lunedì 12 febbraio 2018

Dickon il diavolo


Black and white




Dickon il diavolo (Dickon the Devil) di Joseph Sheridan Le Fanu (Dublino, 1814 – Dublino, 1873), fu pubblicato nel 1872. Ancora una volta lo scrittore, noto soprattutto come creatore della vampira Carmilla che dà il nome all'omonimo romanzo, indaga gli incubi e i fantasmi che circondano le nostre vite.
Mentre nel romanzo gotico l'horror obbediva a meccanismi stereotipati e puramente esteriori (il cigolio delle catene, le notti buie e tempestose…), i fantasmi di Le Fanu diventano proiezione dell'inconscio dei suoi protagonisti, delle loro paure o delle loro superstizioni, fino ad arrivare ai confini del fantastico, lasciando al lettore il dubbio se quei fantasmi siano reali o solo il frutto di una mente particolarmente influenzabile o addirittura malata.
La storia è narrata in prima persona dal protagonista: un avvocato di città che trenta anni prima, per motivi professionali, si era recato in una remota località del Lincolnshire per curare gli interessi di due anziane zitelle che avevano ereditato la casa e i possedimenti di un vecchio signorotto di campagna, lo Squire Bowes.
Al tempo quella regione era ancora selvaggia e proprio perciò 'pittoresca' e ancora più suggestiva perché 'poco trafficata,' caratteristica che ha poi perso con l'avanzare della rivoluzione industriale, che cambiò non solo il panorama economico e sociale dell'Inghilterra, ma anche quello naturale, industrializzando le campagne, che vennero anch'esse sfruttate con criteri capitalistici, perdendo quel fascino selvaggio che le rendeva così affascinanti agli occhi del narratore: “...ma mi è stato detto che ora è molto meno selvaggia e, di conseguenza, meno bella.
Anche la dimora dello Squire Bowes sembra ferma nel tempo: è un vecchio edificio elisabettiano costruito nel tipico stile 'black and white' (dal contrasto che il graticciato in legno scuro crea sull'intonaco bianco dei muri), ma tutto è ricoperto di muffa e porta i segni dell'incuria e della decadenza e sembra essere lo specchio dello spirito antiquato del suo defunto proprietario. La casa a sua volta si riflette nel laghetto antistante che col suofreddo luccichio di un serpente nascosto nell'ombra” contribuisce a creare un'atmosfera di mistero e di pericolo.
Ed è proprio questo contrasto tra antico e moderno che sembra risvegliare il fantasma del vecchio squire, uomo all'antica, benvoluto da tutti perché: “Di buon carattere e alla mano… un po' pigro, forse.” Dopo la sua morte improvvisa, i suoi possedimenti vanno alle clienti del narratore, due zitelle di città, detestate dal vecchio squire, che è morto prima di riuscire a disporre altrimenti dei suoi beni. Le due donne mettono immediatamente 'a frutto' la tenuta facendo pascolare mandrie di buoi là dove il vecchio Squire era solito passeggiare. Ma, inspiegabilmente, gli animali iniziano ad ammalarsi e a morire. E quale può essere la causa se non la vendetta del fantasma dell'antico proprietario, che sembra aver perso la sua antica pigrizia e scatena la sua ira non solo sul bestiame ma anche sul povero guardiano del bestiame, il giovane e ignaro Dickon Pyke.




Dickon il diavolo
    
di
Joseph Sheridan Le Fanu



Caspar David Friedrich, Ingresso del cimitero, 1825-1835




Circa trenta anni or sono, fui incaricato da due ricche e anziane signore di ispezionare una proprietà in quella parte del Lancashire situata vicino alla famosa foresta di Pendle, che il romanzo di Mr. Ainsorth Le streghe del Lancashire1, ci ha reso così piacevolmente familiare. Il mio compito era quello di suddividere una piccola proprietà, comprendente una casa e una tenuta, di cui le due donne erano state nominate coeredi già da molti anni.
Durante le ultime quaranta miglia fui obbligato a viaggiare in diligenza, principalmente attraverso strade secondarie, poco conosciute e ancor meno frequentate, che spesso offrivano scenari estremamente interessanti e piacevoli. Il paesaggio era reso ancor più pittoresco2 dalla stagione, i primi di settembre, in cui stavo viaggiando. 
 
