Non
svegliare il conte che dorme
Ecco
un altro conte da aggiungere alla lista dei vampiri: Il
conte Magnus (CountMagnus),
considerato
uno dei migliori racconti di M. R. James e pubblicato nella raccolta
Ghost
Stories of an Antiquary,
1904.
Questa
volta non siamo nei Carpazi, ma nelle
gelide latitudini scandinave, e precisamente in Svezia, “una
regione quasi sconosciuta agli inglesi di quaranta anni fa” ma
che James, viaggiatore appassionato, aveva avuto modo di visitare e
di cui aveva imparato la lingua
(oltre
al danese
- sarà un ottimo traduttore di Hans Christian Andersen - al copto,
l'ebraico, e il siriaco). Anche in questo racconto l'orrore è sapientemente costruito attraverso citazioni colte tratte dalla Bibbia e da libri rari che solo un antiquario raffinato come M. R. James poteva padroneggiare con tanta abilità.
Il
meccanismo narrativo è ormai collaudato: c'è un narratore in prima
persona che viene casualmente in possesso del diario di viaggio di un
solitario turista inglese, Mr Wraxall, in visita alla dimora avita
di un'antica e nobile famiglia svedese (realmente
esistita),
i De la Gardie, alla ricerca di documenti da inserire in una specie
di guida
turistica. Mr Wraxall resta particolarmente impressionato da alcuni
misteriosi
frammenti scritti
del capostipite, il conte Magnus, appunto,
che ai suoi tempi si dilettava di alchimia e magia, e
resta
come ipnotizzato
dall'energia
che scaturisce
dal
suo
ritratto, tanto che dentro di lui incomincia a sorgere il desiderio di incontrare il conte.
Mr
Wraxall, uomo curioso oltre che solitario, interroga il suo
albergatore al riguardo del conte per scoprire dettagli
folcloristici da inserire nella sua guida. Viene così a sapere che
il conte era uomo poco amato per
la
sua crudeltà verso i contadini e la sua memoria suscita ancora
terrore a causa di un misterioso pellegrinaggio nero da cui aveva
riportato qualcosa o qualcuno veramente raccapricciante. Incalzato
dalle domande di Mr Wraxall, l'oste gli racconta la fine orribile
fatta da due uomini che erano andati a cacciare di frodo nei boschi
del conte dopo la sua morte. Uno
dei due morirà dopo una terribile agonia, mentre il cadavere
dell'altro viene ritrovato orribilmente mutilato: “...ma
ora la sua faccia non c'era più, perché la sua
carne
era stata succhiata via dalle ossa.” Paese
che vai, vampiro che trovi.
Ma
ciò che attira maggiormente
la
curiosità del nostro turista è
lo strano mausoleo ottagonale attaccato alla chiesa del paese dove
il conte Magnus riposa in un sarcofago di rame ornato da misteriose
incisioni, tra
cui l'immagine di una creatura mostruosa, bassa e tentacolare,
avvolta in un mantello con
cappuccio che
insegue un uomo in preda ad un raptus di follia, mentre
un misterioso uomo avvolto
in un mantello con in testa un cappello a tese larghe, osserva la
scena dall'alto di una collina.
Preso
da
una specie di trance, Mr
Wraxall inizia
ad invocare il conte, quando
ad un tratto gli sembra che il sarcofago si apra. A
questo punto se ne
fugge via terrorizzato,
e prendendo a pretesto alcuni suoi affari urgenti, se ne ritorna in
Inghilterra. Durante
il viaggio in nave le sue allucinazioni peggiorano al punto che gli
sembra di rivede in ogni passeggero le due
misteriose figure
incise sul sarcofago. Giunto
in Inghilterra, si reca in carrozza ad un piccolo villaggio in cerca
di un po' di pace, ma ad un incrocio, altro luogo magico per
eccellenza, rivede quelli che ormai considera i suoi persecutori. Ora
si rende conto di aver risvegliato con le sue invocazioni forze
misteriose e malvagie, e due giorni dopo morirà, completamente
solo in una piccola stanza ammobiliata,
gridando: “Che
cosa ho
fatto?” e “Non c'è speranza?” L'autore
non dice chiaramente come è morto Mr Wraxall, ma ce lo fa intuire
attraverso le reazioni della giuria venuta a stabilire le cause della
sua morte e che sono identiche a quelle degli uomini che avevano
ritrovato il cadavere del bracconiere nella foresta del conte Magnus.
Il
conte Magnus
di
M.
R. James
In che modo
mi siano venute tra le mani le carte da cui ho tratto la storia che
segue, è l'ultimo punto di cui il lettore verrà a conoscenza in
queste pagine. Ma è necessarie precisare qual è la forma in cui
possiedo i miei estratti.
Essi
consistono in parte di una serie di raccolte per un libro di viaggi,
essendo un tale volume un prodotto comune negli anni quaranta e
cinquanta. Il Diario
di un soggiorno nello Jutland e in Danimarca,
di
Horace Marryat è un bell'esempio del genere a cui alludo. Questi
libri, di solito, trattavano di
alcune aree sconosciute del continente. Erano illustrati da
xilografie e incisioni. Fornivano dettagli sulla sistemazione in
albergo e i mezzi di comunicazione, proprio quello
che oggi ci aspettiamo di trovare in una guida ben organizzata, e si
occupavano in larga parte di riportare conversazioni con stranieri
intelligenti, locandieri tipici e loquaci contadini. In poche parole,
erano discorsivi. Iniziate
con l'idea di fornire materiale per un tale libro, man mano che
andavano
avanti, le mie carte assumevano
il carattere del resoconto di un'unica esperienza personale, e
questo resoconto continuava
fin quasi alla vigilia della sua conclusione.
