Com'è
dolce la vita all'ombra delle palme
.
Edith
Wharton (New York, 24 gennaio 1862 – Saint-Brice-sous-Forêt, 11
agosto 1937), è stata la prima scrittrice statunitense a ricevere il
premio Pulitzer nel 1921 per il suo romanzo più famoso L'età
dell'innocenza, portato al cinema da Martin Scorzese nel
1993. Il romanzo è ambientato nell'alta società New Yorkese del
primo Novecento, di cui l'autrice ben tratteggia caratteristiche,
limiti e contraddizioni. E non poteva essere diversamente, dal
momento che la sua famiglia, i Newbold Jones, era una delle più
ricche e potenti di New York.
Trascorse
gran parte della sua vita in Francia, dove si era trasferita nel 1906
per allontanarsi dal marito, il
ricco banchiere di Boston Edward Wharton, e dai
suoi problemi mentali. Qui continuò la sua attività letteraria, e
viaggiò in tutto il mediterraneo: fu la prima donna a poter visitare
il Monte Athos in Grecia, e a visitare un harem in Marocco, e su
questa esperienza di viaggio scrive il libro In Morocco, che è
anche un endorsment alla politica colonialista della Francia, vista
come baluardo della cultura occidentale e della religione cristiana.
Morì in Francia a causa di un di infarto all’età di
settantacinque anni.
Il
racconto che vi propongo, A Bottle of Perrier (Una bottiglia di Perrier)
è
ambientato in un’oasi desertica ai confini con il Marocco. Apparve
la prima volta sul The Saturday Evening Post nel 1926 con
il titolo “A Bottle of Evian,” e fu pubblicato nel volume
Certain People, 1930,
con il titolo A Bottle o Perrier.
Protagonista
della storia è il giovane
Medford, archeologo della scuola americana di Atene, che va in visita
ad un suo più anziano collega, Henry Almodham, archeologo inglese
che da anni vive nel deserto in un antico edificio “a
metà tra la fortezza cristiana e il palazzo arabo”.
Quando il giovane arriva, scopre che il suo ospite si è allontanato “...invitato improvvisamente da un capo tribù suo amico a visitare alcune rovine inesplorate più a sud” come gli viene annunciato da Gosling, il compassato cameriere di Almodham, a capo di uno stuolo di servi arabi, tutti dediti al comfort del loro padrone. Affascinato dal mistero di quel posto dove “lo spasmodico agitarsi dell'uomo non aveva senso” e dalla selvaggia bellezza del deserto, Medford decide di fermarsi per aspettare il ritorno del suo ospite. E la vita sembra dolce all'ombra delle palme fruscianti che ombreggiano il cortile di quell'edificio labirintico. Al centro del cortile, e della storia, c'è la cisterna, l'unica fonte di acqua del castello. Ed è proprio con l'acqua che sorgono i primi problemi, dal momento che quella della cisterna, con l'avanzare della stagione secca, incomincia a non essere più buona. Anche le riserve di acqua minerale, che tanto avevano impressionato il giovane, “Perrier nel deserto!”, alla fine risultano esaurite, a causa della calura dei giorni precedenti, e la prossima carovana di rifornimenti arriverà solo la settimana successiva. Su suggerimento di Medford, l'acqua della cisterna viene bollita, e tutto sembra filare per il meglio. Pian piano il giovane, abbattendo le barriere sociali che sembrano perdere senso in quel luogo, instaura un rapporto confidenziale con il maggiordomo che gli rivela la natura egoistica del suo padrone, “quando è qui ha bisogno di me per la sua persona, e quando è via ha bisogno di me per controllare gli altri.” Sempre così, da quando Almodham lo ha portato là dodici anni prima, senza poter mai andare via “incatenato qui come il suo cane da guardia.” I giorni passano, ma Almodham non si fa vedere, l'attesa riserva di Perrier non arriva, cosa che suscita una reazione particolarmente isterica nel maggiordomo, con stupore del giovane americano. Intanto, a causa del caldo, l'acqua della cisterna è sempre più disgustosa e il suo cattivo odore invade tutto il cortile, rompendo l'incanto iniziale e il ritorno alla realtà sarà violento e drammatico.
Quando il giovane arriva, scopre che il suo ospite si è allontanato “...invitato improvvisamente da un capo tribù suo amico a visitare alcune rovine inesplorate più a sud” come gli viene annunciato da Gosling, il compassato cameriere di Almodham, a capo di uno stuolo di servi arabi, tutti dediti al comfort del loro padrone. Affascinato dal mistero di quel posto dove “lo spasmodico agitarsi dell'uomo non aveva senso” e dalla selvaggia bellezza del deserto, Medford decide di fermarsi per aspettare il ritorno del suo ospite. E la vita sembra dolce all'ombra delle palme fruscianti che ombreggiano il cortile di quell'edificio labirintico. Al centro del cortile, e della storia, c'è la cisterna, l'unica fonte di acqua del castello. Ed è proprio con l'acqua che sorgono i primi problemi, dal momento che quella della cisterna, con l'avanzare della stagione secca, incomincia a non essere più buona. Anche le riserve di acqua minerale, che tanto avevano impressionato il giovane, “Perrier nel deserto!”, alla fine risultano esaurite, a causa della calura dei giorni precedenti, e la prossima carovana di rifornimenti arriverà solo la settimana successiva. Su suggerimento di Medford, l'acqua della cisterna viene bollita, e tutto sembra filare per il meglio. Pian piano il giovane, abbattendo le barriere sociali che sembrano perdere senso in quel luogo, instaura un rapporto confidenziale con il maggiordomo che gli rivela la natura egoistica del suo padrone, “quando è qui ha bisogno di me per la sua persona, e quando è via ha bisogno di me per controllare gli altri.” Sempre così, da quando Almodham lo ha portato là dodici anni prima, senza poter mai andare via “incatenato qui come il suo cane da guardia.” I giorni passano, ma Almodham non si fa vedere, l'attesa riserva di Perrier non arriva, cosa che suscita una reazione particolarmente isterica nel maggiordomo, con stupore del giovane americano. Intanto, a causa del caldo, l'acqua della cisterna è sempre più disgustosa e il suo cattivo odore invade tutto il cortile, rompendo l'incanto iniziale e il ritorno alla realtà sarà violento e drammatico.
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Trad. Balestra Gianfranca, 1993, Bulzoni
€ 13,17
Wharton Edith, 2008, Joybook
€ 5,87
UNA
BOTTIGLIA DI PERRIER
Edith
Wharton
Due
giorni a combattere su piste insidose in un vecchio macinino ben
intenzionato ma asmatico, e altri due giorni di viaggio su un cavallo
a nolo dal temperamanto scontroso, avevano indotto il giovane
Medford, della scuola americana di archeologia di Atene, a chiedersi
come mai il suo eccentrico amico inglese, Henry Almodham, avesse
scelto di vivere nel deserto.
Adesso capiva.
La
casa, già lo sapeva, era vuota ad eccezione dello svelto cameriere
cosmopolita, che parlava una sorta di palinsesto cockneyi
venato di lingue mediterranee e dialetti del deserto – Inghilterra,
Italia o Grecia, da dove veniva? - più due o tre servi avvolti nel
tipico mantello arabo. Questi ultimi, dopo aver portato i bagagli
nella camera di Medford, avevano liberato il posto dalle loro
svolazzanti presenze. Mr. Alodhan, gli disse il cameriere, era via,
invitato improvvisamente da un capo tribù suo amico a visitare
alcune rovine inesplorate più a sud, era partito all'alba, troppo in
fretta per scrivere, ma gli lasciava messaggi di scuse e
rincrescimento. Sarebbe stato di ritorno a notte fonda o il mattino
successivo. Nel frattempo Mr. Medford avrebbe dovuto fare come a casa
sua.
Almodham,
come ben sapeva il giovane Medford, era continuamente impegnato in
quel genere di ricerche archeologiche, che erano state il motivo
ufficiale per venire a vivere in quel luogo remoto, e quel suo modo
di procedere casuale aveva già prodotto la scoperta di diverse
rovine paleocristiane di grande interesse.
Medford
era contento che il suo ospite non avesse fatto cerimonie, e
piuttosto sollevato, nel complesso, di avere le prossime ore tutte
per sé. Aveva avuto una febbre malarica l'estate precedente, e a
dispetto del casco di sughero aveva probabilmente preso un colpo di
sole, si sentiva stranamente, incredibilmente stanco, ma profondmente
felice. E che posto fantastico per riposarsi! Il silenzio, la
solitudine, l'aria illimitata! E proprio nel cuore del deserto piante
verdi, acqua, comodità – aveva già adocchiato un'ampia sedia di
giunco sotto le palme – un'abitazione confortevole e accogliente.
