Bambini
coraggiosi
Ecco un altro racconto di Thomas Hardy (1840-1928) ambientato nella mitica terra del Wessex: I ladri che non potevano fare a meno di sternutire (TheThieves Who Couldn’t Help Sneezing). Pubblicato nel Christmas annual Father Christmas: Our little Ones’ Budget (1877), come racconto per bambini, è sicuramente godibile anche da parte di un pubblico adulto. Questa sua breve incursione nel mondo delle storie natalizie è poco conosciuta e la storia ricevette scarsa attenzione da parte della critica.
All’epoca,
Hardy aveva già pubblicato cinque romanzi, incluso Via
dalla pazza folla
(Far from the Madding Crowd, 1874), opera
che lo consacrò scrittore di prima grandezza, e
stava lavorando a Il
ritorno alla brughiera
(The
Return of the Native).
Tutte storie cariche di quel tragico realismo che fu la chiave
narrativa di Hardy e
che raggiunse il suo
culmine in
Giuda
l’oscuro
(Jude
the Obscure, 1895),
opera
così
pessimista da
provocare
lo sdegno del pubblico, al punto che lo scrittore abbandonò
definitivamente la prosa per dedicarsi alla poesia.
Nei
racconti, tuttavia, Hardy sembra prendersi una vacanza dal suo
pessimismo cosmico, trovando consolazione nella nostalgica
rievocazione della vita agreste della semplice gente del Wessex.
La
vicenda si svolge nella valle di Blackmore che è descritta come “a
fertile and somewhat lonely district,” che
con i suoi fitti boschi sembra il posto ideale per le imboscate
notturne. Ed è quello che capita al giovane protagonista, Hubert, un
ragazzo di quattordici anni “remarkable for his candour and
lightness of heart as for his physical courage, of which, indeed, he
was a little vain,” e
sarà proprio grazie al suo coraggio e alla sua inventiva che Hubert
uscirà vincitore da questa pericolosa situazione. L’avventura
ha luogo alla vigilia di Natale di tanti anni addietro, un tempo
remoto in cui la gente sapeva ancora essere felice, prima che la
rivoluzione industriale distruggesse il paesaggio fisico e morale
dell’Inghilterra.
I
ladri che non potevano fare a meno di sternutire
di
Thomas Hardy
Molti
anni fa, quando le querce ormai non più giovani erano grandi quanto
il bastone da passeggio di un anziano gentiluomo, nel Wessex viveva
il figlio di un piccolo proprietario terriero, il cui nome era
Hubert. Aveva circa quattordici anni, ed era degno di nota sia per
per il candore e la spensieratezza del suo cuore che per il suo
coraggio fisico, cosa di cui era alquanto orgoglioso. Una fredda
vigilia di Natale, suo padre, non avendo altri aiutanti a portata di
mano, lo inviò in una cittadina a qualche chilometro da casa per
sbrigare una commissione.
Viaggiò
a cavallo e fu trattenuto fino sera tardi dal disbrigo di quella
faccenda. Alla fine, comunque, la cosa ebbe capo e il ragazzo se ne
tornò alla locanda. Sellato il cavallo, riprese la strada di casa.
La strada del ritorno passava attraverso la valle di Blackmore, un
distretto fertile ma alquanto isolato, con pesanti strade argillose e
sentieri tortuosi. A quei tempi, poi, gran parte del territorio era
ricoperto da fitti boschi. Dovevano essere circa le nove quando,
cavalcando tra i rami che incombevano su Jerry, il suo cavallino
dalle forti zampe, e intonando canti natalizi, tanto per essere in
armonia con il periodo, Hubert credette di sentire un rumore tra i
cespugli. Questo gli fece ritornare alla mente che quel luogo aveva
una triste nomea. Era un posto da imboscate. Guardò Jerry e desiderò
che fosse di qualunque altro colore ma non grigio chiaro: per quel
motivo, la sagoma di quel docile animale era visibile perfino lì, in
quella fitta oscurità. “Che mi importa?” disse a voce alta, dopo
averci pensato qualche minuto. “Le gambe di Jerry sono troppo agili
per permette a qualunque brigante di avvicinarsi.”