Lo
scrittore era un certo Mr. Wraxall. Per formarmi un'opinione su di
lui sono costretto a fare affidamento soltanto sulle informazioni
offerte dai suoi scritti da cui deduco che era un uomo che aveva
passato la mezza età, economicamente indipendente e completamente
solo al mondo. Sembra che non avesse una dimora stabile in
Inghilterra, ma era solito risiedere in alberghi o pensioni. E'
probabile che accarezzasse l'idea di mettere su casa in un tempo
futuro che non arrivò mai, e penso anche che, con ogni probabilità,
l'incendio del grande deposito per mobili1 nei primi anni
settanta deve aver distrutto in gran parte quello che avrebbe potuto
far luce sul suo passato, perché una o due volte egli fa riferimento
a beni di sua proprietà immagazzinati in quell'edificio.
Sembra,
inoltre,
che Mr. Wraxall avesse pubblicato un libro che trattava di una
vacanza che aveva fatto
una volta in Bretagna. Non
posso dire di più sulla sua opera, perché un'accurata ricerca
bibliografica mi ha convinto che deve essere stata pubblicata in
forma anonima o sotto pseudonimo. Per
quanto riguarda il suo carattere non è difficile formarsi
un'opinione superficiale. Deve essere stato un uomo intelligente e
colto. Sembra che fosse sul punto di diventare Fellow
del suo college a Oxford – Brasenose - come deduco dall'annuario.
Un
suo incorreggibile
difetto
era certamente quello di un'eccessiva curiosità, evidentemente un
buon
difetto,
per un viaggiatore, certamente un difetto
che questo viaggiatore pagò molto caro alla fine. Stava
progettando un altro libro riguardante
quella che risultò essere la sua ultima spedizione. La Scandinavia,
una regione quasi sconosciuta agli inglesi di quaranta anni fa, lo
aveva colpito come un interessante terreno di investigazione. Doveva
essersi imbattuto in qualche vecchio libro di storia svedese o di
memorie, e gli era venuta l'idea che c'era spazio per un un libro di
viaggio in Svezia, che alternasse le parti descrittive con episodi
tratti dalla storia di qualche grande famiglia svedese. A questo
scopo, si procurò delle lettere di presentazione per alcune persone
di rango in Svezia, e si mise in viaggio all'inizio dell'estate del
1863. Non
è necessario parlare dei suoi viaggi nel
nord Europa, né del suo soggiorno di alcune settimane a Stoccolma.
Devo solamente accennare
al fatto
che un erudito del posto lo mise sulle tracce di
un'importante raccolta di documenti di famiglia appartenente ai
proprietari di un'antica dimora nel Vestergothland, e ottenne per lui
il permesso di esaminarli.
La
dimora in questione, o herrgard,
la chiameremo Råbäck (pronunciato all'incirca Roebeck), sebbene
questo non sia il suo nome. E' uno dei migliori edifici del suo
genere di tutto il paese, e la sua incisione nel libro di Dahlenberg
Suecia
antiqua et moderna,
del 1694,
la
mostra assai simile a quella che il turista può vedere oggi. Fu
costruita subito dopo il 1600 ed è, più o meno, molto simile ad una
casa inglese di quel periodo per quanto riguarda il materiale –
mattone rosso con rivestimenti in pietra – e stile.
L'uomo che la
costruì era un rampollo della grande casata dei De la Gardie, e i
suoi discendenti ne sono ancora proprietari. De la Gardie è il nome
con cui li designerò quando sarà necessario menzionarli.
Ricevettero
Mr. Wraxall con grande gentilezza e cortesia, e insistettero affinché
soggiornasse
a
casa loro per
tutta la durata delle sue ricerche. Ma, preferendo essere
indipendente, e avendo poca fiducia nelle sue capacità di conversare
in svedese, si stabilì nelle locanda del villaggio, che risultò
essere sufficientemente comoda, almeno nei mesi estivi. Questa
sistemazione comportava una breve passeggiata quotidiana
di circa un miglio per andare e tornare dalla villa. La casa sorgeva
in un parco ed era protetta da vecchi alberi maestosi che avevano la
sua stessa età. Lì vicino c'era un giardino recintato da un muro,
e poi si entrava in un bosco che circondava uno di quei piccoli laghi
di cui è costellato l'intero paese. Quindi si arrivava alle mura di
cinta della proprietà, e si saliva un'erta collinetta - uno sperone
di roccia leggermente coperto di terriccio – e in cima vi era la
chiesa, delimitata da alti alberi ombrosi. Era un edificio insolito
agli occhi di un inglese.