Sì, incominciava a capire Almodham. Le stesse mura di quella
fortezza nel deserto trasudavano pace per chiunque fosse stanco dei
ritmi febrili dell'occidente.
Appena
mise piede sulla scala a pioli che conduceva giù, Medford vide la
testa del cameriere salire verso di lui. Saliva lentamente e Medford
ebbe il tempo di notare che era di un colore olivastro, calva in
cima, segnata diagonalmente da una lunga cicatrice bianca, tutto
intorno una corona di folti capelli biondo cenere. Fino a quel
momento Medford aveva notato solo la faccia dell'uomo – giovanile
ma anch'essa olivastra – ed era stato soprattutto colpito dalla sua
strana espressione che potrebbe essere più precisamente definita di
sorpresa.
Il
cameriere, spostandosi di lato, guardò verso l'alto, e Medford si
rese conto che che quell'aria di sorpresa era prodotta dal fatto che
i suoi occhi di un azzurro intenso erano più aperti del normale e
orlati da folte ciglia biondo cenere, per il resto non c'era niente
di notevole in lui.
“Tanto
per sapere – che vino per cena, signore? Champagne, o...”
“Niente
vino, grazie.”
Le
labbra disciplinate dell'uomo furono sopraffatte da una
impercettibile smorfia di disapprovazione o ironia, o entrambe.
“Proprio
niente, signore?”
Medford
sorrise di nuovo. “Non è per rispettare il proibizionismo.” Era
sicuro che l'uomo, qualunque fosse la sua nazionalità, avrebbe
capito, e così fu.
“Oh,
non intendevo questo, signore...”
“Ebbene,
no; ma non sono stato molto bene, e il vino mi è stato proibito.”
Il cameriere era alquanto incredulo. “Solo un leggero vino della
Mosella, giusto un po', tanto per macchiare l'acqua, signore?”
“Assolutamente
niente vino,” disse Medford, che incominciava a seccarsi. Era
ancora in quella fase della convalescenza in cui non si tollerano
obiezioni sulla propria dieta.
“Oh,
a proposito, come vi chiamate?” aggiunse, nel tentativo di
ammorbidire il suo brusco rifiuto. “Gosling,” disse l'altro
inaspettatamente, anche se Medford non sapeva assolutamente quale
nome aspettarsi. “Siete inglese, allora?” “Oh, sì, signore.”
“Siete stato da queste parti per un bel po' di anni, però?”
Proprio
così, disse Gosling; troppo a lungo per i suoi gusti, e aggiunse che
era nato a Malta. “Ma consco bene anche l'Inghilterra,” Il suo
sguardo di disapprovazione ritornò. “Le confesso, signore, che mi
sarebbe piaciuto dare un'occhiata a Wembley. (La famosa esposizione
di Wembley, vicino Londra, ebbe lugo nel 1924.) Mr. Almodham me lo
aveva promesso... ma poi...” Come per minimizzare l'essersi
lasciato andare a quella confidenza, proseguì chiedendo
ossequiosamente a Medford le sue chiavi e a che ora gradiva cenare.
Ricevuta la risposta, continuò ad indugiare, con un espressione più
sorpresa che mai.
“Un
po' di acqua minerale, allora, signore?”
“Sì,
una qualunque.”
“Va
bene una bottiglia di Perier?”
Perrier
nel deserto! Medford fece un sorriso di assenso, consegnò le chiavi
e andò via.
La
casa risultò più piccola di quanto avesse immaginato, o almeno la
parte abitabile, infatti sopra quelle possenti mura turrite di pietra
gialla ormai in rovina e nelle sue fenditure si abbarbicavano camere
intonacate, una sopra l'altra, con travi di cedro e persiane rosso
cremisi che cadevano a pezzi. Fra questa accozzaglia di muratura e
stucco, cristiana e musulmana, l'ultimo inquilino della fortezza
aveva scelto un gruppo di stanze incastrate in un angolo dell'antica
fortezza. Questi appartamenti si affacciavano sul cortile principale
dove le palme mormoravano nel vento e il fico si avvitava sopra il
pozzo. Sul pavimento di marmo sconnensso erano raggruppate delle
sedie e un tavolo basso, mentre qualche geranio e delle campanule
erano state indotte a crescere tra una lastra e l'altra.
Courtyard In Algeria by Frederick Arthur Bridgman, 1873
Un
ragazzo in camicia bianca dagli occhi guardinghi stava innaffiando le
piante, ma all'avicinarsi di Medford svanì come una nuvola di
vapore. C'era qualcosa di evanescente e irreale tutto intorno,
perfino la lunga stanza delimitata da un porticato che si apriva sul
cortile, arredata con cuscini ricavati da borse da sella, divani
rivestiti di pelle di gazzella e grezzi tappeti indigeni, perfino il
tavolo ricoperto da pile di vecchi numeri del Times e ultra moderne
riviste inglesi e francesi, tutto sembrava, in quell'ingannevole aria
tersa, nato dal miraggio di un qualche viaggiatore del deserto. Una
sedia sotto il fico invitò Medford a schiacciare un sonnellino, e
quando si svegliò il blu cobalto della cupola sopra di lui era
gemmato di stelle e la brezza notturna ciarlava con le palme.
Riposo,
bellezza, pace. Quel furbo di Almodham!2.
Avevano
trascorso insieme solo quella sera, con il vecchio Swordsley che li
guardava ammiccando da sotto le palpebre apppesantite dai ricordi, e
due o tre incantevoli donne del Winter Palace2
che chiacchieravano e lanciavano gridolini; ma i due
uomini erano ritornati a Luxor cavalcando insieme al chiaro di luna,
e durante quella cavalcata Medford credette di aver messo insieme i
tasselli essenziali della personalità di Henry Almodham. Una natura
saturnina ma sentimentale, un'indolenza cronica che si alternava a
sprazzi di attività estremamente razionale; una lacerante mancanza
di fiducia in sé stesso addolcita da un'intima autostima; un intenso
desiderio di completa solitudine associata all'incapacità di
tollerarla troppo a lungo.
Medford
sospettava che ci fosse ancora altro, un tratto di romanticismo
vittoriano, gratificato dallo scenario, dalla solitudine,
dall'inaccessibilità del suo rifugio e dal fatto di essere
conosciuto come il famoso Henry Almodham - “quello che vive in un
castello crociato, sapete” - il diventare poco a poco prigioniero
di una posa assunta in gioventù, che si era andata irrigidendo con
l'età, e qualcosa di più profondo e di più oscuro, forse, sebbene
il giovanotto nutrisse qualche dubbio al proposito; o più
semplicemente vivere in quel particolare modo aveva curato una
vecchia ferita, una vecchia mortificazione, qualcosa che anni
addietro lo aveva toccato in una parte vitale e lo aveva lsciato
dolorante. Ma sopattutto, nei movimenti esitanti di Almodham e nello
sguardo sognante del suo bel volto lungo e abbronzato incorniciato da
una fitta massa di capelli grigi, Medford intuiva un'indolenza,
mentale e morale, che la vita in quel castello aveva incrementato e
giustificato.
“Una
volta qui, come è facile non andar via!” pensava, spofondando
sempre di più nella sua comoda poltroncina. “La cena, signore,”
annunciò Gosling. Il tavolo era stata sistemato in un'arcata del
porticato della sala da pranzo, delle candele schermate formavano una
pozza rosea nell'oscurità. Ogni volta che emergeva nella loro luce,
il cameriere, giacca bianca e passo vellutato, sembrava più
competente e più sorpreso che mai. E che piatti, poi... anche il
cuoco era maltese? Ah, erano dei geni, quei maltesi! Il cameriere si
bloccò, sorise in segno di ringraziamento, e poi iniziò a riempire
di Chablis il bicchiere dell'ospite.
“Niente
vino,” disse Medford pazientemente.“Scusi, signore. Il fatto è...”
“Avevate detto che c'era della Perrier?”
“Sì,
signore; ma non ne ho trovata, E' stato terribilmente caldo, e Mr.
Almodham era qui e l'ha bevuta tutta. Il nuovo approvvigionamento non
arriverà fino alla prossima settimana. Siamo costretti a dipendere
dalle carovane che vanno a sud.”
“Non
importa. Acqua, allora. La preferisco proprio.” La sorpresa di
Gosling crebbe fino a diventare stupore. “C'è qualcosa che non va
con la vostra acqua? Non potete bollirla, allora? Riguardo al
vino...” Spinse via il bicchiere pieno a metà. “Oh... bollita?
