venerdì 22 gennaio 2016

Il conte Magnus



Non svegliare il conte che dorme





Ecco un altro conte da aggiungere alla lista dei vampiri: Il conte Magnus (CountMagnus), considerato uno dei migliori racconti di M. R. James e pubblicato nella raccolta Ghost Stories of an Antiquary, 1904. Questa volta non siamo nei Carpazi, ma nelle gelide latitudini scandinave, e precisamente in Svezia, “una regione quasi sconosciuta agli inglesi di quaranta anni fa” ma che James, viaggiatore appassionato, aveva avuto modo di visitare e di cui aveva imparato la lingua (oltre al danese - sarà un ottimo traduttore di Hans Christian Andersen - al copto, l'ebraico, e il siriaco). Anche in questo racconto l'orrore è sapientemente costruito attraverso citazioni colte tratte dalla Bibbia e da libri rari che solo un antiquario raffinato come M. R. James poteva padroneggiare con tanta abilità.
Il meccanismo narrativo è ormai collaudato: c'è un narratore in prima persona che viene casualmente in possesso del diario di viaggio di un solitario turista inglese, Mr Wraxall, in visita alla dimora avita di un'antica e nobile famiglia svedese (realmente esistita), i De la Gardie, alla ricerca di documenti da inserire in una specie di guida turistica. Mr Wraxall resta particolarmente impressionato da alcuni misteriosi frammenti scritti del capostipite, il conte Magnus, appunto, che ai suoi tempi si dilettava di alchimia e magia, e resta come ipnotizzato dall'energia che scaturisce dal suo ritratto, tanto che dentro di lui incomincia a sorgere il desiderio di incontrare il conte.
Mr Wraxall, uomo curioso oltre che solitario, interroga il suo albergatore al riguardo del conte per scoprire dettagli folcloristici da inserire nella sua guida. Viene così a sapere che il conte era uomo poco amato per la sua crudeltà verso i contadini e la sua memoria suscita ancora terrore a causa di un misterioso pellegrinaggio nero da cui aveva riportato qualcosa o qualcuno veramente raccapricciante. Incalzato dalle domande di Mr Wraxall, l'oste gli racconta la fine orribile fatta da due uomini che erano andati a cacciare di frodo nei boschi del conte dopo la sua morte. Uno dei due morirà dopo una terribile agonia, mentre il cadavere dell'altro viene ritrovato orribilmente mutilato: “...ma ora la sua faccia non c'era più, perché la sua carne era stata succhiata via dalle ossa.” Paese che vai, vampiro che trovi.
Ma ciò che attira maggiormente la curiosità del nostro turista è lo strano mausoleo ottagonale attaccato alla chiesa del paese dove il conte Magnus riposa in un sarcofago di rame ornato da misteriose incisioni, tra cui l'immagine di una creatura mostruosa, bassa e tentacolare, avvolta in un mantello con cappuccio che insegue un uomo in preda ad un raptus di follia, mentre un misterioso uomo avvolto in un mantello con in testa un cappello a tese larghe, osserva la scena dall'alto di una collina. Preso da una specie di trance, Mr Wraxall inizia ad invocare il conte, quando ad un tratto gli sembra che il sarcofago si apra. A questo punto se ne fugge via terrorizzato, e prendendo a pretesto alcuni suoi affari urgenti, se ne ritorna in Inghilterra. Durante il viaggio in nave le sue allucinazioni peggiorano al punto che gli sembra di rivede in ogni passeggero le due misteriose figure incise sul sarcofago. Giunto in Inghilterra, si reca in carrozza ad un piccolo villaggio in cerca di un po' di pace, ma ad un incrocio, altro luogo magico per eccellenza, rivede quelli che ormai considera i suoi persecutori. Ora si rende conto di aver risvegliato con le sue invocazioni forze misteriose e malvagie, e due giorni dopo morirà, completamente solo in una piccola stanza ammobiliata, gridando: “Che cosa ho fatto?” e “Non c'è speranza?” L'autore non dice chiaramente come è morto Mr Wraxall, ma ce lo fa intuire attraverso le reazioni della giuria venuta a stabilire le cause della sua morte e che sono identiche a quelle degli uomini che avevano ritrovato il cadavere del bracconiere nella foresta del conte Magnus.






Il conte Magnus

di

M. R. James







In che modo mi siano venute tra le mani le carte da cui ho tratto la storia che segue, è l'ultimo punto di cui il lettore verrà a conoscenza in queste pagine. Ma è necessarie precisare qual è la forma in cui possiedo i miei estratti. 
 