La
navata centrale e quelle laterali erano basse e piene di scanni e
gallerie. Nella galleria occidentale c'era un bellissimo organo
antico, dipinto a colori vivaci e con canne d'argento. Il soffitto
era basso, ed era stato decorato da un artista del diciassettesimo
secolo con uno strano e pauroso “Giudizio universale,” pieno di
fiamme spaventose, città in rovina, navi in fiamme, anime piangenti
e scuri demoni ghignanti. Eleganti corone di ottone pendevano dal
soffitto, il pulpito rassomigliava ad una casa di bambole con piccoli
cherubini e santi di legno dipinto, un leggio con tre clessidre era
stato agganciato al banco del predicatore. Un tale spettacolo può
essere visto in molte chiese svedesi oggi, ma ciò che distingueva
questa era un corpo aggiunto all'edificio originale. All'estremità
orientale della navata settentrionale il costruttore della villa
aveva eretto un mausoleo per sé e la sua famiglia. Era un ampio
edificio ad otto facciate, illuminato da una serie di finestre ovali
e aveva un tetto a cupola sormontato da un oggetto a forma di zucca
che terminava con una punta, una forma in cui gli architetti svedesi
si dilettano moltissimo. La copertura del tetto era in rame dipinto
di nero, mentre le pareti, come quelle della chiesa, erano di un
bianco abbagliante.
Non
si poteva accedere al mausoleo dalla chiesa. Aveva un suo ingresso e
una sua scalinata sulla parte nord. Il
primo giorno della
sua
permanenza
a Råbäck, Mr Wraxall trovò la porta della chiesa aperta, e
prese gli appunti sulla parte interna che vi ho riassunto. Tuttavia,
non riuscì ad entrare nel mausoleo. Sbirciando attraverso il buco
della serratura poté intravvedere solamente alcune belle effigi di
marmo e dei sarcofagi di rame e una quantità di insegne araldiche,
che lo convinsero a dedicare un po' di tempo per
indagini più approfondite.
Le
carte che era venuto a esaminare nella villa risultarono essere
esattamente ciò di cui aveva bisogno per il suo libro. Si trattava
di corrispondenza familiare, diari,
libri contabili dei primi proprietari della casa, tenuti con molta
cura e scritti in modo chiaro, pieni di dettagli divertenti e
pittoreschi. Il primo De la Gardie vi appariva come uomo forte e
abile. Poco dopo la costruzione della villa, c'era stato un periodo
di instabilità nel distretto e i contadini si erano rivoltati e
avevano attaccato diversi castelli e fatto danni. Il proprietario di
Råbäck ebbe un ruolo di primo piano nel sopprimere la rivolta e si
faceva cenno a esecuzioni dei capibanda e a severe punizioni inflitte
con pugno duro. Il
ritratto
di questo Magnus de la Gardie2
era uno dei migliori della casa e Mr Wraxall lo studiò con non poco
interesse alla fine della sua giornata di lavoro. Non
ne dà una descrizione dettagliata, ma intuisco che quel volto lo
impressionò più
per la sua forza che per la sua bellezza o la
bontà, infatti
scrive che il conte Magnus era un uomo incredibilmente brutto.
Conte Magnus De la Gardie |
Quel
giorno Mr Wraxall cenò con la famiglia e ritornò a piedi a
tarda ora
ma nella
notte ancora
luminosa. “Devo
ricordarmi,” scrive, “di chiedere al custode del cimitero se può
lasciarmi entrare nel mausoleo della chiesa. E' evidente che vi ha
accesso, perché stanotte l'ho visto sui gradini mentre, così mi è
parso, apriva o chiudeva la porta.” Scopro
che il giorno dopo, di buon mattino, Mr Wraxall ebbe
una conversazione con il suo albergatore. Dapprincipio fui sorpreso
dal fatto che l'avesse riportata in maniera così ampia, ma mi resi
subito conto che le carte che stavo leggendo, almeno nella
loro parte iniziale, era il materiale per il libro a cui stava
pensando e che doveva trattarsi di una di quelle edizioni
semi-giornalistiche che ammettevano
l'inserimento di conversazioni
riportate. Il
suo obbiettivo, scrive, era scoprire se ancora circolavano tradizioni
sul conte Magnus nei luoghi dove il gentiluomo aveva svolto le sue
attività, e se la stima che la gente aveva di lui era positiva o
negativa. Scoprì che il conte non era per niente amato. Se i suoi
fittavoli arrivavano tardi al lavoro nei giorni che gli dovevano come
padrone del latifondo,
venivano messi
al
cavalletto di tortura, o frustati o marchiati
nel cortile della
villa. Ci furono uno o due casi di uomini che avevano occupato
abusivamente le sue terre e le loro case erano state misteriosamente
distrutte dal fuoco in una notte d'inverno, con l'intera famiglia
all'interno. Ma quello che sembrava aver maggiormente colpito la
mente dell'albergatore – perché ritornò sul soggetto più di una
volta – era che il conte era stato al pellegrinaggio nero, e aveva
riportato con sé qualcosa o qualcuno. Naturalmente,
vi chiederete, come fece Mr Wraxall, cosa
mai potesse essere stato un
pellegrinaggio nero. Ma, per il momento, la vostra curiosità su
questo punto deve rimanere insoddisfatta, proprio come la sua.