Certamente, signore.” La voce dell'uomo si abbassò fino a
diventare un sussurro. Mise sul tavolo un succulento miscuglio di
riso e montone e sparì. Medford si appoggiò allo schienale della
sedia e si arrese alla notte, al fresco, al fruscio del vento tra le
palme.
Un
piatto delizioso seguì l'altro. Quando apparì l'ultimo, il
commensale iniziò a essere tormentato dalla sete, e nello stesso
momento una brocca di acqua fu sistemata sul tavolo. “Bollita,
signore, e vi ho pure spemuto un limone.” “Bene. Suppongo che
alla fine dell'estate la vostra acqua sia un po' fangosa?” “Proprio
così, signore. Ma vedrete che questa è buona, signore.” Medford
ne assaggiò un sorso. “Meglio di una Perrier.” Vuotò il
bicchiere, si appoggiò allo schienale e si rovistò in tasca.
Immediatamente gli fu messo a portata di mano un vassoio di sigari e
sigarette.
Addison Thomas Millar1850 - 1913, THE WATER PIPE
“Il
signore non...fuma?” Per tutta risposta sollevò il sigaro verso il
fiammifero acceso dal cameriere. “Questo come lo chiamate?” “Oh,
proprio così. Intendevo nell'altro modo.” Gosling lanciò
un'occhiata discreta alle pipe da oppio di giada e ambra sistemate su
un tavolino. Medford rifiutò l'offerta scrollando le spalle, e si
chiese se forse era quello l'altro segreto di Almodham, o uno dei
segreti? Perchè incominciava a pensare che ce ne potessero essere
molti, e tutti, ne era sicuro, gelosamente custoditi dietro la vigile
fronte di Gosling.
“Ancora
nessuna notizia di Mr. Almodham?”
Gosling
stava raccogliendo i piatti con gesti rapidi e sicuri. Per un momento
sembrò che non avesse sentito. Poi, lontano dalla luce delle
candele, “Notizie, signore? E come potrebbero essercene? Non c'è
il telegrafo nel deserto, signore, non è come a Londra,” Il suo
tono rispettoso temperava la lieve ironia. “Ma domani sera dovremmo
vederlo rientrare sul suo cavallo.” Gosling fece una pausa, si
avvicinò, con mano veloce spazzò via dal tavolo le ultime briciole
e aggiunse con tono esitante: “Certamente, signore, potrete
fermarvi fino ad allora?”
Medford
rise. La notte era sovracarica di balsami, e sentì il suo spirito
sprofondare nelle sue ali. Il tempo svanì, niente più ansie o
preoccupazioni. “Restare, resterò per un anno, se necessario!”
“Oh...
un anno?” gli fece eco Gosling scherzosamente, raccolse i piatti
del dessert e andò via.
3.
Medford
aveva detto che avrebbe aspettato Almodham per un anno, ma il giorno
dopo scoprì che quei termini tanto arbitrari avevano perso ogni
significato. Non c'era modo di misurare il tempo in un luogo come
quello. La sciocca faccia del suo orologio raccontava la sua storia
quotidiana al nulla. Le costellazioni che ruotavano su quelle mura in
rovina segnavano solo le rivoluzioni della terra, lo spasmodico
agitarsi dell'uomo non aveva senso. Lo stesso fatto di avere fame, lo
scoccare di quell'orologio interno, era minimizzato dalla debolezza
di quella sensazione, giusto l'ombra di un languore, che poteva
essere acquietato con frutta secca e miele. La vita aveva la lieve
monotona dolcezza dell'eternità.
Verso
il tramonto Medford si riscosse da quello strano senso di
straniamento e salì suo tetto. Scrutò il deserto alla ricerca di
Almodham. Verso sud le montagne di alabastro si alzavano come un velo
blu intessuto di luce. Ad ovest si innalzò una grande colonna di
fuoco, che spruzzò pennacchi di luce trasformando il cielo in una
fontana di petali di rosa e le sabbie sottostanti in oro. Non c'era
l'ombra di un cavaliere. Medford rimase a guardare fino al calare
della notte nella vana ricerca del suo ospite assente, e il puntuale
Gosling lo invitò ancora una volta a tavola.
Dopo
cena Medford sfogliò distrattamente le ultra moderne riviste -
vecchie di tre mesi e già incartapecorite al tocco - e quindi le
buttò via, sprofondò in un divano e incominciò a sognare. Almodham
doveva aver trascorso un sacco di tempo a sognare, sicuramente. Poi,
mentre si sentiva sprofondare nel torpore, se ne andava via in una di
quelle escursioni attraverso il deserto alla ricerca di rovine
sconosciute. Una vita non proprio brutta.
Gosling
comparve con un caffè alla turca in una tazza cesellata di
filigrana. “Ci sono cavalli nella stalla?” chiese improvvisamente
Medford.
“Cavalli?
Solo quelli che potreste chiamare cavalli da soma, signore. Mr.
Almodham ha con sé i due migliori cavalli da sella.”
“Stavo
pensando che potrei uscire a cavallo per andargli incontro.”
Gosling
valutò la cosa. “Potreste fare così, signore,”
“Sapete
in che direzione è andato?”
“Non
precisamente, signore. Doveva guidarli l'uomo del caid3.”
“Guidarli?
Chi è andato insieme a lui?”
“Solo
uno di nostri uomini, signore. Hanno preso i due purosangue. Ce n'è
un terzo, ma è zoppo.”
Gosling
fece una pausa. “Conoscete le piste, signore? Scusatemi, ma non
penso di avevrvi visto qui prima d'ora.”
“No,”
acconsentì Medford, “Non sono mai stato qui prima d'ora.”
“Oh,
allora...” Fece Gosling completando la sua esclamazione con un
gesto di sconforto: “In tal caso, nemmeno il migliore dei
purosangue potrebbe aiutarvi.”
“Suppongo
che potrebbe ancora tornare questa notte?”
“Oh,
facilmente, signore. Mi aspetto di vedervi fare colazione insieme qui
domani mattina.” disse Gosling scherzosamente. Medford sorseggiò
il suo caffè. “Avete detto di non avermi mai visto qui prima. Ma
voi da quanto tempo siete qui?”
La
risposta di Gosling fu immediata, come se quei numeri non gli
uscissero mai di mente: “Undici anni e sette mesi in tutto,
signore.”
“Quasi
dodici anni! E' un tempo piuttosto lungo.”
“Sì,
signore.”
“E
non credo che siate andato via spesso?” Gosling stava andando via
con il vassoio. Si fermò di colpo, si girò e disse con
un'improvvisa enfasi: “Non sono andato via nemmeno una volta. Non
da quando Mr. Almodham mi portò qui la prima volta.”
“Buon
Dio! Non una sola vacanza?”
“Nemmeno
una, signore.”
“Ma
Mr. Almodham va via di tanto in tanto. L'ho incontrato l'anno scorso
a Luxor.”
“Proprio
così, signore. Ma quando è qui ha bisogno di me per la sua persona,
e quando è via ha bisogno di me per controllare gli altri. Così
vedete...”
“Sì,
capisco. Ma mi sembra un tempo maledettamente lungo.”
“Davvero
lungo, signore.”
“Ma
gli altri? Volete dire che non sono del tutto degni di fiducia?”
“Beh,
signore, sono solo degli arabi.” Disse Gosling con incurante
disprezzo.
“E
non uno solo uomo affidabile fra di loro?”
“Questa
parola non esiste nella loro lingua, signore.”
Medford
era intento ad accendere il suo sigaro. Quando alzò gli occhi scoprì
che Gosling era ancora lì, a pochi passi di distanza.
“Non
è che non ci fosse stata una promessa, sapete, signore.” Disse,
con un certo trasporto.
“Una
promessa?”
“Di
farmi avere la mia vacanza, signore. Una promessa...ripetuta.”
“E
il momento non è mai arrivato?”
“No,
signore, semplicemente i giorni sono scivolati via...”
“Ah.
Succede, qui. Non state in piedi per me,” aggiunse Medford. “Penso
che resterò sveglio... ad aspettare Mr. Almodham.” Gosling sgranò
gli occhi. “Qui, signore? Qui nel cortile?” Il giovane annuì,
mentre il cameriere rimaneva fermo ad osservarlo, trasformato dal
chiaro di luna in una bianca figura spettrale, l'inquieto fantasma di
un paziente maggiordomo che avrebbe potuto morire senza la sua
vacanza.
“Qui
giù nel cortile tutta la notte, signore?. E' un luogo solitario. In
caso di bisogno non potrei sentirvi. Stareste molto meglio a letto.
