Timeo
danaos et dona ferentes...
Così, nell'Eneide di
Virgilio, lo sfortunato Laocoonte tentò di impedire ai troiani di
accettare il fatale dono dei greci. E certamente Fredric Brown se ne
ricordò in questo breve racconto Earthmen Bearing Gifts (Galaxy
magazine, giugno1960). Come
sempre, nei racconti di Brown la fantascienza è solo un pretesto per
parlare del presente. Un presente allora minacciato dalla guerra
fredda e dall'incubo dell'olocausto atomico. Noi che eravamo
adolescenti quella notte tra il 20 ed il 21 luglio del 1969 imparammo
a conoscere Brown attraverso il suo racconto più famoso
The Sentry (La sentinella 1954) letto da
Warner Bentivegna in attesa dell'allunaggio. Fu semplicemente
perfetto. E per me fu amore a primo ascolto.
I
TERRESTRI PORTANO DONI
di FREDRIC BROWN
Dhar Ry sedeva solo nella sua stanza, meditando.
Dall'esterno della porta percepì un'onda di pensiero equivalente ad
una bussata, e, guardando verso porta, desiderò che si aprisse.
Si aprì. “Entra, amico mio,” disse. Avrebbe
potuto trasmettere l'idea telepaticamente, ma, essendo solo due
persone, era più educato parlare.
Ejon Khee entrò. “Sei rimasto sveglio fino a
tardi stanotte, mio comandante,”disse.
“Sì, Khee. Tra un'ora atterrerà il razzo
terrestre, e io voglio vederlo. Sì, lo so, atterrerà a mille miglia
da qui, se i loro calcoli sono corretti. Oltre l'orizzonte. Ma anche
se atterrasse ad una distanza doppia, il lampo dell'esplosione
atomica sarebbe visibile. E io ho aspettato a lungo questo primo
contatto. Perché anche se non ci sarà nessun terrestre su quel
razzo, sarà comunque il primo contatto – per loro. Naturalmente le
nostre squadre di telepati hanno continuato a leggere i loro pensieri
per molti secoli, ma – questo sarà il primo contatto fisico
tra Marte e la Terra.”
Khee si accomodò su uno dei bassi sedili. “Vero,”
disse. “Tuttavia, non ho seguito i recenti rapporti troppo da
vicino. Perché stanno usando delle testate nucleari? So che pensano
che il nostro pianeta non è abitato, però...”
“Osserveranno il lampo attraverso i loro telescopi
lunari per eseguire – come la chiamano? - un'analisi
spettroscopica. Questo gli dirà più di quello che sanno adesso (o
pensano di sapere, molte cose sono sbagliate) sull'atmosfera del
nostro pianeta e la composizione della sua superficie. Questo è –
chiamalo un lancio esplorativo, Khee. I terrestri saranno qui in
persona tra poche opposizioni. E allora -”
Marte stava resistendo, in attesa dell'arrivo della
Terra. Quello che rimaneva di Marte, cioè: quest'unica piccola
città di novecento esseri. La civiltà di Marte era più antica di
quella della Terra, ma stava ormai morendo. Questo era quanto ne
rimaneva: una città, novecento persone. Stavano aspettando che la
Terra entrasse in contatto con loro, per una ragione egoistica e una
non egoistica.
La civiltà marziana si era sviluppata in una
direzione molto diversa da quella della Terra. Non aveva sviluppato
alcuna importante conoscenza delle scienze fisiche o della
tecnologia. Ma aveva sviluppato le scienze sociali al punto tale che
su Marte non c'era stato un solo crimine, per non parlare di una
guerra, per cinquantamila anni. Aveva, poi, sviluppato appieno le
scienze parapsicologiche della mente, che la Terra stava appena
incominciando a studiare.
Marte aveva molto da insegnare alla Terra. Come
evitare il crimine e la guerra, per iniziare. Oltre a queste semplici
cose c'erano la telepatia, la telecinesi, l'empatia...
E la Terra, Marte sperava, avrebbe insegnato loro
qualcosa di ancora più prezioso: come reintegrare e risanare un
pianeta morente, grazie alla scienza e alla tecnologia, così che,
una razza altrimenti morente potesse vivere e moltiplicarsi ancora–
era troppo tardi. ormai, perché i marziani potessero sviluppare
conoscenze di tipo scientifico-tecnologico, anche se avevano il tipo
di menti che gli avrebbe permesso di farlo.
Ogni pianeta avrebbe guadagnato moltissimo, e
nessuno dei due avrebbe perso.
E quella era la notte in cui la Terra avrebbe fatto
il suo lancio esplorativo. Il prossimo lancio, un razzo con a bordo
degli umani, o almeno uno, sarebbe avvenuto alla prossima
opposizionei,
fra due anni terrestri, o, approssimativamente, quattro anni
marziani. I marziani lo sapevano perché le loro squadre di telepati
erano in grado di catturare almeno una parte dei pensieri degli
abitanti della Terra, abbastanza per conoscere i loro progetti.
Sfortunatamente, a quella distanza, il contatto era possibile in una
sola direzione. Marte non poteva chiedere alla Terra di accelerare il
suo programma. O informare gli scienziati terrestri sulla natura e
l'atmosfera di Marte, cosa che avrebbe reso inutile questo lancio
preliminare.
Quella notte Ry, il comandante (questa era
l'approssimativa traduzione della parola marziana), e Khee, suo
assistente amministrativo e amico intimo, sedettero e meditarono
insieme finché si avvicinò il momento. Quindi brindarono al futuro
– con una bevanda a base di mentolo, che sui marziani aveva lo
stesso effetto dell'alcol sui terrestri – e salirono sul tetto
dell'edificio. Guardarono verso il nord, dove il razzo avrebbe dovuto
atterrare. Le stelle brillavano luminose e ferme attraverso
l'atmosfera.
Nell'osservatorio N°1 della luna terrestre, Rog
Everett, guardando attraverso l'oculare del cannocchiale, esclamò
trionfante, “Laggiù ha soffiatoii,
Willie. E ora, appena le pellicole saranno sviluppate, sapremo la
verità sul vecchio pianeta Marte.” Si alzò in piedi – non
c'era altro da vedere – e strinse solennemente la mano di Willie
Sanger. Era un'occasione storica.
“Spero
che non abbia ammazzato nessuno. Nessun marziano, cioè. Rog, è
riuscito a centrare Sirtis Major?”
“In
effetti,ii
c'è andato vicino. Direi che era spostato di circa mille miglia a
sud. E questo è dannatamente vicino per un lancio di cinquanta
milioni di miglia. Willie, pensi davvero che ci sia vita su Marte?”
Willie ci
pensò un attimo e poi disse, “No.”
E aveva
ragione.
FREDRIC BROWN
iIn
astronomia, si ha l'opposizione di un corpo celeste rispetto
a un altro, quando il primo corpo si trova nella direzione opposta
(ovvero a 180°) dal secondo, rispetto all'osservatore.
iiNell'originale
“Thar she blew”, era il grido dei balenieri nel Moby Dick
di Melville quando avvistavano lo sfiuto caratteristico delle balene
in emersione.
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