Un
Mandarino per Vera
Arnold
Bennett nacque ad Hanley, Staffordshire, nel 1867. Dopo aver
frequentato la London University (senza riuscire a laurearsi), lavorò
come impiegato nello studio di avocato del padre, ma il lavoro a lui
poco congeniale e l'avarizia paterna, tema che riapparirà in molti
dei suoi romanzi, lo convinsero a lasciare per sempre lo
Stratfordshire e a trsferirsi a Londra dove intraprese la carriera
giornalistica, arrivando a ricoprire il ruolo di vice direttore della
rivista Woman. Contemporaneamente, iniziò la sua prolifica
carriera di scrittore che lo porterà a pubblicare romanzi, commedie
e saggi di successo. La gran parte dei suoi romanzi sono ambientati
là dove era nato e cresciuto, nel famoso distretto delle ceramiche
dello Stratfordshire, conosciuto col nome di the Potteries. Egli si
ispirò al grande romanzo realista francese, in particolare alle
opere di Maupassant e nel 1903 si trasferì a Parigi dove risiedette
per circa otto anni e dove ebbe modo di incontrare le personalità
più eminenti dell'epoca. Sposò l'attrice francese Marguerite
Soulié, da cui più tardi divorzierà. Durante la prima guerra
mondiale fu coinvolto con atri scrittori in un grande progetto di
propaganda bellica. Dopo la guerra si stabilì nell'Essex con
l'attrice Dorothy Cheston, da cui ebbe la figlia Virginia. Morì a
Londra nel 1931 di febbre tifoidea, contratta probabilmente durante
una sua visita in Francia. Fu l'ultimo scrittore a cui fu tributato
l'onore di cospargere di paglia la strada sotto casa per non turbare
la sua agonia.
Sebbene
durante la sua vita fosse
stato uno scrittore estremamente popolare sia in Inghilterra che
negli Stati Uniti, dopo la morte la sua popolarità fu offuscata
dalla critica tranchant di Virginia Woolf. In
Mr
Bennett and Mrs Brown
del 1924, un'articolata
riflessione sul rinnovamento del romanzo, Woolf attacca la narrativa
edoardiana di ispirazione realistica, in particolare quella di Arnold
Bennett, condannandone l’eccessiva concentrazione sui dettagli
materiali, a scapito dell’interesse per la psicologia del
personaggio.
Oggi,
tuttavia, le sue opere più importanti sono ancora lette, in
particolare Anna of the Five Towns (1902),
The Old
Wives' Tale
(1908) e
quelle che formano la trilogia di Clayhanger
Clayhanger
(1910),
Hilda
Lessways
(1911) e
These
Twain
(1916).
Il racconto che vi propongo, L'assassinio
del Mandarino,
è tratto dalla raccolta The Grim Smile of the Five towns
(1902), la cui location trae ispirazione dalle sei città che
costituivano le così dette Potteries. Le cinque città reali
sono Tunstall, Burslem, Hanley, Stoke-upon-Trent and Longton, a cui
corrispondono nella fiction Turnhill, Bursley, Hanbridge, Knype and
Longshaw. Il distretto, una volta ricco e fiorente grazie alla
produzione di vasellame, era una tipica zona industriale: inquinata e
avvelenata dai sali di piombo usati dalle industrie locali, (di cui
il paesaggio porta ancora oggi le cicatrici), e con uno skyline
caratterizzato dalle tipiche ciminiere a forma di bottiglia, circa
quattromila allora (ne restano ancora quarantasei oggi), da cui
usciva il fumo nero e denso del carbone bruciato nelle fornaci.
Bennett, memore della lezione dei grandi realisti francesi, descrive
la vita della gente comune, le sue difficoltà e i suoi drammi, ma in
questa raccolta di racconti usa un tono leggero e ironico. L'idea di
base gli venne suggerita dal così detto paradosso del Mandarino
che compare nel
Papà Goriot di
Honoré de Balzac.
In cosa consiste? Se vi dicessero che scuotendo un campanello potete
uccidere un Mandarino della lontana Cina (all’epoca forse lo era di
più) e ottenerne così i suoi beni,
senza venire mai scoperti, lo fareste? Il tema, che evidentemente
affascinò i salotti dell’ottocento, è più volte ripreso da vari
scrittori, ma la versione più interessante è quella data dallo
scrittore portoghese José Maria Eça de
Queirós nel suo O
Mandarim del 1880.
