mercoledì 30 dicembre 2015

Cuori perduti







Elegante affabulatore, insuperabile nel creare atmosfere stranianti, Montague Rhodes James (Goodneston, 1862 – Eton, 1936), storico, medievalista, docente universitario a Cambridge e ad Eton, scrittore di fiabe, è forse il più noto autore di ghost-stories e, al contempo, un innovatore del genere. Anche se le sue creature hanno radici nelle tradizioni popolari e bibliche, esse agiscono nella realtà quotidiana, coinvolgendo allo stesso modo l'uomo semplice e l'erudito. Spesso tozze, pelose, animalesche o apparentemente innocue come un rotolo di flanella, non sono mai benevole e cercano vendetta o rivalsa sui vivi. L'unico modo per esorcizzarle è comprendere il loro mistero, spesso nascosto in un antico manoscritto comprensibile solo all'erudito di turno, che diventa così un vero detective dell'occulto.
Spronato dagli amici, James scriverà un racconto all’anno, in occasione di ogni vigilia di Natale, raccogliendo e pubblicando la sua produzione in quattro volumi: Ghost Stories of an Antiquary (1904), More Ghost Stories of an Antiquary (1911), A Thin Ghost and Others (1919), and A Warning to the Curious and Other Ghost Stories (1925).
Cuori perduti (1895), è uno dei due racconti pubblicati prima del '900 (l'altro è L'album del canonico Alberico, vedi mio post del 27/10/13). Nella storia si mescolano sapientemente i tipici ingredienti dei racconti di James: esoterismo, antichi riti e religioni, manoscritti più o meno apocrifi, fantasmi alla ricerca di vendetta sui vivi. Il punto di vista è quello del giovane protagonista, Stephen Elliott, un orfano di dodici anni ospite del suo anziano e ricco parente, Mr. Abney, che ama accogliere nella sua casa giovani vagabondi, tutti misteriosamente scomparsi. L'atmosfera è particolarmente inquietante, proprio perché i protagonisti, sia nell'al di qua che nell'al di là, sono bambini, sprezzantemente definiti 'corpora vilia' dall'erudito e misterioso Mr Abney che se ne serve per i suoi folli esperimenti.

Consigli per la lettura:
Tutti i racconti di fantasmi. Ediz. integrale
James Montague R., cur. Pilo G., Fusco S., 2012, Newton Compton






Cuori perduti

di
M.R. James






Per quel che sono riuscito ad accertare, fu nel settembre dell'anno 1811 che una carrozza da posta si fermò davanti alla porta di Aswarby Hall, nel cuore del Lincolnshire. Il ragazzino che era l'unico passeggero della carrozza e che saltò giù appena quella si fermò, si guardò intorno con gran curiosità nel breve intervallo che intercorse fra il momento in cui aveva suonato il campanello e quello in cui la porta principale si aprì. Quel che vide fu una casa alta, squadrata, in mattoni rossi, costruita durante il regno della regina Anna1; vi era stato aggiunto un porticato con colonne di pietra nel più puro stile classico del 1790; la casa aveva numerose finestre, alte e strette, con piccoli pannelli di vetro incastrati in spesse cornici di legno bianco. La facciata era coronata da un frontone in cui si apriva una finestra rotonda. A destra e a sinistra c'erano due ali, collegate al blocco centrale da insolite gallerie invetriate supportate da colonnati. Queste ali ospitavano semplicemente le stalle e i servizi della casa. Ognuna era sormontata da una cupola ornamentale con una banderuola dorata.