L'aria è cattiva. Potreste avere di nuovo la febbre.”
Medford
rise e si allungò sul divano. “Decisamente,” pensò, “l'amico
ha bisogno di un cambiamento.” A voce alta osservò: “Oh, starò
benissimo. Il fatto è che siete nervoso. Quando ritorna Mr. Almodham
ho intenzione di mettere una buona parola per voi. Avrete la vostra
vacanza.”
Gosling
rimase immobile. Per un minuto non parlò. “Lo fareste, signore,
per davvero?” Esclamò affannosamente con voce rotta, e l'ultima
parola si perse in una risata, una breve risata stridula, la risata
di uno non più abituato a tali cortesie da tanto tempo.
“Grazie,
signore. Buona notte, signore.” E andò via.
“Bollite
sempre la mia acqua, vero?” Chiese Medford, mentre con la mano
stringeva il bicchiere senza portarlo alle labbra. Il tono era
amicale, quasi confidenziale; Medford sentiva che da quando aveva
fatto quella frettolosa promessa di fare avere una vacanza a Gosling,
lui e Gosling avevano stabilito un rapporto di vera amicizia.
“Bollirla? Sempre, signore. Naturalmente.” Gosling parlò con una
lieve nota di rimprovero, come se la domanda di Medford implicasse
un'offesa, inconsapevole sperava, al loro nuovo rapporto. Osservò
Medford con i suoi occhi stupiti, in cui, nonostante lo sguardo di
professionale indifferenza, si intravvedeva una sincera
preoccupazione.
“Perché,
sapete, il mio bagno stamattina...”
Gosling
era sul punto di ricevere un piatto di fragrante kuskus dalle mani di
uno svolazzante arabo. Sottovoce sibilò al nativo: “Voi dannati
aborigeni, non riuscite nemmeno a reggere un piatto? Uh!” L'arabo
svanì prima dell'invettiva, e Gosling, con mano ostentatamente
calma, sistemò il piatto davanti a Medford. “Tutti uguali.” E
con meticolosità tolse via dalla manica di lino una traccia di
grasso.
“Perché,
sapete, l'acqua del mio bagno questa mattina era semplicemente
puzzolente,” disse Medford, affondando forchetta e cucchiaio nel
piatto.
“Il
vostro bagno, signore?” Gosling pronunciò la parola con una certa
enfasi. Lo stupore, ad esclusione di ogni altra emozione, gli riempì
di nuovo gli occhi mentre li fissava su Medford. “Credetemi, non
avrei voluto che accadesse per niente al mondo,” disse come per
rimproverarsi.
“Cè
solo quel pozzo qui, eh? Quello nel cortile?”
Gosling,
ancora assorto a rimuginare la lamentela del visitatore, si riscosse.
“Sì, signore, l'unico.”
“Che
sorta di pozzo è? Da dove viene l'acqua.”
“Oh,
è solo una cisterna. Acqua piovana. Non c'è mai stato niente altro
qui. Per quanto ne so non ha mai dato problemi, ma in questa stagione
a volte l'acqua è un po' strana. Chiedete a chiunque di quegli
arabi, signore, ve lo diranno. Anche se sono dei buggiardi, non si
prenderanno il disturbo di mentire su una cosa come questa.”
Medford
assaggiò cautamente l'acqua nel suo bicchiere. “Questa sembra
buona,” sentenziò. Una sincera soddisfazione era dipinta sul viso
di Gosling. “Ho contrallato io stesso che fosse bollita, signore.
Lo faccio sempre. Spero che domani arrivi la Perrier , signore.”
“Oh,
domani...” Medford scrollò le spalle, mentre si versava un altro
bicchiere d'acqua. “Domani potrei non essere qui per berla.”
“Cosa...andate
via, signore?” gridò Gosling. Medford, girandosi di colpo, colse
uno sguardo nuovo e incomprehensible negli occhi di Gosling. Al
giovane era sembrato che il maggiordomo gli si fosse affezionato come
un cane, che se avesse voluto, Medford avrebbe potuto giurarlo,
trattenerlo, persuaderlo a pazientare e rimandare, invece ora,
Medford avrebbe potuto egualmente giurarlo, c'era sollievo nel suo
sguardo, soddisfazione, quasi, nella sua voce.
“Così
presto, signore?”
“Beh,
sono passati cinque giorni da quando sono arrivato. E ancora non ci
sono notizie di Mr. Almodham, e voi dite che potrebbe benissimo
essersi completamente dimenticato della mia visita...”
“Oh,
non ho detto questo, signore, non dimenticato! Solamente, quando è
preso da uno di quei vecchi pilastri di pietra, dimentica il tempo,
signore. Questo è quello che intendevo. I giorni scivolano
via...vive in un sogno. Molto probabilmente è convinto che state
arrivando in questo momento, signore.” Un lieve sorriso inasprì
l'opaca austerità dei lineamenti di Gosling. Era la prima volta che
Medford lo vedeva sorridere.
“Oh,
capisco. Eppure...” Medford fece una pausa. Il suo spirito di
osservazione si stava faticosamente risvegliando dall'incantesimo
dell'inerzia in cui lo avevano sprofondato quel posto sonnolento e le
sue rilassanti comodità. “E' strano...” “Cosa è strano?”
Gli fece inaspettatamente eco Gosling, mentre posava i datteri secchi
e i fichi sul tavolo.
“Tutto,”
disse Medford.
Si
appoggiò alla sua sedia e alzando lo sguardo oltre l'arco del
porticato si mise a fissare l'alta volta del cielo da cui il
mezzogiorno si riversava giù in cascate di blu e oro. Almodham era
là fuori sotto quella cupola infuocata, forse, come diceva il
cameriere, completamente perso nel suo sogno. Quella terra era piena
di incantesimi. “Caffé, signore”? gli ricordò Gosling. Medford
prese la tazzina.
“E'
strano, dite di non fidarvi di nessuno di quegli uomini – quegli
arabi – eppure non sembrate preoccupato per il fatto che Mr.
Almodham sia là fuori, Dio sa dove, da solo con loro.” Gosling
soppesò la cosa attentamente, con imparzialità. Afferrò il
nocciolo della questione. “Ebbene, signore, no... non capireste.
Non è una cosa che si possa insegnare, quando fidarsi di loro e
quando no. Dipende dai loro interessi, naturalmente, e dalla loro
religione, come la chiamano.” Il suo disprezzo era asenza limiti.
“Ma anche soltanto per iniziare a capire come mai non sono
preoccupato per Mr. Almodham, avreste dovuto vivere a lungo fra di
loro, signore, e parlare la loro lingua.”
“Ma
io...” Iniziò a dire Medford. Si mise a sedere di scatto e si
chinò sul suo caffè.
“Sì,
signore.”
“Ma
ho viaggiato alquanto fra di loro.”
“Oh,
viaggiato!” Perfino il tono di voce di Gosling faceva fatica a
conciliare rispetto e derisione nell'udire quella vanteria.
“Comunque
sia, questo è ormai il quinto giorno.” Continuò ostinatamente
Medford. Il calore del mezzogiorno si faceva sentire pesantemente
anche nella parte in ombra del cortile, e la sua forza di volontà si
stava indebolendo.
“Capisco,
signore, un gentiluomo come voi avrà certamente altri appuntamenti,
sarà pressato dal tempo,” ammise Gosling con tono conciliante.
Sparecchiò
la tavola e affidò il suo carico ad un paio di braccia arabe che
apparvero e scomparvero con la stessa velocità, e finalmente si
tolse di mezzo mentre Medford sprofondava nel divano. Una terra di
sogno...
Il
pomerigio sovrastava il cortile come un grande velario intessuto
d'oro disteso sulle mura del castello per poi scivolare in pieghe
sempre più morbide sulle folte chiome delle palme. Quando infine
l'oro diventò viola, e l'ovest si trsformò in un arco di cristallo
che cingeva le sabbie del deserto, Medford si riscosse dal suo sonno
e andò a fare un giro. Ma questa volta, invece di salire sul tetto,
prese un'altra direzione.
Fu
sorpreso nello scoprire quanto poco conoscesse di quel posto dopo
cinque giorni di ozio e attesa. Forse questo sarebbe stato l'ultima
sera trascorsa da solo. Uscì dal cortile attraverso un corridoio
coperto da una volta di pietra che conduceva in un altro recinto
circndato da mura. Al suo avvicinarsi, due o tre arabi che sedevano
accovacciati si alzarono e si dileguarono allo sguardo. Era come se
fossero stati fagocitati dai muri circostanti.