L'eroina, Vera Cheswardine, donna bella,
elegante e capricciosa, ha sostituito il culto dell'eleganza e
dell'apparire agli ideali di frugalità e operosità che avevano
ispirato la comunità delle Potteries, sotto l'influenza della
potente chiesa Metodista locale. Ma Vera non è esattamente una donna
frivola e leggera, al contrario si rende ben conto dei propri limiti
intellettuali: “Odiava vedere la vita sotto una luce
inconsueta, Odiava pensare.” Sa che la
bellezza e l'eleganza sono la sua unica arma per conquistarsi un
ruolo nella propria comunità:
“Vera era diventata la donna meglio vestita di
Bursley. E non è poco.” Ma soprattutto, la
bellezza è l'unica arma che ha per tener testa al marito, ricco
industriale, discendente di una di una dinastia di industriali
arricchitisi
con la ceramica, oculato e intransigente
amministratore del proprio patrimonio: “Il
grande Stephen le proibiva in modo assoluto di
procurarsi alcunché a credito. Lei lo temeva. Sapeva bene fin dove
poteva arrivare con Stephen.”
Egli, pur amando la moglie,
ha nei suoi confronti un atteggiamento di paternalistico
autoritarismo, tipico del pater familias
vittoriano. Ma la loro non è certo la tipica
famiglia vittoriana: “Vedete, lei era l'unica
bambina della casa. Invidiava le altre mogli e i loro bebè.
Ma dal momento che i frugoletti si divertivano a scendere giù dai
camini di tutte le altre case di Bursley evitando la sua, cercò
conforto negli abiti.” A questo va aggiunto lo
strano ménage a trois di cui
fa parte l'amico
di famiglia, da sempre
innamorato senza speranza di Vera: “Woodruff,
dopo essere stato testimone degli sposi, continuò
ad amarla, sommessamente e
con filosofia.” E proprio
l'intersecarsi di queste tre sensibilità darà l'avvio a questa
bizzarra vicenda: da una parte la cultura pseudo-scientifica di
Woodruff, che si nutre di stampa popolare, dall'altro la rigida
amministrazione del denaro da parte di Mr. Cheswardine e al centro
Vera, con la sua smania di apparire e le sue mani bucate; sullo
sfondo la potenza del danaro, unico strumento per
l'affermazione personale e la
realizzazione delle proprie ambizioni, costi quel
che costi.
Curiosità:
♥
In onore di Bennett
il cuoco del Savoy Hotel di
Londra
inventò la
omelette alla Bennett (videoricetta della BBC)
☺Nel
1960 il
formidabile duo Garinei e Giovannini, trasse
dal
racconto O
Mandarim dello
scrittore portoghese José
Maria Eça de Queirós
(1880)
la commedia musicale “Un
mandarino per Teo”,
con uno
scanzonato inno
al danaro “Soldi,soldi, soldi”
molto prima degli Abba.
♠Richard
Matheson,
scomparso
di recente, si ispirò al paradosso del mandarino per il suo racconto
Button,
Button (Uncanny
Stories,
2008). Dal
racconto fu tratto anche un episodio della ormai mitica serie
televisiva TheTwilight Zone.
L'ASSASSINIO
DEL MANDARINO
di
Arnold
Bennett (1902)
Watercolour - Tunstall, the
Potteries, 1937 - Ronald
I
“Cos'è
che state dicendo riguardo all'assassinio?”
chiese Mrs. Cheswardine, mentre entrava nell'ampio soggiorno,
portando il vassoio con la cena. “Poggialo qua,” disse il marito,
riferendosi al vassoio e indicando un tavolino sistemato
davanti al focolare, con due gambe dentro e due gambe fuori dal
tappeto. “Quel
grembiule ti dona immensamente.” mormorò Woodruff, l'amico di
famiglia, mentre allungava le sue lunghe gambe contro il parafuoco in
direzione delle fiamme, perfino oltre le lunghe gambe di
Cheswardine.
Ciascuno
dei due
uomini
occupava una poltrona posta su ciascun lato del focolare, erano tutti
e due molto alti e avevano tutti e due quarant'anni.
Mrs Cheswardine,
con un
rapido
gesto
infinitamente grazioso,
sistemò il vassoio sul tavolino, dietro cui prese posto su una sedia
che sembrava la nipotina delle due poltrone, poi
si sistemò
il grembiule lisciandolo
nervosamente.
A dire
il vero, il grembiule le donava immensamente. E' incredibilmente
delizioso e adorabile l'effetto di un elegante grembiulino
inaspettatamente
sistemato
su di un abito elaborato e costoso, specialmente quando si può
sentire il fruscio della sottoveste di seta sotto
di esso,
e più specialmente quando il grembiule è lisciato da dita
ingioiellate. Ogni
uomo lo sa. Ogni donna lo sa. Mrs
Cheswardine lo
sapeva. In queste cose, Mrs Cheswardine sapeva esattamente quello
che stava facendo.