La luce serale illuminava l'edificio, facendo risplendere i vetri delle finestre come tanti fuochi. Davanti alla facciata principale si stendeva un parco pianeggiante punteggiato di querce e circondato da abeti, che si stagliavano alti contro il cielo. L'orologio nella torre della chiesa, nascosta tra gli alberi all'estremità del parco e di cui soltanto la sua banderuola dorata catturava la luce, stava scoccando le sei e il suono dei rintocchi era gentilmente trasportato dal vento. Fu un'impressione nel complesso piacevole, anche se permeata da una sorta di malinconia appropriata ad una sera di primo autunno, quella che si trasmise alla mente del ragazzo nel portico mentre aspettava che la porta si aprisse.
Il postale lo aveva condotto fin là dal Warwickshire, dove, circa sei mesi prima, era rimasto orfano. Adesso era venuto ad abitare ad Aswarby, grazie alla generosa offerta del suo anziano cugino, Mr.Abney. L'offerta era giunta inaspettata, perché tutti quelli che conoscevano un po' Mr. Abney lo consideravano come una specie di austero eremita, e l'arrivo di un ragazzino nella sua regolare vita familiare avrebbe portato, così sembrava, un elemento nuovo e incongruo. La verità è che si sapeva molto poco delle attività e del carattere di Mr. Abney. Si diceva che il professore di greco di Cambridge sosteneva che nessuno conoscesse meglio del proprietario di Aswarby i riti religiosi del tardo paganesimo. Di sicuro, la sua biblioteca conteneva tutti i libri allora disponibili riguardanti i Misteri2, i poemi orfici3, il culto di Mitra4 e i Neoplatonici5. Sul pavimento lastricato di marmo dell'ingresso si ergeva un raffinato gruppo marmoreo di Mitra che sgozzava un toro, che il proprietario aveva importato dall'oriente con considerevole spesa. Ne aveva inviato una descrizione al Gentleman's Magazine, e aveva scritto una rimarchevole serie di articoli per il Critical Museum sulle superstizioni del basso impero.

Affresco del dio Mitra


 In conclusione, era considerato un uomo completamente immerso nei suoi libri, e fu materia di grande sorpresa tra i suoi vicini il fatto che avesse mai sentito parlare del suo cugino orfano, Stephan Elliott, e ancor più che si fosse offerto di farne un inquilino di Aswarby Hall.
Qualunque cosa si aspettassero i suoi vicini, è certo che Mr.Abney – l'alto, il magro, l'austero Mr. Abney – sembrava incline a dare un cortese benvenuto al suo giovane cugino. Nel momento in cui fu aperta la porta principale, si precipitò fuori dal suo studio, fregandosi le mani deliziato.
Come stai, ragazzo mio? Come stai, quanti anni hai?” disse - “voglio dire, non sei troppo stanco del viaggio, spero, per cenare?”
No, grazie, signore,” disse il signorino Elliottt; “Sto abbastanza bene.”
Che bravo ragazzo,” disse Mr. Abney. “E quanti anni hai, ragazzo mio?”
Sembrò un po' strano che avesse ripetuto due volte la stessa domanda nei primi due minuti della loro conoscenza.
Avrò dodici anni al prossimo compleanno, signore,” disse Stephen.
E quando è il tuo compleanno, mio caro ragazzo? L'undici di settembre, eh? Molto bene, molto bene. Circa un anno da oggi, vero? Mi piace, ha, ha! Mi piace annotare queste cose nel mio libro. Sicuro che sono dodici, ne sei certo?”
Sì, signore, certissimo.”
Bene, bene! Portatelo nella stanza di Mrs. Bunch, Parkes, e dategli il suo tè, o la cena, o quel che sia.”
Sì, signore,” rispose il compassato Parkes, e condusse Stephen nei quartieri della servitù.
Mrs. Bunch era la persona più rassicurante e umana che Stephen avesse incontrato ad Aswartby fino a quel momento. Lo fece sentire completamente a casa; erano diventati grandi amici nel giro di un quarto d'ora, e tali rimasero. Mrs. Bunch era nata non lontano da lì circa cinquantacinque anni prima della data dell'arrivo di Stephen, e la sua residenza in quella dimora durava ormai da vent'anni. Di conseguenza, se qualcuno conosceva vita, morte e miracoli della casa e del distretto, questa era Mrs. Bunch, e non era affatto restia a condividere le sue informazioni.
Certamente c'era una quantità di cose riguardo ad Aswarby Hall e ai suoi giardini su cui Stephen, che per suo temperamento era avventuroso e curioso, desiderava di ricevere spiegazioni. Chi ha costruito il tempio alla fine del sentiero tra gli alberi di alloro? Chi era il vecchio ritratto nel quadro appeso sulle scale, seduto ad un tavolo con un teschio sotto la mano? Questi e molti altri punti furono chiariti grazie alle risorse della vivace intelligenza di Mrs. Bunch. Ce ne erano altri, comunque, la cui spiegazione risultò meno convincente.