"Ha!
Ha! Davvero?” disse una voce profonda e un momento dopo un uomo
sbucò dal boschetto alla sua destra, un altro uomo dal boschetto
alla sua sinistra e un altro dal tronco di un albero pochi metri più
avanti. Afferrarono le briglie di Hubert e lo tirarono giù dal
cavallo e, sebbene sferrasse colpi con tutta la sua forza, come ogni
ragazzo coraggioso naturalmente farebbe, fu tuttavia sopraffatto. Gli
legarono le braccia dietro la schiena e le gambe insieme strettamente
e poi lo gettarono in un fosso. I ladri, di cui poteva ora
intravedere le facce che apparivano artatamente annerite, se ne
fuggirono subito dopo portandosi via il cavallo.
Appena
Hubert si fu alquanto ripreso, scoprì che sforzandosi al massimo
poteva liberare le gambe dalle corde ma, nonostante i suoi tentativi,
le braccia rimanevano legate strettamente come prima. Tutto quello
che riuscì a fare, pertanto, fu di alzarsi in piedi e procedere per
la sua strada con le braccia legate dietro, confidando di poterle
liberare con un po’ di fortuna. Sapeva che sarebbe stato
impossibile raggiungere casa a piedi quella notte, per di più in
quelle condizioni, ma continuò a camminare.
Per
via della confusione che l’imboscata aveva provocato nella sua
mente, perse la strada e avrebbe ceduto alla tentazione di gettarsi a
terra e dormire fino al mattino tra le foglie morte se non fosse
stato consapevole del pericolo di dormire senza coperte in un gelo
così severo. Pertanto, continuò ad andare avanti, con le braccia
intorpidite dalla corde troppo strette che le immobilizzavano e il
cuore dolorante per la perdita del povero Jerry, che non si era mai
visto scalciare o mordere o mostrare una sola cattiva inclinazione.
Non fu piccola la sua felicità quando, attraverso gli alberi,
scorse una luce in lontananza. S’incamminò in quella direzione e,
poco dopo, si trovò di fronte ad una grande casa signorile con
edifici laterali, tetti a spiovente e torri, merli e camini che si
stagliavano contro il cielo stellato.
Tutto
era silenzioso, ma la porta era spalancata, ed era proprio da quella
porta che brillava la luce che lo aveva attratto fin là. Quando fu
entrato, si ritrovò in un vasto locale adibito a sala da pranzo e
brillantemente illuminato. Le pareti erano ricoperte da un ricco
rivestimento di legno scuro, formato da pannelli sagomati e
intarsiati, sportelli di credenze e i classici arredi di una casa di
quel genere. Ma quello che maggiormente attirò la sua attenzione fu
il grande tavolo nel mezzo della sala, su cui era apparecchiata una
sontuosa cena, non ancora toccata. Le sedie erano sistemate tutto
intorno e sembrava che qualcosa fosse intervenuto a interrompere il
pasto proprio quando tutto era pronto per iniziare.
Anche
se Hubert ne avesse avuto voglia, non avrebbe potuto mangiare, vista
la sua situazione, se non affondando la testa nei piatti come un
maialino o una mucca. Prima di tutto desiderava ottenere aiuto e a
tal proposito stava per addentrarsi nella casa quando udì dei passi
frettolosi nel portico e la parola “Svelti!” pronunciate da
quella voce profonda che aveva sentito quando lo avevano trascinato
giù dal cavallo. Ebbe appena il tempo di infilarsi sotto il tavolo
prima che tre uomini entrassero nella sala da pranzo. Spiando da
sotto l’orlo della tovaglia, vide che anche le loro facce erano
annerite, cosa che rimosse immediatamente ogni residuo dubbio che il
ragazzo avrebbe potuto nutrire sul fatto che quelli erano gli stessi
ladri.
