Chi fa per sé fa per... tredici!
A Trial For Murder di Charels Dickens, è un racconto soprannaturale di delitto e castigo con lo spirito di un uomo assassinato che ritorna sulla terra per assicurarsi che il suo assassino venga condannato a morte. Fu scritto a quattro mani insieme a Charles Allston Collins (Londra, 25 gennaio 1828 – Londra, 9 aprile 1873), marito dell'ultima figlia di Dickens, Kate Perugini (dal nome del secondo marito). Collins fu scrittore e pittore associato alla confraternita dei Preraffaelliti e fratello minore del più famoso Wilkie Collins, considerato l'inventore del romanzo giallo e grande amico di Dickens.
A Trial For Murder di Charels Dickens, è un racconto soprannaturale di delitto e castigo con lo spirito di un uomo assassinato che ritorna sulla terra per assicurarsi che il suo assassino venga condannato a morte. Fu scritto a quattro mani insieme a Charles Allston Collins (Londra, 25 gennaio 1828 – Londra, 9 aprile 1873), marito dell'ultima figlia di Dickens, Kate Perugini (dal nome del secondo marito). Collins fu scrittore e pittore associato alla confraternita dei Preraffaelliti e fratello minore del più famoso Wilkie Collins, considerato l'inventore del romanzo giallo e grande amico di Dickens.
Ancora
una volta Dickens pone mano ad un racconto del soprannaturale, quasi
a sfidare quella “mancanza
di coraggio" dei suoi contemporanei a confrontarsi con
l'inesplicabile, come
egli denuncia nel paragrafo
introduttivo. Ma in questo
racconto si incrociano due diversi generi narrativi, da una parte
quello del
soprannaturale, dall'altra quello del courtroom thriller. La vicenda,
infatti, si svolge per buona parte nell'aula dell'Old Bailey dove
lo spettro della vittima, visibile solo al narratore, riesce a
smontare le tesi della difesa
e ad influenzare il verdetto
della giuria di cui diventa il tredicesimo giurato, in un crescendo di 'effetti speciali' fino al colpo di scena ultimo.
Processo
per omicidio
Noto anche come Cum Grano Salis, Il tredicesimo giurato, Preso con un granello di sale, Processo per omicidio
di
Charles Dickens, 1865
Ho
sempre notato una diffusa mancanza di coraggio, anche tra persone di
intelligenza e cultura superiori, quando si tratta di parlare delle
loro esperienze psicologiche se quelle sono state fuori
dall'ordinario. Quasi tutti gli uomini temono che quello che
potrebbero raccontare al proposito rischierebbe di non trovare
l'eguale o una corrispondenza nella vita interiore dell'ascoltatore,
e potrebbe dare adito a sospetto o ilarità.
Un
viaggiatore sincero, che avesse visto una qualche creatura
straordinaria sotto forma di serpente marino, non avrebbe alcuna
paura a parlarne, ma lo stesso viaggiatore, se avesse avuto un
qualche singolare presentimento, impulso, strana idea, visione
(cosiddetta), sogno, o altre notevoli esperienze mentali, esiterebbe
considerevolmente prima di ammetterlo. Attribuisco a tale reticenza
molta dell'oscurità che avvolge questi argomenti. Di solito, non
comunichiamo le nostre esperienze di carattere soggettivo come
facciamo, invece, per le nostre esperienze di natura oggettiva. La
conseguenza è che l'assortimento generale di esperienze di questo
tipo appare eccezionale, e realmente lo è, essendo esso tristemente
incompleto.
In ciò che
sto per raccontare, non ho intenzione di costruire, demolire o
supportare nessuna teoria di alcun genere. Conosco la storia del
libraio di Berlino1, ho studiato il caso della moglie del
defunto astronomo reale come è raccontata da Sir David Brewster2
e ho seguito fin nei minimi dettagli un caso ancora più notevole di
illusione spettrale accaduto nella cerchia privata dei miei amici.