Una sera di novembre Stephen sedeva accanto al fuoco nella camera della governante riflettendo sull'ambiente in cui viveva.
Mr. Abney è un brav'uomo, andrà in paradiso?” chiese all'improvviso, con quella particolare fiducia che i bambini ripongono nella capacità degli adulti di risolvere questi problemi, la cui decisione si ritiene destinata a ben altri tribunali.
Buono? Che Dio vi benedica” disse Mrs. Bunch. “Il padrone è un'anima gentile come mai ne ho viste! Non vi ho mai raccontato del ragazzino che prese dalla strada, circa sette anni fa? E della ragazzina, due anni dopo il mio arrivo qui?”
No, raccontatemi tutto di loro, Mrs. Bunch - adesso, in questo istante!”
Beh,” disse Mrs. Bunch, “non mi ricordo molto della ragazzina. So che il padrone la portò a casa un giorno di ritorno dalla sua passeggiata, e diede ordini a Mrs. Ellis, la governante di allora, di trattarla con ogni cura. E la povera bambina non aveva nessuno – come mi disse lei stessa – e visse qui con noi circa tre settimane, forse era una specie di zingara o forse no, ma una mattina si alzò dal letto prima che noi si aprisse gli occhi, e da quel momento se ne sono perse le tracce. Il padrone mise in giro la voce e fece dragare tutti gli stagni, ma è mia convinzione che fosse stata portata via dagli zingari, perché ci furono canti intorno alla casa per circa un'ora la notte che se ne andò, e Parkes dichiara di averli sentiti chiamare nei boschi per tutto il pomeriggio. Poveretta! Era una strana bambina, così silenziosa nel suo modo di fare e tutto il resto, ma mi ci ero terribilmente affezionata, tanto era tranquilla in casa – sorprendente!”
E che ne fu del ragazzino?” disse Stephen.
Ah, quel povero ragazzo!” sospirò Mrs. Bunch. “Era uno straniero – disse di chiamarsi Giovanni – e arrivò strimpellando la sua ghironda6 su e giù per il viale in un pomeriggio d'inverno, e il padrone lo fece entrare immediatamente e volle sapere ogni cosa, da dove veniva, e quanti anni aveva, e come se la passava, e dove erano i suoi parenti, e tutto con quanta gentilezza il cuore possa desiderare. Ma successe la stessa cosa anche con lui. Sono di indole turbolenta, questi stranieri, suppongo, e un bel mattino se ne andò proprio come la ragazza. Perché se ne fosse andato e che cosa gli fosse successo ce lo siamo chiesto per circa un anno, perché non aveva portato via la sua ghironda, ed eccola lì sullo scaffale.”
Il resto del pomeriggio fu trascorso da Stephen alternando il terzo grado di Mrs.Bunch con gli sforzi per trarre una melodia dalla ghironda.
Quella notte fece uno strano sogno. Alla fine del corridoio all'ultimo piano della casa, dove si trovava la sua camera da letto, c'era una vecchia camera da bagno in disuso. Era chiusa a chiave, ma la parte superiore della porta era di vetro e, poiché le tendine di mussola che una volta erano appese lì erano sparite da tempo, si poteva guardare dentro e vedere la vasca da bagno foderata di piombo appoggiata alla parete sul lato destro, con la testa verso la finestra.
La notte di cui sto parlando, Stephen Elliott si ritrovò, così credeva, a guardare attraverso il vetro della porta. La luna brillava attraverso la finestra mentre il ragazzo osservava una figura distesa nella vasca. La sua descrizione di ciò che vide mi ricordò quello che una volta io stesso avevo visto nei sotterranei della chiesa di san Michan a Dublino, che possedeva la terribile proprietà di preservare i cadaveri dal disfacimento per secoli. Una figura incredibilmente magra e patetica, di un color piombo polveroso, avviluppata in una specie di sudario, le labbra sottili piegate in un sorriso debole e spaventoso, le mani strettamente pressate sulla regione del cuore.


