"2 B R 0 2 B"
è un breve racconto di fantascienza distopica di Kurt Vonnegut,
originalmente pubblicato nella rivista Worlds of If Science
Fiction, 1962. Il titolo viene pronunciato "2 B R naught 2
B", riferendosi al famoso monologo "to be, or not to
be" dell’Amleto di William Shakespeare
(scena prima - atto terzo).
Nella storia, la celeberrima frase si riferisce al numero di telefono
che la gente di un ipotetico futuro compone per prenotare il suicidio
assistito con l’Ufficio federale per la terminazione.
In
un futuro prossimo venturo
la massima virtù civica sarà il
volontario e pragmatico
sacrificio della vita: Kurt
Vonnegut affronta
i temi classici della fantascienza (illustre
precedente: Brave
New World di Hldus
Huxley, 1932)
come il controllo sociale, le metropoli affollate e la paura per la
mancanza di risorse, in modo semplice e geniale, mettendo
al centro della storia l’uomo e i suoi rovelli interiori.
Lo
scrittore immagina che nel futuro il mondo abbia sconfitto la
vecchiaia e le malattie e che la gente abbia la possibilità di
vivere indefinitamente e pertanto, per tenere sotto controllo la
popolazione, per ogni nuovo nato un anziano deve sottoporsi
volontariamente alla morte, altrimenti il bambino non potrà vivere.
L’autore
assume il punto di vista di un anziano pittore cinico e disincantato,
molto critico verso l’apparente perfezione del mondo in cui vive,
esemplificato nel murale che sta dipingendo: ‘Il
felice giardino della vita.’
Tuttavia,
dopo aver assistito al duplice omicidio e al suicidio commessi da un
giovane padre per fare spazio ai suoi tre gemelli, l’artista
ricorda le disperate
situazione del mondo, prima che la crescita demografica fosse tenuta
sotto controllo: “...in
giro non c’era nemmeno abbastanza acqua potabile, e niente da
mangiare se non alghe – e ancora la gente insisteva sul suo diritto
a riprodursi come conigli. E il loro diritto, se possibile, a vivere
per sempre.” Dopo
aver considerato il
benessere e la pace di cui gode ora la gente, il pittore decide di
aver vissuto abbastanza e compone il fatidico numero.
Problemi? Basta alzare il telefono. Li abbiamo risolti tutti – e tutti allo stesso modo.
2
B
R
0
2
B
di KURT VONNEGUT, JR.
Andava
tutto a meraviglia.
Non
c’erano prigioni, né squallide periferie, né manicomi, né
invalidi, né povertà, né guerre.
Tutte
le malattie erano state sconfitte. Così pure la vecchiaia.
La
morte, incidenti fatali, erano un’avventura per volontari.
La
popolazione degli Stati Uniti si era stabilizzata a quarantacinque
milioni di anime.
Un
luminoso mattino nell’ospedale di maternità di Chicago, un uomo di
nome Edward K. Wehling, Jr. stava aspettando che sua moglie
partorisse. Era l’unico uomo nella sala di attesa. Ormai non
nasceva più tanta gente.
Wheling
aveva sessantacinque anni, un giovincello in una popolazione la cui
età media era di centoventinove anni.
Le
radiografie avevano rivelato che sua moglie aspettava tre gemelli.
Sarebbero stati i suoi primi bambini.
Il
giovane Wheling si era rannicchiato sulla sedia, con la testa fra le
mani. Era così dimesso, così immobile e incolore da essere
virtualmente invisibile. Il suo mimetismo era perfetto, dal momento
che anche la sala d’attesa aveva un’aria trascurata e deprimente.
Le sedie e i posacenere erano stati spostati lontano dalle pareti. Il
pavimento era ricoperto da teli protettivi pieni di schizzi.
Stavano
ridipingendo la stanza. Veniva ridipinta come un memoriale ad un umo
che era morto volontariamente.
Un
anziano dall’espressione sardonica, di circa duecento anni, sedeva
su una scala a libretto, dipingendo un murale che non gli piaceva.
Nei tempi andati, quando la gente invecchiava visibilmente, gli
avrebbero dato circa trentacinque anni. La vecchiaia lo aveva toccato
fino a quel punto prima che fosse stata trovata la cura contro
l’invecchiamento.
Il
murale a cui stava lavorando ritraeva un giardino estremamente
ordinato. Donne e uomini in bianco, dottori e infermiere, zappavano
la terra, piantavano nuovi germogli, spruzzavano insetticidi,
spargevano fertilizzanti.