Quando
suo marito portava
a casa Woodruff a notte tarda, come faceva frequentemente dopo un
giro al club, era
oltremodo
lieta di
preparare con le sue stesse mani – essendo la servitù andata a
letto – uno spuntino per la loro cena. Ad
esempio, tramezzini al pomodoro incredibilmente sottili, insieme a
champagne o birra chiara. Gli
uomini preferivano la birra, naturalmente, ma se Mrs Cheswardine
desiderava bere un sorso di champagne dal calice di suo marito, la
birra non era disponibile. Quella sera le andava lo champagne.
Woodruff lo aprì, come faceva sempre, e senza volerlo, ne fece
cadere una libagione sul focolare, come faceva quasi sempre. Gli
uomini di buon carattere, goffi e che
soffrono in silenzio,
raramente acquisiscono
l'arte
di aprire lo champagne.
Mrs
Cheswardine batté il piede infilato in una
pantofola rosa. “Sei tutta nervi, stasera,” disse ridendo
Wooruff, “e hai fatto innervosire
anche me.” Alla fine,
riuscì a versare un po' di champagne in un calice. “No, non sono
nervosa,” lo contraddisse Mrs
Cheswardine. “Sì, lo sei, Vera,” insisté
Woodruff con calma. Lei sorrise. L'uso di
quell'elegante nome, con la sua vaga suggestione di arciduchessa
russa, aveva uno strano effetto su di lei, particolarmente sulle
labbra di Woodruaff. Ne era orgogliosa, e anche
del suo cognome – uno dei più vecchi cognomi delle cinque città.
Invariabilmente, le sillabe di “Vera” la calmavano, come per
incantesimo. Woodruff e
Cheswardine l'avevano chiamata Vera per tutta la
vita, e di anni ne aveva trenta. Erano vissuti
tutti e tre a Bursely, in case
situate alla fine di Trfalgar Road. Woodruff se
ne innamorò per primo, quando lei aveva diciotto anni, ma con nessun
risultato pratico. Era un uomo dai capelli castani, di bella presenza
a dispetto della sua goffaggine, ma non si era reso conto che
l'adorazione a distanza non è il modo migliore per catturare un
giovane donna con grandi occhi e un temperamento emotivo.
Cheswardine, che aveva una barba nera, semplicemente arrivò e sposò
quel gioiellino. Lei svolazzò sulla sua spalla
come una colomba. Lo adorava
e lo temeva, lo
coccolava e lo tormentava;
sapeva che c'erano profondità della sua mente che non avrebbe mai
voluto sondare.
Givanni
Boldini - A portrait of John Singer Sargent, 1890
Woodruff,
dopo essere stato testimone degli sposi, continuò
ad amarla, sommessamente e
con filosofia, trovando la
sua principale fonte di gioia proprio
in quelle cene. Vera
era soddisfatta di quel
compromesso, in quanto al marito e all'ammiratore senza speranza,
erano sempre stati amici inseparabili.
“Vi
ho chiesto cosa stavate dicendo a proposito dell'assassinio,” disse
Vera seccamente, “ma sembra...” “Oh! Davvero?” Si scusò
Woodruff. “Stavo dicendo che l'assassinio
non è una cosa così impossibile come sembra. Chiunque potrebbe
commettere un assassinio.” “Allora tu vuoi
difendere Harrisford? Lo senti cosa dice, Stephen?” I famigerati e
terribili assassini di Harrisford stavano agitando le cinque città
quel novembre. La gente
leggeva, parlava e sognava assassinio e
per diverse settimana ebbero assassinio a pranzo e cena. “Non vuole
affatto difendere Harrisford,” disse Chesswardine, con un'aria di
mascolina superiorità, “e naturalmente, chiunque potrebbe
commettere un assassinio. Anche io.” “Stephen! Sei orribile!”
“Anche tu potresti!” disse Woodruff, fissando Vera. “Charlie!
Ma cosa dici, la sola vista del sangue...” “Mica c'è sempre
sangue,” affermò profetico il marito. “Ascoltate,” proseguì
Woodruff, che leggeva un po' di tutto e amava le
speculazioni filosofiche. “Supponiamo che solo
pensandolo, o desiderandolo,
un inglese potesse uccidere un Mandarino
1
in Cina e diventare ricco per tutta la vita, senza che nessuno venga
a saperne niente! Quanti Mandarini
pensate che resterebbero in Cina alla
fine della settimana?” “Dopo ventiquattro
ore, piuttosto,” disse Cheshwardine cupamente.
“Nemmeno uno,” disse Woodruff. “Ma
è assurdo,” obbiettò Vera turbata. Quando quei due uomini
iniziavano le loro
discussioni filosofiche, riuscivano sempre a turbarla. Odiava vedere
la vita sotto una luce inconsueta, Odiava pensare.
