Chekhov
ride
Leisole volanti di Anton
Chekhov apparve
per la prima volta nel 1883 nella rivista russa Budilnik.
Nel 1888, all'età di soli 28
anni, Chekhov
aveva pubblicato la bellezza di 528 racconti, metà dei quali
umoristici. Senza pretese,
pieni di vivacità e inventiva, sono ben noti al pubblico russo, ma
ignorati dagli editori e dai lettori occidentali, da cui Chekhov è
stato sempre considerato solamente come un genio malinconico e uno
studioso dell'umana infelicità. Questi
racconti, invece, rivelano la sua piena padronanza del registro
comico: parodie oltraggiose con un finale a sorpresa, satire
sovversive che anticipano le
attitudini antiautoritarie dei suoi lavori più maturi, escursioni
nell'assurdo che alludono ai suoi dialoghi teatrali.
Il
racconto è una comica parodia, che pretende di essere la traduzione
in russo di un'avventura spaziale di Jules Verne. Il
romanzo
preso di mira è senza dubbio 'DallaTerra alla Luna'
(De la
Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes) del
1865, ma
prende altresì di mira quella pretesa tutta russa di essere stati i
primi a fare tutto.
Il
protagonista è
un eccentrico scozzese di nome John Lund, che intende bucare la Luna
con un succhiello gigantesco, non si sa bene
perché.
Insieme
al
suo immancabile maggiordomo, è
invitato
da un stravagante scienziato russo con pretese di tuttologia, Walter Bolvanius, ad esplorare non
la luna, ma delle misteriose isole volanti visibili solo attraverso
il suo telescopio. Invece
del proiettile di alluminio di Verne, i nostri eroi viaggiano in un
cubo di rame appeso a tre palloni aerostatici. Le
cose, però, non andranno affatto secondo i piani, e
dopo essersi illusi di “aver
surclassato Colombo,” scopriranno, ahiloro, di non essere affatto i
primi ad aver tentato l'impresa.
Curiosità:
A
partire dalla metà dell’Ottocento, si comincia a discutere della
possibilità che la Terra abbia o meno un secondo satellite naturale.
Nel 1846, Frederic
Petit, direttore dell’osservatorio di Tolosa, affermò di
aver scoperto una seconda
luna della Terra. In generale, gli astronomi ignorarono queste
teorie, e l’idea sarebbe stata ben presto dimenticata se un giovane
scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto.
Nel suo celebre romanzo “De la Terre à la Lune”, Verne racconta
che un piccolo oggetto, un
secondo satellite naturale,
passò vicino alla capsula spaziale su cui viaggiavano i tre
coraggiosi protagonisti diretti sulla Luna.
Per
saperne di più:
⭕Per approfondire l'argomento vi rimando ad un interessante articolo tra astronomia e cultura su Altrogiornale.org
⭕Sul fascino della luna su scienza e letteratura : Stregati dalla luna. Viaggi immaginari sul nostro satellite, Bernd Brunner - Giunti editore, 2014
THE
FLYING ISLANDS. By Jules Verne.
A
parody by Anton Chekhov (1883)
(tradotto
dal russo da France H. Jones)
Questo
è tutto, signori!” disse Mr. John
Lund, un giovane membro della Royal Geographic Society,
mentre sprofondava in una poltrona, esausto. Tutta la sala
dell'assemblea rimbombò di applausi calorosi e urla di 'bravo!' Uno
dopo l'altro, i presenti si avvicinarono a John Lund per stringergli
la mano. Diciassette gentiluomini, come segno del loro stupore,
sfasciarono diciassette sedie causando la distorsione di otto colli,
appartenenti ad altrettanti gentiluomini, uno dei quali era il
capitano dello yacht “La catastrofe,” un'imbarcazione da 100
tonnellate.