, preceduto da due assistenti.
Non riconobbe né il prete né i chierici. La messa iniziò. Era una
messa silenziosa, non si sentiva nessun suono uscire dalle labbra che
mormoravano, né il tintinnio della campanella vanamente agitata.
Catherine Fontaine si sentiva sotto lo sguardo e l'influenza del suo
misterioso vicino e, dopo averlo guardato senza quasi girare la
testa, riconobbe il giovane cavaliere di Aumont-Cléry, che aveva
amato e che era morto da quarantacinque anni. Lo riconobbe da una
piccola cicatrice che aveva sotto l'orecchio sinistro e soprattutto
dall'ombra che le sue lunghe ciglia nere facevano sulle sue guance.
Indossava l'abito da caccia, rosso, con galloni d'oro, che portava il
giorno in cui, avendola incontrata nel bosco di Saint-Léonard, le
aveva chiesto da bere e rubato un bacio. Aveva conservato la sua
giovinezza e la sua bellezza. Il suo sorriso mostrava ancora dei
denti da giovane lupo. Catherine gli disse a bassa voce:
-Monsignore,
che foste mio amico e a cui donai quello che una ragazza ha di più
caro, che Dio vi abbia nella sua grazia! Possa egli ispirarmi infine
il rimpianto del peccato che ho commesso con voi, perché, in verità,
anche se ho i capelli bianchi e sono vicina alla morte, non sono
ancora pentita di avervi amato. Ma, mio defunto amico, mio bel
signore, ditemi chi sono queste persone vestite alla moda dei tempi
antichi che partecipano a questa messa silenziosa.
Il
cavaliere di Aumont-Cléry rispose con una voce più flebile di un
soffio eppure più chiara di un cristallo:
-
Catherine, questi uomini
e queste donne sono anime del purgatorio che hanno offeso Dio
peccando come noi per amore carnale,
ma che non sono state
scacciate da Dio perché, il loro peccato, come il nostro, fu senza
malizia.
Mentre si
purificano nel fuoco lustrale del purgatorio, separati da coloro che
hanno amato sulla terra, essi soffrono il dolore dall'assenza, e
questa sofferenza è per loro la più crudele. Sono così infelici,
che anche gli angeli del cielo hanno pietà delle loro pene d'amore.
Con il permesso di Dio, si riuniscono ogni anno, durante un'ora della
notte, l'amico all'amica, nella loro chiesa parrocchiale, dove è
loro permesso di assistere alla messa delle ombre tenendosi per mano.
Questa è la verità. Se mi è stato concesso di vederti prima della
tua morte, Catherine, è una cosa che non può accadere senza il
permesso di Dio.
E
Catherine Fontaine gli rispose:
-Sarei
felice di morire pur di ridiventare bella come quando, mio signore,
ti ho dato da bere nella foresta.
Mentre
parlavano così a bassa voce, un vecchissimo canonico faceva la
questua porgendo un piatto di rame ai fedeli che vi facevano cadere
di volta in volta delle antiche monete che non hanno più corso da
tanto tempo: scudi da sei lire, fiorini, ducati e ducatoni, jacobus,
rose-noble, e le monete cadevano in silenzio. Quando gli fu
presentato il piatto di rame, il cavaliere vi mise un luigi che non
fece più rumore degli altri pezzi d'oro e d'argento. Poi il vecchio
canonico si fermò davanti a Catherine Fontaine, che si frugò nelle
tasche senza trovarci una lira. Allora, non volendo rinunciare a fare
la sua offerta, si tolse dal dito l'anello che il cavaliere le aveva
donato alla vigilia della sua morte, e lo buttò nella ciotola di
rame. L'anello d'oro, cadendovi dentro, risuonò come il pesante
rintocco di una campana e, a quel fragore, il cavaliere, il canonico,
i chierici, le dame, i cavalieri, l'intera assemblea svanì; le
candele si spensero e Catherine Fontaine rimase sola nelle
tenebre.”
Avendo così
terminato il suo racconto, il sacrestano bevve un lungo sorso di
vino, restò un momento pensoso e poi riprese in questi termini:
Jean-Francois
Raffaelli, I bevitori di assenzio, 1881
|
“Vi ho
raccontato questa storia come me l'ha raccontata mio padre tante e
tante volte, e credo che sia vero perché è conforme a tutto quello
che ho osservato sugli usi e i costumi dei morti. Ho frequentato
molto i morti fin dalla mia infanzia e so che è loro abitudine
ritornare ai loro amori. E' così che gli avari da morti vagano, di
notte, vicino ai tesori che hanno nascosto da vivi. Fanno buona
guardia al loro oro, ma le pene che si prendono, lungi dall'essergli
utili, tornano a loro danno, e non è raro scoprire del danaro
nascosto sotto terra scavando nel posto infestato da un fantasma.
Allo stesso modo i mariti defunti vengono a tormentare, di notte, le
mogli che si sono rimaritate, e potrei nominarne molti che, da morti,
hanno vegliato sulle loro spose meglio di quando erano in vita.
Queste cose
sono da biasimare, perché, per essere giusti, i defunti non
dovrebbero assolutamente essere gelosi. Ma vi riferisco quello che ho
osservato. E' a questo che bisogna stare attenti quando si sposa una
vedova. E poi, eccovi la prova che la storia che vi ho raccontato è
vera:
Il mattino
dopo quella notte straordinaria, Catherine Fontaine fu trovata morta
nella sua cameretta. E il sacrestano di Sainte-Eulalie trovò nel
piatto di rame che serviva per la questua un anello d'oro con due
mani unite. E poi, non sono il tipo d'uomo che racconta barzellette.
Se ordinassimo un'altra bottiglia di vino!...
FINE
1L'albero
di Jesse (o Iesse) è un motivo frequente nell'arte
cristiana tra l'XI e il XV secolo: rappresenta una schematizzazione
dell'albero genealogico di Gesù a partire da Jesse, padre del re
Davide, il quale è di particolare importanza nelle tre religioni
abramitiche: l'ebraismo, il cristianesimo e l'islam.
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