Essi consistono in parte di una serie di raccolte per un libro di viaggi, essendo un tale volume un prodotto comune negli anni quaranta e cinquanta. Il Diario di un soggiorno nello Jutland e in Danimarca, di Horace Marryat è un bell'esempio del genere a cui alludo. Questi libri, di solito, trattavano di alcune aree sconosciute del continente. Erano illustrati da xilografie e incisioni. Fornivano dettagli sulla sistemazione in albergo e i mezzi di comunicazione, proprio quello che oggi ci aspettiamo di trovare in una guida ben organizzata, e si occupavano in larga parte di riportare conversazioni con stranieri intelligenti, locandieri tipici e loquaci contadini. In poche parole, erano discorsivi. Iniziate con l'idea di fornire materiale per un tale libro, man mano che andavano avanti, le mie carte assumevano il carattere del resoconto di un'unica esperienza personale, e questo resoconto continuava fin quasi alla vigilia della sua conclusione.
Lo scrittore era un certo Mr. Wraxall. Per formarmi un'opinione su di lui sono costretto a fare affidamento soltanto sulle informazioni offerte dai suoi scritti da cui deduco che era un uomo che aveva passato la mezza età, economicamente indipendente e completamente solo al mondo. Sembra che non avesse una dimora stabile in Inghilterra, ma era solito risiedere in alberghi o pensioni. E' probabile che accarezzasse l'idea di mettere su casa in un tempo futuro che non arrivò mai, e penso anche che, con ogni probabilità, l'incendio del grande deposito per mobili1 nei primi anni settanta deve aver distrutto in gran parte quello che avrebbe potuto far luce sul suo passato, perché una o due volte egli fa riferimento a beni di sua proprietà immagazzinati in quell'edificio.
Sembra, inoltre, che Mr. Wraxall avesse pubblicato un libro che trattava di una vacanza che aveva fatto una volta in Bretagna. Non posso dire di più sulla sua opera, perché un'accurata ricerca bibliografica mi ha convinto che deve essere stata pubblicata in forma anonima o sotto pseudonimo. Per quanto riguarda il suo carattere non è difficile formarsi un'opinione superficiale. Deve essere stato un uomo intelligente e colto. Sembra che fosse sul punto di diventare Fellow del suo college a Oxford – Brasenose - come deduco dall'annuario. Un suo incorreggibile difetto era certamente quello di un'eccessiva curiosità, evidentemente un buon difetto, per un viaggiatore, certamente un difetto che questo viaggiatore pagò molto caro alla fine. Stava progettando un altro libro riguardante quella che risultò essere la sua ultima spedizione. La Scandinavia, una regione quasi sconosciuta agli inglesi di quaranta anni fa, lo aveva colpito come un interessante terreno di investigazione. Doveva essersi imbattuto in qualche vecchio libro di storia svedese o di memorie, e gli era venuta l'idea che c'era spazio per un un libro di viaggio in Svezia, che alternasse le parti descrittive con episodi tratti dalla storia di qualche grande famiglia svedese. A questo scopo, si procurò delle lettere di presentazione per alcune persone di rango in Svezia, e si mise in viaggio all'inizio dell'estate del 1863. Non è necessario parlare dei suoi viaggi nel nord Europa, né del suo soggiorno di alcune settimane a Stoccolma. Devo solamente accennare al fatto che un erudito del posto lo mise sulle tracce di un'importante raccolta di documenti di famiglia appartenente ai proprietari di un'antica dimora nel Vestergothland, e ottenne per lui il permesso di esaminarli.
La dimora in questione, o herrgard, la chiameremo Råbäck (pronunciato all'incirca Roebeck), sebbene questo non sia il suo nome. E' uno dei migliori edifici del suo genere di tutto il paese, e la sua incisione nel libro di Dahlenberg Suecia antiqua et moderna, del 1694, la mostra assai simile a quella che il turista può vedere oggi. Fu costruita subito dopo il 1600 ed è, più o meno, molto simile ad una casa inglese di quel periodo per quanto riguarda il materiale – mattone rosso con rivestimenti in pietra – e stile. 
 