Non ero mai stato in questa parte del paese prima di allora, ma mi è stato detto che ora è molto meno selvaggia e, di conseguenza, meno bella.
L'oste della locanda dove mi ero fermato per il cambio dei cavalli e la cena – perché erano passate le cinque – era un robusto signore di sessantacinque anni, come mi disse, un uomo di una gentilezza spontanea e loquace, desideroso di accogliere i suoi ospiti a suon di chiacchiere, a cui il minimo cenno poteva dare la stura, su qualunque soggetto di loro gradimento.
Ero curioso di sapere qualcosa su Barwyke, questo infatti era il nome della tenuta e della casa a cui ero diretto. Siccome quella era l'unica locanda nel raggio di diverse miglia, avevo scritto all'amministratore di sistemarmi lì, come meglio poteva, per una notte.
L'oste delle 'Tre monache,' che era l'insegna sotto cui intratteneva i viandanti, non aveva granché da dirmi. Erano passati venti anni, o più, dalla morte dalla morte del vecchio Squire Bowes, e da allora nessuno aveva abitato in quelle casa, eccetto il giardiniere e sua moglie.
"Tom Wyndsour avrà la mia età, ma è un po' più alto, e non così in carne, certo” disse il grasso locandiere.
Ma giravano delle storie su quella casa,” ripetei, “che si dice abbiano tenuto lontano i possibili inquilini?”
Chiacchiere da vecchie comari, saranno passati tanti anni, signore, le ho dimenticate, dimenticate del tutto. Oh, sì, ce ne sono sempre, quando una casa è lasciata in quel modo, gli sciocchi parlano sempre, ma in questi venti anni non ho sentito una parola al riguardo.”
Nonostante le mie insistenze, l'anziano proprietario delle 'Tre monache,' per una qualche ragione, scelse di non raccontare le storie su Barwyke Hall; infatti sospettavo che, al contrario, le ricordasse molto bene.
Pagai il conto e ripresi il viaggio, rallegrato dall'atmosfera gioiosa di quella locanda all'antica, ma alquanto deluso.
Eravamo partiti da poco più di un'ora, quando iniziammo ad attraversare un terreno incolto e sapevo che, superato questo, dopo un quarto d'ora mi sarei trovato alla porta di Barwyke Hall.
Ben presto ci lasciammo alle spalle quei terreni ricoperti di rovi e torbiere e ci inoltrammo di nuovo nel paesaggio boscoso che amavo così tanto, così assolutamente naturale e bello, e così poco disturbato da qualsiasi genere di traffico. Stavo guardando fuori dal finestrino della carrozza, quando finalmente vidi l'oggetto di cui, da qualche tempo, i miei occhi erano alla ricerca. Barwyke Hall era una grande casa dall'aria antiquata, costruita in quello stile a 'graticcio' conosciuto anche come 'bianco e nero', caratterizzato da un disegno formato da sbarre e angoli in quercia, neri come l'ebano, in contrasto con l'intonaco bianco che ricopre i mattoni degli interstizi sottostanti. Quella casa elisabettiana dai caratteristici tetti a spiovente si trovava al centro di un terreno che ricordava un parco di non grande estensione, ma reso imponente dalla nobile statura dei vecchi alberi le cui ombre si allungavano sui prati, proiettate verso est dal sole al tramonto.