Mentre guardava, gli sembrò che da quelle labbra uscisse un remoto lamento, quasi impercettibile, e che le braccia iniziassero a muoversi. Il terrore provocato da quella vista fece indietreggiare Stephen che si svegliò per costatare che era veramente in piedi sul freddo pavimento di legno del corridoio, nel fascio di luce della luna. Con un coraggio che non penso sia comune in un ragazzo di quella età, si avvicinò alla porta del bagno per accertarsi se la figura vista in sogno fosse veramente là. Non c'era, e se ne tornò a letto.
La mattina dopo, Mrs. Bunch fu molto impressionata dalla sua storia, al punto che mise delle nuove tendine di mussola sul vetro della porta del bagno. Mr. Abney, inoltre, a cui confidò la sua esperienza a colazione, si mostrò estremamente interessato e prese appunti sull'argomento in quello che chiamava 'il suo libro'.
L'equinozio di primavera7 si stava avvicinando, come Mr. Abney ricordava spesso a suo cugino, aggiungendo che quello era sempre stato considerato dagli antichi un periodo critico per i giovani: che Stephen avrebbe fatto bene a prendersi molta cura di sé e a chiudere la finestra della sua camera di notte; e che Censorino aveva fatto preziose osservazioni sull'argomento. All'incirca in quel periodo, si verificarono due incidenti che impressionarono la mente di Stephen.
Il primo fu dopo che ebbe trascorso una notte insolitamente irrequieta e oppressiva – sebbene non riuscisse a ricordare nessun particolare sogno.
La sera successiva, Mrs. Bunch era occupata a rammendargli la camicia da notte.
Povera me, signorino Stephen!” esclamò piuttosto irritata, “come avete fatto a ridurre a brandelli in questo modo la vostra camicia da notte? Guardate un po', quanto da fare date alla povera servitù che deve stare dietro a voi a ricucire e rammendare!”
Nell'indumento c'era infatti una serie impressionante e apparentemente inspiegabile di tagli e sgraffi, che indubbiamente richiedevano un ago molto abile nel rammendo. Questi erano confinati nella parte sinistra del petto – lunghi tagli paralleli di circa quindici centimetri, alcuni dei quali non bucavano completamente il tessuto. Stephen riusciva soltanto a esprimere la sua completa ignoranza circa la loro origine: era sicuro che non erano lì la notte precedente.
Ma,” disse, “Mrs. Bunch, sono proprio uguali ai graffi sull'esterno della porta della mia camera, e sono sicuro di non avere mai avuto niente a che fare con... quelli...”
Mrs.Bunch lo fissò a bocca aperta, poi afferrò una candela, uscì dalla stanza in tutta fretta, e la sentirono salire le scale. Pochi minuti dopo scese giù.
Bene,” disse, “signorino Stephen, è una cosa strana per me come quei graffi possano trovarsi là, troppo alti perché possa averli fatti un gatto o un cane, tanto meno un topo: sembrano proprio le unghie di un cinese, come ci diceva il mio zio che commerciava in tè quando eravamo ragazze. Fossi in voi, non direi niente al padrone, signorino Stephen, mio caro; e chiudete a chiave la porta quando andate a letto.”
Lo faccio sempre, Mrs. Bunch, appena ho detto le mie preghiere.”
Ah, che bravo ragazzo: dite sempre le vostre preghiere, e non potrà accadervi niente di male.”
Detto questo, Mrs. Bunch si mise a rammendare la camicia da notte strappata, fermandosi di tanto in tanto a riflettere, finché fu ora di andare a letto. Questo succedeva un venerdì sera nel marzo del 1812.
La sera dopo, il consueto duetto formato da Stephen e Mrs. Bunch fu incrementato dall'improvviso arrivo di Mr. Parkes, il maggiordomo, che di solito stava molto sulle sue nella su stanza di servizio. Non si accorse che c'era anche Stephen: per di più, la sua parlata era agitata e meno lenta del solito.
Il padrone può prendersi da sé il suo vino, se gli va, di sera,” fu la sua prima osservazione. “O lo faccio di giorno, o niente da fare, Mrs. Bunch. Non so cosa sia, probabilmente i topi, o il vento che soffia attraverso le cantine, ma non sono giovane come una volta, e non lo sopporto più come prima.”
