Un americano nella Selva Nera
Eccoci
di nuovo in compagnia di Washington Irving
e dei
suoi racconti di fantasmi. Questo
che vi propongo, Lo
sposo fantasma (The Spectre Bridegroom), é
tratto dal The Sketch Book of Geoffrey
Crayon, Gent.(1819-1820). La storia è ambientata in un
antico castello tedesco, il cui proprietario, il barone Landshort
(poca terra), vive in compagnia dell'unica bellissima figlia e di una
comitiva di parenti poveri che vivono a scrocco alla sua tavola e
lo assecondano nella sua passione per le storie di spiriti. La
ragazza è promessa dal padre ad un
giovane di nobile casato che nessuno conosce di persona. Il
giorno del matrimonio lo sposo è trucidato dai briganti sulla
via per il castello. Il suo compagno di viaggio si assume il
triste incarico di portare la ferale
notizia alla sposa, ma complici la bellezza della
fanciulla, la loquacità del barone e,
soprattutto, la sua passione per il soprannaturale, le
cose andranno altrimenti.
L'autore,
o meglio il suo alter ego,
asserisce
di aver a scoltato questo racconto in Olanda,
durante una sosta in una locanda (“quel tempio della vera
libertà”), da un “vecchio
svizzero corpulento”, più
interessato ad una
prosperosa
fantesca che alla storia che stava raccontando. Lo
stesso autore confessa di ricordare la storia soprattutto per lo
spirito con cui fu narrata e per
il bizzarro aspetto del
narratore. Il contenuto del
racconto, poi, non è nemmeno
originale, ma suggerito
da una “storiella francese”. Sembra quasi che Irving stia facendo
il verso a quei critici
che lo definiranno “autore elegante ma di poca inventiva.” Gran
parte delle sue storie, infatti, attingono al folklore europeo, in
particolare quello tedesco.
Irving, insomma, attinge a
quel materiale mitico che
oggi chiamiamo
immaginario
collettivo. Non
gli interessa fingere che queste storie siano originali, quello che è
importante è l'atto del narrare.
Né gli interessa il concetto
di verosimiglianza, l'autenticità
delle sue storie è nel fatto che tutti le considerano autentiche:
che cosa sarebbe la letteratura senza quella “willing
suspensionof dibilief” invocata da Colleridge? Nel
momento stesso in cui Irving
sembra farsi
beffe della credulona passione per il soprannaturale del Barone e
della sua combriccola di parenti affamati e scrocconi, non
fa altro che rivendicare l'autonomia della letteratura,
che egli considera “arte dell'inutile”,
in contrapposizione alla morale utilitaristica della nascente
borghesia mercantile e industriale: “Poiché
non avevo altro modo di trascorrere una serata tediosa e ventosa,
presi posto davanti alla stufa e ascoltai svariate storie di
viaggiatori, alcune stravaganti, altre noiosissime.”
LO
SPOSO FANTASMA
Washington
Irving
(1783-1859)
(1783-1859)
Colui
per cui la cena è pronta,
Stanotte,
credo, giace freddo gelato!
Ieri
alla sua camera l'ho condotto,
Questa
notte Sir Gray-steel
gli ha fatto il letto!
-Sir
Eger, Sir Graheme e Sir Gray-steel. 1
Castello
medievale nel Lichtenstein - Germania
Sulla
sommità di una della cime dell'Odenwald, una zona selvaggia e
romantica della Germania settentrionale situata non lontana dalla
confluenza del Meno e del
Reno, c'era, moltissimi anni fa, Il castello del barone von
Landshort. Adesso è completamente in rovina e quasi seppellito da
faggi
e fitti abeti; al di sopra, comunque, si può ancora vedere la sua
vecchia torre di guardia che
combatte, come il suo antico proprietario, per tenere alta la testa e
dominare la regione circostante. Il
barone era l'ultimo erede della grande casato
dei Katzenellenbogen 2,
ed aveva ereditato tutto
l'orgoglio dei suoi antenati insieme
a ciò che restava delle
loro proprietà.
Sebbene l'attitudine bellicosa dei suoi predecessori avesse
impoverito di molto i possedimenti di famiglia, tuttavia il barone
riusciva ancora a conservare una
parte dell'antica
grandezza. I tempi erano pacifici e i nobili tedeschi, in generale,
avevano abbandonato i loro scomodi castelli aviti, appollaiati tra le
montagne come nidi di aquila, e avevano costruito residenze molto più
confortevoli a valle;
il barone, invece,
continuava a rimanere orgogliosamente asserragliato nella sua piccola
fortezza, tenendo in vita con ostinazione ereditaria tutte le vecchie
faide di famiglia, così che era in cattivi rapporti con alcuni dei
suoi vicini più prossimi, a causa di dispute che erano nate tra i
loro bis-bis nonni.