Tratto da Suecia antiqua et moderna, 1694
L'uomo che la costruì era un rampollo della grande casata dei De la Gardie, e i suoi discendenti ne sono ancora proprietari. De la Gardie è il nome con cui li designerò quando sarà necessario menzionarli. Ricevettero Mr. Wraxall con grande gentilezza e cortesia, e insistettero affinché soggiornasse a casa loro per tutta la durata delle sue ricerche. Ma, preferendo essere indipendente, e avendo poca fiducia nelle sue capacità di conversare in svedese, si stabilì nelle locanda del villaggio, che risultò essere sufficientemente comoda, almeno nei mesi estivi. Questa sistemazione comportava una breve passeggiata quotidiana di circa un miglio per andare e tornare dalla villa. La casa sorgeva in un parco ed era protetta da vecchi alberi maestosi che avevano la sua stessa età. Lì vicino c'era un giardino recintato da un muro, e poi si entrava in un bosco che circondava uno di quei piccoli laghi di cui è costellato l'intero paese. Quindi si arrivava alle mura di cinta della proprietà, e si saliva un'erta collinetta - uno sperone di roccia leggermente coperto di terriccio – e in cima vi era la chiesa, delimitata da alti alberi ombrosi. Era un edificio insolito agli occhi di un inglese.
La navata centrale e quelle laterali erano basse e piene di scanni e gallerie. Nella galleria occidentale c'era un bellissimo organo antico, dipinto a colori vivaci e con canne d'argento. Il soffitto era basso, ed era stato decorato da un artista del diciassettesimo secolo con uno strano e pauroso “Giudizio universale,” pieno di fiamme spaventose, città in rovina, navi in fiamme, anime piangenti e scuri demoni ghignanti. Eleganti corone di ottone pendevano dal soffitto, il pulpito rassomigliava ad una casa di bambole con piccoli cherubini e santi di legno dipinto, un leggio con tre clessidre era stato agganciato al banco del predicatore. Un tale spettacolo può essere visto in molte chiese svedesi oggi, ma ciò che distingueva questa era un corpo aggiunto all'edificio originale. All'estremità orientale della navata settentrionale il costruttore della villa aveva eretto un mausoleo per sé e la sua famiglia. Era un ampio edificio ad otto facciate, illuminato da una serie di finestre ovali e aveva un tetto a cupola sormontato da un oggetto a forma di zucca che terminava con una punta, una forma in cui gli architetti svedesi si dilettano moltissimo. La copertura del tetto era in rame dipinto di nero, mentre le pareti, come quelle della chiesa, erano di un bianco abbagliante.

Varnhem kirke


Non si poteva accedere al mausoleo dalla chiesa. Aveva un suo ingresso e una sua scalinata sulla parte nord. Il primo giorno della sua permanenza a Råbäck, Mr Wraxall trovò la porta della chiesa aperta, e prese gli appunti sulla parte interna che vi ho riassunto. Tuttavia, non riuscì ad entrare nel mausoleo. Sbirciando attraverso il buco della serratura poté intravvedere solamente alcune belle effigi di marmo e dei sarcofagi di rame e una quantità di insegne araldiche, che lo convinsero a dedicare un po' di tempo per indagini più approfondite.
Le carte che era venuto a esaminare nella villa risultarono essere esattamente ciò di cui aveva bisogno per il suo libro. Si trattava di corrispondenza familiare, diari, libri contabili dei primi proprietari della casa, tenuti con molta cura e scritti in modo chiaro, pieni di dettagli divertenti e pittoreschi. Il primo De la Gardie vi appariva come uomo forte e abile. Poco dopo la costruzione della villa, c'era stato un periodo di instabilità nel distretto e i contadini si erano rivoltati e avevano attaccato diversi castelli e fatto danni. Il proprietario di Råbäck ebbe un ruolo di primo piano nel sopprimere la rivolta e si faceva cenno a esecuzioni dei capibanda e a severe punizioni inflitte con pugno duro. Il ritratto di questo Magnus de la Gardie2 era uno dei migliori della casa e Mr Wraxall lo studiò con non poco interesse alla fine della sua giornata di lavoro. Non ne dà una descrizione dettagliata, ma intuisco che quel volto lo impressionò più per la sua forza che per la sua bellezza o la bontà, infatti scrive che il conte Magnus era un uomo incredibilmente brutto. 