Può essere necessario sottolineare in riferimento a ciò, che il
soggetto interessato (una signora) non è in nessun grado, per quanto
lontano, imparentato con me. Un'erronea convinzione al riguardo
potrebbe suggerire una spiegazione del tutto senza fondamento di una
parte del mio caso – e non solo di una parte. Esso non può essere
attribuito al fatto che io abbia ereditato una qualche spiccata
peculiarità, né ho mai avuto prima una simile esperienza, né l'ho
mai avuta dopo.
Non
ha importanza quanti anni fa, molti o pochi, è stato commesso in
Inghilterra un omicidio che abbia attratto grande attenzione.
Sentiamo parlare più che a sufficienza di assassini man mano che
raggiungono, uno dopo l'altro, la loro atroce notorietà e, se
potessi, vorrei seppellire il ricordo di questo particolare bruto
così come fu seppellito il suo corpo nella prigione di Newgate2.
Mi astengo di proposito dal fornire indizi diretti riguardo
all'identità del criminale.
Appena
l'omicidio fu scoperto, nessun sospetto cadde – o piuttosto dovrei
dire, dal momento che non posso essere troppo preciso riguardo ai
fatti, non si fece mai pubblicamente cenno che alcun sospetto fosse
caduto - sull'uomo che in seguito fu condotto a processo. Poiché
all'epoca i giornali non fecero mai riferimento a lui, è ovviamente
impossibile che all'epoca si potesse trovare nei giornali una sua
descrizione. E' essenziale ricordare questo fatto. Sfogliando a
colazione il giornale del mattino, che contenevano il resoconto di
quella prima scoperta, lo trovai profondamente interessante, e lo
lessi con la massima attenzione. Lo lessi due volte, se non tre. La
scoperta era stata fatta in una camera da letto e, quando misi giù
il giornale, ebbi la percezione di un lampo, una corrente, un flusso
- non so che termine usare – nessuna parola è sufficientemente
efficace – in cui mi sembrò di vedere quella camera da letto
passare attraverso la mia stanza, come un quadro incredibilmente
dipinto su un fiume che scorre. Sebbene passasse in modo quasi
istantaneo, era perfettamente chiaro, così chiaro che potei
osservare distintamente, e con un senso di sollievo, l'assenza del
cadavere dal letto.
Questa
curiosa sensazione non ebbe luogo in un posto romantico, ma nel mio
appartamento a Piccadilly, molto vicino all'angolo di St. James’s
Street. Era una cosa completamente nuova per me. Ero seduto nella mia
poltrona in quel momento, e quella sensazione fu accompagnata da uno
strano brivido che spostò la poltrona dal suo posto. (Ma va detto
che quella poltrona si sposta facilmente sulle sue rotelle.) Andai ad
una delle finestre (ce ne sono due nella stanza, e la stanza è al
secondo piano) per ristorarmi gli occhi con gli oggetti in movimento
giù per Piccadilly. Era una luminosa mattina autunnale, e la strada
era scintillante e allegra. C'era un forte vento. Mentre guardavo
fuori, trascinò via dal parco una quantità di foglie morte, che una
folata prese e fece girare fino a formare un'alta spirale. Quando la
spirale cadde e le foglie si dispersero, vidi due uomini sul lato
opposto della strada, che andavano da ovest verso est. Camminavano
uno dietro all'altro. Quello più avanti si girava spesso dietro. Il
secondo uomo lo seguiva, a una distanza di circa trenta passi, con la
mano destra minacciosamente alzata. Dapprima la mia attenzione fu
attratta dalla singolarità e dalla fermezza di quel gesto minaccioso
in una strada così affollata, e poi dalla ancor più incredibile
circostanza che nessuno gli prestava attenzione. I due uomini
avanzavano tra la folla che attraversava la strada con una facilità
che sarebbe stata impossibile perfino camminando su un marciapiedi, e
non una singola persona, per quello che potei vedere, si fece di
lato, li toccò o li osservò. Passando davanti alla mia finestra,
alzarono entrambi il volto per guardarmi. Vidi distintamente le loro
facce e capii che avrei potuto riconoscerli dappertutto. Non che
avessi coscientemente notato qualcosa di straordinario nelle loro
facce, se non che l'uomo che precedeva aveva un'espressione
stranamente cupa, mentre l'uomo che lo seguiva aveva il colorito
della cera impura.