Knowle, Warwickshire.
Grimshaw Hall

Il muro di cinta era ingrigito dagli anni e coperto qua e là di edera. In una profonda ombra grigia, che contrastava con le fioche luci della sera che si riflettevano sul fogliame sovrastane, in un gentile avvallamento, si stendeva un lago dall'aspetto freddo e cupo, e sembrava, per così dire, che si sottraesse allo sguardo per un senso di colpa.
Avevo dimenticato che c'era un lago a Barwyke, ma nel momento in cui quello catturò il mio sguardo, come il freddo luccichio di un serpente nascosto nell'ombra, il mio istinto sembrò riconoscervi qualcosa di pericoloso, e mi resi conto che il lago era collegato, non ricordavo come, alla storia che avevo sentito nella mia infanzia riguardo a quel luogo.
La carrozza avanzò sul viale ricoperto d'erba, sotto i rami di quei nobili alberi, le cui foglie, tinte nei tipici rossi e gialli autunnali, riflettevano sontuosamente i raggi del sole occidentale.
Arrivammo alla porta. Scesi e diedi un'occhiata alla facciata della casa, era una dimora grande e malinconica, che portava i segni di un lungo abbandono: i grandi scuri di legno, come si usavano una volta, erano sbarrati dall'esterno con tavole di legno che andavano da una parte all'altra delle finestre, erbacce e perfino ortiche crescevano fitte nel cortile, e una patina di muschio ricopriva le assi del graticcio, mentre l'intonaco era scolorito dal tempo e dagli agenti atmosferici ed era ricoperto da grandi chiazze gialle e rossastre. La desolazione era accresciuta da diversi vecchi alberi maestosi che si accalcavano intorno alla casa.
Salii i gradini e mi guardai intorno, quell'oscuro lago era vicino a me adesso, leggermente alla mia sinistra. Non era grande, poteva avere una superficie di quattro o cinque ettari, ma contribuiva alla malinconia della scena. Quasi al centro c'era una piccola isola, con due vecchi frassini, inclinati l'uno verso l'altro, le cui tristi immagini si riflettevano nelle acque immote. L'unica nota lieta in quello scenario antiquato, solitario e desolato erano i colori accesi del sole al tramonto che si riflettevano sulla casa e sul paesaggio circostante. Bussai, e i miei richiami risuonarono cupi e ostili al mio orecchio, e la campana, da molto lontano, rispose con un suono profondo e brusco, come se si fosse risentita per essere stato svegliata da un sonno decennale.
Un vecchietto arzillo e gioviale, vestito con una corta mantella e le ghette, sul viso un sorriso di benvenuto e un naso rosso e affilato, che sembrava promettere una buona accoglienza, aprì la porta con una prontezza che suggeriva una premurosa attesa del mio arrivo.
Non c'era che una lampada nell'ingresso, e la sua luce quasi si perdeva nell'oscurità retrostante. Era un ambiente moto spazioso e alto, circondato da una galleria che, quando la porta era aperta, era visibile da due o tre punti. Il mio nuovo conoscente mi condusse quasi al buio attraverso questa ampia sala verso la stanza destinata ad accogliermi. Era spaziosa e ricoperta di pannelli di legno fino al soffitto. I mobili di questo salone erano antiquati e massicci. C'erano ancora le tende alle finestre e un tappeto persiano sul pavimento, le finestre erano in tutto due e guardavano, attraverso i tronchi degli alberi intorno alla casa, verso il lago. Fu necessario tutto il fuoco e tutte le piacevoli associazioni del naso rosso del mio anfitrione per illuminare quella malinconica camera. Una porta alla sua estremità più lontana si apriva sulla stanza dove dovevo dormire. Era tappezzata con pannelli di legno come l'altra. C'era un letto a baldacchino, con dei pesanti tendaggi, per il resto era arredata nello stesso stile antiquato e imponente dell'altra stanza. La sua finestra, come le altre di quell'ala della casa, si affacciava sul lago.
Sebbene quelle stanze fossero buie e malinconiche, tuttavia erano scrupolosamente pulite. Non avevo niente da lamentare al riguardo, ma l'effetto era deprimente. Dopo aver dato alcune indicazioni per la cena – un piacevole evento di cui non vedevo l'ora – e dopo aver fatto una veloce toletta, feci visita al mio amico con le ghette e il naso rosso (Tom Wyndsour), la cui occupazione era quella del balivo, o vice-amministratore, della proprietà, per chiedergli di accompagnarmi in una passeggiata nel parco, dal momento che avevamo ancora circa un'ora di sole e di crepuscolo.
Era una mite sera autunnale e la mia guida, un uomo anziano ma robusto, camminava con un passo così svelto che facevo fatica a stargli dietro. Attraverso i gruppi di alberi sul confine settentrionale della tenuta giungemmo nelle vicinanze del piccolo e vetusto cimitero della parrocchia. Lo stavo osservando dalla sommità di un'altura, ma il muro del parco vi si frapponeva; un po' più in basso, tuttavia, c'era una scaletta che ci condusse alla strada attraverso cui potemmo arrivare al cancello di ferro del cimitero. 