Conte Magnus De la Gardie
 
Quel giorno Mr Wraxall cenò con la famiglia e ritornò a piedi a tarda ora ma nella notte ancora luminosa. “Devo ricordarmi,” scrive, “di chiedere al custode del cimitero se può lasciarmi entrare nel mausoleo della chiesa. E' evidente che vi ha accesso, perché stanotte l'ho visto sui gradini mentre, così mi è parso, apriva o chiudeva la porta.” Scopro che il giorno dopo, di buon mattino, Mr Wraxall ebbe una conversazione con il suo albergatore. Dapprincipio fui sorpreso dal fatto che l'avesse riportata in maniera così ampia, ma mi resi subito conto che le carte che stavo leggendo, almeno nella loro parte iniziale, era il materiale per il libro a cui stava pensando e che doveva trattarsi di una di quelle edizioni semi-giornalistiche che ammettevano l'inserimento di conversazioni riportate. Il suo obbiettivo, scrive, era scoprire se ancora circolavano tradizioni sul conte Magnus nei luoghi dove il gentiluomo aveva svolto le sue attività, e se la stima che la gente aveva di lui era positiva o negativa. Scoprì che il conte non era per niente amato. Se i suoi fittavoli arrivavano tardi al lavoro nei giorni che gli dovevano come padrone del latifondo, venivano messi al cavalletto di tortura, o frustati o marchiati nel cortile della villa. Ci furono uno o due casi di uomini che avevano occupato abusivamente le sue terre e le loro case erano state misteriosamente distrutte dal fuoco in una notte d'inverno, con l'intera famiglia all'interno. Ma quello che sembrava aver maggiormente colpito la mente dell'albergatore – perché ritornò sul soggetto più di una volta – era che il conte era stato al pellegrinaggio nero, e aveva riportato con sé qualcosa o qualcuno. Naturalmente, vi chiederete, come fece Mr Wraxall, cosa mai potesse essere stato un pellegrinaggio nero. Ma, per il momento, la vostra curiosità su questo punto deve rimanere insoddisfatta, proprio come la sua. L'albergatore non era evidentemente disposto a dare una risposta esauriente, o addirittura una risposta qualsiasi, su quel punto ed essendo desiderato fuori per un momento, trotterellò via con evidente alacrità, solo per fare capolino alla porta pochi minuti dopo per dire che lo avevano chiamato a Skara e che non sarebbe stato di ritorno fino a sera.
Così Mr Wraxall dovette andarsene al suo lavoro quotidiano alla villa senza aver soddisfatto la sua curiosità. Le carte su cui era impegnato allora indirizzarono ben presto i suoi pensieri altrove, perché dovette occuparsi di analizzare la corrispondenza tra Sophia Albertina a Stoccolma e la sua cugina sposata Ulrica Leonora a Råbäck negli anni 1705–10. Le lettere erano di eccezionale interesse per la luce che gettavano sulla cultura di quel periodo in Svezia, come può testimoniare chiunque ne abbia letto l'edizione completa nelle pubblicazioni della Commissione svedese dei manoscritti storici. Nel pomeriggio egli aveva finito di leggerle, e dopo aver rimesso al loro posto sullo scaffale le scatole in cui erano conservate, procedette, com'è naturale, a prelevare alcuni dei volumi più vicini, con lo scopo di stabilire quali di quelli sarebbe stato il suo principale oggetto di indagine il giorno seguente. Lo scaffale in cui si era imbattuto era occupato soprattutto da una raccolta di libri contabili di pugno del primo conte Magnus. Tuttavia, uno di quelli non era un libro contabile, ma un libro di alchimia e altri saggi scritti in un'altra grafia del sedicesimo secolo. Non avendo molta familiarità con la letteratura alchemica, Mr Wraxall dedica molto più spazio del necessario ad elencare i titoli e le parti iniziali dei vari trattati: Il libro della fenice, Il libro delle trenta parole, Il libro del rospo, Il libro di Miriam, Turba philosoforum3 e così via, e poi annuncia con gran soddisfazione la sua gioia per il ritrovamento, su di un foglio originalmente lasciato in bianco quasi a metà del libro, uno scritto dello stesso conte Magnus intitolato ‘Liber nigrae peregrinationis’. 