L'albergatore non
era
evidentemente disposto
a dare una risposta esauriente, o addirittura una risposta qualsiasi,
su quel punto ed
essendo desiderato fuori per un momento, trotterellò via con
evidente alacrità, solo per fare capolino alla porta pochi minuti
dopo per dire che lo avevano chiamato a Skara e che non sarebbe stato
di ritorno fino a sera.
Così
Mr Wraxall dovette andarsene al suo lavoro quotidiano alla villa
senza
aver soddisfatto la sua curiosità.
Le carte su cui era impegnato allora indirizzarono ben
presto
i suoi pensieri altrove, perché dovette occuparsi
di analizzare la corrispondenza tra Sophia Albertina a Stoccolma
e la sua cugina sposata Ulrica Leonora a Råbäck negli anni 1705–10.
Le
lettere erano di eccezionale interesse per la luce che gettavano
sulla cultura di quel periodo in Svezia, come può testimoniare
chiunque ne abbia letto l'edizione completa nelle pubblicazioni della
Commissione
svedese dei manoscritti storici.
Nel
pomeriggio egli aveva finito di leggerle, e dopo aver rimesso al loro
posto sullo scaffale le scatole in cui erano conservate, procedette,
com'è naturale, a prelevare alcuni dei volumi più vicini, con lo
scopo di stabilire quali di quelli sarebbe stato il suo principale
oggetto di indagine il giorno seguente. Lo scaffale in cui si era
imbattuto era occupato soprattutto da una raccolta di libri contabili
di pugno
del
primo conte Magnus. Tuttavia, uno di quelli non era un libro
contabile, ma un libro di alchimia e altri saggi scritti in un'altra
grafia del sedicesimo secolo. Non avendo molta familiarità con la
letteratura alchemica, Mr Wraxall dedica molto più spazio del
necessario
ad elencare i titoli e le parti iniziali dei vari trattati: Il
libro della fenice, Il libro delle trenta parole, Il libro del rospo,
Il libro di Miriam, Turba philosoforum3
e così via, e poi annuncia con gran soddisfazione la sua gioia per
il ritrovamento, su di un foglio originalmente lasciato in bianco
quasi a metà del libro, uno scritto dello stesso conte Magnus
intitolato
‘Liber nigrae peregrinationis’.
E' vero che trovò solo poche righe, ma ce n'era abbastanza per comprovare che l'albergatore quella mattina si stava riferendo ad una credenza risalente come minimo al tempo del conte Magnus, e probabilmente da lui condivisa. Questa è la versione inglese di quanto vi era scritto: “Chiunque desideri una lunga vita, chiunque desideri un messaggero fedele e vedere il sangue dei suoi nemici, è necessario che vada nella città di Chorazin, e lì rendere omaggio al principe...” A questo punto era stata cancellata una parola, ma non completamente, così Mr Wraxall fu abbastanza certo di essere nel giusto a leggerla come aeris ('dellaria'). Ma non era stato copiato molto di più del testo originale, solo una riga in latino: Quaere reliqua hujus materiei inter secretiora. (Cercare il resto di questo brano tra le cose più personali.) Non si poteva negare che questo gettava una luce abbastanza fosca sui gusti e le credenze del conte; ma l'idea che alla sua generale potenza avesse potuto aggiungere anche l'alchimia, e all'alchimia qualcosa di molto simile alla magia, lo rendeva agli occhi di Mr Wraxall, separato da lui da circa tre secoli, soltanto una figura ancora più pittoresca, e quando, dopo aver contemplato a lungo il suo ritratto nella sala, prese la strada di casa, la sua mente era piena di pensieri sul conte Magnus. Non prestava attenzione al paesaggio, né percepiva i profumi provenienti dai boschi o la luce serale sul lago, e quando tutto d'un tratto si fermò, rimase stupito nel trovarsi già al cancello del cimitero e a pochi minuti dalla sua cena. Il suo sguardo cadde sul mausoleo. “Ah,” disse, “conte Magnus, eccoti qui. Come vorrei incontrarti.”
E' vero che trovò solo poche righe, ma ce n'era abbastanza per comprovare che l'albergatore quella mattina si stava riferendo ad una credenza risalente come minimo al tempo del conte Magnus, e probabilmente da lui condivisa. Questa è la versione inglese di quanto vi era scritto: “Chiunque desideri una lunga vita, chiunque desideri un messaggero fedele e vedere il sangue dei suoi nemici, è necessario che vada nella città di Chorazin, e lì rendere omaggio al principe...” A questo punto era stata cancellata una parola, ma non completamente, così Mr Wraxall fu abbastanza certo di essere nel giusto a leggerla come aeris ('dellaria'). Ma non era stato copiato molto di più del testo originale, solo una riga in latino: Quaere reliqua hujus materiei inter secretiora. (Cercare il resto di questo brano tra le cose più personali.) Non si poteva negare che questo gettava una luce abbastanza fosca sui gusti e le credenze del conte; ma l'idea che alla sua generale potenza avesse potuto aggiungere anche l'alchimia, e all'alchimia qualcosa di molto simile alla magia, lo rendeva agli occhi di Mr Wraxall, separato da lui da circa tre secoli, soltanto una figura ancora più pittoresca, e quando, dopo aver contemplato a lungo il suo ritratto nella sala, prese la strada di casa, la sua mente era piena di pensieri sul conte Magnus. Non prestava attenzione al paesaggio, né percepiva i profumi provenienti dai boschi o la luce serale sul lago, e quando tutto d'un tratto si fermò, rimase stupito nel trovarsi già al cancello del cimitero e a pochi minuti dalla sua cena. Il suo sguardo cadde sul mausoleo. “Ah,” disse, “conte Magnus, eccoti qui. Come vorrei incontrarti.”