In A Country Churchyard :: Benjamin Williams Leader



La porta della chiesa era aperta e il sagrestano stava riponendo il piccone, il badile e la vanga, con cui aveva appena finito di scavare una tomba, nel loro piccolo ripostiglio sotto la scala di pietra del campanile. Era un ometto gobbo, gentile e sveglio che fu molto felice di mostrarmi la chiesa. Tra i monumenti ce n'era uno che attirò la mia attenzione: era stato eretto proprio per commemorare quello Squire Bowes da cui le mie anziane zitelle avevano ereditato la casa e la tenuta di Barwyke. L'epitaffio parlava di lui in termini di magniloquente panegirico e informava il lettore cristiano che era morto, nel seno della chiesa, all'età di settantuno anni. Lessi quell'iscrizione alla fioca luce del sole al tramonto, che sparì all'orizzonte proprio mentre stavamo uscendo sotto il porticato.
Sono passati venti anni dalla morte dello Squire,” dissi, riflettendo mentre mi attardavo nel cimitero.
Già, signore, venti anni il nove dello scorso mese.”
Era un buon vecchio gentiluomo?”
Di buon carattere e alla mano, signore; penso che in vita sua non abbia mai fatto male ad una mosca,” concordò Tom Wyndsour. "tuttavia non è sempre facile dire cosa hanno dentro e come possono cambiare o cosa possono diventare dopo, e alcuni, credo, è come se impazzissero.”
Credete che fosse uscito di senno?” chiesi.
Lui? Macché! No, non lui, signore, un po' pigro, forse, come tutti gli anziani, ma sapevo dannatamente bene cosa stava tramando.”
Il discorso di Tom Wyndsour era alquanto misterioso ma, come il vecchio Squire Bowes, ero “un po' pigro” quella sera, e non feci altre domande su di lui.
Risalimmo la scala e ci trovammo sulla stradina che costeggiava il cimitero. Era sovrastata da olmi secolari che, in quella luce crepuscolare, che ora prevaleva, la rendevano ancora più buia. Mentre camminavamo fianco a fianco lungo quella stradina, delimitata da due sconnessi muretti di pietra, qualcosa che correva a zig-zag verso di noi ci sorpassò a gran velocità, emettendo un suono simile ad una risata di terrore o ad un gemito e mi resi conto, mentre ci oltrepassava, che era una figura umana. Ora posso confessare che ne fui alquanto sorpreso. Il suo vestito era, almeno in parte, bianco: cosicché dapprincipio avevo pensato che fosse un cavallo bianco che avanzava al galoppo. Tom Wyndsour si girò indietro a guardare quella figura che si allontanava.