Beh, Mr. Parkes, sapete che Awbry Hall è il posto ideale per i topi.”
Non lo nego, Mrs. Bunch, e sicuramente ho spesso ascoltato dagli uomini del cantiere navale la storia del topo parlante. Non ci ho mai creduto prima, ma stanotte, se mi fossi umiliato fino a mettere l'orecchio alla porta del ripostiglio dei vini giù in fondo, avrei potuto sicuramente sentire quello che dicevano.”
Suvvia, Mr. Parkes, non ho pazienza per le vostre fantasticherie! Topi parlanti nel ripostiglio dei vini, che diamine!”
Non ho voglia di litigare con voi, Mrs. Bunch: dico soltanto che se decidete di andare al ripostiglio dei vini là giù, e appoggiate l'orecchio alla porta, potrete immediatamente verificare la bontà delle mie parole.”
Che sciocchezze dite, Mr. Parkes – non sta bene che un bambino le ascolti! Così spaventerete a morte il signorino Stephen.”
Cosa? Il signorino Stephen?” disse Parkes, prendendo coscienza della presenza del ragazzo. “Il signorino Stephen capisce molto bene quando scherzo con voi, Mrs. Bunch.”
In fatti, il signorino Stephen capiva fin troppo bene per credere che Parkes intendesse scherzare all'inizio. Era interessato alla situazione, non certo piacevolmente, ma tutte le sue domande non riuscirono a convincere il maggiordomo a dare un resoconto più dettagliato delle sue esperienze nella cantina dei vini.
* * * * *
Siamo ora arrivati al 24 marzo 1812. Fu un giorno di strane esperienza per Stephen: un giorno ventoso e tumultuoso, che riempì la casa e i giardini di sensazioni inquietanti. Mentre Stephen si trovava vicino allo steccato dei giardini e guardava nel parco, gli sembrò che un'infinita processione di persone invisibili stesse avanzando sotto i suoi occhi, trasportati da un vento irresistibile e incontrollabile, che lottavano in vano per fermarsi, per afferrarsi a qualcosa che potesse arrestare la loro fuga e riportarli di nuovo in contatto con il mondo dei vivi di cui avevano fatto parte. Quel giorno, dopo pranzo, Mr. Abney disse: “Stephen, ragazzo mio, pensi di poter venire da me stanotte nel mio studio, alle undici? Fino a quell'ora sarò impegnato, e vorrei mostrarti qualcosa che riguarda la tua vita futura e che è molto importante che tu conosca. Non parlarne con Mrs. Bunch né con nessun altro in casa, e faresti bene ad andare in camera tua alla solita ora.”
Ecco che qualcosa di eccitante movimentava la sua vita: Stephen afferrò volentieri l'occasione di stare in piedi fino alle undici. Quella sera, mentre saliva le scale, sbirciò attraverso la porta della biblioteca e vide un braciere, che aveva spesso notato nell'angolo della stanza, spostato davanti al fuoco, sul tavolo c'era una vecchia tazza d'argento dorato, riempita di vino rosso e vicino ad essa alcuni fogli scritti. Mr. Abney stava spargendo incenso sul braciere prendendolo da una scatola rotonda di argento quando Stephen passò, ma non sembrò sentire i suoi passi.
Il vento era cessato ed era una tranquilla notte di luna piena. Erano circa le dieci quando Stephen si affacciò alla finestra della sua camera e si mise a guardare verso la campagna. Sebbene la notte fosse tranquilla, la misteriosa popolazione dei lontani boschi illuminati dalla luna non era ancora andata a dormire. Di tanto in tanto strane urla come di viandanti smarriti e disperati risuonavano attraverso lo stagno. Potevano essere i versi dei gufi e degli uccelli acquatici, eppure non rassomigliavano a nessuno dei due. Non si stavano forse avvicinando? Ora provenivano dal lato più prossimo dello stagno, e dopo pochi minuti sembravano fluttuare sulle siepi lì intorno. Poi cessarono, ma proprio quando Stephen stava pensando di chiudere la finestra e di riprendere la lettura di Robinson Crusoe, avvistò due figure ferme sull'acciottolato che correva lungo il giardino laterale della casa – le figure di un ragazzo e di una ragazza, uno accanto all'altra, che guardavano su verso le finestre. Qualcosa nell'aspetto della ragazza gli ricordò irresistibilmente il suo sogno della figura nella vasca. Il ragazzo gli ispirava un terrore ancora più acuto.