Il
barone non aveva che un erede, una figlia, ma la natura, quando non
concede che un figlio, compensa sempre rendendolo un prodigio, e così
era successo con la figlia del barone. Tutte le bambinaie, le
pettegole e la brava gente del paese assicuravano al padre che per
bellezza la fanciulla non aveva eguali in tutta la Germania, e chi
poteva saperlo meglio di loro? Inoltre, era stata allevata con gran
cura, sotto la supervisione di due zie nubili, che avevano trascorso
alcuni anni della loro giovinezza in una delle piccole corti
tedesche, ed erano ben edotte in tutti i rami del sapere necessari
all'educazione di una dama raffinata. Sotto la loro guida la
fanciulla divenne un vero miracolo di perfezione. All'età di
diciotto anni poteva ricamare in modo ammirevole, e aveva riprodotto
negli arazzi intere vite di santi con una tale forza espressiva nel
loro aspetto da sembrare tante anime del purgatorio. Sapeva leggere
senza troppe difficoltà, ed era riuscita a cavarsela con diverse
leggende sacre e quasi tutte le meravigliose storie di cavalleria
dello Heldenbruch 3.
Aveva perfino fatto considerevoli progressi nella scrittura, poteva
fare la sua firma senza omettere una lettera e in maniera così
chiara che le sue zie potevano leggerla senza occhiali. Eccelleva nel
realizzare ogni sorta di piccoli gingilli inutili, era versata nelle
più astruse danze del tempo, suonava un certo numero di arie
sull'arpa e sulla chitarra e conosceva a memoria tutte le tenere
ballate dei Minnie lieders 4.
Le zie, poi, avendo molto flirtato e civettato negli anni della loro
giovinezza, erano assolutamente adatte a essere vigili guardiani e
severi censori della condotta della nipote; infatti, non c'è nessuna
governante così rigidamente
prudente e inesorabilmente decorosa, come una civetta in là con gli
anni. Raramente le era permesso di sfuggire alla loro sorveglianza,
non oltrepassava mai i domini del castello se non ben accompagnata,
o, piuttosto, ben sorvegliata; le venivano continuamente impartite
lezioni sul più rigido decoro e passiva obbedienza; per quanto
riguardava gli uomini – puah! le veniva insegnato a tenerli a una
tale distanza e ad avere così poca fiducia in loro, che, a meno che
non fosse debitamente autorizzata, non avrebbe posato lo sguardo sul
più bel cavaliere al mondo – no, nemmeno se stava morendo ai suoi
piedi. I buoni effetti di questo sistema erano meravigliosamente
evidenti. La giovane dama era un modello di docilità e obbedienza.
Mentre le altre dissipavano la loro fragranza nello sfavillio del
mondo, e potevano essere raccolte e buttate via dalla mano di
chiunque, la sua femminilità, fresca e amabile, fioriva appartata
sotto la protezione di quelle immacolate zitelle, come un bocciolo di
rosa che si apre circondato da spine protettrici. Le zie guardavano a
lei con orgoglio ed esultanza, e si vantavano del fatto che, mentre
tutte le altre giovani dame del mondo potevano perdersi, nulla del
genere, grazie al cielo, poteva accadere all'erede dei
Katzenellenbogen.
Ritratto di ragazza - Joh Everett Millais, 1857
Ma
per quanto il barone Von Landshort potesse essere scarsamentee
provvisto di figliolanza, la sua
casata non era affatto piccola, perché la Provvidenza lo aveva
benedetto con un'abbondanza di parenti poveri. Essi, nessuno escluso,
possedevano quell'affettuosa disposizione comune ai parenti umili,
erano incredibilmente attaccati al barone e coglievano ogni possibile
occasione per arrivare a sciami e ravvivare il castello con la loro
presenza. Tutte le ricorrenze famigliari erano commemorate da queste
brave persone a spese del barone, e quando si erano ben rimpinzate,
dichiaravano che al mondo non c'ra niente di più piacevole di queste
riunioni di famiglia, questi giubilei del cuore. Il barone, sebbene
piccolo di statura, aveva una grande anima che si gonfiava di
soddisfazione per la consapevolezza di essere il più grande uomo del
suo piccolo mondo. Amava raccontare lunghe storie sui feroci
guerrieri antichi, i cui ritratti li guardavano severamente dall'alto
dei muri della stanza, e non trovava ascoltatori eguali a coloro che
mangiavano a sue spese. Era particolarmente dedito al meraviglioso e
credeva fermamente in tutti quei racconti soprannaturali di cui
abbondano le montagne e le valli tedesche. La credulità dei suoi
ospiti sorpassava perfino la sua, e questi ascoltavano ogni racconto
fantastico spalancando gli occhi e la bocca, e non mancavano mai di
stupirsi anche se la storia era ripetuta per la centesima volta. Così
viveva il barone von Landshort. L'oracolo della sua tavola,
l'assoluto monarca del suo piccolo regno, felice, soprattutto, perché
convito di essere l'uomo più saggio del suo tempo.