Caspar David Friedrich. Due uomini davanti alla luna, 1819
Anche stanotte se ne andrà in giro,” disse, a voce bassa. “E' facile trovargli un letto, a quel ragazzo: sei piedi in una torbiera o sulla brughiera, o un cantuccio in un fosso asciutto. Quel ragazzo non ha dormito in una casa nemmeno una volta in questi ultimi venti anni, e non succederà mai finché l'erba crescerà.”
E' matto?” chiesi.
Qualcosa del genere, signore; è un idiota, uno debole di cervello; lo chiamiamo 'Dickon il diavolo,' perché diavolo è quasi l'unica parola che gli esce di bocca.”
Mi venne in mente che quell'idiota era in qualche modo legato alla storia del vecchio Squire Bowes.
Si dicono strane cose di lui, non è così?” suggerii,
Più o meno, signore, più o meno. Strane cose, alcune.”
Venti anni dall'ultima volta che ha dormito in un letto? E' circa il tempo in cui è morto lo Squire,” proseguii.
Proprio così, signore, e non molto tempo dopo.”
Deve raccontarmi questa storia, Tom, questa sera, quando potrò ascoltarla comodamente, dopo cena.”
Mi sembrò che Tom non gradisse il mio invito, e guardando davanti a sé, mentre continuavamo a scarpinare, mi disse.
Veda, signore, negli ultimi dieci anni le casa è stata tranquilla, e non c'è stato niente che abbia turbato la gente dentro le sue mura o fuori, nei boschi di Barwyke, e la mia vecchia, laggiù, è decisamente contraria a parlare di tali argomenti, e pensa, come me, che sia meglio non stuzzicare il can che dorme.”Poco dopo arrivammo ad un varco nel muro del parco dove Tom Wyndsour aprì una porticina, attraverso cui entrammo di nuovo nella tenuta di Barwyke.
Il paesaggio immerso nella luce sempre più fioca del crepuscolo, i grandi e solenni alberi e la sagoma in lontananza di quella inquietante dimora, esercitarono su di me una strana influenza che, unita alla stanchezza di un giorno di viaggio e alla veloce camminata che avevamo fatto, mi tolsero la voglia di interrompere il silenzio in cui era caduto il mio compagno.
Un'atmosfera relativamente confortevole, al nostro arrivo, dissipò in larga misura la tristezza che si era impossessata di me. Sebbene la sera non fosse per niente fredda, fui molto felice di vedere un po' di legna bruciare nel caminetto e un paio di candele che, incrementando la luce del fuoco, davano alla stanza un aspetto allegro. Un tavolino, con una tovaglia bianchissima, e le pietanze per la cena, formavano uno spettacolo altrettanto piacevole.
Mi sarebbe piaciuto moltissimo, grazie a questa piacevole contesto, ascoltare la storia di Tom Wyndsour, ma dopo cena avevo troppo sonno per riportarlo su quell'argomento e dopo un bel po' di sbadigli, decisi che era inutile combattere contro la mia stanchezza, così mi portai nella mia camera da letto e per le dieci ero profondamente addormentato.
Cosa venne ad interrompere il mio sonno quella notte ve lo dirò tra breve. Non fu granché, ma di sicuro fu molto strano.
La sera seguente avevo completato il mio lavoro a Barwyke. Avevo lavorato incessantemente e duramente fin dal mattino, tanto che non avevo avuto il tempo di ripensare al singolare incidente che vi ho appena riferito. Provate a immaginami, comunque, finalmente seduto di nuovo al tavolino dove ho appena consumato una piacevole cena. Era stata una giornata afosa e avevo tirato su fino in fondo una di quelle ampie finestre. Mi ci ero seduto vicino, con il mio brandy e la brocca dell'acqua a portata di mano, a guardare fuori nel buio. Non c'era la luna, e gli alberi tutto intorno alla casa danno alle tenebre un tocco soprannaturale durante le notti di novilunio.
Tom,” dissi, non appena la brocca di punch caldo che gli avevo fornito incominciò ad esercitare la sua influenza socievole e loquace, “deve dirmi chi ha dormito in questa casa la scorsa notte oltre a sua moglie, lei e il sottoscritto.”
Tom, che sedeva vicino alla porta, mise giù il bicchiere e mi guardò sottecchi rimanendo in silenzio per, diciamo, il tempo necessario a contare fino a sette.
Questo è molto strano,” dissi, restituendogli lo sguardo, e sentendomi davvero un po' strano. “E' sicuro che non c'era lei in camera mia la scorsa notte?”
Non fino a stamattina, quando sono venuto a svegliarvi, signore. Posso anche giurarlo.”
Eppure,” dissi, “c'era qualcuno, posso giurarlo anche io. Ero così stanco che non sono riuscito ad alzarmi, ma sono stato svegliato da un srumore come se qualcuno avesse scagliato violentemente a terra le due scatole di latta in cui sono custoditi i miei incartamenti. Ho sentito dei passi leggeri e c'era luce nella stanza, sebbene ricordo di aver spento la mia candela. Ho pensato che doveva essere lei, venuto a prendere i miei abiti e che avesse accidentalmente urtato le scatole. Chiunque fosse, è andato via e la luce con lui. Stavo per riaddormentarmi quando, poiché il tendaggio ai piedi del letto era leggermente scostato, potei vedere una luce riflessa sul muro di fronte, come quella di una candela che rifletta la sua luce dall'esterno quando la porta è aperta con lentamente. Mi misi a sedere nel letto, aprii il tendaggio laterale e vidi che la porta si stava aprendo facendo entrare la luce dall'esterno. Come sa, è vicina alla testa del letto. Una mano era aggrappata al bordo della porta e spingeva per aprirla; una mano veramente singolare, non certo come la sua. Mi faccia dare un'occhiata.”
Allungò la mano per permettermi di ispezionarla.
Oh, no, la vostra non ha niente di sbagliato. Quell'altra era completamente diversa: più paffuta, e il dito medio era più secco e più corto degli altri, come se una volta si fosse rotto, e l'unghia era ricurva come un artiglio. Gridai 'Chi è là?' e la candela e la mano furono ritirate, e non ho più visto né sentito il mio visitatore.”