Mentre la ragazza era lì ferma,con un mezzo sorriso e le mani strette sul cuore, il ragazzo, una figura esile, con i capelli neri e gli abiti a brandelli, sollevò le braccia in alto con un atteggiamento di minaccia, di fame insaziabile e di bramosia. La luna brillava attraverso le sue mani quasi trasparenti, e Stephen vide che le unghie erano paurosamente lunghe e che la luce vi brillava attraverso. Mentre era fermo con le mani alzate in quel modo, rivelò un terribile spettacolo. Sul lato sinistro del suo petto si apriva un taglio nero e profondo, e nella mente di Stephen, piuttosto che nelle sue orecchie, giunse l'eco di quelle grida affamate e desolate che aveva sentito risuonare sopra i boschi di Aswarby per tutta la sera. Subito dopo, quella coppia spaventosa si mosse velocemente e silenziosamente sulla ghiaia asciutta, e non li vide più.
Anche se in preda ad una paura inesprimibile, decise di prendere la candela scendere nello studio di Mr. Abney, perché era quasi giunto il momento del loro appuntamento. Lo studio, o biblioteca, si trovava su di un lato dell'ingresso principale, e Stephen, spinto dai suoi terrori, non ci mise molto ad arrivarci. Ma entrare non fu impresa facile. La porta non era chiusa, ne era sicuro, perché la chiave era all'esterno, come al solito. Bussò ripetutamente, senza ottenere risposta. Mr. Abney era impegnato: stava parlando. Cosa! Perché stava cercando di urlare? E perché l'urlo gli moriva in gola? Aveva visto anche lui i misteriosi bambini? Ma ora tutto era silenzioso, e la porta cedette alla spinta frenetica e terrorizzata di Stephen.
* * * * *
Sul tavolo dello studio di Mr. Abney furono ritrovate alcune carte che spiegarono la situazione a Stephen quando fu in età di comprenderle. Le parti più importanti sono le seguenti:
Era una credenza generalmente e fortemente sostenuta dagli antichi – della cui saggezza in queste materie ho un'esperienza tale da indurmi a porre fiducia nelle loro asserzioni – che mettendo in atto determinati processi, che per noi moderni hanno un aspetto barbarico, si può ottenere un incredibile potenziamento delle facoltà spirituali: che, per esempio, assorbendo le personalità di un certo numero di nostri simili, un individuo può conquistare una completa padronanza di quegli ordini di spiriti che controllano le forze elementari del nostro universo.
Si racconta che Simon Mago fosse capace di volare in aria, di diventare invisibile o di assumere qualunque forma volesse, per opera dell'anima di un ragazzo che, per usare l'espressione calunniosa dell'autore del Clementine Recognitions, egli aveva 'assassinato'. Inoltre ho trovato esposto con considerevoli dettagli nelle opere di Ermete Trimegisto, che risultati altrettanto felici possono essere ottenuti assorbendo i cuori di non meno di tre esseri umani che non abbiano ancora venti anni. Ho trascorso la maggior parte degli ultimi venti anni a verificare l'efficacia di questa procedura, selezionando come corpora vilia dei miei esperimenti persone che potevano essere convenientemente rimosse senza provocare un evidente vuoto nella società.
Il modo migliore per effettuare il necessario assorbimento è quello di rimuovere il cuore da un soggetto vivente, ridurlo in cenere e mescolare le ceneri con una pinta di vino rosso, preferibilmente porto. Sarà bene nascondere almeno i resti dei primi due soggetti: una stanza da bagno in disuso o un ripostiglio per i vini risulteranno adatti a tale scopo. Alcuni inconvenienti potrebbero derivare dalla parte psichica dei soggetti, che il linguaggio popolare nobilita col nome di fantasmi. Ma l'uomo di temperamento filosofico – a cui solo l'esperimento è adatto – sarà poco incline ad attribuire importanza ai deboli sforzi messi in atto da questi esseri nel tentativo di vendicarsi di lui. Contemplo con la più viva soddisfazione l'esistenza superiore ed emancipata che l'esperimento, se riuscito, mi conferirà, non solo ponendomi oltre la portata della (così detta) giustizia umana, ma eliminando in gran parte la prospettiva della morte stessa.
* * * * * 