“Presto,”
disse il primo uomo, quello dalla voce cupa, “nascondiamoci.
Saranno tutti di ritorno tra un minuto. Bello il trucco di attirarli
fuori di casa, eh?”
“Sì.
Hai imitato molto bene le urla di un uomo in pericolo,”
disse il secondo.”
“Alla
perfezione,” disse il terzo.
“Ma
ci metteranno poco a scoprire che era un falso allarme. Allora, dove
possiamo nasconderci? Deve essere un posto dove possiamo restare per
due o tre ore, finché non dormono tutti. Ah! Ce l’ho. Da questa
parte! So per certo che l’armadio là in fondo non viene aperto che
una volta all’anno, il che fa esattamente al nostro caso.”
L’uomo
che aveva parlato avanzò nel corridoio che partiva dal salone.
Strisciando un poco in avanti, Hubert poté vedere che l’armadio si
trovava in fondo a tutto, proprio di fronte alla sala da pranzo. I
ladri ci entrarono e chiusero la porta. Respirando a mala pena,
Hubert avanzò in punta di piedi, per capire qualcosa di più sulle
loro intenzioni, se possibile, e, avvicinandosi, poté sentire i
ladri che parlavano a bassa voce delle diverse stanze della casa dove
erano custoditi i gioielli, l’argenteria e altri oggetti di valore
che avevano chiaramente intenzione di rubare.
Non
si erano nascosti da molto quando, sullo spiazzo all’esterno, si
udì un allegro chiacchiericcio di dame e cavalieri. Hubert capì
che non era il caso di farsi sorprendere a girovagare per casa, a
meno di non essere egli stesso scambiato per un ladro. Così, senza
far rumore, ritornò nella sala e poi fuori dalla porta e si nascose
in un angolo buio del portico, da dove poteva vedere tutto senza
essere visto. Dopo poco, la comitiva ritornò in casa passandogli
davanti. C’erano un anziano gentiluomo e un’anziana signora, otto
o nove giovani signore e altrettanti giovanotti, oltre ad una mezza
dozzina fra camerieri e cameriere. La casa era rimasta apparentemente
vuota dei suoi abitanti.
“Ora,
miei cari, riprenderemo la cena,” disse l’anziano gentiluomo.
“Non riesco a capire cosa possa essere stato tutto quel rumore. Non
sono mai stato così certo in vita mia che stessero ammazzando
qualcuno proprio fuori dalla mia porta.”
Le
signore iniziarono a dire come si fossero spaventate e che si erano
aspettate un’avventura e poi tutto era finito in niente.
“Aspettate
un po’,” disse Hubert tra sé “Tra un po’ avrete la vostra
avventura.”
Risultò
che che quelle giovani coppie erano i figli sposati dei due anziani
che erano venuti a trascorrere il Natale con i loro genitori. La
porta fu poi chiusa e Hubert fu lasciato fuori nel portico. Pensò
che quello fosse il momento giusto per chiedere aiuto e, dal momento
che non poteva bussare con le mani, incominciò a scalciare
energicamente contro la porta. “Ehilà! Che stai combinando qui
fuori?” disse un cameriere che era venuto ad aprire e, afferrando
Hubert per una spalla, lo spinse nella sala da pranzo. “Ecco uno
strano ragazzo che ho pizzicato a fare chiasso nel portico, Sir
Simon.”
Tutti
si voltarono.
“Portalo
qui,” disse Sir Simon, il vecchio gentiluomo che abbiamo menzionato
prima. “Che stavi facendo là fuori, ragazzo mio?”
“Guardate,
ha le braccia legate!” disse una delle signore.
“Povero
ragazzo!” disse un’altra.
Hubert
cominciò subito a spiegare che era stato aggredito mentre tornava a
casa, derubato del suo cavallo e crudelmente abbandonato in quelle
condizioni dai ladri.
“Ma
pensa un po’!” esclamò Sir Simon.
“E’
una storia verosimile,” disse incredulo uno degli ospiti.