Uomini
e donne in camici viola tiravano via le erbacce, abbattevano le
piante che erano troppo vecchie e ammalate, rastrellavano le foglie,
trasportavano i rifiuti all’inceneritore.
Mai,
mai, mai – nemmeno nell’Olanda medievale o nell’antico
Giappone, c’era stato un giardino più formale o meglio tenuto.
Ogni pianta aveva tutto lo spazio, tutta la luce, tutta l’acqua,
tutta l’aria e il nutriente che le serviva.
Un
inserviente dell’ospedale veniva giù per il corridoio
canticchiando una canzone famosa:
Tesoro,
se non ti piacciono i miei baci,
Ecco
quello che farò:
Andò
a trovare una ragazza vestita di viola,
Darò
un bacio a questo triste mondo, tra la la la,
Se
tu non vuoi il mio amore,
Perché
dovrei occupare tutto questo spazio?
Me
ne andrò da questo vecchio pianeta,
E
lascerò il mio posto a qualche dolce bimbo.
L’inserviente
si affacciò nella sala e diede un’occhiata al murale. “Sembra
così reale,” disse, “Praticamente, mi sembra di stare là
dentro.”
“Cosa
ti fa pensare di non esserci già?” disse il pittore, facendo un
sorriso ironico. “Si chiama ‘Il felice giardino della vita,’
sai?”
“E’
molto buono da parte del dottor Hitz,” disse l’inserviente.
Si
riferiva ad una delle figure maschili vestita di bianco, il cui volto
ritraeva il dottor Benjamin Hitz, il primario di ostetricia
dell’ospedale. Hitz era un uomo di una bellezza accecante.
“Ancora
tante facce da inserire,” disse l’inserviente. Voleva dire che le
facce di molte figure del murale erano ancora vuote. Tutti i vuoti
dovevano essere riempiti con i ritratti delle persone importanti
dello staff dell’ospedale o dell’Ufficio federale per
la terminazione di Chicago.
“Deve
essere bello saper dipingere immagini che rassomiglino a qualcosa,”
disse l’inserviente.
Il
volto del pittore assunse un’espressione di disprezzo. “Pensi che
io sia orgoglioso di questo impiastro?” disse. “Pensi che questa
sia la mia idea di come è veramente la vita?”
“Qual’è
la tua idea della vita?” disse l’inserviente.
Il
pittore indicò un telo protettivo tutto inzaccherato. “Eccotene
una buona rappresentazione,” disse. “Incornicialo e avrai
un’immagine dannatamente più onesta di questa.”
“Mi
sa che sei un tipo macabro,” disse l’inserviente.
“E’
un crimine?”
L’inserviente
fece spallucce. “Nonno, se non ti piace questo mondo...” disse, e
finì il concetto con un calambour che corrispondeva al numero di
telefono che la gente che non voleva più vivere poteva chiamare. Lo
zero nel numero telefonico lo pronunciò "naught."
Il
numero era "2 B R 0 2 B."
Era
il numero di telefono di un’istituzione i cui fantasiosi soprannomi
includevano: ‘Distributore automatico,’ ‘Scatolificio,’
‘Spidocchiatoio,’ ‘Lucky Pierrei,’
‘Addio, mamma,’ ‘Happy Hooliganii,’
‘Baciami subito.’ ‘Perché preoccuparsiiii?’
‘Non piangere più,’ ‘Frullatore Waringiv,’
‘Vai facile,’ ‘Spulcia-pecorev,’
‘La lettiera per gatti,’ ‘Il regno degli uccelli.’
"To
be or not to be" era il numero di telefono della camera a gas
municipale dell’Ufficio federale per la terminazione.
Il
pittore fece marameo all’inserviente. “Quando deciderò che è
tempo di andarmene,” disse, “non sarà allo spidocchia-pecore.”
“Una
cosetta fai-da-te, eh?” disse l’inserviente. “Un gran casino,
nonno. Perché non hai un po’ di considerazione per chi poi dovrà
ripulire?”
Il
pittore espresse con una parolaccia la sua mancanza di preoccupazione
per le tribolazioni dei sopravvissuti. “Al mondo servirebbe un bel
po’ di casino in più, secondo me,” disse.
L’inserviente
rise e se ne andò.
Wehling,
il padre in attesa, borbottò qualcosa senza alzare la testa. E poi
ricadde nel silenzio.
Una
donna imponente e appariscente avanzò nella sala d’attesa sui suoi
tacchi a spillo. Le scarpe, le calze, il trench, la borsa e il
berretto erano tutti color viola, quel viola che il pittore chiamava
“il colore dei grappoli nel giorno del giudizio.”