Tre arabi in un cortile - Alberto Pasini (1826-1899)
Più
in là, Medford sentì un calpestio di zoccoli di cavallo, il tipico
tramestio di una stalla al calar della sera. Passò sotto un altro
arco e si trovò circondato da cavalli e muli. Nella luce del
tramonto un arabo stava strigliando uno dei cavalli, un giovane
morello focoso. Anche lui stava per dileguarsi, ma Medford lo afferrò
per la manica.
“Continuate
il vostro lavoro,” disse in arabo.
L'uomo,
che era giovane e muscoloso, con un volto magro da beduino, si fermò
e lo guardò.
“Non
sapevo che vostra eccellenza parlasse la nostra lingua.”
“Oh,
sì,” disse Medford.
L'uomo
rimase in silenzio, con una mano sul collo irrequieto del cavallo,
l'altra infilata nella sua cintura di lana. Lui e Medford si
guardarono l'un l'altro nella penombra.
“E'
quello il cavallo zoppo?” chiese Medford.
“Zoppo?”
Gli occhi dell'arabo corsero lungo le gambe del cavallo. “Oh, sì,
zoppo,” rispose evasivamente.
Medford
si chinò a tastare i ginocchi e i garretti del cavallo. “Sembra
che stia bene. Potrei prenderlo per fare una cavalcata questa sera se
mi andasse?” L'arabo considerò attentamente la richiesta,
evidentemente perplesso dal il peso della responsabilità che avrebbe
dovuto assumersi. “Vostra eccellenza vorrebbe andare a fare una
cavalcata questa sera?”
“Oh,
solo un'idea. Potrei o non potrei.” Medford accese una sigaretta e
ne offrì una allo stalliere, i cui denti bianchi lampeggiarono di
soddisfazione. Mentre si chinavano sullo stesso fiammifero la
diffidenza dell'arabo sembrò venir meno.
“E'
uno dei cavalli da monta di Mr. Almodham?” chiese Medford.
“Sì,
signore, il suo preferito,” disse lo stalliere, passando
orgogliosamente la mano lungo il dorso lucente del cavallo.
“Quello
preferito? E come mai non l'ha portato con sé in questa lunga
spedizione?”
L'arabo
si zittì e guardò per terra.
“La
cosa non vi ha sorpreso?” insistè Medford.
Il
gesto dell'uomo dichiarò che non era affar suo essere sorpreso. I
due rimesero senza parlare mentre il blu della notte scendeva
rapidamente. Dopo un po' Medford disse con tono noncurante: “Dove
pensate che sia il vostro padrone adesso?”
La
luna, invisibile nell'infuocato tramonto del giorno, aveva
improvvisamente preso possesso del mondo, e un ampio raggio bianco
illuminava in pieno la tunica bianca dell'arabo, il suo volto
abbronzato e il turbante di lana di cammello annodato intorno. Le sue
pupille agitate rilucevano come gioielli.
“Se
Allha ci concedesse di saperlo!”
“Ma
supponete che sia al sicuro, non è vero? Pensate che non sia ancora
il caso di organizzare un gruppo per andare a cercarlo?”
L'arabo
sembrò considerare attentamente quella eventualità. La domanda
doveva averlo colto di sorpresa. Gettò il braccio abbronzato intorno
al collo del cavallo e continuò a fissare il lastricato del cortile.
“Quando il padrone è via, Mr. Gosling è il nostro padrone.”
“E
non pensa che sia necessario?”
L'arabo
sospirò: “Non ancora.”
L'uomo
rimase di nuovo in silenzio, e Medford continuò: “Voi siete il
capo degli stallieri, suppongo?”
“Sì,
eccellenza.”
Ci
fu un'altra pausa. Medford si girò per andarsene, quindi con la
testa rivolta verso l'arabo: “Suppongo che sapete la direzione
presa da Mr. Almodham? In che posto è andato?”
“Oh,
sicuramente, eccellenza.”
“Allora
prendremo i cavalli e andremo a cercarlo. State pronto un'ora prima
dell'alba. Non dite niente a nessuno, Mr. Gosling o chiunque altro.
Noi due dovremmo farcela a trovarlo senza altro aiuto.”
Di
rimando, la faccia dell'arabo fu tutto un lampeggiare di denti e
occhi. “Oh, signore, vi garantisco che voi e il mio padrone vi
incontrerete prima di domani sera. E nessuno ne saprà niente.”
“E'
in ansia per Almodham come me,” pensò Medford, e un leggero
brivido gli percorse la schiena.
“Benissimo.
Tenetevi pronto,” ripetè.
Tornò
indietro e trovò il cortile svuotato di ogni segno di vita, ma
magicamente popolato da palme di argento battuto e una pianta di fico
di marmo bianco.
“Dopo
tutto,” pensò senza dargli troppo peso, “sono felice di non aver
detto a Gosling che parlo arabo.”
Si
sedette ad aspettare finché Gosling, uscendo dalla stanza da pranzo,
annunciò per la quinta volta che la cena era srvita.
5.
Medford
sobbalzò nel letto con uno scatto mai visto. C'era qualcuno nella
sua stanza. Quel fatto gli si era palesato non attraverso la vista o
l'udito, perché la luna era tramontata e regnava un silenzio
assoluto, ma attraverso un'impercettibile turbamento di quelle
correnti invisibili da cui siamo circondati. Si svegliò in un
istante, afferrò la sua pila elettrica e la puntò contro due occhi
spalancati per lo stupore. Gosling era in piedi accanto al letto.
“Mr.
Almodham... è ritornato?” esclamò Medford.
“No,
signore, non è ritornato.” Gosling parlava con un tono di voce
basso e controllato. La sua estrema compostezza trasmetteva a Medford
un senso di pericolo – non sapeva perché, o di quale natura. Si
mise a sedere e lo fissò con uno sguardo serio.
“Allora
cosa è successo?”
“Vedete,
signore, avreste dovuto dirmi che parlate arabo,” - adesso il tono
di Gosling era quello di un mesto rimprovero - “prima di fare
comunella con quel Selim. Organizzare randy-voos con lui di notte nel
deserto.” Medford allungò la mano, prese i fiammiferi e accese la
candela sul comodino. Non sapeva se cacciare Gosling a calci fuori
dalla stanza o ascoltare quello che l'uomo aveva da dire, ma un
improvviso moto di curiosità lo fece decidere per la seconda
ipotesi.
“Che
follia! Prima avevo pensato di chiudervi in camera. Avrei potuto.”
Gosling tirò fuori dalla tasca una chiave e gliela mostrò. “Poi
che avrei potuto lascirvi andare. Semplicemente. Ma c'era Wembley.”
“Wembley?”
gli fece eco Medford. Incominciò a pensare che l'uomo stava
impazzendo. Poteva succedere, così prevedibilmente, in quel luogo di
rinvii e incantesimi! Si domandava se lo stesso Almodham non fosse un
pochino matto – ammesso che Almodham fosse ancora in un mondo dove
un simile destino era possibile.
“Wembley.
Mi avete promesso di convincere Mr. Almodham a concedermi una vacanza
– di lasciarmi tornare in Inghilterra in tempo per visitare
l'esposizione di Wembley. Ognuno ha ha suoi capricci, non è così,
signore? E questo è il mio. L'ho detto a Mr. Almodham,
ripetutamente. Non mi ha mai ascoltato, o me lo faceva solo credere;
diceva: 'Ora vediamo, Gosling, ora vediamo' e non se ne parlava più.
Ma voi siete stato diverso, signore. Voi l'avete promesso e sapevo
che eravate sincero – riguardo alla mia vacanza. Pertanto ho deciso
di chiudervi dentro.” Gosling parlava in maniera pacata, ma con una
certa tensione emotiva nella sua strana parlata cockney-mediterranea.
“Chiudermi
dentro?”
“Per
cercare di impedivi di andare via con quell'assassino. Non crederete
che sareste mai tornato vivo da quella cavalcata, vero?”
Medford
fu percorso da un brivido, come la sera precedente quando si era
detto che l'arabo era in ansia per Almodham come lui. Rise
sommessamente.
“Non
so di cosa state parlando. Ma non mi chiuderete dentro.”
La
frase ebbe un effetto inaspettatato. La faccia di Gosling fu
deformata da una smorfia convulsa e due lacrime spuntarono sulle sue
pallide ciglia e corsero giù lungo le guance.
“Non
mi credete, dopo tutto,” disse piagnucolando.