Nel
periodo di cui parla la mia storia, c'era una grande riunione di
famiglia al castello, in occasione di una faccenda della massima
importanza: stava per arrivare lo sposo destinato alla figlia del
barone. Vi era stato un negoziato tra il padre e un vecchio
gentiluomo bavarese, per unire la dignità dei loro casati grazie al
matrimonio dei loro figli. I preliminari erano stati condotti con la
dovuta puntigliosità. I giovani erano stati promessi senza nemmeno
vedersi, ed era stato stabilita la data del loro matrimonio. A tale
proposito, il giovane conte Von Altenburg era stato richiamato
dall'esercito, ed era diretto alla residenza del barone per ricevere
la sua sposa. Sue missive erano state ricevute da Wurtzburg 5,
dove era accidentalmente trattenuto, in cui indicava il giorno e
l'ora del suo arrivo. Il castello era tutto un tumulto di preparativi
per dare al giovane il dovuto benvenuto. La graziosa sposa era stata
adornata con una cura fuori dal comune. Le due zie avevano
supervisionato la sua toilette, litigando tutta la mattinata su ogni
dettaglio del suo abbigliamento. La giovane aveva approfittato dei
loro contrasti per seguire il
proprio gusto, che fortunatamente era buono. Aveva quell'aspetto
amabile che ogni giovane sposa desidera, e l'ansia dell'attesa
accentuava lo splendore del suo fascino. Il delicato rossore
del volto e del collo, il gentile palpitare del
petto, gli occhi che di tanto in tanto si perdevano in
fantasticherie, tutto tradiva il dolce tumulto del suo giovane cuore.
Le zie le volteggiavano intorno di continuo, perché le zie nubili
sono particolarmente interessate a simili
faccende: le davano un'infinità di consigli avveduti su come
comportarsi, cosa dire e in che modo accogliere l'atteso sposo. Il
barone era altrettanto indaffarato
nei preparativi. In verità, non aveva proprio niente da fare, ma
essendo per sua natura un
ometto collerico e smanioso, non riusciva a stare fermo mentre tutti
quelli intorno a lui si davano da fare. In preda all'inqiuetudine,
girava per tutto il castello con un'aria di ansia infinita, distraeva
continuamente i servi dal loro lavoro per esortarli ad essere
diligenti, e ronzava per tutti i saloni e le camere, inutile,
irrequieto e inopportuno come un moscone in un caldo giorno d'estate.
Nel frattempo, era stato ucciso il vitello grasso, nelle foreste
aveva risuonato il clamore dei cacciatori, la cucina era colma di
buoni manicaretti, le cantine avevano profuso interi oceani di vino
del Reno e di vini importati, e perfino la grande botte Heidelberg
Tun 6
aveva versato il suo contributo.
Tutto era pronto per ricevere l'illustre ospite con opulenza, secondo
il vero spirito dell'ospitalità germanica – ma l'ospite tardava a
fare la sua comparsa.
Le
ore si susseguivano. Il sole che aveva profuso i suoi raggi sulle
ricche foreste dell'Odenwald, ora illuminava a mala pena la cima dei
monti. Il barone aveva risalito la torre più alta, e si forzava di
guardare lontano nella speranza di avvistare il conte e i suoi
attendenti. Una volta gli era sembrato di vederli, il suono dei corni
aveva risalito la valle, prolungato dall'eco della montagna, finché
all'orizzonte apparve un
gruppo di cavalieri, che avanzavano lentamente lungo la strada, ma
quando erano quasi arrivati ai piedi della montagna, cambiarono
improvvisamete direzione. L'ultimo raggio di sole sparì, i
pipistrelli iniziarono a svolazzare nelle ombre del tramonto, la
strada diventava sempre più buia, e niente sembrava animarla se non
qualche solitario contadino che tornava a casa tardi dal lavoro.
Mentre l'antico castello di Landshort si trovava in questo stato di
perplessità, una scena molto interessante si stava svolgendo in una
differente parte dell'Odenwald. Il giovane conte von Altenburg stava
tranquillamente percorrendo la sua strada tenendo l'andatura moderata
tipica di un uomo che viaggia verso il matrimonio dopo che i
suoi amici gli hanno tolto di mano tutta la fatica e l'incertezza del
corteggiamento, sicuro del fatto che alla fine del suo viaggio ci
sarebbero stati ad aspettarlo una sposa e la sua cena. Egli aveva
incontrato a Wurtzburg un giovane compagno d'armi, con cui aveva
prestato sevizio alla frontiera: Hrman Von Starkenfaust, una degli
uomini più forti e più valorosi della cavalleria tedesca, che stava
appunto ritornando a casa dal servizio militare. Il castello di suo
padre non era lontano dall'antica fortezza di Landshort, sebbene una
faida ereditaria avesse reso le due famiglie ostili ed estranee.