Il
simbolo sullo zainetto viola era il logo del Servizio assistenza
dell’ufficio federale per la terminazione,
un’aquila appollaiata su di un tornello.
Il
volto della donna mostrava una fitta peluria – di fatto, si
trattava di veri e propri baffi. Un fatto curioso riguardo le hostess
della camera a gas era che, non importa quanto graziose e femminili
fossero al momento dell’assunzione, a tutte spuntavano i baffi nel
giro di cinque anni.
“E’
qui che dovrei venire?” chiese al pittore.
“Dipende
molto da quello deve fare,” disse. “Non sta per partorire, vero?”
“Mi
hanno detto che avrei dovuto posare per un dipinto,” disse. “Mi
chiamo Leora Duncan.”
“E
mette a mollo la gentevi,”
disse
“Cosa?”
“Lasci
perdere,” disse.
“E’
proprio un bel dipinto,” disse. “Sembra un paradiso, o qualcosa
del genere.”
“O
qualcosa del genere.” disse il pittore. Prese una lista di nomi dal
suo camice. "Duncan, Duncan, Duncan," disse, scorrendo la
lista. “Sì – ecco. Ha il diritto di essere immortalata. Vede
qualche corpo senza volto su cui le piacerebbe che appiccicassi la
sua testa? E’ rimasta poca scelta.”
La
donna esaminò il murale scoraggiata. “Caspita,” disse, “mi
sembrano tutti uguali. Non capisco niente di arte.”
“Un
corpo è un corpo, eh?” disse il pittore. “Molto bene. Come
esperto di belle arti, le raccomando questo corpo qui.” Indicò una
figura di donna senza volto che trasportava dei rami secchi
all’inceneritore.
“Beh,”
disse Leora Duncan, “Sembrano più quelli dello smaltimento, vero?
Voglio dire, io sono nel servizio. Non mi occupo di smaltimento.”
Il
pittore batté le mani con simulato compiacimento, “Dice di non
capire niente di arte, e un un attimo dopo mi dimostra di saperne più
di me! Logicamente, la figura di una che trasporta fascine è
sbagliata per una hostess. Tagliare o potare – questo è più in
linea con lei.” E indicò una figura in viola che stava segando il
ramo secco di un melo. “Che ne dice di quella?” chiese. “La
soddisfa?”
“Oh
Dio...” disse, arrossì e assunse un’aria umile - “così…
così mi mette proprio accanto al dottor Hitz.”
“Questo
le da fastidio?” disse.
“Santo
cielo, no! E’... è un tale onore.”
“Ah,
lei… lo ammira, eh?” disse.
“Chi
non lo ammira?” disse, guardando il ritratto di Heitz con
devozione. Era il ritratto di un onnipotente, abbronzato Zeus dai
capelli bianchi, vecchio di duecento anni. “Chi non lo ammira?”
ripeté la donna. “E’ stato il responsabile della costruzione
della prima camera a gas di Chicago.”
“Niente
mi farebbe più piacere,” disse il pittore. “che mettervi al suo
fianco per sempre. Segare via un ramo – questo le sembra
appropriato?”
“Questo
rassomiglia molto a quello che faccio,” disse. Era umile riguardo
al suo lavoro. Quello che faceva era mettere a proprio agio la gente
mentre li uccideva.
E
mentre Leora Duncan stava posando per il suo ritratto, nella sala
d’attesa fece la sua comparsa il dottor Hitz in persona. Era alto
un metro e novanta e irradiava importanza, successo e gioia di
vivere.
“Bene,
miss Duncan! Miss Duncan!” disse, e fece un gioco di parole. “Cosa
ci fa qui?” disse. “ Questo non è il posto dove la gente se ne
va. Questo è il posto dove la gente arriva!”
“Saremo
ritratti insieme nello stesso dipinto,” disse timidamente.
“Benissimo!”
esclamo il dottor Hitz con entusiasmo. “E, dica, è per caso quello
il dipinto?”
“Sono
assolutamente onorata di esserci insieme a lei,” rispose Leora.
“Lasci
che le dica,” replicò il dottore. “che sono io onorato di
esserci insieme a lei. Senza donne come lei, questo nostro
meraviglioso mondo non sarebbe possibile.”
La
salutò e si avviò verso la porta che conduceva alle sale parto.
“Indovini cosa è appena nato,” disse.
“Non
saprei.”
“Tre
gemelli!”
“Tre
gemelli!” esclamò la donna pensando alle implicazioni legali di
tre gemelli.
La
legge diceva che nessun neonato poteva sopravvivere a meno che i
genitori non trovassero qualcuno disposto a morire volontariamente.