“Come
molti uomini solitari,” egli scrive, “ho l'abitudine di parlare
con me stesso ad alta voce, e a differenza di alcune particelle
greche e latine, non mi aspetto risposta. Certamente, e forse
fortunatamente in questo caso, non ci fu alcuna voce o niente del
genere, ad eccezione della donna che, suppongo, mentre puliva la
chiesa, fece cadere un oggetto metallico sul pavimento, e quel rumore
mi fece trasalire. Il conte Magnus, penso, dorme sonni abbastanza
profondi.”
Quella
stessa sera, il proprietario della locanda, che aveva sentito Mr
Wraxalla dire che desiderava vedere il sacrestano o diacono (come li
chiamano qui in Svezia) della parrocchia, lo presentò a
quell'ufficiale nel salotto della locanda. Fu subito organizzata una
visita al mausoleo di De la Gardie per il giorno dopo, e poi si
misero a chiacchierare del più e del meno.
Mr Wraxall,
ricordandosi che uno dei compiti dei diaconi scandinavi è di
preparare i candidati per la cresima, pensò di rinfrescarsi la
memoria su un argomento biblico.
“Potete
dirmi niente,” disse, “su Chorazin4?”
Il diacono
sembrò trasalire, ma gli ricordò prontamente come quel villaggio
una volta fosse stato violentemente apostrofato.
“Ora
ricordo,” disse Mr Wraxall, “suppongo che oggi sia quasi in
rovina.”
“Così
credo,” rispose il diacono. “Ho sentito alcuni dei nostri preti
più vecchi dire che l'anticristo deve nascere lì, e ci sono
racconti...”
“Ah!
Che tipi di racconti?” lo interruppe Mr Wraxall.
“Racconti,
dicevo, che ho dimenticato,” disse il diacono, e subito dopo gli
diede la buona notte. Ora l'albergatore era solo, e alla mercé di
MrWraxall, e quell'inquisitore non ere disposto a risparmiarlo.
“Herr
Nielsen,” disse, “ho scoperto qualcosa sul pellegrinaggio nero.
Potreste anche dirmi quello che sapete voi. Che cosa riportò con sé
il conte?”
Forse
gli svedesi sono lenti a rispondere, o forse l'albergatore era
un'eccezione. Non ne sono sicuro, ma Wraxall annota che l'albergatore
stette a guardarlo per almeno un minuto prima di dire qualcosa.
Quindi si avvicinò al suo ospite e, facendo un grande sforzo,
parlò:
“Mr
Wraxall, posso raccontarvi un episodio
e niente altro, niente di più. Non dovrete chiedermi altro quando
avrò finito. Al tempo di mio nonno - circa novantadue anni fa –
c'erano due uomini che dissero: “Il conte è morto, non dobbiamo
preoccuparci di lui. Stanotte andremo a cacciare liberamente nel suo
bosco – il lungo bosco sulla collina che avete visto dietro Råbäck.
Quelli che li sentirono parlare a quel modo gli dissero: “No, non
andate, siamo sicuri che incontrerete persone che camminano che non
dovrebbero camminare. Dovrebbero riposare in pace, non camminare.”
Quei due risero. Non c'erano guardie forestali a controllare il
bosco, perché nessuno voleva viverci. La famiglia non era qui nella
villa. Questi uomini potevano fare quello che volevano.
“Così,
quella notte andarono nel bosco. Mio nonno sedeva qui, in questa
stanza. Era estate, ed era una notte chiara. Con la finestra aperta,
si poteva vedere fino al bosco, e sentire. Così lui rimase a sedere
qui, e insieme ad altri due o tre uomini si misero in ascolto.
All'inizio non sentirono proprio niente, poi sentirono qualcuno -
sapete quanto è lontano - sentirono qualcuno gridare, proprio come
se la parte più intima della sua anima gli fosse stata strappata
via. Tutti quelli nella stanza si strinsero l'un l'altro e rimasero
così per tre quarti d'ora. Poi udirono qualcun altro, a solo
trecento ell5
di distanza. Lo sentirono ridere forte: non era uno di quei due che
rideva e, in verità, tutti dissero che non si trattava affatto di un
uomo. Poi sentirono una grande porta chiudersi.
“Quindi,
appena si levò io sole, andarono tutti dal prete. Gli dissero:
“Padre, mettetevi la tonaca e il collare, e venite a seppellire
questi uomini, Anders Bjornsen e Hans Thorbjorn.”
“Capite
che erano sicuri che questi uomini fossero morti. Così andarono nel
bosco – mio nonno non lo dimenticò mai. Disse che loro stessi
erano come morti. Pure il prete era bianco per la paura. Quando erano
venuti da lui aveva detto: “Ho sentito un grido nella notte, e dopo
ho sentito una risata. Se non riuscirò a dimenticarlo, non potrò
più dormire.”
“Così si
incamminarono e trovarono i due uomini proprio al margine del bosco.