Medford
si appoggiò sul cuscino e riflettè. Non gli era mai successo niente
di così strano prima. Gosling aveva un aspetto abbastanza ridicolo,
eppure le sue lacrime non erano certo simulate. Stava piangendo per
Almodham, ormai morto, o per Medford, che stava per essere spedito
nella stessa tomba?
“Vi
avrei creduto subito,” disse Medford, “se mi aveste detto dov'è
il vostro padrone.”
La
faccia di Gosling riacquistò subito la sua espressione composta,
anche se le tracce delle lacrime ancora brillavano sulle sue guance.
“Non
posso farlo, signore.”
“Ah,
lo pensavo!”
“Perché...
come faccio a saperlo?”
Medfrd
mise una gamba fuori dal letto. Una mano, sotto le coperte, era
appoggiata sul revolver.
“Bene,
potete andare adesso. Ma prima posate la chiave sul tavolo. E non
provate a fare niente che possa interferire con i miei piani. Se lo
farete, vi sparerò,” aggiunse seccamente.
“Oh,
no non spareste ad un cittadino britannico, alza un tale polverone.
Non che me ne importi... Ho spesso pensato di farlo io stesso. A
volte, durante la stagione dello scirocco. Non mi fa paura. E voi non
ve ne andrete.”
Medford
era in piedi adesso, con il revolver ben in vista. Gosling gli diede
un'occhiata indifferente.
“Allora
sapete dove si trova Mr. Almodham? E siete determinato a non farmelo
scoprire.”
“Selim
è determinato,” disse Gosling, “e tutti gli altri lo sono. Vi
vogliono tutti fuori dai piedi. Ecco perché li ho tenuti confinati
nei loro quartieri – e ho badato a voi da solo. Ora, rimarrete qui?
Per amor di Dio, signore! Dopodomani la carovana di ritorno si
dirigerà verso la costa. Unitevi a loro, signore... è il solo modo
sicuro! Non oserei lasciarvi andare con uno dei nostri uomini,
nemmeno se giuraste di cavalcare dritto fino alla costa e di lasciar
perdere tutta questa faccenda.”
“Questa
faccenda? Quale faccenda?”
“La
vostra preoccupazione per Mr. Almodham, signore. Non che ci sia
niente di cui preoccuparsi. Tutti gli uomini qui lo sanno. Ma il
fatto è che hanno rubato del danaro dalla cassa di Mr. Almodham,
dopo che è andato via, e se non avessi chiuso un occhio mi avrebbero
ucciso, e tutto quello che vogliono è farvi andare alla sua ricerca
e mettervi al sicuro sotto un mucchio di sabbia ben lontano dalle
piste carovaniere. Un gioco da bambini. Ecco, questo è tutto,
signore. Parola mia.”
Ci
fu un lungo silenzio. I due uomini si confrontarono alla debole luce
della candela. La mente di Medford andava riacquistando la sua
lucidità man mano che la sensazione di pericolo si faceva più
pressante. Incominciò a scandagliare da ogni parte quel mistero che
lo attanagliava, ma quello rimaneva comunque impenetrabile. La cosa
strana era che, sebbene non credesse nemmeno la metà di quello che
gli aveva detto Gosling, l'uomo gli ispirava ancora uno strano senso
di fiducia per quello che riguardava il loro rapporto. “Potrebbe
mentire riguardo ad Almodham, nascondere Dio solo sa cosa, ma non
credo che stia mentendo riguardo a Selim.”
Medford
appoggiò il revolver sul tavolo. “Molto bene,” disse. “Non
andrò alla ricerca di Mr. Almodham, dal momento che mi consigliate
di non farlo. Ma non partirò con la carovana, aspetterò qui finché
ritorna.”
Vide
Gosling impallidire sotto il suo colorito olivastro. “Oh, non
fatelo, signore; non potrei rispondere di loro se vi fermerete.
Dopodomani la carovana vi condurrà alla costa con la stessa facilità
con cui cavalcate per Rotten Row.”
“Ah,
allora sapete che Mr. Almodham non ritornerà dopodomani?” Lo
incalzò Medford.
“Non
so niente, signore'”
“Nemmeno
dove si trova adesso?”
Gosling
ci pensò su. “E' stato via troppo tempo, signore, perché possa
saperlo,” disse sulla soglia della stanza. La porte si richiuse
dietro di lui.
Medford
non riuscì a riprendere sonno. Si affacciò alla finestra e guardò
le stelle impallidire e l'alba sorgere in tutta la sua gloria. Mentre
la vita si risvegliava tra quelle antiche mura, si meravigliò del
contrasto tra la fonte di purezza che sgorgava alta nei cieli e i
perversi segreti che quaggiù si aggrappavano alla pareti del
castello come un pipistrello al suo nido.
Non
sapeva più a chi o a cosa credere. Forse qualche nemico di Almodham
lo aveva attirato nel deserto e comprato la connivenza della sua
gente? Oppure i servi avevano avuto una ragione particolare per farlo
sparire, e forse Gosling diceva la verità quando affermava che la
stessa sorte sarebbe capitata a Medford se si rifiutava di partire?
Medford,
mentre il giorno diventava più luminoso, sentì ritornare la sua
energia. La stessa impenetrabilità del mistero diventava una sfida.
Sarebbe rimasto e avrebbe scoperto la verità.
6.
Quella
mattina Gosling non portò su l'acqua per il bagno di Medford, cosa
che era solito fare personalmente, e quando arrivò fu per portare il
vassoio della colazione. Medford notò che la sua faccia era di un
pallore mortale e che le palpebre erano arrossate come se avesse
pianto. Il contrasto era spiacevole,
e
nel cuore del giovane iniziò a prendere forma una certa ripugnanza
per Gosling.
“Il
mio bagno?” chiese.
“Veramente,
signore, ieri vi siete lamentato dell'acqua...”
“Non
potete bollirla?”
“L'ho
fatto, signore.”
“Bene,
alora...”
Gosling
uscì indispettito e ritornò poco dopo con una brocca di ottone. “E'
il periodo dell'anno... stiamo morendo per un po' di pioggia,”
farfugliò, versando la poca acqua nella vasca.
Sì,
il livello del pozzo deve essre molto basso, pensò Medford. Anche
bollita, l'acqua aveva l'odore sgradevole che aveva notato il giorno
prima, anche se naturalmente, in misura minore. Ma un bagno era
necessario in quel clima. Si buttò addosso alla meno peggio quelle
poche tazze d'acqua.
Trascorse
la giornata in una inconcludente analisi della sua situazione. Aveva
sperato che la mattinata gli portasse consiglio, ma portò solo
coraggio e determinazione, che erano di poco aiuto se non si sapeva
cosa fare. Improvvisamente ricordò che la carovana che dalla costa
andava a sud sarebbe passata vicino al castello proprio quel
pomerigio. Gosling si era spesso soffermato su quella data, perché
era la carovana che doveva portare la cassa di Perrier. “Bene,
questo non mi dispiace,” riflettè Medford, mentre un brivido gli
percorreva la carne. Qualcosa di corrotto e viscido, un misto di
odore e materia, sembrava essersi attaccato alla pelle dopo il bagno
del mattino, e l'idea di dover bere di nuovo quell'acqua era
nauseante.
Ma
il principale motivo per essere contento dell'arrivo della carovana
era la speranza di trovarci qualche europeo, o in ogni modo qualche
ufficiale nativo proveniente dalla costa a cui poter confidare la sua
ansia. Gironzolò per il castello, ascoltando e aspettando, e poi
salì sul tetto per controllare la pista che andava a nord. Ma nel
fulgore del pomerigio vide solo tre beduini che guidavano tre muli
carichi di pacchi verso il castello. Mentre risalivano il sentiero
scosceso riconobbe alcuni uomini di Almodham, e si rese
immediatamente conto che il percorso della carovana non passava sotto
le mura e che gli uomini erano usciti ad incontrarla, probabilmente
in qualche piccola oasi dietro le dune di sabbia. Seccato con sé
stesso per non aver previsto una simile eventualità, Medford corse
giù nel cortile, sperando che gli uomini avessero portato notizie di
Almodham, anche se, avendo quest'ultimo cavalcato verso sud, al
massimo avrebbe solo potuto incrociare la pista da cui era arrivata
la carovana. Eppure, anche così, qualcuno poteva sapere qualcosa,
aver sentito qualche notizia, dal momento che nel deserto si viene
sempre a sapere tutto.