Tre gemelli, per poter vivere tutti e tre, richiedevano tre
volontari.
“I
genitori hanno tre volontari?” chiese Lora Duncan.
“A
quanto ne so,” disse il dottor Hitz, “ne avevano uno e stavano
cercando di procurarsene altri due.”
“Non
credo ci siano riusciti,” disse Leora. “Nessuno ha fissato tre
appuntamenti con noi. Niente altro che appuntamenti singoli per tutto
il giorno, a meno che non abbiano chiamato dopo che sono uscita. Qual
è il nome?”
"Wehling,"
disse il padre in attesa, tirandosi su, con gli occhi rossi e
malmesso.
"Edward
K. Wehling, Jr., è il nome del felice futuro padre.”
Sollevò
la mano destra, fissò un punto nel muro, proruppe in una misera
risatina rauca. “Presente,” disse.
"Oh,
Mr. Wehling," disse il dottor Hitz, “non l’avevo vista.”
“L’uomo
invisibile,” disse Wehling.
“Mi
hanno appena telefonato che i suoi tre gemelli sono nati,” disse il
dottor Hitz. “Stanno tutti bene, come pure la madre. Sto appunto
andando a visitarli.”
“Urrà,”
disse Wehling con espressione vacua.
“Non
mi sembra molto felice,” disse il dottor Hitz.
“Quale
uomo al posto mio non sarebbe felice?” disse Wehling. Gesticolò
con le mai come a mimare una spensierata faciloneria. “Tutto quello
che devo fare è scegliere quale dei tre gemelli vivrà, poi devo
consegnare il mio nonno materno allo Happy Hooligan, e tornare qui
con la ricevuta.”
Il
dottor Hitz divenne piuttosto severo con Wehling, gli si avvicinò
sovrastandolo in tutta la sua altezza. “Lei non crede nel controllo
della popolazione, Mr. Wehling?" chiese.
“Credo
che sia una cosa veramente eccezionale,” disse Wehling
nervosamente.
“Le
piacerebbe ritornare ai cari vecchi tempi, quando la popolazione
della Terra aveva raggiunto i venti miliardi, e poi avrebbe raggiunto
i quaranta miliardi, poi gli ottanta miliardi e poi i centosessanta
miliardi? Sa che cosa è una drupa, Mr. Wehling?" disse Hitz.
“No,”
disse Wehling nervosamente.
“Una
drupa, Mr. Wehling, è uno di quei piccoli acini, uno di quei
piccoli succosi grani delle more,” disse il dottor Hitz. “Senza
controllo della popolazione, gli essere umani ora sarebbero stipati
sulla superficie di questo vecchio pianeta come drupe su una bacca di
more! Ci pensi!”
Wehling
continuò a fissare lo steso punto sulla parete.
“Nel
duemila,” disse il dottor Hitz, “prima che intervenissero gli
scienziati a stabilire la legge, in giro non c’era nemmeno
abbastanza acqua potabile, e niente da mangiare se non alghe – e
ancora la gente insisteva sul suo diritto a riprodursi come conigli.
E il loro diritto, se possibile, a vivere per sempre.”
“Voglio
quei bambini,” disse Wehling sommessamente. “Li voglio tutti e
tre.”
“E’
naturale che lei lo voglia,” disse Hitz. “E’ assolutamente
umano.”
“Ma
non voglio nemmeno che mio nonno muoia.” disse Wehling.
“Nessuno
è veramente felice di portare un parente stretto alla
lettiera-del-gatto,” disse il dottor Hitz con tono gentile e
comprensivo.
“Vorrei
che la gente non lo chiamasse in quel modo,” disse Leora Duncan.
“Cosa?”
disse il dottor Hitz.
“Vorrei
che la gente non lo chiamasse ‘la lettiera-del-gatto’ o cose del
genere,”disse. “Questo dà alla gente un’impressione
sbagliata.”
“Ha
assolutamente ragione,” disse il dottor Hitz. “Mi perdoni.” Si
corresse e diede alle camere a gas municipali il loro nome ufficiale,
un nome che nessuno usava mai in una conversazione. “Avrei dovuto
dire ‘Stanze del suicidio etico,” disse.
“Così
è molto meglio,” disse Leora Duncan.
“Questo
vostro bambino – qualunque dei tre decidiate di tenere, Mr.