Foto
di un Mandarino - 1890
“Non è assurdo,” replicò
Woodruff. “Semplicemente dimostra che ad impedire l'assassinio
all'ingrosso non è la malvagità insita in esso, ma la paura di
essere scoperti, la confusione generale, la vista del cadavere e così
via.” Vera rabbrividì. “E non sono sicuro.” proseguì
Woodruff, “che l'omicidio sia poi più malvagio di tante altre
cose.” “L'usura, per esempio,” suggerì Cheswardine. “O la
bigamia,” disse Woodruff. “Ma un inglese non POTREBBE uccidere un
mandarino solo col pensiero,” disse Vera, guardando verso l'alto.
“Che ne sappiamo?” disse Woodruff con la sua voce paziente. “Ti
ricordi cosa ti dissi a proposito del trasferimento del pensiero la
settimana scorsa. E' successo nel Borderland 2”
Vera si sentì come se non avesse più terra solida sotto i piedi, e
l'idea di andarsene in giro affondando i piedi in una palude la
faceva arrabbiare.
“Penso che sia semplicemente
stupido,” sentenziò. “No, grazie.” Disse “No, grazie,” a
suo marito, quando quello le offrì il suo bicchiere. Lui le accostò
il bicchiere alle labbra un po' di più. “Ho detto “No, grazie,””
ripeté seccamente. “Giusto un sorso,” insisté lui. “Non ho
sete.” “Allora faresti meglio ad andare a letto.” le disse.
Aveva l'abitudine di mandarla a letto all'improvviso. Non che le
dispiacesse. Ma aveva diversi modi di andarsene. Quella sera era
quello dell'arciduchessa.
II
Woodruff, nell'affermare che Vera era
tutta nervi quella sera, aveva proprio ragione. Lo era. E né suo
marito né Woodruff ne conoscevano la ragione. La ragione era
intimamente connessa con gli abiti. Vera era sposata da dieci anni.
Ma nessuno l'avrebbe detto, a guardare la sua figura da ragazza e i
suoi modi da uccellino. Vedete, lei era l'unica bambina della casa.
Invidiava le altre mogli e i loro bebè. Ma dal momento che i
frugoletti si divertivano a scendere giù dai camini di tutte le
altre case di Bursley evitando la sua, cercò conforto negli abiti.
Aveva tirato fuori il meglio di sé stessa. E aveva fatto davvero un
lavoro eccellente. La sua figura era vicino alla perfezione quanto
può esserlo quella di una donna, c'erano poi quei begli occhi
profondi, quel volteggiare da colombella e il fascino sempre nuovo
dei suoi gesti. Vera era diventata la donna meglio vestita di
Bursley. E non è poco. Suo marito era ricco, e la sua ricchezza si
andava accrescendo, sebbene, naturalmente, da bravo produttore di
vasellame, figlio e nipote di produttori di vasellame, egli si univa
di buon grado alla lamentela generale delle cinque città che non si
facevano più soldi con le “pentole”. Gli piaceva avere una
donna ben vestita per casa e le versava una cospicua indennità, il
cui ammontare era sussurrato con timore reverenziale tra gli amici di
Vera: un centinaio di sterline all'anno, di fatti.
Pagava
ogni tre mesi, con un assegno. Questo era il suo metodo.
James
Tissot – A Woman of Ambition, 1885
Adesso,
i membri dell'hockey club per signore (o almeno quelle di loro che
non erano state storpiate a vita nell'esercizio
di questo nobile passatempo) stavano per dare un ballo proprio la
sera dopo la conversazione sull'assassinio. Vera apparteneva
all'hockey club (in senso puramente ornamentale) e si era procurata
un abito per il ballo ritenuto
degno di coronare la sua reputazione di specchio di eleganza. La
gonna aveva – ma no (leggete l'articolo dello Statfordshire
Signal del 9 novembre 1901). Il guaio era che
all'abito mancava, per la sua perfezione finale, una particolare cosa
e che quella particolare cosa era separata da Vera dalla vetrina
principale del famoso negozio di Brunt a Hanbridge. Vera avrebbe
potuto fare senza. Il vestito sarebbe ancora stato splendido senza
quella cosa. Ma Vera l'aveva vista e la VOLEVA. Il
suo prezzo era un ghinea 3.
Bene, direte, cos'è una ghinea per una deliziosa creatura con un
provvigione di cento sterline all'anno? Che vada a comprarsi
l'articolo. Il punto è che lei non poteva,
perché tutto quello che le era rimasto erano sei scellini e sette
pence 4.