 
Mr. Abney fu trovato nella sua sedia, la testa gettata all'indietro, il volto segnato da un'espressione di rabbia, paura e dolore mortale. Il lato sinistro era lacerato da una terribile ferita che metteva a nudo il cuore. Non c'era sangue sulle mani, e un lungo coltello posato sul tavolo era perfettamente pulito. Un gatto selvatico infuriato avrebbe potuto infliggere quelle ferite. La finestra dello studio era aperta, ed era opinione del coroner che Mr. Abney avesse incontrato la morte ad opera di una creatura selvaggia. Ma Stephen Elliott, dopo aver studiato le carte che ho citato, giunse ad una ben diversa conclusione.


FINE








1 Anna Stuart divenne regina di Inghilterra, Scozia e Irlanda l'8 marzo 1702. Morì nel 1714 senza lasciare eredi.
2 I Misteri appartengono alla storia religiosa del mondo antico come forme religiose di varia origine, ma d'un medesimo tipo, essenzialmente diverso da quello della religiosità civica, che ha carattere pubblico e collettivo, essendo orientata verso la conservazione e la prosperità dello stato, della nazione, della patria (l'al di qua), mentre i misteri mirano alla salvezza dell'uomo come individuo, e hanno principalmente carattere soteriologico ed escatologico (l'al di là).
3 L'orfismo è stato un movimento religioso sorto in Grecia presumibilmente verso il VI secolo a.C. intorno alla figura del poeta Orfeo. I due elementi fondanti delle dottrine orfiche sono:
  1. la credenza nella divinità dell'anima e quindi nella sua immortalità;
  2. da cui consegue, al fine di evitare la perdita di tale immortalità, la necessità di condurre un'intera vita di purezza.
4 Mitra è un'importantissima divinità dell'induismo e della religione persiana ed anche un dio ellenistico e romano, che fu adorata nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C. Non è chiaro quanto vi sia in comune fra questi tre culti.
5 Indirizzo filosofico sorto nella prima metà del sec. III d. C. L'appellativo di “neoplatonici” fu dato a essi dagli storiografi per denotare il carattere originale della dottrina rispetto al platonismo più antico. Nel neoplatonismo confluiscono influssi religiosi orientali e in particolare quel sincretismo egiziano mistico, astrologico, demonologico e magico che trova nell'ermetismo la sua massima sintesi.
6 Ghironda: cordofono già in uso nel 10° sec., oggi quasi scomparso, nel quale il suono è prodotto dallo sfregamento di una ruota (a manovella) sulle corde, e modificato, quanto all’altezza, dalla pressione di tasti in legno.
7 Equinozio: dal latino æquinoctium, ovvero «notte uguale» in riferimento alla durata del periodo notturno uguale a quello diurno. Gli equinozi sono due e occorrono a circa sei mesi di distanza l'uno dall'altro, più precisamente a marzo e a settembre e segnano rispettivamente l'inizio della primavera e dell'autunno.



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