Hans Thorbjorn era in piedi con la schiena appoggiata contro un alber
e faceva continuamente il gesto di spingere con le mani – spingere
lontano da sé qualcosa che non era lì. Così non era morto. E lo
condussero via, e lo portarono alla sua casa a Nykjoping, e morì
prima dell'inverno, ma continuò a spingere con le mani
Anche
Anders Bjornsen era lì, ma era morto. E vi dico questo a proposito
di Anders Bjornsen, che una volta era un uomo molto bello, ma ora la
sua faccia non c'era più, perché la sua
carne
era stata succhiata via dalle ossa. Lo capite? Mio nonno non lo
dimenticò mai. E lo misero sulla barella che avevano portato, e gli
coprirono
la testa con un panno,
e il prete camminava davanti a tutti, e iniziarono a cantare il salmo
dei morti come meglio potevano. Così,
mentre stavano finendo di cantare il primo verso, quello che reggeva
la testa della barella inciampò, gli altri si voltarono indietro, e
videro che il panno era caduto, e gli occhi di Anders Bjornsen li
stava fissando, perché non era rimasto niente per chiuderli. E non
riuscivano a sopportarlo. Perciò il prete lo ricoprì col panno e
mandò a prendere una vanga e lo seppellirono sul posto.”
Il
giorno dopo Mr Wraxall scrive
che il diacono venne
a prenderlo subito dopo colazione e lo accompagnò alla chiesa e al
mausoleo. Notò che la chiave di quest'ultimo era appesa ad un chiodo
proprio vicino al pulpito e gli vene da pensare che, poiché sembrava
che di regola la porta della chiesa rimaneva aperta, non gli sarebbe
stato difficile fare una seconda e più privata visita ai
monumenti funebri
se
fra quelli ce ne fossero stati alcuni
così interessanti
da
non poter
essere
analizzati
attentamente
di
primo acchito.
L'edificio,
quando vi entrò, gli apparve non privo di imponenza. I monumenti, in
gran parte ampie costruzioni del diciassettesimo e diciottesimo
secolo, erano austeri anche se sfarzosi, e gli epitaffi e le insegne
araldiche erano copiosi.
Lo spazio centrale della stanza sotto la cupola era occupato da tre
sarcofagi di rame, ricoperti da
motivi ornamentali finemente incisi. Due di loro avevano, cosa assai
comune in Danimarca e Svezia, un grande crocefisso metallico sul
coperchio. Il
terzo, quello del conte Magnus, com'era
evidente, aveva, invece di quella, una
sua effige
a grandezza naturale incisa sopra, e intorno al bordo c'erano diverse
bande nello stesso stile che rappresentavano scene di vario genere.
Una era una battaglia, con un cannone che eruttava fuoco, e una città
cinta da mura, e truppe di alabardieri. Un'altra mostrava
un'esecuzione. In una terza, tra gli alberi, c'era un uomo che
correva a tutta velocità, con i capelli al
vento e le braccia spalancate. Dietro di lui seguiva una strana
forma, era difficile dire se l'artista aveva inteso ritrarre un uomo
ed era stato incapace di dargli verosimiglianza, oppure lo aveva
intenzionalmente reso mostruoso come appariva. Considerata
l'abilità con cui aveva eseguito le altre incisioni, Mr Wraxall si
sentiva incline ad adottare quest'ultima ipotesi. La figura era
incredibilmente bassa, ed era per la maggior parte avvolta in un
indumento con il cappuccio che spazzava il terreno. L'unica
parte della figura che sporgeva da quell'involucro non era modellata
come una qualunque mano o un qualunque braccio. Mr Wraxall la
paragona
al tentacolo di un diavolo
di mare
e continua: “Questa, dunque, che è evidentemente una
rappresentazione allegorica di
un qualche tipo
– un diavolo che perseguita un'anima posseduta
– può essere all'origine
della storia del conte Magnus e
del suo misterioso compagno. Vediamo com'è rappresentato
l'inseguitore: deve trattarsi senza dubbio di un demone che suona il
suo corno.” Ma, come scoprì, non c'era nessuna figura così
sensazionale, solo l'immagine di un uomo su una collinetta, che si
appoggiava ad un bastone e osservava l'inseguimento con un interesse
che l'incisore aveva tentato di riprodurre nel suo atteggiamento.
Count Magnus and his family by Loneanimator |
Mr Wraxall
notò i massicci lucchetti di acciaio finemente lavorato – tre di
numero - che chiudevano il sarcofago. Uno di questi, come notò, si
era staccato e giaceva sul pavimento. E poi, non volendo trattenere
oltre il diacono o sprecare il tempo da dedicare al suo lavoro, si
avviò alla villa.
“E'
curioso,” annota, “come ripercorrendo un sentiero familiare, i
nostri pensieri si concentrino su uno soltanto fino ad escludere
completamente la realtà esteriore. Questa notte, per la seconda
volta, non mi sono assolutamente reso conto di dove stessi andando
(avevo progettato una visita solitaria al mausoleo per copiare gli
epitaffi), quando improvvisamente sono tornato in me e mi sono
ritrovato (come la prima volta) davanti al cancello del cimitero, a
cantare o salmodiare alcune parole del tipo, “Siete sveglio, conte
Magnus? State dormendo conte Magnus?” e anche qualcos'altro che non
riesco più a ricordare. Ebbi l'impressione che dovevo essermi
comportato in quel modo insensato per un certo tempo.”