Presi dall'emozione del momento, i giovani amici si raccontarono
tutte le loro passate avventure e il conte riferì tutta la storia
delle sue future nozze con una giovane dama che non aveva mai visto,
ma la cui bellezza gli era stata descritta con i toni più
entusiastici. Visto che i due amici facevano la stessa strada,
decisero di fare il resto del tragitto insieme, e per poter viaggiare
più comodamente, partirono da Wurtzburg molto presto, dopo che il
conte ebbe ordinato ad una parte della sua scorta di seguirlo in
retroguardia e all'altra di precederlo in avanscoperta. I due amici
ingannarono il tempo con i racconti della loro vita militare e delle
loro avventure, ma il conte, di tanto in tanto, tendeva ad essere un
po' noioso quando parlava dell'incredibile bellezza della sua sposa e
della felicità che lo attendeva. Fu così che entrarono
tra le montagne dell'Odenwald, e attraversarono una delle sue gole
più solitaria e fittamente
ricoperta di boschi. E' cosa nota che le foreste della Germania sono
sempre state terribilmente infestate da banditi,
così come i suoi castelli da fantasmi,
e a quei tempi i primi erano particolarmente numerosi, a causa delle
orde di soldati sbandati che vagavano per il paese. Non sembrerà
straordinario, quindi, che i nostri cavalieri fossero attaccati da
una banda di questi tagliagole nel bel mezzo della foresta. I giovani
si difesero con coraggio, ma stavano quasi per essere sopraffatti
quando la scorta del conte arrivò in loro soccorso. Alla loro vista,
i banditi fuggirono via, ma non prima di aver inferto una ferita
mortale al conte. Egli fu riportato nella città di Wurtzburg con
ogni cautela, e da un vicino convento si mandò a chiamare un frate
che era famoso per la sua abilità nel curare
sia l'anima che il corpo. Ma metà della sua sapienza si risultò
superflua, il conte aveva le ore contate. Prima di esalare l'ultimo
respiro, pregò il suo amico di recarsi immediatamente al castello di
Landshort e spiegare il motivo fatale che gli aveva impedito di
rispettare il suo impegno con la
sposa. Sebbene non fosse il più ardente degli amanti, era un uomo
estremamente scrupoloso, ed era sinceramente preoccupato che
l'incarico fosse portato a compimento con sollecitudine e
delicatezza. “Finché questa cosa non sarà fatta,” disse, “Non
potrò riposare nella tomba!” Ripeté queste ultime parole con
particolare solennità. Una tale richiesta, fatta in un momento così
drammatico, non ammetteva esitazione. Starkenfaust cercò di
calmarlo, promise solennemente di esaudire il suo ultimo desiderio e
gli diede la mano in segno di promessa solenne. Il moribondo la
strinse per suggellare il patto, ma subito dopo sprofondò nel
delirio, farneticò della sua sposa, del suo fidanzamento,
dell'impegno preso, ordinò che gli preparassero il cavallo per
recarsi al castello di Landshort, e spirò nell'illusione di montare
in sella. Starkenfaust sospirò e versò una lacrima da soldato sulla
prematura morte del suo camerata, poi meditò sulla difficile
missione che lo aspettava. Aveva il cuore pesante e la mente
perplessa, doveva presentarsi ospite non invitato tra gente ostile e
rovinare la loro allegria con notizie che avrebbero distrutto le loro
speranze. Eppure, dentro di sé sentiva una certa curiosità che lo
spingeva a vedere la tanto decantata bellezza di Katzenellenbogen
tenuta così accuratamente nascosta al mondo intero. Egli era,
infatti, un appassionato estimatore del gentil sesso e c'era un
tratto eccentricità e intraprendenza nel suo carattere che gli
faceva amare le avventure più insolite. Prima di partire, prese
tutti gli accordi con la santa confraternita del convento per le
onoranze funebri del suo amico, che doveva essere seppellito nella
cattedrale di Wurtzburg, accanto ad alcuni dei suoi più illustri
parenti, mentre la sconsolata scorta del conte si prese cura dei suoi
resti mortali.
Viaggiatori assaliti dai briganti - Nicolaes Berchem, 1670
E'
giunto il momento di ritornare all'antica famiglia di
Katzenellenbogen, impazienti per il loro ospite e ancora di più per
il pranzo, e al piccolo valoroso barone, che abbiamo lasciato a
rinfrescarsi sulla torre di guardia. Sopraggiunse la notte, ma
l'ospite non si faceva ancora vedere. Il barone scese disperato dalla
torre. Il banchetto, che era stato rinviato di ora in ora, non poteva
essere più rimandato. Le carni erano già stracotte, il cuoco era
disperato e tutta la famiglia sembrava
una guarnigione stremata dalla
fame. Con riluttanza, il barone fu obbligato a dare ordini per il
banchetto senza la presenza dell'ospite. Tutti erano seduti a tavola
e sul punto di iniziare, quando il suono di un corno in lontananza
annunziò l'arrivo di uno straniero. Un altro lungo squillo
riecheggiò tra le vecchie mura del castello, a cui risposero le
guardie dai bastioni. Il barone si affrettò a ricevere il suo futuro
genero. Il ponte levatoio fu calato, e lo straniero era alle porte.
Era un cavaliere alto e prestante, a cavallo di un nero destriero. La
sua carnagione era pallida, ma aveva luminosi occhi romantici e
un'aria di solenne malinconia. Il barone si sentì un po' mortificato
nel vederlo arrivare senza seguito. Per un attimo, la sua dignità ne
soffrì, e si sentì propenso a considerarlo un
comportamento inappropriato per
un'occasione così solenne e
una mancanza di rispetto per
l'importante famiglia con cui stava per imparentarsi. Comunque, si
calmò arrivando alla conclusione che doveva essere stata
l'impazienza giovanile a spronarlo, lasciando indietro la sua scorta.
“Sono spiacente,” disse lo straniero, “di presentarmi in
maniera così inopportuna...” A questo punto, il barone lo
interruppe con un effluvio di complimenti e saluti, perché, a dire
la verità, andava fiero della sua cortesia e della sua eloquenza. Lo
stranierò tentò, un paio di volte, di fermare quel torrente di
parole, ma in vano, così, chinò la testa e lo lasciò scorrere.