Sicuro come il fatto che siete vivo, quello era lui!” esclamò Tom Wyndsour, mentre il naso gli diventava pallido e gli occhi quasi gli uscivano dalla testa.
Chi?” domandai.
"Il vecchio Squire Bowes; quella che avete visto era la sua mano, che Dio abbia pietà di noi!” rispose Tom. “Il dito rotto, e l'unghia ricurva come un anello. Buon per lei, signore, che non sia tornato indietro, quando ha chiamato, quella volta. Lei è venuto qui per curare gli affari delle signorine Dymock, ma lui non ha mai voluto che avessero un solo metro di terra a Barwyke, e stava scrivendo il testamento per disporre altrimenti, quando la morte lo ha sorpreso. Non è mai stato sgarbato con nessuno, ma non poteva sopportare quelle due donne. Ho avuto un mancamento quando ho sentito che sareste vento per curare i loro affari, e ora vedete i risultati: si metterà di nuovo a fare i suoi vecchi trucchi!”
Con qualche insistenza e un altro po' di punch, convinsi Tom Wyndsour a spiegare le sue misteriose allusioni raccontando gli avvenimenti che seguirono alla morte del vecchio Squire.
Lo Squire Bowes di Barwyke morì senza aver fatto testamento, come lei sa,” disse Tom. “E tutta la gente del posto ne fu addolorata, per meglio dire, signore, addolorata come si può essere per un vecchio che ha vissuto tanto a lungo da non avere il diritto di lamentarsi se la morte ha bussato alla sua porta un'ora prima di quanto si aspettasse. Lo Squire era benvoluto, non si è mai arrabbiato o detto una parola sgarbata, e non avrebbe fatto male ad una mosca, ed è questo che rese ancora più sorprendente ciò che successe dopo la sua morte.
La prima cosa che fecero queste signore, quando vennero in possesso della proprietà, fu di comprare del bestiame da mettere nel parco.
Non fu saggio, in ogni caso, far pascolare lì il bestiame per proprio conto. Ma non potevano immaginare con che cosa avrebbero avuto a che fare. Ben presto qualcosa andò storto con il bestiame, prima un capo poi un altro, si ammalò e morì, e così via, finché la perdita divenne pesante. Poi, delle strane storie, poco a poco, incominciarono a girare. Prima uno, poi un altro, iniziò a dire che lo Squire Bowes era stato visto, verso sera, camminare, proprio come era solito fare quando era in vita, tra i vecchi alberi, appoggiato al suo bastone e, a volte, quando si imbatteva nel bestiame, si fermava e appoggiava gentilmente la mano sul dorso di un animale, e puoi star sicuro che il giorno dopo quello si sarebbe ammalato e dopo un po' sarebbe morto.
Nessuno lo ha mai incontrato nel parco, o nei boschi, o lo ha mai visto se non a grande distanza. Ma tutti conoscevano molto bene la sua andatura e la sua figura e gli abiti che era solito indossare, e potevano capire su quale animale aveva poggiato la mano in base al suo colore – bianco, grigio o nero – e quella bestia di sicuro si sarebbe ammalata e sarebbe morta. La gente dei paraggi era timorosa di percorrere il sentiero sopra il parco e a nessuno piaceva camminare nei boschi o entrare nella tenuta di Barwyke: e il bestiame continuava ad ammalarsi e a morire come prima.
A quel tempo c'era un certo Thomas Pyke; era stato uno stalliere del vecchio Squire e aveva cura di tutta la proprietà ed era l'unico che dormisse nella casa.