Trovò
la chiave dove si aspettava di trovarla, e copiò la maggior parte di
quello che aveva deciso
di copiare,
infatti, rimase finché la luce incominciò a scemare.“Devo
essermi sbagliato,” scrive, “a dire che uno dei lucchetti del
sarcofago del mio conte era aperto, questa sera vedo che ce
ne sono due
aperti. Li ho raccolti e li ho sistemati con cura sul davanzale
della finestra, dopo aver inutilmente provato a chiuderli. L'ultimo
era ancora chiuso e, sebbene suppongo che sia un lucchetto a molla,
non riesco a capire come si apra. Se ci fossi riuscito, temo proprio
che mi sarei presi la libertà di aprire il sarcofago. E' strano
l'interesse che provo per la personalità di questo vecchio nobile
alquanto feroce e arcigno.”
Il giorno
dopo fu, come doveva risultare, l'ultimo del soggiorno di Mr Wraxalla
a Råbäck. Ricevette delle lettere riguardanti certi suoi
investimenti che lo convinsero dell'opportunità di ritornare in
Inghilterra; il suo lavoro sui documenti era praticamente finito e il
viaggio era lungo. Pertanto, decise di accomiatarsi, dare gli ultimi
tocchi ai suoi appunti e partire.
Gli
ultimi tocchi e gli addii, però, gli presero più tempo del
previsto.
Quella famiglia ospitale insistette affinché rimanesse a pranzo con
loro –
pranzavano alle tre – e
si fecero quasi le sei e mezza prima che oltrepassasse i cancelli di
ferro di Råbäck. Indugiò ad ogni passo della sua camminata lungo
il lago, desideroso di saturarsi, ora che percorreva quella strada
per l'ultima volta, delle emozioni suscitate dal posto e dall'ora. E
quando raggiunse la sommità della collinetta della chiesa, si fermò
per diversi minuti ad osservare l'infinita distesa dei boschi vicini
e lontani, tutti scuri sotto un cielo di liquido verde. Quando alla
fine si girò per andarsene, lo colpì il pensiero che doveva
assolutamente dire addio al conte Magnus come al resto dei De la
Gardie. La chiesa distava solo una ventina di metri e sapeva dove
erano appese le chiavi del mausoleo. Non passò molto tempo prima che
si ritrovasse vicino al grande sarcofago di rame a parlare, come al
solito, ad alta voce con sé stesso: “Tu
devi essere stato un po' canaglia ai tuoi tempi, Magnus,” stava
dicendo, “ma proprio per questo mi piacerebbe vederti o
piuttosto...”
“Proprio
in quel momento,” dice, “sentii un colpo sul piede. Lo tirai
indietro velocemente e qualcosa cadde sul pavimento con un tonfo. Era
il terzo, l'ultimo dei tre lucchetti che tenevano chiuso il
sarcofago. Mi chinai a raccoglierlo, e – il cielo mi è testimone
che sto scrivendo solo la pura verità – prima che mi fossi
rialzato ho sentito il suono di uno scricchiolio di cardini metallici
e ho visto distintamente il coperchio alzarsi. Posso aver agito come
un codardo, ma non potevo restare un momento di più per nulla al
mondo. Ero fuori da quello spaventoso edificio in men che non si dica
- ho impiegato più tempo per scrivere queste parole - e cosa che
mi spaventa ancora di più, non riuscii a girare la chiave nella
serratura. Mentre sono seduto qui nella mia camera ad annotare questi
fatti (è successo meno di venti minuti fa) mi chiedo se quel rumore
di metallo scricchiolante continuò, e non posso dire se sì o se no.
So soltanto che c'era qualcos'altro che non ho scritto ma che mi ha
allarmato, ma se era un suono o una visione, non riesco a ricordarlo.
Che cosa ho fatto?”
Ibi cubavit Lamia by Loneanimator |
Povero Mr
Wraxall! Si mise in viaggio per l'Inghilterra il giorno dopo, come
aveva progettato, e arrivò in Inghilterra sano e salvo, e tuttavia,
come deduco dal mutamento della sua scrittura e da alcuni appunti
incoerenti, era un uomo distrutto. Uno dei tanti piccoli taccuini che
mi sono pervenuti insieme alle sue carte mi fornisce, non una chiave,
ma una specie di suggerimento sulla natura delle sue esperienze. La
maggior parte del viaggio fu fatta per traghetto, e scopro non meno
di sei penosi tentativi di enumerare e descrivere i suoi compagni di
viaggio. Le descrizioni sono di questo tipo:
24. Pastore
di un villaggio a Skane. Il solito cappotto nero e cappello floscio
nero
25.
Viaggiatore di commercio diretto da Stoccolma a Trollhättan.
Mantello nero, cappotto marrone.
26. Uomo
con un lungo mantello nero, cappello a tese larghe, molto all'antica.
Quest'ultima
riga è stata cancellata ed è stata
aggiunta una nota: “Forse identico al No. 13. Non ho ancora visto
la sua faccia.” Per quanto riguarda il No. 13, scopro che è un
prete cattolico con la tonaca.