E' vero che trovò solo poche righe, ma ce n'era abbastanza per comprovare che l'albergatore quella mattina si stava riferendo ad una credenza risalente come minimo al tempo del conte Magnus, e probabilmente da lui condivisa. Questa è la versione inglese di quanto vi era scritto: “Chiunque desideri una lunga vita, chiunque desideri un messaggero fedele e vedere il sangue dei suoi nemici, è necessario che vada nella città di Chorazin, e lì rendere omaggio al principe...” A questo punto era stata cancellata una parola, ma non completamente, così Mr Wraxall fu abbastanza certo di essere nel giusto a leggerla come aeris ('dellaria'). Ma non era stato copiato molto di più del testo originale, solo una riga in latino: Quaere reliqua hujus materiei inter secretiora. (Cercare il resto di questo brano tra le cose più personali.) Non si poteva negare che questo gettava una luce abbastanza fosca sui gusti e le credenze del conte; ma l'idea che alla sua generale potenza avesse potuto aggiungere anche l'alchimia, e all'alchimia qualcosa di molto simile alla magia, lo rendeva agli occhi di Mr Wraxall, separato da lui da circa tre secoli, soltanto una figura ancora più pittoresca, e quando, dopo aver contemplato a lungo il suo ritratto nella sala, prese la strada di casa, la sua mente era piena di pensieri sul conte Magnus. Non prestava attenzione al paesaggio, né percepiva i profumi provenienti dai boschi o la luce serale sul lago, e quando tutto d'un tratto si fermò, rimase stupito nel trovarsi già al cancello del cimitero e a pochi minuti dalla sua cena. Il suo sguardo cadde sul mausoleo. “Ah,” disse, “conte Magnus, eccoti qui. Come vorrei incontrarti.”
Come molti uomini solitari,” egli scrive, “ho l'abitudine di parlare con me stesso ad alta voce, e a differenza di alcune particelle greche e latine, non mi aspetto risposta. Certamente, e forse fortunatamente in questo caso, non ci fu alcuna voce o niente del genere, ad eccezione della donna che, suppongo, mentre puliva la chiesa, fece cadere un oggetto metallico sul pavimento, e quel rumore mi fece trasalire. Il conte Magnus, penso, dorme sonni abbastanza profondi.”
Quella stessa sera, il proprietario della locanda, che aveva sentito Mr Wraxalla dire che desiderava vedere il sacrestano o diacono (come li chiamano qui in Svezia) della parrocchia, lo presentò a quell'ufficiale nel salotto della locanda. Fu subito organizzata una visita al mausoleo di De la Gardie per il giorno dopo, e poi si misero a chiacchierare del più e del meno.
Mr Wraxall, ricordandosi che uno dei compiti dei diaconi scandinavi è di preparare i candidati per la cresima, pensò di rinfrescarsi la memoria su un argomento biblico.
Potete dirmi niente,” disse, “su Chorazin4?”
Il diacono sembrò trasalire, ma gli ricordò prontamente come quel villaggio una volta fosse stato violentemente apostrofato.
Ora ricordo,” disse Mr Wraxall, “suppongo che oggi sia quasi in rovina.”
Così credo,” rispose il diacono. “Ho sentito alcuni dei nostri preti più vecchi dire che l'anticristo deve nascere lì, e ci sono racconti...”
Ah! Che tipi di racconti?” lo interruppe Mr Wraxall.
Racconti, dicevo, che ho dimenticato,” disse il diacono, e subito dopo gli diede la buona notte. Ora l'albergatore era solo, e alla mercé di MrWraxall, e quell'inquisitore non ere disposto a risparmiarlo.
Herr Nielsen,” disse, “ho scoperto qualcosa sul pellegrinaggio nero. Potreste anche dirmi quello che sapete voi. Che cosa riportò con sé il conte?”
Forse gli svedesi sono lenti a rispondere, o forse l'albergatore era un'eccezione. Non ne sono sicuro, ma Wraxall annota che l'albergatore stette a guardarlo per almeno un minuto prima di dire qualcosa. Quindi si avvicinò al suo ospite e, facendo un grande sforzo, parlò:
Mr Wraxall, posso raccontarvi un episodio e niente altro, niente di più. Non dovrete chiedermi altro quando avrò finito. Al tempo di mio nonno - circa novantadue anni fa – c'erano due uomini che dissero: “Il conte è morto, non dobbiamo preoccuparci di lui. Stanotte andremo a cacciare liberamente nel suo bosco – il lungo bosco sulla collina che avete visto dietro Råbäck. Quelli che li sentirono parlare a quel modo gli dissero: “No, non andate, siamo sicuri che incontrerete persone che camminano che non dovrebbero camminare. Dovrebbero riposare in pace, non camminare.” Quei due risero. Non c'erano guardie forestali a controllare il bosco, perché nessuno voleva viverci. La famiglia non era qui nella villa. Questi uomini potevano fare quello che volevano.
Così, quella notte andarono nel bosco. Mio nonno sedeva qui, in questa stanza. Era estate, ed era una notte chiara. Con la finestra aperta, si poteva vedere fino al bosco, e sentire. Così lui rimase a sedere qui, e insieme ad altri due o tre uomini si misero in ascolto. All'inizio non sentirono proprio niente, poi sentirono qualcuno - sapete quanto è lontano - sentirono qualcuno gridare, proprio come se la parte più intima della sua anima gli fosse stata strappata via. Tutti quelli nella stanza si strinsero l'un l'altro e rimasero così per tre quarti d'ora. Poi udirono qualcun altro, a solo trecento ell5 di distanza. Lo sentirono ridere forte: non era uno di quei due che rideva e, in verità, tutti dissero che non si trattava affatto di un uomo. Poi sentirono una grande porta chiudersi.
Quindi, appena si levò io sole, andarono tutti dal prete. Gli dissero: “Padre, mettetevi la tonaca e il collare, e venite a seppellire questi uomini, Anders Bjornsen e Hans Thorbjorn.”
Capite che erano sicuri che questi uomini fossero morti. Così andarono nel bosco – mio nonno non lo dimenticò mai. Disse che loro stessi erano come morti. Pure il prete era bianco per la paura. Quando erano venuti da lui aveva detto: “Ho sentito un grido nella notte, e dopo ho sentito una risata. Se non riuscirò a dimenticarlo, non potrò più dormire.”
Così si incamminarono e trovarono i due uomini proprio al margine del bosco. Hans Thorbjorn era in piedi con la schiena appoggiata contro un alber e faceva continuamente il gesto di spingere con le mani – spingere lontano da sé qualcosa che non era lì. Così non era morto. E lo condussero via, e lo portarono alla sua casa a Nykjoping, e morì prima dell'inverno, ma continuò a spingere con le mani
Anche Anders Bjornsen era lì, ma era morto. E vi dico questo a proposito di Anders Bjornsen, che una volta era un uomo molto bello, ma ora la sua faccia non c'era più, perché la sua carne era stata succhiata via dalle ossa. Lo capite? Mio nonno non lo dimenticò mai. E lo misero sulla barella che avevano portato, e gli coprirono la testa con un panno, e il prete camminava davanti a tutti, e iniziarono a cantare il salmo dei morti come meglio potevano. Così, mentre stavano finendo di cantare il primo verso, quello che reggeva la testa della barella inciampò, gli altri si voltarono indietro, e videro che il panno era caduto, e gli occhi di Anders Bjornsen li stava fissando, perché non era rimasto niente per chiuderli. E non riuscivano a sopportarlo. Perciò il prete lo ricoprì col panno e mandò a prendere una vanga e lo seppellirono sul posto.”
Il giorno dopo Mr Wraxall scrive che il diacono venne a prenderlo subito dopo colazione e lo accompagnò alla chiesa e al mausoleo. Notò che la chiave di quest'ultimo era appesa ad un chiodo proprio vicino al pulpito e gli vene da pensare che, poiché sembrava che di regola la porta della chiesa rimaneva aperta, non gli sarebbe stato difficile fare una seconda e più privata visita ai monumenti funebri se fra quelli ce ne fossero stati alcuni così interessanti da non poter essere analizzati attentamente di primo acchito. L'edificio, quando vi entrò, gli apparve non privo di imponenza. I monumenti, in gran parte ampie costruzioni del diciassettesimo e diciottesimo secolo, erano austeri anche se sfarzosi, e gli epitaffi e le insegne araldiche erano copiosi. Lo spazio centrale della stanza sotto la cupola era occupato da tre sarcofagi di rame, ricoperti da motivi ornamentali finemente incisi. Due di loro avevano, cosa assai comune in Danimarca e Svezia, un grande crocefisso metallico sul coperchio. Il terzo, quello del conte Magnus, com'era evidente, aveva, invece di quella, una sua effige a grandezza naturale incisa sopra, e intorno al bordo c'erano diverse bande nello stesso stile che rappresentavano scene di vario genere. Una era una battaglia, con un cannone che eruttava fuoco, e una città cinta da mura, e truppe di alabardieri. Un'altra mostrava un'esecuzione. In una terza, tra gli alberi, c'era un uomo che correva a tutta velocità, con i capelli al vento e le braccia spalancate. Dietro di lui seguiva una strana forma, era difficile dire se l'artista aveva inteso ritrarre un uomo ed era stato incapace di dargli verosimiglianza, oppure lo aveva intenzionalmente reso mostruoso come appariva. Considerata l'abilità con cui aveva eseguito le altre incisioni, Mr Wraxall si sentiva incline ad adottare quest'ultima ipotesi. La figura era incredibilmente bassa, ed era per la maggior parte avvolta in un indumento con il cappuccio che spazzava il terreno. L'unica parte della figura che sporgeva da quell'involucro non era modellata come una qualunque mano o un qualunque braccio. Mr Wraxall la paragona al tentacolo di un diavolo di mare e continua: “Questa, dunque, che è evidentemente una rappresentazione allegorica di un qualche tipo – un diavolo che perseguita un'anima posseduta – può essere all'origine della storia del conte Magnus e del suo misterioso compagno. Vediamo com'è rappresentato l'inseguitore: deve trattarsi senza dubbio di un demone che suona il suo corno.” Ma, come scoprì, non c'era nessuna figura così sensazionale, solo l'immagine di un uomo su una collinetta, che si appoggiava ad un bastone e osservava l'inseguimento con un interesse che l'incisore aveva tentato di riprodurre nel suo atteggiamento.