Tom era contrariato nel sentire quelle chiacchiere, di cui non credeva nemmeno alla metà, e soprattutto non riusciva a trovare né un uomo né un ragazzo a cui affidare la mandria, perché tutti erano spaventati. Così scrisse al fratello, un ragazzo sveglio, che viveva a Matlock nel Derbyshire, e che non sapeva niente della storia sul vecchio Squire e delle sue passeggiate.
Dick arrivò e il bestiame incominciò a stare meglio, la gente diceva che si poteva ancora vedere il vecchio Squire, a volte, passeggiare, come prima, tra le radure nei boschi, con il suo bastone in mano ma, da quando era arrivato Dickon Pyke, aveva timore di avvicinarsi agli animali, qualunque fosse il motivo, e si fermava un po' distante, a guardarli, fermo e immobile come il tronco di uno di quei vecchi alberi, ogni volta per un'ora, finché la sua sagoma svaniva, un po' alla volta, come il fumo di un fuoco che si spegne.
"Una notte di novembre, Tom Pyke e suo fratello Dickon, che erano gli unici ad abitare nella casa, dormivano nel grande letto nella stanza della servitù, dopo aver ben chiuso e sbarrato ogni ingresso.
Tom era disteso sul lato del letto dalla parte della parete e, mi disse, sveglio come poteva esserlo a mezzogiorno. Il fratello Dickon era dall'altra parte del letto, profondamente addormentato.
Bene, mentre Tom se ne stava lì a pensare, con gli occhi rivolti alla porta, questa si aprì lentamente, e chi altro poteva entrare se non il vecchio Squire Bowes, con la stessa faccia da morto che aveva nella bara.
Tom rimase senza fiato, non riusciva a distogliere gli occhi da quell'apparizione, e sentiva i capelli che gli si rizzavano in testa.
Lo Squire si avvicinò al letto e mise le braccia sotto il corpo di Dickon e sollevò il ragazzo – profondamente addormentato per tutto il tempo – e in quel modo lo trasportò fino alla porta.
Così apparivano le cose, agli occhi di Tom, e lui era pronto a giurarlo, davanti a tutti.
A quel punto, la luce, da qualunque parte venisse, improvvisamente andò via, e Tom non riuscì più a vedere ad un palmo dal naso.
Più morto che vivo, rimase nel letto fino all'alba.
Di sicuro suo fratello Dickon era scomparso. In casa non c'era traccia di lui, e con qualche difficoltà riuscì a trovare un paio di vicini disposti ad aiutarlo a cercare nei boschi e nei prati. Nessun segno di lui da nessuna parte.
Alla fine uno di loro pensò all'isola nel lago, la piccola barca era ormeggiata al solito palo sulla riva. Vi entrarono, ma con poca speranza di trovarlo. Tuttavia, fu proprio lì che lo trovarono, seduto sotto il grande frassino, completamente fuori di sé, e a tutte le loro domande rispondeva sempre con lo stesso urlo: “Bowes, il diavolo! Guardatelo, guardatelo, Bowes, il diavolo!” Era diventato un povero idiota, e tale resterà finché Dio rimetterà tutto a posto. Nessuno lo ha più potuto convincere a dormire sotto un tetto. Durante il giorno vaga di casa in casa, e mai a nessuno è venuto in mente di chiudere quella povera creatura in un ricovero. E la gente preferisce non incontrarlo dopo il tramonto, perché si crede che insieme a lui potrebbero esserci cose peggiori. 