Quando finalmente il barone fece una pausa, erano arrivati nel
cortile interno del castello e lo straniero stava per parlare di
nuovo, quando, ancora una volta, fu
interrotto dall'arrivo della componente femminile della famiglia, che
accompagnava una sposa tutta tremiti e rossori. Il giovane la guardò
per un momento come in trance e sembrava che tutta la sua anima fosse
concentrata in quello sguardo e che fosse stata rapita da
quell'amabile figura. Una delle zie zitelle sussurrò qualcosa
all'orecchio della nipote, la giovane si sforzò di parlare, sollevò
timidamente i suoi luminosi occhi azzurri, diede un fuggevole sguardo
allo straniero e li chinò di nuovo. Non riuscì a profferir parola,
ma un dolce sorriso aleggiò sulle sue labbra, e delle morbide
fossette le incresparono le guance, a riprova che l'occhiata non era
stata deludente. Era impossibile per una romantica ragazza di
diciotto anni, da sempre predisposta all'amore e al matrimonio, non
compiacersi di un così bel cavaliere. L'ora tarda in cui era
arrivato l'ospite non lasciava tempo ad altri convenevoli. Il barone
fu perentorio, rimandò ogni tipo di conversazione al mattino
seguente e fece strada al banchetto ancora intatto, allestito nella
grande sala del castello. Alle pareti erano appesi i fieri ritratti
degli eroi della casa di Katzenellenbogen, e i trofei che si erano
guadagnati sul campo di battaglia e a caccia. Pettorali ammaccati,
lance da giostra spuntate e stendardi rosicchiati dalle tarme erano
mescolati alle spoglie delle battute di caccia: mandibole di lupo e
zanne di cinghiale ghignavano orribilmente tra le balestre e le asce
da combattimento, mentre un enorme paio di corna di cervo si diramava
proprio sopra la testa del giovane sposo. Il cavaliere fece poco caso
all compagnia e all'intrattenimento. A mala pena assaggiò il cibo,
sembrava, invece, completamete perso nell'ammrazione
della sua sposa. Conversava a bassa voce, per non essere udito dagli
altri – perché l'amore preferisce i toni bassi, qual'è, infatti,
quell'orecchio femminile così insensibile da non afferrare il più
lieve sospiro dell'amante? Nel suo modo di fare c'era un miscuglio di
tenerezza e solennità che sembrava fare grande effetto sulla giovane
sposa. Mentre ascoltava con profonda attenzione, le sue guance si
colorivano di improvvisi rossori. Di tanto in tanto, dava una timida
risposta, e quando gli occhi dello sposo erano rivolti altrove, dava
una furtiva occhiata al suo romantico volto, mentre le sfuggiva un
gentile sospiro di tenera felicità. Era evidente che i due giovani
erano perdutamente innamorati.
Isabella - John Everett Millais, 1849
Le
zie, così versate nei misteri del cuore, dichiararono che era stato
amore a prima vista. Il banchetto andò avanti allegramente, o almeno
rumorosamente, perché gli ospiti erano tutti benedetti da quei
robusti appetiti tipici dei portafogli vuoti e dell'aria di montagna.
Il barone raccontò le sue storie migliori e più lunghe, e mai le
aveva narrate meglio o con tale efficacia. Se c'era qualcosa di
meraviglioso, i suoi ascoltatori si mostravano quanto mai sorpresi,
se, invece, c'era qualcosa di faceto, ridevano puntualmente al
momento giusto. Il barone, in verità, come la maggior parte dei
grandi uomini, era troppo dignitoso per raccontare storielle che non
fossero noiose, sempre accompagnate, però, da un buon calice di
eccellente Hoch-heimer, e perfino una barzelletta noiosa, alla
propria tavola e innaffiata da un eccellente vino, diventa
irresistibile. Tutti, sia gli spiriti più semplici che quelli più
taglienti, si divertivano a raccontare facezie che non potrebbero
essere ripetute se non in simili occasioni, molte frasi licenziose
furono sussurrate all'orecchio delle signore, che si contorcevano
nello sforzo di soffocare le risate. Un paio di canzoni furono
ululate da un parente povero ma allegro e faccia tosta del barone,
cosa che costrinse le zie zitelle a nascondersi dietro i loro
ventagli. In mezzo a tutti questi festeggiamenti, l'ospite teneva un
atteggiamento insolitamente grave e fuori luogo. Il suo volto
assumeva un'espressione sempre più cupa man mano che la notte
avanzava e, per quanto possa apparire strano, perfino le storielle
del barone sembravano renderlo più triste e malinconico. A volte si
perdeva nei suoi pensieri, a volte nei suoi occhi c'era uno sguardo
turbato e irrequieto che tradiva il suo disagio. La sua conversazione
con la sposa divenne sempre più intima e misteriosa. Nubi sempre più
basse incombevano sulla sua bella fronte della fanciulla, mentre le
sue belle membra erano percorse da tremori. Tutto ciò non poteva
sfuggire all'attenzione della compagnia. La loro gioia fu raggelata
dall' atteggiamento cupo della sposo, i loro spiriti ne furono
influenzati, si scambiarono mormorii e occhiate, mentre facevano
spallucce e scuotevano la testa in segno di disappunto. Le canzoni e
le risate divennero sempre meno frequenti: c'erano pause tetre nella
conversazione, che a lungo andare fu soppiantata dalla narrazione di
racconti paurosi e leggende soprannaturali. Una storia fosca era
seguita da una ancora più fosca, e il barone spaventò quasi a morte
alcune signore con il racconto del goblin 7
che aveva portato via sul suo cavallo la bella Leonora 8–
una storia spaventosa ma vera, che da allora è stata messa in versi
eccellenti, e viene letta e creduta da tutti.