(E mancavano sei settimane a Natale!) Aveva sperperato – oh, animo
superiore al danaro! - venticinque sterline, e anche di più, dal 29
di settembre. Allora, direte, a credito, in altre
parole, a debito? No, no, no! Il grande Stephen
le proibiva in modo assoluto di procurarsi alcunché a credito. Lei
lo temeva. Sapeva bene fin dove poteva arrivare con Stephen. Egli era
grande e terribile. Bene, direte, non potrebbe
blandire e lusingare Stephen per ottenere una
sovrana 5
o due? Impossibile! Aveva cento sterline
all'anno a patto di non superare quella somma o
chiedere anticipi. Bene,
suggerirete discretamente, ci sono certi trucchi
ben conosciuti dalle casalinghe... Zitti! Vera li aveva già
adoperati. Sei scellini e sette pence non era semplicemente tutto ciò
che le rimaneva per le spese dell'abbigliamento,
era tutto ciò che le rimaneva per le spese della casa fino al
prossimo lunedì. Da qui i suoi nervi.
Quella
sfortunata donna giaceva là, con quel tiranno addormentato di un
marito che le russava al fianco,
desolatamente sveglia sotto la luce della lampada notturna nella sua
ampia e lussuosa camera da letto – con tre servi
che dormivano al piano superiore, champagne in cantina, pellicce
nell'armadio, raffinati merletti intorno al collo proprio
in quel preciso momento, pianoforte a coda nel soggiorno, cavalli
nella stalla, un orso impagliato nell'ingresso – e la sua vita
distrutta per quattordici scellini e cinque pence! E
non aveva nessuno su cui confidare. Com'è vero che l'animo
umano è solitario, che la felicità è l'unica vera ricchezza e che
per essere felici dobbiamo essere buoni. Fu in
quella congiuntura di disperazione che le venne di
pensare ai mandarini. O piuttosto – a voler essere sinceri –
aveva continuato a pensare ai mandarini da quando si era ritirata a
dormire. Ci DOVEVA essere qualcosa nella teoria del mandarino di
Charlie... Secondo Charlie, nel mondo succedevano tante cose strane e
inspiegabili. L'occulto – il subliminale – l'astrale – le onde
del pensiero. Queste espressioni, e molte altre, le vennero in mente
mentre ricordava le sconcertanti conversazioni di Charlie. Avrebbe
potuto essere... non si sa mai. Improvvisamente
pensò alle tasche del marito, rigonfie di argento, oro e banconote.
Che visione tentatrice! No!
Non poteva rubare. Inoltre, lui avrebbe potuto svegliarsi. E ritornò
ai mandarini. Sprofondò in uno stato mentale morboso e
tipico delle due del mattino. Supponiamo che
questo stratagemma funzionasse DAVVERO. (Naturalmente, era
estremamente superstiziosa, tutti lo siamo). Iniziò a riflettere
seriamente sulla Cina.
Ricordava di aver sentito che i mandarini cinesi erano moto corrotti,
vessavano i poveri e facevano torturare vittime
innocenti, in breve, erano persone orribili e perverse, furfanti
indegni di pietà. Quindi prese in considerazione
le più remote parti della Cina, regioni dove gli europei
non avrebbero potuto mai penetrare. Senza dubbio,
c'era un qualche mandarino
poco importante, da qualche parte in quelle regioni, per il cui
distretto la sua morte sarebbe stata una vera benedizione, uccidere
costui sarebbe infatti stato
un atto di umanità.
Martino Martini: Novus
Atlas Sinensis (1655)
Probabilmente un mandarino senza moglie o famiglia, uno
scapolo che nessun parente avrebbe pianto, o, in alternativa, un
mandarino con molte mogli, la cui disgustosa poligamia meritava una
severa punizione! Un vecchio mandarino già quasi morto, o, in
alternativa, uno giovane che stava appena cominciando la sua infame
carriera! “Sono terribilmente sciocca.”
sussurrò a sé stessa. “Eppure, se ci FOSSE qualcosa di vero in
tutto ciò. E io devo, devo, devo avere quella cosa per il mio
vestito!” Guardò di nuovo alle forme indistinte degli abiti di suo
marito, sparsi alla rinfusa su un'ottomana. No! Non poteva umiliarsi
a rubare! Così, assassinò un mandarino, distesa
là, nel suo letto, non un mandarino particolare, un mandarino
qualunque, il mandarino più conveniente e adatto sotto ogni aspetto.
Ne desiderò deliberatamente
la morte, per la remota possibilità di acquisirne le ricchezze, o,
più precisamente, perché aveva bisogno di quattordici scellini e
sei pence per poter apparire
perfettamente splendida al ballo.