Count Magnus and his family by Loneanimator
Mr Wraxall notò i massicci lucchetti di acciaio finemente lavorato – tre di numero - che chiudevano il sarcofago. Uno di questi, come notò, si era staccato e giaceva sul pavimento. E poi, non volendo trattenere oltre il diacono o sprecare il tempo da dedicare al suo lavoro, si avviò alla villa.
E' curioso,” annota, “come ripercorrendo un sentiero familiare, i nostri pensieri si concentrino su uno soltanto fino ad escludere completamente la realtà esteriore. Questa notte, per la seconda volta, non mi sono assolutamente reso conto di dove stessi andando (avevo progettato una visita solitaria al mausoleo per copiare gli epitaffi), quando improvvisamente sono tornato in me e mi sono ritrovato (come la prima volta) davanti al cancello del cimitero, a cantare o salmodiare alcune parole del tipo, “Siete sveglio, conte Magnus? State dormendo conte Magnus?” e anche qualcos'altro che non riesco più a ricordare. Ebbi l'impressione che dovevo essermi comportato in quel modo insensato per un certo tempo.”
Trovò la chiave dove si aspettava di trovarla, e copiò la maggior parte di quello che aveva deciso di copiare, infatti, rimase finché la luce incominciò a scemare.“Devo essermi sbagliato,” scrive, “a dire che uno dei lucchetti del sarcofago del mio conte era aperto, questa sera vedo che ce ne sono due aperti. Li ho raccolti e li ho sistemati con cura sul davanzale della finestra, dopo aver inutilmente provato a chiuderli. L'ultimo era ancora chiuso e, sebbene suppongo che sia un lucchetto a molla, non riesco a capire come si apra. Se ci fossi riuscito, temo proprio che mi sarei presi la libertà di aprire il sarcofago. E' strano l'interesse che provo per la personalità di questo vecchio nobile alquanto feroce e arcigno.”
Il giorno dopo fu, come doveva risultare, l'ultimo del soggiorno di Mr Wraxalla a Råbäck. Ricevette delle lettere riguardanti certi suoi investimenti che lo convinsero dell'opportunità di ritornare in Inghilterra; il suo lavoro sui documenti era praticamente finito e il viaggio era lungo. Pertanto, decise di accomiatarsi, dare gli ultimi tocchi ai suoi appunti e partire.
Gli ultimi tocchi e gli addii, però, gli presero più tempo del previsto. Quella famiglia ospitale insistette affinché rimanesse a pranzo con loro – pranzavano alle tre – e si fecero quasi le sei e mezza prima che oltrepassasse i cancelli di ferro di Råbäck. Indugiò ad ogni passo della sua camminata lungo il lago, desideroso di saturarsi, ora che percorreva quella strada per l'ultima volta, delle emozioni suscitate dal posto e dall'ora. E quando raggiunse la sommità della collinetta della chiesa, si fermò per diversi minuti ad osservare l'infinita distesa dei boschi vicini e lontani, tutti scuri sotto un cielo di liquido verde. Quando alla fine si girò per andarsene, lo colpì il pensiero che doveva assolutamente dire addio al conte Magnus come al resto dei De la Gardie. La chiesa distava solo una ventina di metri e sapeva dove erano appese le chiavi del mausoleo. Non passò molto tempo prima che si ritrovasse vicino al grande sarcofago di rame a parlare, come al solito, ad alta voce con sé stesso: “Tu devi essere stato un po' canaglia ai tuoi tempi, Magnus,” stava dicendo, “ma proprio per questo mi piacerebbe vederti o piuttosto...”
Proprio in quel momento,” dice, “sentii un colpo sul piede. Lo tirai indietro velocemente e qualcosa cadde sul pavimento con un tonfo. Era il terzo, l'ultimo dei tre lucchetti che tenevano chiuso il sarcofago. Mi chinai a raccoglierlo, e – il cielo mi è testimone che sto scrivendo solo la pura verità – prima che mi fossi rialzato ho sentito il suono di uno scricchiolio di cardini metallici e ho visto distintamente il coperchio alzarsi. Posso aver agito come un codardo, ma non potevo restare un momento di più per nulla al mondo. Ero fuori da quello spaventoso edificio in men che non si dica - ho impiegato più tempo per scrivere queste parole - e cosa che mi spaventa ancora di più, non riuscii a girare la chiave nella serratura. Mentre sono seduto qui nella mia camera ad annotare questi fatti (è successo meno di venti minuti fa) mi chiedo se quel rumore di metallo scricchiolante continuò, e non posso dire se sì o se no. So soltanto che c'era qualcos'altro che non ho scritto ma che mi ha allarmato, ma se era un suono o una visione, non riesco a ricordarlo. Che cosa ho fatto?”