Lenore e William - J.D. Schubert
Lo
sposo ascoltava la storia con profonda attenzione. Teneva gli occhi
fissi sul barone, e, mentre la storia volgeva al termine, cominciò
pian piano ad alzarsi dalla sedia, diventando sempre più alto,
finché, agli occhi del barone, sembrò torreggiare come un gigante.
Quando il racconto finì, il giovane sospirò profondamente e si
congedò solennemente dalla compagnia. Rimasero tutti stupiti. Il
barone era completamente frastornato.“Cosa! Lasciare il castello a
mezzanotte? Come, ogni cosa era stata preparata per riceverlo, una
camera era pronta se desiderava ritirarsi.” Lo straniero scosse la
testa tristemente e misteriosamente: “Questa notte devo dormire in
un'altra camera!” C'era qualcosa nelle sua risposta e nel modo in
cui l'aveva detta, che fece venir meno il cuore del barone, il quale,
comunque, recuperate le forze, continuò a ripetere le e sue ospitali
profferte. Ma ogni volta lo straniero scuoteva la testa
silenziosamente ma inesorabilmente; alla fine, dopo aver salutato la
compagnia con un cenno della mano, si avviò lentamente fuori dalla
sala. Le zie nubili erano completamente pietrificate, la sposa chinò
la testa, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime. Il barone
seguì lo straniero fino al grande cortile del castello, dove il suo
nero destriero lo attendeva scalpitando e sbuffando d'impazienza.
Quando ebbero raggiunto il portale esterno, la cui profonda arcata
era debolmente illuminata da una torcia, lo straniero si fermò e si
rivolse al barone con una voce bassa e cupa, che il soffitto a volta
rendeva ancora più sepolcrale. “Ora che siamo soli,” disse, “vi
rivelerò il motivo delle mia partenza. Ho un un impegno solenne e
imprescindibile...” “Ma,” disse il barone. “Non potete
mandare qualcun altro al vostro posto?” “E' una faccenda che non
ammette sostituti – Devo presentarmi di persona – Devo andare
alla cattedrale di Wurtzburg -” “Va bene,” rispose il barone,
riprendendo coraggio, “ma prima di domani mattina – domattina vi
condurrete la vostra sposa.” “No! No!” rispose lo straniero,
con raddoppiata solennità, “il mio appuntamento non è con una
sposa – i vermi! I vermi mi aspettano! Io sono un uomo morto. Sono
stato trucidato dai briganti, il mio corpo giace a Wurtzburg – a
mezzanotte sarà seppellito – la tomba mi attende – Devo
mantenere la mia promessa!” Balzò in groppa al suo nero destriero
e sparì oltre il ponte levatoio, mentre lo scalpitio degli zoccoli
del suo cavallo si perdeva nel sibilo della tempesta notturna.
Il
barone ritornò nel salone in preda alla più profonda costernazione
e raccontò quello che era successo. Due signore persero subito i
sensi, altre si sentirono male all'idea di aver banchettato con un
fantasma. Era opinione di alcuni che potesse trattarsi del famoso
cacciatore selvaggio delle leggende tedesche. Alcuni parlarono di
spiriti della montagna, di demoni silvani e altri esseri
soprannaturali, da cui la brava gente tedesca è così tristemente
tormentata da tempo immemore. Uno dei parenti poveri si azzardò a
suggerire che avrebbe potuto essere un scherzoso espediente del
giovane cavaliere e che la macabra natura di quel capriccio ben si
accordava alla malinconia del personaggio. Questo, comunque, gli
attirò l'indignazione della compagnia e specialmente del barone, che
lo considerò poco meno di un infedele, così che il poveretto si
affrettò ad abiurare la sua eresia e a riabbracciare la fede dei
veri credenti. Ma il giorno seguente, ogni possibile dubbio fu
completamente fugato dall'arrivo di missive ufficiali che
confermavano la notizia dell'uccisione del giovane conte e della sua
sepoltura nella cattedrale di Wurtzburg. Si può ben immaginare quale
fosse la costernazione al castello. Il barone si chiuse nella sua
camera. Gli ospiti che erano arrivati per festeggiare insieme a lui,
non pensarono minimamente di lasciarlo solo nel suo dolore.
Gironzolavano per il castello o si raggruppavano nel salone,
scoutendo la testa e le spalle di fronte ai guai di un così
brav'uomo, e per tirarsi su, incominciarono a passare sempre più
tempo a tavola, mangiando e bevendo più che mai. Ma la situazione
della sposa vedova era la più penosa. Aver perso un marito ancor
prima di poterlo abbracciare – e un tale marito! Se il suo stesso
fantasma poteva essere così bello e nobile, cosa doveva essere stato
da vivo? La giovane riempiva la casa con i suoi lamenti. La seconda
notte della sua vedovanza, si era ritirata nella sua camera
accompagnata da una delle zie, che aveva insistito a dormire con lei.