Quando
si svegliò la mattina – il marito era già uscito per andare al
lavoro – pensò a come era stata sciocca quella notte. Non era
dispiaciuta per aver desiderato la morte di un altro essere umano.
Niente affatto. Era dispiaciuta perché era convinta, alla fredda
luce del giorno, che la magia non avrebbe funzionato. Le
idee di Charlie erano davvero troppo ridicole, troppo assurde. No!
Doveva rassegnarsi all'idea di indossare un abito da ballo che fosse
meno che perfetto, e tutto per quattordici scellini e cinque pence. E
diventò più nervosa che mai! Fu nervosa a tal punto che quando andò
ad aprire il cassetto del suo personale tavolino da toilette, in cui
il suo prudente e pignolo marito la costringeva a chiudere a chiave
tutti i suoi anelli e le sue spille ogni notte, si
attaccò al cassetto sbagliato – un cassetto vuoto e aperto che non
usava mai. Ed ecco! Il cassetto vuoto non era vuoto. Là
dentro c'era una sovrana! Questo la fece
trasalire, mettendo insieme la scoperta, come naturalmente fece alla
prima occhiata, con il mandarino. Non era davvero
possibile, dopo tutto.
Ritornò in sé. Che assurdità! Una coincidenza, naturalmente,
niente altro? Inoltre, una semplice sovrana!
Non era abbastanza. Charlie aveva detto “ricchi
per tutta la vita”. La sovrana doveva essere rimasta là per mesi e
mesi, dimenticata.
Comunque, non di meno era una sovrana.
La raccolse, ringraziò la Provvidenza, ordinò il calessino e andò
dritta da Brunt. La particolare cosa che acquistò era una cintura
d'argento estremamente fine, sottile e seducente – una meraviglia
per quel che costava, e l'ideale decorazione per il suo splendido
vestito di mussola bianca. La comprò e lasciò il negozio. Mentre
usciva dal negozio, vide uno strillone che mostrava il manifesto
dell'edizione del mattino del Signal. E sul manifesto lesse, a
grandi lettere: “MORTE DI LI HUNG CHANG.” Non è esagerato dire
che per poco non svenne. Solo grazie all'esercizio di quel severo
autocontrollo di cui solo le donne sono capaci, riuscì a trattenersi
dal cadere contro il petto rivestito di blu di Adams, il cocchiere
dei Cheswardine. Acquistò il Signal con dissimulata calma, lo aprì
e lesse: “Ultime notizie. Pechino. Li Hung Chung, stimato statista
cinese, è morto questa mattina alle due. Reuter. 6”
Ned Parfett - strillone
III
Quel pomeriggio, Vera si distese sul
sofà e il sofà fu spostato di fronte al caminetto del soggiorno. E
indossava il suo più vaporoso e languido peignoir 7.
E c'era profumo di acqua di
colonia nell'appartamento. Vera aveva mal di testa e lo aveva alla
sua maniera grandiosa e ufficiale. Stephen
aveva cenato da solo. Gli era stato detto che la sua sofferente
consorte, con ogni probabilità, non sarebbe stata abbastanza bene
per andare al
ballo. Al che, lui aveva grugnito. In verità, il mal di testa di
Vera era estremamente reale ed era veramente sconvolta.
La
morte di Li Hung Chang le pesava sulla coscienza. L'occultismo era la
spiegazione di tutto. La faccenda andava oltre la semplice
coincidenza. Aveva sempre saputo che c'era qualcosa di vero
nell'occultismo, nelle
così dette superstizioni
e via dicendo. Ma non si sarebbe mai aspettata
di comprovare questa sua convinzione con un simile atto omicida da
parte sua. Era
assolutamente detestabile che Charlie avesse menzionato la cosa. Non
aveva alcun diritto di giocare col fuoco. E per quello che
riguardava il marito, le parole potevano a malapena dare un'idea del
suo risentimento contro Stephen. Una
situazione davvero spiacevole se una donna con una posizione come la
sua da mantenere dovesse essere ridotta a
sei scellini e sette pence. Stephen,
senza dubbio, si aspettava di vederla entrare in un banco dei pegni.
Gli starebbe
proprio bene se lei
lo facesse
– e magari
incontrarsi sotto le sfere di ottone mentre lei usciva dal negozio!