“Ne
dubitate, eh?” chiese Sir Simon.
“Forse
è anche lui un ladro,” suggerì una signora.
“Ora
che lo guardo meglio, di sicuro ha uno strano aspetto maligno e
violento,” disse l’anziana madre.
Hubert
arrossì per la vergogna e, invece di continuare la sua storia e
rivelare che i ladri si erano nascosti in casa, tacque ostinatamente,
quasi deciso a lasciare che scoprissero da soli il pericolo in cui si
trovavano. “Bene, slegalo,” disse Sir Simon. “Suvvia, dal
momento che è la vigilia di Natale, lo tratteremo bene. Avanti,
ragazzo mio, accomodati su quella sedia vuota in fondo al tavolo e
fai una buona cena. Quando sarai sazio, ascolteremo gli altri
dettagli della tua storia.”
Quindi,
il banchetto riprese e Hubert, ormai libero, non fu affatto
dispiaciuto di prendervi parte. Più bevevano e mangiavano, più la
compagnia diventava allegra: il vino scorreva a volontà, i ciocchi
nel caminetto ardevano, le signore ridevano alle storie dei
gentiluomini, in breve, tutto procedeva con la confusione e
l’allegria delle riunioni natalizie di una volta.
Hubert,
a dispetto dei suoi sentimenti feriti e dei dubbi sulla sua onestà,
non poté fare a meno di sentirsi scaldato nel corpo e nello spirito
dalla buonumore, dall’ambiente e dal tipo di ilarità espressa dai
suoi commensali. Alla fine rise di cuore alle loro storie e battute,
proprio come il vecchio baronetto. Quando la cena fu quasi alla fine,
uno dei figli, che aveva bevuto un po’ troppo vino, secondo il
costume degli uomini dell’epoca, disse a Hubert, “Bene, ragazzo
mio, come stai? Gradisci una presa di tabacco?” Tirò fuori una di
quelle tabacchiere che allora stavano diventando popolari tra i
giovani e i vecchi di tutto il paese.
“Dì
a queste signore chi sei, di che pasta sei fatto e cosa sai fare,”
continuò il giovane, dandogli una pacca sulla spalla.
“Certamente,”
disse il nostro eroe, tirandosi su e pensando che era meglio fare
buon viso a cattivo gioco. “Sono un mago itinerante.”
“Ma
guarda!”
“Che
ci toccherà sentire ancora?”
“Puoi
evocare gli spiriti dalle profonde vastità, giovane mago?”
“Posso
provocare una tempesta in un armadio,” rispose Hubert.
“Ha,
ha,” disse il vecchio baronetto, fregandosi allegramente le mani.
“Dobbiamo
proprio assistere a questo spettacolo. Ragazze, non andate via, c’è
qualcosa che dovete vedere.”
“Niente
di pericoloso, spero,” disse l’anziana padrona di casa.
Hubert
si alzò da tavola. “Prego, datemi la vostra tabacchiera,” disse
al giovanotto che si era preso confidenza con lui. “Ed ora,”
continuò, “seguitemi senza fare il minimo rumore. Se qualcuno di
voi parla, romperà l’incantesimo.”
Tutti
promisero di obbedirgli. Entrò nel corridoio e, togliendosi le
scarpe, si avvicinò in punta di piedi alla porta dell’armadio,
mentre il gruppo degli ospiti lo seguiva silenziosamente a poca
distanza. Poi Hubert piazzò uno sgabello di fronte alla porta e,
salendoci sopra, fu abbastanza alto da raggiungere la cima. Il
ragazzo, allora, sempre senza far rumore, versò tutto il contenuto
della tabacchiera lungo il bordo superiore della porta e, con qualche
leggera soffiata, spinse il tabacco attraverso la fessura all’interno
dell’armadio. Alzò il dito verso verso gli altri, affinché
rimanessero in silenzio.
“Povera
me, cos’è questo?” disse la vecchia signora, dopo qualche
minuto.
Uno
sternuto soffocato era venuto dall’interno dell’armadio.