La zia, che era una delle migliori narratrici di storie di fantasmi
di tutta la Germania, ne stava giusto raccontando una delle più
lunghe, quando si era addormentata proprio a metà. La camera era
isolata e si affacciava su un piccolo giardino. La nipote dal suo
letto guardava pensierosa i raggi della nascente luna, che
illuminavano le foglie scosse dal vento di un albero di pioppo
davanti alla sua finestra. L'orologio del castello aveva appena
scoccato la mezzanotte, quando una dolce canzone salì furtiva dal
giardino. La ragazza si alzò in fretta dal letto e si avvicinò in
punta di piedi alla finestra. Tra le ombre degli alberi intravide una
figura imponente, che alzò il viso verso di lei, così che un raggio
di luna lo illuminò. Oh, cielo! Era lo sposo fantasma! In quel
preciso momento sentì accanto a lei un urlo acuto e la zia, che era
stata svegliata dalla musica e l'aveva seguita silenziosamente alla
finestra, le cadde tra le braccia. Quando guardò di nuovo giù nel
giardino, il fantasma era sparito
Fair Rosamund - Waterhouse, 1905
Delle
due donne, la zia era quella che aveva bisogno di più cure, essendo
completamente fuori di sé dal terrore. La giovane, invece, provava
una tenera emozione perfino per il fantasma del suo innamorato che
conservava ancora la sua maschia bellezza, e sebbene l'ombra di un
uomo non può certo soddisfare il bisogno di affetto di una ragazza
innamorata, tuttavia, quando non si può avere la sostanza, anche
l'apparenza può essere di consolazione. La zia dichiarò che non
avrebbe mai più dormito in quella camera, la nipote, per una volta,
fu ostinata e dichiarò con decisione che non avrebbe dormito in
nessun'altra parte del castello: il risultato fu che dovette dormirci
da sola, ma riuscì ad ottenere dalla zia la promessa di non rivelare
la storia del fantasma, a meno di non privarla dell'unico malinconico
piacere che le era rimasto sulla terra – quello di vivere nella
stanza a cui faceva la guardia ogni notte la vigile ombra del suo
amore. Non si sa per quanto tempo la buona vecchia avrebbe mantenuto
la sua promessa, perché amava tanto parlare di eventi
soprannaturali, ed è motivo di vanto raccontare una storia così
paurosa per primi; comunque, nel vicinato viene ancora citato, come
memorabile esempio di discrezione femminile, il fatto che mantenne il
segreto per un'intera settimana, finché un giorno fu liberata da
ogni ogni vincolo perché all'ora di colazione era arrivata la
notizia che la giovane signora non si trovava da nessuna parte. La
sua stanza era vuota – il letto intatto – la finestra aperta –
e l'uccellino volato. Lo stupore e la preoccupazione con cui la
notizia fu ricevuta può essere immaginata solamente da coloro che
hanno visto quale agitazione possono causare le avversità di un
grande uomo tra i suoi amici. Perfino i parenti poveri smisero per un
momento l'nstancabile lavorio delle mandibole; quando la zia, che
dapprincipio era rimasta senza parole, torcendosi le mani, gridò,
“Il goblin! Il goblin! E' stata portata via dal goblin!” In poche
parole riferì la terribile scena del giardino, e concluse che il
fantasma doveva aver portato via la sua sposa. Due dei domestici
confermarano la sua ipotesi, perché avevano sentito lo scalpitio
degli zoccoli di un cavallo che scendeva dalle montagne intorno a
mezzanotte, e non c'era dubbio che era il fantasma sul suo nero
destriero che conduceva la sua sposa alla tomba. Tutti i presenti
rimasero colpiti da questa terribile eventualità, perché eventi del
genere sono estremamente comuni in Germania, come testimoniano tante
storie autentiche. Quale penosa situazione era quella del povero
barone! Che lacerante dilemma per un tenero padre e membro della
grande famiglia dei Katzenellenbogen! I casi erano due: o la sua
unica figlia era stata trascinata via verso la tomba, o avrebbe
dovuto rassegnarsi ad avere un demone dei boschi come genero e,
forse, una schiera di spiritelli come nipoti. Al solito, era
completamente confuso, e il castello in subbuglio. Agli uomini fu
ordinato di mettersi a cavallo e battere ogni strada, sentiero e gola
dell'Odenwald. Lo stesso barone aveva appena indossato i suoi
stivali, e dopo aver cinto la spada, stava per montare a cavallo per
avventurarsi in una ricerca dagli esiti incerti, quando fu bloccato
da una nuova apparizione. Una dama si stava avvicinando al castello,
in sella ad un palafreno 9 scortato da
un cavaliere. La signora cavalcò fino alla porta del castello, scese
da cavallo e gettandosi ai piedi del barone, lo abbracciò alle
ginocchia. Erano la sua figlia scomparsa e il suo compagno: lo sposo
fantasma! Il barone era completamente frastornato. Guardò prima la
figlia, poi lo spettro e quasi non credeva ai suoi occhi. L'aspetto