Accampamento nel deserto - Alberto Pasini (1826-1899)
Mentre
Medford si accingeva a scendere giù in cortile, urla di rabbia, e
repliche altrettanto veementi, salirono dal recinto delle stalle. Si
affacciò al parapetto e ascoltò. Fino a quel momento niente lo
aveva sorpreso più del silenzio di quel luogo. Gosling doveva aver
usato il pugno di ferro per tenere a freno le voci stridule dei suoi
sottoposti. Ora avevano rotto ogni freno, ed era la voce di Gosling,
di solito così discreta e misurata, che dominava su tutti. Gosling,
padrone di tutti i dialetti del deserto, ne stava usando una mezza
dozzina per maledire i suoi subordinati.
“E
voi non l'avete portata, e dite che non c'era, e io vi dico che
c'era, e che voi lo sapete, e che o l'avete lasciata su un mucchio di
sabbia mentre chiacchieravate con qualcuno di quei viscidi individui
della costa, oppure l'avete legata sul cavallo così male che è
caduta durante il tragitto, ed eravate tutti troppo addormentati per
accorgervene. Oh, figli di donne che non mi sporcherei la bocca a
nominare! Bene, tornate indietro a cercarla, questo è tutto.”
“Per
Allah e la tomba del suo profeta, tu ci accusi ingiustamente. Non
hanno lasciato niente all'oasi, e niente è caduto sulla via del
ritorno. Non c'era, e questa è la pura verità.”
“Pura
verità! Voi miserable branco di lavativi e bugiardi, voi... e questo
gentiluomo che non beve niente altro che acqua... come voi professate
di fare, voi ipocriti ubriaconi!”
Medford
si ritrasse dal parapetto con un sorriso di sollievo. Non era altro
che una cassa di Perrier – la cassa che mancava – che aveva
portato l'ira di quegli uomini adulti fino all'apice del parossismo!
La caduta della tensione gli tolse un peso dal cuore. Se Gosling, il
calmo e controllato Gosling, poteva perdere la pazienza per un così
banale intoppo nel funzionamento dell'approvigionamento, almeno lui
doveva avere la mente libera da altre preoccupazioni. Quanto assurde
sembrarono a Medford le sue speculazioni dopo quell'incidente
domestico! Fu improvvisamente commosso dalla sollecitudine di
Gosling, e seccato all'idea di essersi fatto ingannare in quel modo
dall'atmosfera allucinante dell'oriente. Almodham era andato via per
i fatti suoi, probabilmente gli uomini sapevano dove era e di che
faccenda si trattava, e anche se lo avevano derubato in sua assenza,
e litigato per la spartizione, Medford non vedeva cosa poteva farci.
Era anche possibile che il suo eccentrico ospite – con cui, dopo
tutto, aveva trascoso solo una serata – pentendosi di un invito
fatto in maniera troppo affrettata, era andato via per sfuggire alla
noia di doverlo intrattenere. Appena questa alternativa si affacciò
alla mente di Medford, gli sembrò così plausibile che incominciò a
chiedersi se Almodham non si fosse semplicemente ritirato in qualche
segreto appartamento di quell'intricata dimora, e là stesse
aspettando la partenza del suo ospite.
Fu
improvvisamente commosso dalla sollecitudine di Gosling, e seccato
all'idea di essersi fatto ingannare in quel modo dall'atmosfera
allucinante dell'oriente. Almodham era andato via per i fatti suoi,
probabilmente gli uomini sapevano dove era e di che faccenda si
trattava, e anche se lo avevano derubato in sua assenza, e litigato
per la spartizione, Medford non vedeva cosa poteva farci. Era anche
possibile che il suo eccentrico ospite – con cui, dopo tutto, aveva
trascoso solo una serata – pentendosi di un invito fatto in maniera
troppo affrettata, era andato via per sfuggire alla noia di doverlo
intrattenere. Appena questa alternativa si affacciò alla mente di
Medford, gli sembrò così plausibile che incominciò a chiedersi se
Almodham non si fosse semplicemente ritirato in qualche segreto
appartamento di quell'intricata dimora, e là stesse aspettando la
partenza del suo ospite.
L'idea
che quello strano uomo volubile, con la sua lunga faccia abbronzata e
la folta massa di capelli grigi, il suo evidente egoismo e la sua
palese tirannia, il suo morboso egocentrismo, potesse essere davvero
ad un tiro di schioppo, diede a Medford per la prima volta un senso
di isolamento. Si sentì isolato, indesiderato; quel posto divenne
solitario, inospitale, pericoloso, ora che credeva che qualcuno
potesse viverci a sua insaputa.
“Che
stupido sono, brobabilmente si aspettava che facessi i bagagli e me
ne andassi appena scoperto che non c'era!” riflettè il giovane.
Sarebbe assolutamente partito la mattina seguente.
Gosling
non si era fatto vedere per tutto il pomerigio. Quando alla fine, in
ritardo, arrivò per apparecchiare la tavola, aveva un'espressione di
severo, quasi arcigno riserbo che Medford non gli aveva ancora visto.
A mala pena ricambiò il saluto amichevole del giovane “Salve... la
cena?” e quando Medford si fu seduto gli servì il primo piatto in
silenzio. Il bicchiere di Medford rimase vuoto finché non ne toccò
il bordo.
“Oh,
non c'è niente da bere, signore. Gli uomini hanno perso la cassa di
Perrier – o l'hanno fatta cadere e rotto le bottiglie. Dicono che
non è mai arrivata. Come posso saperlo, se non aprono mai le loro
bocche pagane se non per mentire?” proruppe Gosling con improvvisa
violenza.
Posò
il piatto che aveva in mano e Medford vide che aveva dovuto fare così
perché tutto il suo corpo era scosso da tremiti ferbrili. “Amico
mio, che avete? Vi prenderete un malanno,” esclamò Medford,
appoggiando la mano sul braccio del cameriere. Ma quest'ultimo,
borbottando: “Oh, Dio, se solo ci fossi andato di persona,”
liberò il braccio e sparì dalla stanza. Medford rimase a sedere
pensieroso, senza dubbio il povero Gosling sembrava sull'orlo di una
crisi di nervi. Non c'era da meravegliarsi, visto che lo stesso
Medford si sentiva così oppresso dal mistero di quel luogo. Dopo un
po', Gosling riapparve composto, silenzioso, con il dessert e una
bottiglia di vino.
Perrier water art - Michael Bartalos, 1995
“Mi
dispiace, signore.”
Per
calmarlo, Medford sorseggiò il vino e poi scostò la sedia e ritornò
nel cortile. Si stava dirigendo verso il fico vicino al pozzo quando
Gosling, scivolandogli avanti, trasferì la sua sedia e il tavolino
di vimini dall'altra parte del cortile.
“Starete
meglio qui... ci sarà la brezza fra un po',” disse. “Ora vi
porto il caffè.”
Sparì
di nuovo, e Medford si sedette a guardare su verso quell'aggregato di
muratura e intonaco, chiedendosi se non fosse stato spostato dal suo
cantuccio preferito per metterlo fuori dall'angolo di visuale, o
forse dentro, dell'invisibile osservatore. Gosling, dopo aver portato
il caffè, se ne andò e Medford rimase lì a sedere.
Alla
fine, si alzò e iniziò a camminare avanti e indietro mente fumava.
La luna non era ancora sorta, e le tenebre si posarono con solennità
sulle antiche mura.
Subito
si alzò la brezza che inizò il suo segreto commercio con le palme.
Medford
ritornò alla sedia, ma non appena si fu accomodato gli sembrò che
lo sguardo del suo osservatore segreto stesse avidamente fissando la
scintilla incandescente del suo sigaro. La sensazione divenne sempre
più sgradevole, poteva quasi sentire Almodham allungare verso di lui
le sue braccia spettrali da qualche parte lassù nelle tenebre.
Rientrò nel soggiorno, dove una lampada schermata scendeva dal
soffitto, ma l'aria nella stanza era soffocante, e alla fine uscì di
nuovo e trascinò la sedia al suo vecchio posto sotto la pianta di
fico. Là era fuori dalla visuale della finestra sospetta e si sentì
subito meglio, anche se non c'era vento e l'aria pesante sembrava
contaminata dal pozzo lì accanto. “L'acqua deve essere molto
bassa,” pensò Medford. L'odore, per quanto debole, era spiacevole;
sporcava la purezza della notte. Comunque, là si sentiva più al
sicuro, via da quegli occhi invisibili che misteriosamente sembravano
essere diventati suoi nemici.
“Se
uno di quegli uomini mi avesse pugnalato nel deserto, non mi
meraviglierei se fosse stato per ordine di Almodham,” pensò
Medford. Si assopì. Quando si svegliò la luna stava spingendo il
suo poderoso disco arancione sopra le mura, e le tenebre nel cortile
erano meno fitte. Doveva aver dormito per almeno un'ora. La notte era
deliziosa, o meglio lo sarebbe stata ovunque meno che là. Medford
avvertì un brivido della sua vecchia febbre e ricordò che Gosling
lo aveva avvisato che il cortile era insalubre la notte.