Arnold Böcklin (1827-1901), Stèle Funéraire - 1880
 
Un lungo silenzio seguì alla storia di Tom. Eravamo soli nella grande sala, io ero seduto vicino alla finestra aperta, con gli occhi fissi nelle tenebre della notte. Mi sembrò di vedere qualcosa di bianco avvicinarsi e sentii un mormorio come se qualcuno parlasse a bassa voce diventare poi un grido stridulo: "Hoo-oo-oo! Bowes, il diavolo! Dietro le tue spalle. Hoo-oo-oo! ha! ha! Ha!" Balzai in piedi e vidi, alla luce della candela con cui Tom si era avvicinato alla finestra, gli occhi folli e la faccia deforme di un idiota che, con un repentino cambiamento di umore, si allontanò, borbottando e ridacchiando fra sé e sé, alzando in alto le sue lunghe dita, e fissandone le punte come se fosse una 'mano della gloria3.'
Tom chiuse la finestra. La storia e il suo epilogo erano arrivati a conclusione. Confesso che fui piuttosto felice quando, pochi minuti dopo, sentii il rumore degli zoccoli dei cavalli nel cortile, e fui ancora più felice quando, dopo essermi congedato da Tom in modo amichevole, ebbi lasciato la decrepita casa di Barwyke un miglio dietro di me.


FINE


1The Lancashire Witches è un romanzo di William Harrison Ainsworth pubblicato a puntate sul Sunday Times newspaper nel 1848; fu pubblicato in volume l'anno seguente. Il romanzo si basa sulla vera storia delle streghe di Pendle, che furono giustiziate nel 1612 per atti di stregoneria.
2 Il pittoresco è una categoria estetica che trova la sua prima formulazione solo alla fine del Settecento grazie ad U. Price, che nel 1792 scrisse: Un saggio sul pittoresco, paragonato al sublime e al bello. Tuttavia la sua prima comparsa nel panorama artistico è rintracciabile già agli inizi del Settecento, soprattutto nella pittura inglese, e poi nel rococò francese. Il pittoresco rifiuta la precisione delle geometrie regolari per ritrovare la sensazione gradevole nella irregolarità e nel disordine spontaneo della natura. Il pittoresco è la categoria estetica dei paesaggi. Tutta la pittura romantica di paesaggio conserva questa caratteristica. Essa, nel corso del Settecento, ispirò anche il giardinaggio, facendo nascere il cosiddetto giardino «all'inglese» che rifiuta la regolarità geometrica del giardino rinascimentale o 'all'italiana' e dispone ogni cosa in un'apparente casualità. Divengono elementi caratteristici di questo tipo di giardino: i vialetti tortuosi, i dislivelli, le pendenze, la disposizione irregolare degli arbusti. Ed un altro elemento caratteristico del giardino «all'inglese» è la falsa rovina.
3 'Hand of Glory' o mano della gloria, sembra derivare dal francese main de gloire, una volgarizzazione del nome della mandragola, un'erba a cui nei secoli venivano attribuite qualità magiche, e che si dice crescesse sotto i patiboli. Da qui il nome di un macabro manufatto ricavato dalla mano mummificata di un impiccato per omicidio, a cui la superstizione popolare attribuiva grandi poteri, specialmente se combinata con una candela fatta col grasso dello stesso malfattore. Pare che fosse particolarmente utile ai ladri, perché permetteva di aprire ogni porta, poteva addormentare le malcapitate vittime e la luce della candela era visibile solo a chi se ne serviva. Si ritrova una mano della gloria anche nell'episodio di Harry Potter e la camera dei segreti.

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