Forse
non si vestiva bene solo ed esclusivamente per compiacerlo? Non
certamente per compiacere sé stessa! Personalmente, la sua mente
aspirava a cose più alte e irraggiungibili. Ma a lui piacevano i bei
vestiti. Ed era suo dovere soddisfarlo. Si sforzava di soddisfarlo in
tutti i modi. Viveva per lui. Si sacrificava a lui completamente. E
che cosa otteneva in cambio? Niente! Niente! Niente! Tutti gli uomini
erano egoisti. E le donne erano le loro vittime... Stephen, con le
sue sciocche e opprimenti regole contro il comprare a credito e così
via... La cosa peggiore degli uomini era
la loro
completa mancanza
di buon senso. Mise
un'altra dose di acqua di colonia sulla fronte e si appoggiò su di
un gomito. Sul caminetto era posato un pacchetto avvolto in carta
velina che conteneva la sottile cintura d'argento, il prezzo della
morte di Li. Avrebbe voluto buttarla ne fuoco. E solo il fatto che
non avrebbe bruciato la trattenne dall'agire così rabbiosamente.
Inoltre, c'era qualcosa di sbagliato nell'occultismo. Ricevere una
misera sovrana per l'assassinio del più grande statista
dell'emisfero orientale era semplicemente grottesco. Per
giunta,
lei non
aveva assolutamente desiderato privare la Cina di un uomo di valore.
Aveva espressamente pattuito per un mandarino insignificante e di
rango inferiore, uno di cui si poteva fare a meno e sconosciuto alla
Reuter. Sarebbe
stato meglio informarsi sulla Cina alla fondazione Wedgwood 8
e
scegliere uno specifico mandarino con uno specifica residenza. Ma
ci si sarebbe mai potuto aspettare da lei che progettasse
un assassinio in maniera così deliberata?
Sargent
- Lady
Agnew of Lochnaw, 1893
Riguardo
alla grossolana inadeguatezza del tornaconto finanziario della sua
azione, forse era colpa sua. Non aveva desiderato di più. Il
suo cervello era stato così occupato dalla cintura che aveva
desiderato solo la cintura. Ma forse, d'altra parte, ricchezze più
vaste stavano per arrivare. Forse qualcosa sarebbe accaduto proprio
quella sera. Tanto
meglio.
Ma sarebbe poi stato meglio? Per quanto potesse diventare ricca,
Stephen avrebbe freddamente preso possesso dei
suoi soldi,
glieli
avrebbe dati con il contagocce
e le
avrebbe imposto delle regole al riguardo. Per di più, Charlie
avrebbe sospettato la sua colpa. Charlie la capiva e leggeva i suoi
pensieri molto meglio di Stephen. Non sarebbe mai stata capace di
nascondere la verità a Charlie. La conversazione, la morte di Li nel
giro di due ore e poi l'improvvisa fortuna capitatale. Charlie
avrebbe inevitabilmente fatto due più due e indovinato il suo
vergognoso segreto. Le
prospettive erano fosche comunque la si metteva. Così si addormentò.
Quando si
svegliò, un bel po' di tempo dopo, Stephen la stava chiamando. Era
stata la sua voce, infatti, a svegliarla. La stanza era buia. “Per
caso, Vera,” le chiese con
un tono di voce basso e leggermente astioso,“Hai
preso tu la sovrana dal cassetto vuoto del tuo tavolo da toilette?”
“No,” si affrettò
a rispondere, senza nemmeno pensarci. “Ah!”
replicò lui
pensieroso. “sapevo di aver ragione.” fece una pausa e poi, con
tono distaccato, aggiunse, “Se non stai meglio, dovresti andare a
letto.” quindi, la lasciò, chiudendo la porta con un rumore che
dimostrava una certa mancanza di comprensione per il suo mal di
testa. Lei balzò in piedi. Il suo primo sentimento fu quello di
gratitudine per il fatto che la conversazione fosse avvenuta al buio.
Così Stephen era a conoscenza dell'esistenza della sovrana! La
sovrana non era frutto dell'occulto. Forse ce l'aveva messa lui. E a
proposito di cosa lui sapeva di avere “ragione”? Accese
la lampada a gas e
si
osservò allo specchio: si rese conto che non aveva più mal di testa
e si sforzò di organizzare le idee. “Che
succede?”
disse un'altra voce proveniente dalla porta. Si
guardò intorno velocemente, con aria colpevole. Era Charlie. “Steve
mi ha telefonato che stavi troppo male per andare al ballo,” spiegò
Charlie, “Così ho deciso di venire a chiedere
notizie.
Mi aspettavo di trovarti a letto con un'infermiera e uno o due
dottori, minimo. Che
succede!” Sorrise. “Niente,”
rispose lei. “Solo un mal di testa. Adesso è passato.” Rimase in
piedi davanti al focolare, così che lui non potesse vedere il
pacchetto bianco. “Mi fa piacere,” disse Charlie. Ci fu una
pausa. “Strano, Li Hung Chang che muore la notte scorsa, proprio
dopo che avevamo parlato di assassinare mandarini.,” disse lei. Non
riusciva a liberarsi dell'argomento. La attraeva come un serpente, e
lo
affrontò
a dispetto del fatto che desiderasse
ardentemente evitarlo.