“A
causa del pozzo, penso. Gli sono stato seduto troppo vicino,”
rifletté. La testa gli faceva male, e immaginò quel disgustoso
odore dolciastro attaccarsi al suo viso come era successo dopo il
bagno. Si alzò e si avvicinò al pozzo per vedere quanta acqua fosse
rimasta. Ma la luna non era ancora abbastanza alta per illuminarlo
fino in fondo, così si sporse per guardare in quella oscuruità.
Improvvisamente
sentì che qualcuno gli afferrava le spalle da dietro e premeva con
foza in avanti, come per spingerlo oltre il bordo del pozzo. Un
istante dopo, quasi in coincidenza con la sua pronta resistenza, la
spinta divenne uno strattone all'indietro, e Medford si girò per
ritrovarsi di fronte a Gosling, che lasciò immediatamente la presa.
“Pensavo
che avevate la febbre, signore... mi è sembrato che vi spingevate
oltre il bordo del pozzo,” balbettò l'uomo.
Medford
recuperò la sua prontezza di spirito. “Dovevamo avere la febbre
tutti e due, allora, perché ho avuto l'impressione che foste voi a
spingere me,” disse ridendo.
“Io,
signore?” ansimò Gosling. “Vi ho tirato indietro con tutta la
forza che avevo...”
“Naturalmente.
Lo so.”
“Cosa
ci facevate qui, comunque, signore? Vi avevo avvisato che di notte
non è salutare,” continuò Gosling irritato.
Medford
si appoggiò al pozzo e lo guardò. “Penso che tutto questo posto
sia poco salutare.”
Gosling
rimase in silenzio. Dopo un po' chiese: “Non andate a letto,
Signore?”
“No,”
disse Medford, “preferisco rimanere qui.”
Sulla
faccia di Gosling apparve un'espressione di rabbia repressa.
“Veramente, io preferirei che non lo faceste.”
Medford
rise di nuovo. “Perché? Forse è l'ora in cui Mr. Almodham esce a
prendere una boccata d'aria?”
La
domanda ebbe un effetto inaspettato. Gosling arretrò di un paio di
passi, si portò le mani al volto, premendosi le labbra come per
soffocare un grido sommesso.
“Che
problema c'é ora?” chiesa Medford. Le stranezze di quell'uomo
incominciavano a dargli sui nervi.
“Che
problema?” Gosling si teneva ancora a distanza, fuori dal cono di
luce della luna nascente.
“Andiamo!
Confessate che è qui e fatela finita!” Gridò Medford con
impazienza.
“Qui?
Che volete dire con “qui”? Non l'avete visto, vero?” Prima che
quelle parole gli fossero uscite di bocca, Gosling si portò di nuovo
le mani al volto, si avvicinò a Medford barcollando e si accasciò
ai suoi piedi. Medford, ancora appogiato contro il pozzo, guardò
verso quell'infelice con un sorriso di scherno. La sua ipotesi si era
rivelata giusta, quindi, non era stato la marionetta di Gosling dopo
tutto.
“Alzatevi,
amico. Non siate sciocco! Non è colpa vostra se ho capito che Mr.
Almodham passeggia qui la notte...”
“Passeggia
qui!” gemette l'altro, ancora accovacciato
“Beh,
non è così? Non vi ucciderà solo perché me lo avete confessato,
vero?”
“Uccidere
me? Uccidere me? Io avrei dovuto uccidere VOI!” Gosling si stava
rialzando, con la testa ripiegata all'indietro livido di terrore. “E
avrei potuto farlo, poi, così facilmente! Vi siete accorto che vi
stavo spingendo giù, vero? Venire qui a spiare e a ficcare il
naso...” Sembrava che l'angoscia lo stesse soffocando.
Medford
non aveva cambiato posizione. La stessa abiezione della creatura ai
suoi piedi gli dava un facile senso di potere. Ma l'ultimo grido di
Gosling aveva improvvisamente cambiato il corso delle sue
speculazioni. Almodham era là, dunque, quello era certo, ma dove e
in che condizioni? Una nuova paura gli percorse la schiena.
“Così
volevate buttarmi giù?” disse. “Perché? Era il modo più veloce
per ricongiungermi al vostro padrone?” L'effetto fu più immediato
di quanto avesse previsto.
Gosling,
rimettendosi in piedi, rimase là, curvo e tremante alla luce
accusatrice del chiaro di luna.
“Oh,
Dio... e vi avevo quasi buttato giù! Sapete che è così! E poi... è
stato quello che avete detto riguardo a Wembley. Lo giuro, signore,
sentivo che eravate sincero, e quasto mi ha fermato.” La faccia
dell'uomo era di nuovo bagnata dalle lacrime, ma questa volta Medford
si ritrasse come se fossero state gocce spruzzate da una corpo caduto
nelle acque putride del pozzo.
Medford
rimase in silenzio. Non sapeva se Gosling era armato, ma non era più
impaurito, solo esterrefatto, eppure terribilmente lucido.
Gosling
continuò il suo discorso sconnesso quasi in delirio: “E se solo la
Perrier fosse arrivata. Non penso che vi sarebbe mai passato per la
mente, se solo aveste bevuto regolarmente la vostra Perrier, non è
vero? Ma voi a dire che passeggia... e io lo sapevo che era sua
abitudine! Solamente... che dovevo fare con lui, con voi che siete
arrivato in quel modo proprio quel giorno?”
Medford
continuava a rimanere immobile.
“E
lui a spingermi alla follia, signore, la pura follia, quello stesso
giorno. Ci credereste? Proprio la settimana prima del vostro arrivo,
stavo per imbarcarmi per l'Inghilterra e andare in vacanza, un mese
intero, signore... e me ne spettavano sei, se ci fosse giustizia...
un intero mese ad Ammersmith, signore, a casa di un cugino, e la
possibilità di visitare Wembley da cima a fondo; e poi ha saputo che
stavate arrivando, signore, ed era solo e annoiato qui, voi capite...
doveva avere sempre nuove distrazioni a disposizione o andava fuori a
cercarsele... e quando ha saputo che stavate arrivando, in un attimo
il suo umore nero lo ha abbandonato ed era quasi pazzo di gioia, e
disse 'Lo terrò qui tutto l'inverno... un giovanotto notevole,
Gosling... proprio il mio tipo.' E quando gli dico 'E la mia
vacanza?' mi guarda con quei suoi occhi di pietra e dice 'Vacanze?
Oh, sicuro, magari l'anno prossimo... vedremo cosa si può fare
l'anno prossimo.” L'anno prossimo, signore, come se mi stesse
facendo un favore! Ed è andata così per quasi dodici anni.
“Ma
questa volta, se non arrivavate credo sarei andato via, perché si
stava abituando ad avere intorno Selim e la sua salute non era mai
stata così buona...e, bene, glielo dissi, e che un uomo dopo tutto
ha i suoi diritti, e che la mia giovinezza stava passando, e che io
che lo avevo servito così bene ero incatenato qui come il suo cane
da guardia, e sempre l'anno prossimo, e sempre l'anno prossimo...e,
bene, signore, si è messo a ridere, a ghignare, e si è acceso una
sigaretta. 'Oh, Gosling fatela finita,” mi dice.
“Era
proprio là dove siete voi adesso, signore, e si girò per entrare in
casa. Ed è stato allora che l'ho spinto. Era un uomo pesante, e
cadde contro il bordo del pozzo. E proprio quando voi eravate atteso
da un momento all'altro...oh, mio Dio!”
La
voce di Gosling si spense in un mormorio soffocato.
Medford,
a quelle ultime parole, era indietrggiato involontariamente di quache
passo. I due uomini rimasero nel mezzo del cortile a guardarsi l'un
l'altro senza parlare. La luna, portandosi al di sopra delle mura,
mandò un raggio di luce a frugare tra le tenebre colpevoli del
pozzo.
FINE
1Dialetto
londinese, di estrazione proletaria, parlato da quelli che si
considerano i veri londinesi, ciè quelli che sono nati e vivono fin
dove si sentono le Blue Bells , le
campane di St. Mary-le-Bow.
2Prestigioso
albergo di Luxor costruito nel 1886 in uno splendido giardino
tropicale. Nel 1922, il famoso archeologo Howard Carter annunciò
la scoperta della tomba del re Tutankamon dai gradini d'ingresso del
Winter Palace.
3
Nei paesi musulmani, funzionario
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