Ibi cubavit Lamia by Loneanimator
Povero Mr Wraxall! Si mise in viaggio per l'Inghilterra il giorno dopo, come aveva progettato, e arrivò in Inghilterra sano e salvo, e tuttavia, come deduco dal mutamento della sua scrittura e da alcuni appunti incoerenti, era un uomo distrutto. Uno dei tanti piccoli taccuini che mi sono pervenuti insieme alle sue carte mi fornisce, non una chiave, ma una specie di suggerimento sulla natura delle sue esperienze. La maggior parte del viaggio fu fatta per traghetto, e scopro non meno di sei penosi tentativi di enumerare e descrivere i suoi compagni di viaggio. Le descrizioni sono di questo tipo:
24. Pastore di un villaggio a Skane. Il solito cappotto nero e cappello floscio nero
25. Viaggiatore di commercio diretto da Stoccolma a Trollhättan. Mantello nero, cappotto marrone.
26. Uomo con un lungo mantello nero, cappello a tese larghe, molto all'antica.
Quest'ultima riga è stata cancellata ed è stata aggiunta una nota: “Forse identico al No. 13. Non ho ancora visto la sua faccia.” Per quanto riguarda il No. 13, scopro che è un prete cattolico con la tonaca.
Il risultato del conteggio è sempre lo stesso. Vengono enumerate sempre ventotto persone, uno è sempre un uomo con un lungo cappotto nero ed un ampio cappello, un altro è una 'figura bassa con un mantello scuro e un cappuccio'. D'altro canto, è costantemente annotato che durante i pasti sono presenti solo ventisei passeggeri e che l'uomo col mantello è forse assente, mentre la figura bassa è certamente assente.
Al suo arrivo in Inghilterra, Mr Wraxall sbarcò, come pare, ad Harwich, e improvvisamente decise di mettersi fuori dalla portata di una certa persona o di certe persone che non specifica mai, ma che evidentemente egli era arrivato a considerare suoi persecutori. Pertanto, scelse un mezzo privato – era una carrozza chiusa – non fidandosi della ferrovia e viaggiò attraverso la campagna fino al villaggio di Belchamp St Paul. Erano circa le nove di una notte di luna piena di agosto quando vi arrivò. Era seduto in avanti e guardava fuori dal finestrino verso i campi e i boschi – non c'era molto altro da vedere – che gli passavano accanto. Improvvisamente arrivò ad un incrocio. Due figure sostavano immobili all'incrocio; indossavano entrambe mantelli scuri, la più alta indossava un cappello, la più bassa un cappuccio. Non ebbe il tempo di vedere le loro facce, né quelle fecero alcun movimento visibile. Tuttavia il cavallo scartò e si mise a correre al galoppo e Mr Wraxall affondò nel sedile preso da una sorta di disperazione. Li aveva già visti.