“Sì,” disse Charlie. “Ma veramente Li non era un mandarino. E
non è morto dopo che noi abbiamo parlato di mandarini. E' morto
prima.” “Oh! Credevo che i giornali riportassero che era morto
questa mattina alle due.” “Le
due del mattino a Pechino,” rispose Charlie. “ Devi ricordarti
che Pechino è molte ore indietro rispetto
a noi. Si
trova in estremo oriente.” “Oh!”
ripeté lei. Stephen fece irruzione nella stanza con un'aria
preoccupata. “Ah! Sei tu, Charlie!” “Non mi sembra proprio che
stia per morire. Penso,” disse Charlie, rivolgendosi a Vera, “che,
dopo tutto, andrai al ballo – non è vero?”
“Credo,
Vera,” lo interruppe Stephen, “che uno di noi due deve fare
una chiacchierata con
Marta. Ho sempre sospettato quella dannata cameriera. Così,
questa mattina ho messo nel cassetto una sovrana segnata e per l'ora
di pranzo era sparita. Farebbe meglio a sganciarla immediatamente.
Naturalmente non la denunzierò.” “Martha!”
gridò Vera. “Stephen, ma cosa vai a pensare? Vorrei che tu
lasciassi a me la servitù. Se pensi che puoi occuparti di questa
casa nel tuo tempo libero, sei il benvenuto, accomodati. Ma non
biasimare me per le conseguenze.” Sguardi di trionfo lampeggiarono
nei suoi occhi. “Ma ti dico...” “Sciocchezze, “ disse Vera.
“Io ho preso la sovrana. L'ho vista lì e l'ho presa, solo per
punirti. L'ho spesa. Non è per niente carino mettere in giro
trappole per la servitù in questo modo.” “E allora perché mi
hai appena detto che non l'avevi presa?” domandò Stephen seccato.
“Allora non stavo abbastanza bene per avere una discussione con
te,” replicò Vera. “Ti sei ripresa in fretta,” la rimbeccò
Stephen con tono arcigno. “Naturalmente,
se vuoi fare una scenata di fronte agli estranei,” disse Vera con
voce rotta (il povero Charlie un “estraneo1”),
“Me ne vado a letto.” Stephen sapeva di essere stato sconfitto.
Tuttavia,
andò al ballo dello hockey club. Lei e Stephen insieme a Charley e
alla
sua giovane sorella di diciassette anni giunsero tutti insieme alla
sala del municipio in una carrozza chiusa. La ragazza ammirò
oltremodo la cintura di Vera e non vedeva l'ora di diventare anche
lei una donna
sposata
conturbante e affascinante come Vera, in breve, una donna di mondo,
adorata da uomini austeri e barbuti. I due uomini, da parte loro,
erano sotto l'incantesimo dell'incurabile charm di Vera, così
capriccioso, sorprendente, esasperante, indefinibile e indispensabile
per le loro vite.
FINE
1
Un mandarino era un funzionario della
Cina imperiale e del Vietnam feudale, dove il sistema degli esami
imperiali e dei funzionari-studiosi fu adottato appunto sotto
l'influenza cinese.
2
Le Marche
gallesi
(Welsh Bordelands)
sono un termine moderno per definire un territorio dai confini
imprecisi che separava
Galles ed Inghilterra E'
un
territorio selvaggio costellato di antichi castelli e ricco
di leggende popolari.
3
Ghinea
(ingl.
guinea
dalla
regione africana da cui proveniva l'oro per coniarla)
è
stata la prima moneta britannica d'oro ad essere coniata
meccanicamente nel 1663. Corrisponde a 21 scellini della vecchia
sterlina.
4
penny
moneta
divisionale britannica già equivalente alla dodicesima parte di uno
scellino (e quindi alla 240ª parte di una sterlina) e, dopo
l’adozione del sistema decimale (1971), alla 100ª parte della
sterlina.
5
Sovrana
(ingl. Gold
sovereign)
è il nome di una moneta d'oro o moneta aurea inglese emessa per la
prima volta nel 1489 da Enrico VII ed ancora in produzione. In Italia
è comunemente indicata col nome di sterlina
d'oro.
6
La Reuters
è un'agenzia di stampa britannica, tra le più note e vaste al
mondo. Fu fondata nel 1850 dal tedesco Paul Julius Reuter (1816-1899)
7
Peignoir:
lunga
vestaglia
da camera particolarmente elegante e ricercata
8
Wegwood
memorial institute:
istituzione
culturale
fondata
nel 1869
dall'omonima
famiglia di ricchi industriali della ceramica. E'
oggi museo,
scuola d'arte, sala di lettura e conferenze
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