di quest'ultimo, inoltre, era incredibilmente migliorato dalla sua
ultima visita al mondo degli spiriti. Il suo abito era splendido e
metteva in risalto la maschia bellezza della sua nobile figura. Non
era più pallido e malinconico. La sua delicata carnagione era
ravvivata dai colori della giovinezza e i suoi grandi occhi neri
sprizzavano gioia. Il mistero fu subito chiarito. Il cavaliere
(perché, come avete già capito, non era un goblin), si presentò
come sir Herman Von Starkenfaust. Raccontò la sua avventura con il
giovane conte e come si fosse affrettato ad arrivare al castello per
portare l'infausta notizia, ma l'eloquenza del barone gli aveva
impedito di dire la verità. Come la vista della sposa lo aveva
completamente conquistato e che pur di trascorrere qualche ora con
lei aveva tacitamente permesso che l'equivoco continuasse. Quale era
stata la sua perplessità nel cercare un'onorevole via d'uscita,
finché le storie di spiriti del barone gli avevano suggerito
quell'eccettrinco sotterfugio. Poi, temendo l'antica ostilità delle
due famiglie, aveva ripetuto le sue visite di nascosto, aveva assunto
le sembianze di uno spirito per introdursi nel giardino sotto la
finestra della giovane signora, l'aveva corteggiata, l'aveva
conquistata, vittorioso l'aveva portata via e, in poche parole,
l'aveva sposata. In ogni altra circostanza il barone sarebbe stato
inflessibile, poiché era irremovibile nella sua autorità paterna e
ostinatamente devoto a tutte le faide di famiglia, ma amava sua
figlia, ed era felice di trovarla ancora viva, dopo averla pianta per
morta, e sebbene il marito appartenesse ad un casato nemico,
ringraziava il cielo che non fosse uno spirito maligno. Va detto,
comunque, che c'era qualcosa nel tiro che gli aveva giocato il
cavaliere facendosi credere morto, che non si accordava esattamente
con la sua idea di lealtà. Alcuni suoi vecchi amici, che avevano
combattuto diverse guerre, asserirono che in amore ogni stratagemma
era permesso, e che il cavaliere godeva di speciali privilegi,
essendo stato un valoroso soldato. La faccenda, pertanto, si risolse
felicemente. Il barone perdonò la giovane coppia all'istante. Al
castello ripresero i festeggiamenti. I parenti poveri colmarono di
ogni attenzione il nuovo membro della famiglia che era così
valoroso, così generoso – e così ricco. Le zie, in verità, non
riuscivano a capacitarsi di come il loro sistema di rigido isolamento
e assoluta obbedienza avesse avuto un così scarso risultato, ma,
alla fine, attribuirono tutto alla loro negligenza per aver
trascurato di mettere le sbarre alle finestre. Una di loro due era
particolarmente mortificata perché la sua storia soprannaturale era
stata rovinata, dal momento che l'unico fantasma che le fosse mai
capitato di vedere, era poi risultato fasullo, mentre la nipote era
assolutamente felice di aver trovato uno sposo in carne ed ossa – e
questa è la fine della storia.
FINE
1
Greysteil ("Graysteel"), antica ballata del
XVI secolo, intitolata anche Syr Egeir and Syr Gryme, dal
nome di due cavalieri che sfidarono il temibile sir Greysteel per
conquistare il cuore di una dama.
2
Landshort, cioè
Poca terra, si riferisce
ironicamente ai limitati possedimenti del barone che invece si
atteggia a grande feudatario.
Katzenellenbogen cioè
gomito di gatto, Irving spiega in una nota che tale appellativo fu
dato ad una dama della famiglia per celebrare la bellezza del suo
braccio.
3
Heldenbruch
(libro degli eroi) collezione di manoscritti e testi a stampa del XV
e XVI secolo a carattere epico.
4
Minnie lieder
componimenti musicali medievali a carattere sentimentale
5
Wurtzburg
antica
città della Baviera, sede vescovile e universitaria. La
sua
cattedrale
fu costruita nel 1040-1225 in stile romanico.
6
Heidelberg Tun botte
da
vino di enormi dimensioni contenuta nelle cantine del castello di
Heidelberg
7
I
goblin
sono leggendarie creature maligne presenti nel folklore di alcuni
paesi e nel fantasy. Caratterizzati da una bassa statura, erano
accusati di rapire durante la notte donne e bambini, sostituendo
questi ultimi con i propri mostruosi figli
8
Gottfried
August Bürger
(Molmerswende, 31 dicembre 1747 – Gottinga, 8 giugno 1794)
scrittore tedesco rappresentante
dello Sturm und Drang.
E’ a lui che si devono le prime ballate artistiche della
letteratura tedesca; “Lenore”, la sua più conosciuta, fu
tradotta in inglese da
un giovanissimo Dante Gabriele Rossetti e in Italia
dal poeta della scapigliatura Giovanni Berchet.
9
Palafreno
Cavallo
riccamente
bardato
che nel Medioevo era usato per i viaggi o le parate e non per il
combattimento o la corsa
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