Hubert
alzò di nuovo il dito.
“Davvero
singolare,” sussurrò sir Simon. “Estremamente interessante.”
Hubert
approfittò del momento per far scorrere silenziosamente il
chiavistello e chiudere la porta dell’armadio. “Più tabacco,”
disse piano.
“Più
tabacco,” disse sir Simon. Due o tre gentiluomini offrirono le loro
tabacchiere il cui contenuto fu soffiato dentro dalla cima
dell’armadio. Si sentì un altro sternuto, non così ben soffocato
come il primo, poi un altro che sembrava dire che non sarebbe stato
soffocato per nessuna ragione. Alla fine scoppiò una perfetta
tempesta di sternuti.
“Eccellente,
eccellente per uno così giovane!” disse sir Simon. “Sono
oltremodo interessato a questo trucco di far uscire la voce…
chiamato, credo, ventriloquismo.”
“Più
tabacco,” disse Hubert.
“Più
tabacco,” disse sir Simon. Il cameriere di sir Simon portò un
grande barattolo pieno del più profumato tabacco scozzese.
Hubert
caricò di nuovo la fessura superiore dell’armadio e soffiò il
tabacco all’interno come prima. Continuò a caricare ancora e
ancora, finché svuotò l’intero contenuto del barattolo. Il
tumulto di starnuti divenne veramente straordinario a sentirsi –
non c’era sosta. Era come sentire vento, pioggia e mare darsi
battaglia durante un uragano.
“Credo
che ci siano degli uomini là dentro, e questo non è un trucco!”
esclamò sir Simon, quando gli balenò in mente la verità.
“Proprio
così,” disse Hubert. “Sono venuti a svaligiare la casa, e sono
gli stessi che hanno rubato il mio cavallo.”
Gli
sternuti si trasformarono in gemiti spasmodici. Uno dei ladri,
sentendo la voce di Hubert, gridò, “Oh! Pietà! Pietà! Tirateci
fuori di qua!”
“Dov’è
il mio cavallo?” disse Hubert.
“Legato
all’albero nella radura dietro Short's Gibbet. Pietà! Pietà!
Tirateci fuori di qua o moriremo soffocati!”
A
quel punto, tutti gli ospiti di Natale capirono che non era più un
passatempo, ma una faccenda seria. Si procurarono pistole e mazze e
tutti i servi furono chiamati in casa e schierati davanti
all’armadio. Al segnale convenuto, Hubert tirò il chiavistello e
si misero sulla difensiva. Ma i tre ladri, ben lungi dall’attaccarli,
furono trovati accovacciati in un angolo, boccheggianti per mancanza
d’aria. Non opposero alcuna resistenza e, dopo averli legati,
furono sistemati in una dependance fino al mattino.
Hubert,
quindi, raccontò il restante della sua storia alla comitiva riunita
e fu profusamente ringraziato per i servigi che aveva reso. Sir Simon
gli chiese con insistenza di fermarsi per la notte e di accettare
l’uso della miglior camera da letto che la casa offriva, che era
stata occupata rispettivamente dalla regina Elisabetta e da re Carlo
quando erano stati in visita a questa parte del paese. Ma Hubert
declinò l’offerta, essendo ansioso di ritrovare il suo cavallo
Jerry e di verificare se i ladri avessero detto la verità al suo
riguardo.
Alcuni
ospiti accompagnarono Hubert al posto dietro Short's Gibbet dove,
secondo i ladri, era nascosto Jerry. Quando raggiunsero la collinetta
e si guardarono intorno, eccolo! Il cavallo era là, illeso e per
niente spaventato. Alla vista di Hubert, il cavallino nitrì di
contentezza e niente avrebbe potuto superare la felicità di Hubert
nel ritrovarlo. Il ragazzo gli montò in groppa, augurò la buona
notte ai suoi amici e si avviò al piccolo trotto nella direzione che
gli indicarono come la via più breve, e arrivò a casa sano e salvo
che erano quasi le quattro del mattino.
FINE
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