Wehling," disse il Dr. Hitz, “lui o lei, vivrà in un pianeta
felice, spazioso, pulito, ricco, grazie al controllo demografico. In
un giardino simile a quello del murale.” Scosse la testa, “due
secoli fa, quando ero giovane, era un tale inferno che nessuno
pensava potesse durare altri venti anni. Ora secoli di pace e tutto
lo spazio che vogliamo davanti a noi, fin dove la nostra
immaginazione riesce a viaggiare.”
Un
sorriso gli illuminò la faccia.
Wehling
sparò al dottor Hitz uccidendolo. “C’è spazio per uno… uno
spazio bello grande,” disse.
E
poi sparò a Leora Duncan “E’ solamente morte,” le disse mentre
la donna cadeva giù.
“Ecco
fatto! Spazio per due.”
E
poi si uccise, facendo spazio a tutti e tre i suoi bambini.
Nessuno
accorse. Nessuno, apparentemente, aveva sentito gli spari.
Il
pittore sedette in cima alla scala, osservando pensosamente quella
triste scena.
Rifletté
sul lugubre rompicapo della vita che ci imponeva di nascer e, una
volta nati, ci imponeva di riprodurci… di moltiplicarci e vivere il
più a lungo possibile – e fare tutto ciò su un piccolissimo
pianeta che avrebbe dovuto bastare per sempre.
Tutte
le soluzione a cui il pittore riusciva a pensare erano terrificanti.
Ancora più terrificanti di una lettiera-per-gatti, un Happy Hooligan
o un vai-facile. Pensò alle guerre. Pensò alle epidemie. Pensò
alle carestie.
Sapeva
che non avrebbe mai più dipinto. Lasciò cadere il suo pennello sul
telo sottostante. E poi decise che, per di più, ne aveva avuto
abbastanza di vivere nel ‘felice giardino della vita.’ E scese
lentamente dalla scala.
Prese
la pistola di Wehling, con l’intenzione di spararsi
Ma
non ne ebbe il coraggio.
E
allora vide la cabina telefonica nell’angolo della stanza. Andò al
telefono, compose l’indimenticabile numero: "2 B R 0 2 B."
“Ufficio
federale per la terminazione,” disse la calda voce di una
hostess.
“Potrei
ottenere un appuntamento al più presto?” chiese, scandendo le
parole.
“Potremmo
probabilmente inserirla nel tardo pomeriggio, signore,” disse.
“Potrebbe essere anche prima, se ci sono rinunce.”
“Benissimo,”
disse il pittore, “inseritemi, per favore.” E diede il suo nome,
facendo lo spelling.
“Grazie,
signore,” disse la hostess. “La sua città la ringrazia, il suo
paese la ringrazia, il suo pianeta la ringrazia. Ma il ringraziamento
più profondo di tutti è da parte delle future generazioni.”
FINE
iThe
Adventures of Lucky Pierre è un film nudie del 1961 creato dai
registi di film da cassetta Herschell Gordon Lewis e David F.
Friedman. Il primo del suo genere ad essere girato a colori, il film
è interpretato dal comico Billy Falbo. Spesso Pierre è coinvolto
in strane ammucchiate dove i ruoli sessuali diventano molto
promiscui. Oggi è anche usato per riferirsi a persone gay.
ii
The doings of Happy Hooligan, conosciuto anche come Happy
Hooligan, (in Italia noto come Fortunello o Fortunino)
è una serie a fumetti a tavole domenicali e a strisce giornaliere
realizzate da Frederick Burr Opper e pubblicate dal 1900 al 1932. Fu
una delle prime serie a usare i balloons o nuvolette
Il
personaggio è un ingenuo vagabondo irlandese con in testa una
lattina vuota, spesso vittima di ingiustizie e sembra perseguitato
dalla sfortuna ma questo non gli fa perdere il suo naturale
ottimismo.
iii
Why Worry, un
film del 1923
interpretato da
Harold Lloyd.
Il ricco ipocondriaco Harold va in un paese tropicale per la sua
salute (in realtà ottima) e prende in continuazione pillole,
dategli dalla sua infermiera. Si trova però al
centro di una rivoluzione.
ivUna
marca di frullatori molto popolare all’epoca.
v
Sheep Dip: uno dei tanti disinfettanti e insetticidi liquidi
in cui le pecore sono immerse per uccidere parassiti e germi nel
loro vello.
Oggi Sheep Dip è anche una marca di whisky in onore ad un
vecchio ad una vecchia consuetudine della campagna scozzese. In
passato i contadini scozzesi erano soliti distillarsi il proprio
whisky e per non pagare le tasse lo mettevano in botti
contrassegnate come Sheep Dip.
vi
Gioco di parole tra Duncan e il verbo dunk che vuol
dire immergere, mettere a mollo, inzuppare
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