Il
risultato del conteggio è sempre lo stesso. Vengono enumerate sempre
ventotto persone, uno è sempre un uomo con un lungo cappotto nero ed
un ampio cappello, un altro è una 'figura bassa con un mantello
scuro e un cappuccio'. D'altro canto, è costantemente annotato che
durante i pasti sono presenti solo ventisei passeggeri e che l'uomo
col mantello è forse assente, mentre la figura bassa è certamente
assente.
Al
suo arrivo in Inghilterra, Mr Wraxall sbarcò,
come
pare,
ad Harwich, e improvvisamente decise di mettersi fuori dalla portata
di una certa persona o di certe persone che
non specifica
mai,
ma che evidentemente egli era arrivato a considerare suoi
persecutori. Pertanto,
scelse un mezzo privato – era una carrozza chiusa – non fidandosi
della ferrovia e viaggiò attraverso la campagna fino al villaggio di
Belchamp St Paul. Erano
circa le nove di una notte di luna piena di
agosto quando vi arrivò. Era seduto in avanti e guardava fuori dal
finestrino verso i campi e i boschi – non c'era molto altro da
vedere – che gli passavano accanto. Improvvisamente arrivò ad un
incrocio.
Due
figure sostavano immobili all'incrocio; indossavano entrambe mantelli
scuri, la più alta indossava un cappello, la più bassa un
cappuccio.
Non ebbe il tempo di vedere le loro facce, né quelle
fecero alcun movimento visibile. Tuttavia il cavallo scartò
e si mise a correre al galoppo e
Mr Wraxall affondò nel sedile preso da una sorta di disperazione. Li
aveva già visti.
The count by Rosemary Pardoe |
Arrivato
a Belchamp St Paul fu abbastanza fortunato da trovare una decente
camera ammobiliata e per le successive ventiquattro ore visse
relativamente in pace. I suoi ultimi appunti furono scritti quel
giorno. Sono troppo incoerenti e raccapriccianti
per essere riportati nella loro interezza, ma la loro sostanza è
abbastanza chiara. Sta aspettando una visita dei suoi persecutori –
come e quando non lo sa – e il suo grido costante è “Che cosa ho
fatto?” e “Non c'è speranza?” I dottori, lo sa, lo
dichiarerebbero pazzo, la polizia riderebbe di lui. Il parroco è
via. Cos'altro può fare se non chiudersi a chiave e invocare Dio?
Lo
scorso anno a Belchamp St Paul la gente ancora ricordava che uno
strano gentiluomo era arrivato una sera di agosto di alcuni anni fa,
e che la
mattina di due
giorni dopo fu trovato morto, e ci fu un'inchiesta, e sette membri
della giuria che vide il corpo svennero e nessuno volle dire che cosa
aveva visto e il verdetto fu che
era morto
per volontà di Dio6,
e i proprietari della casa andarono via quella stessa settimana, e si
trasferirono lontano da quel distretto. Ma credo che non
sappiano che
sia
mai
stata
fatta
luce,
o
potrebbe
e essere fatta, su quel mistero. E' successo così, che lo scorso
anno la casetta è venuta in mio possesso come parte di un lascito.
Era rimasta vuota dal 1863 e non sembrava che ci fosse alcuna
possibilità di affittarla, così la feci abbattere, e le carte di
cui vi ho dato un sunto
furono trovate in una
cassapanca
dimenticata
sotto la finestra nella stanza degli ospiti.
FINE
1
Il Pantechnicon, un enorme deposito di mobili che si
ergeva nei pressi di Belgrave Square, a Londra, bruciò nel febbraio
1872
2
Il conte Magnus Gabriel de la Gardie (Reval, 15 ottobre 1622
– Sigtuna, 26 aprile 1686) è stato un brillante politico e
militare svedese. Umo di bell'aspetto, si dice fosse stato amante
della stessa regina Cristina di Svezia.
3
Col titolo di Turba Philosophorum ci sono pervenute due opere
distinte: le cosiddette Turba latina e la Turba gallica. L'argomento
dei testi è l'alchimia; i testi si fanno risalire al tardo Medioevo,
da un originale arabo.
4
Chorazin è la città maledetta da Cristo nel Vangelo
secondo San Matteo (XI, 21 ss.) e in quello diLuca (X, 13 ss.).
Citiamo quest'ultimo: «Guai a te, Chorazin! Guai a te, Betsaida!
Perciocché, se inTiro, ed in Sidon, fossero state fatte le potenti
operazioni che sano state fatte in voi, già anticamente, giacendo in
sacco e cenere, si sarebbero pentite» (trad. di Giovanni Diodati).
5
Ell
(dall'antico
germanico
*alinâ derivato
dal
latino
*ulna) è
un'unità di misura, in origine un cubito,
cioè approssimativamente la distanza di un braccio
a partire dal gomito.
6
Visitation
of God: era
un verdetto spesso dato dal medico legale, particolarmente nel XIX
secolo. Usato in tempi più religiosi dei nostri, significava che la
morte era inesplicabile e si pensava che Dio avesse deciso che era
tempo di morire per quella persona. Questa espressione si può ancore
trovare occasionalmente in alcuni certificati di morte fino al 1900.
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