The count by Rosemary Pardoe

Arrivato a Belchamp St Paul fu abbastanza fortunato da trovare una decente camera ammobiliata e per le successive ventiquattro ore visse relativamente in pace. I suoi ultimi appunti furono scritti quel giorno. Sono troppo incoerenti e raccapriccianti per essere riportati nella loro interezza, ma la loro sostanza è abbastanza chiara. Sta aspettando una visita dei suoi persecutori – come e quando non lo sa – e il suo grido costante è “Che cosa ho fatto?” e “Non c'è speranza?” I dottori, lo sa, lo dichiarerebbero pazzo, la polizia riderebbe di lui. Il parroco è via. Cos'altro può fare se non chiudersi a chiave e invocare Dio?
Lo scorso anno a Belchamp St Paul la gente ancora ricordava che uno strano gentiluomo era arrivato una sera di agosto di alcuni anni fa, e che la mattina di due giorni dopo fu trovato morto, e ci fu un'inchiesta, e sette membri della giuria che vide il corpo svennero e nessuno volle dire che cosa aveva visto e il verdetto fu che era morto per volontà di Dio6, e i proprietari della casa andarono via quella stessa settimana, e si trasferirono lontano da quel distretto. Ma credo che non sappiano che sia mai stata fatta luce, o potrebbe e essere fatta, su quel mistero. E' successo così, che lo scorso anno la casetta è venuta in mio possesso come parte di un lascito. Era rimasta vuota dal 1863 e non sembrava che ci fosse alcuna possibilità di affittarla, così la feci abbattere, e le carte di cui vi ho dato un sunto furono trovate in una cassapanca dimenticata sotto la finestra nella stanza degli ospiti.


FINE






1 Il Pantechnicon, un enorme deposito di mobili che si ergeva nei pressi di Belgrave Square, a Londra, bruciò nel febbraio 1872

2 Il conte Magnus Gabriel de la Gardie (Reval, 15 ottobre 1622 – Sigtuna, 26 aprile 1686) è stato un brillante politico e militare svedese. Umo di bell'aspetto, si dice fosse stato amante della stessa regina Cristina di Svezia.

3 Col titolo di Turba Philosophorum ci sono pervenute due opere distinte: le cosiddette Turba latina e la Turba gallica. L'argomento dei testi è l'alchimia; i testi si fanno risalire al tardo Medioevo, da un originale arabo.

4 Chorazin è la città maledetta da Cristo nel Vangelo secondo San Matteo (XI, 21 ss.) e in quello diLuca (X, 13 ss.). Citiamo quest'ultimo: «Guai a te, Chorazin! Guai a te, Betsaida! Perciocché, se inTiro, ed in Sidon, fossero state fatte le potenti operazioni che sano state fatte in voi, già anticamente, giacendo in sacco e cenere, si sarebbero pentite» (trad. di Giovanni Diodati).

5 Ell (dall'antico germanico *alinâ derivato dal latino *ulna) è un'unità di misura, in origine un cubito, cioè approssimativamente la distanza di un braccio a partire dal gomito.

6 Visitation of God: era un verdetto spesso dato dal medico legale, particolarmente nel XIX secolo. Usato in tempi più religiosi dei nostri, significava che la morte era inesplicabile e si pensava che Dio avesse deciso che era tempo di morire per quella persona. Questa espressione si può ancore trovare occasionalmente in alcuni certificati di morte fino al 1900.

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