Sono scapolo e il mio valletto e sua moglie costituiscono tutta la mia servitù. Lavoro in una grande banca, e vorrei che i miei impegni come capo di un dipartimento fossero leggeri come comunemente si crede. Quell'autunno mi trattennero in città, mentre avrei avuto bisogno di un cambiamento. Non ero malato, ma non stavo bene. Sta al mio lettore tenere nella giusta considerazione la mia sensazione di stanchezza, poiché sentivo su di me il deprimente peso di una vita monotona ed ero “leggermente dispeptico.” Sono stato rassicurato dal mio famoso dottore che il mio reale stato di salute a quel tempo non necessita di ulteriori ragguagli, e traggo la citazione da una sua nota scritta in risposta ad una mia richiesta di informazioni al riguardo.
Sono scapolo e il mio valletto e sua moglie costituiscono tutta la mia servitù. Lavoro in una grande banca, e vorrei che i miei impegni come capo di un dipartimento fossero leggeri come comunemente si crede. Quell'autunno mi trattennero in città, mentre avrei avuto bisogno di un cambiamento. Non ero malato, ma non stavo bene. Sta al mio lettore tenere nella giusta considerazione la mia sensazione di stanchezza, poiché sentivo su di me il deprimente peso di una vita monotona ed ero “leggermente dispeptico.” Sono stato rassicurato dal mio famoso dottore che il mio reale stato di salute a quel tempo non necessita di ulteriori ragguagli, e traggo la citazione da una sua nota scritta in risposta ad una mia richiesta di informazioni al riguardo.
Mentre
le circostanze dell'omicidio, che venivano gradualmente alla luce
catturavano ogni giorno di più il pubblico interesse, io le tenni
lontano dalla mia mente informandomi al riguardo il meno possibile
nel bel mezzo di quel putiferio generale. Ma sapevo che era stato
emesso un verdetto di omicidio volontario nei confronti del presunto
assassino e che questi era stato trasferito a Newgate per il
processo. Sapevo anche che il processo era stato posticipato ad
un'altra sessione della tribunale penale centrale, in considerazione
dell'avversa opinione pubblica e della mancanza di tempo per la
preparazione della difesa. Avrei potuto sapere inoltre, ma credo di
no, quando, o circa quando, ci sarebbe stata la sessione a cui era
stato spostato il processo.
Concorso di gente per assistere ad un'esecuzione davanti alla prigione di Newgate |
Il
mio soggiorno, la mia camera da letto e il mio spogliatoio sono tutti
sullo stesso piano. A quest'ultima stanza si può accedere solo
attraverso la camera da letto. In verità, c'è una porta, che una
volta dava sulle scale, ma una parte degli impianti del mio bagno –
ormai da molti anni – vi è stata sistemata sopra. In quello
stesso periodo, e come parte della stessa sistemazione, la porta è
stata inchiodata e intonacata. Una notte sul tardi, ero nella mia
camera da letto e stavo impartendo ordini al mio cameriere prima di
andare a dormire. La mia faccia era rivolta verso l'unica porta di
comunicazione accessibile con lo spogliatoio, che era chiusa. Il mio
cameriere dava le spalle alla porta. Mentre gli stavo parlando, la
vidi aprirsi e un uomo si affacciò dentro e con un'espressione seria
e misteriosa mi fece cenno con la mano. Era l'uomo che veniva dietro
dei due che camminavano lungo Piccadilly e che aveva la faccia del
colore della cera impura. La figura, dopo aver fatto cenno, si ritirò
e chiuse la porta. Giusto il tempo necessario ad attraversare la
stanza e aprii la porta dello spogliatoio e guardai dentro. In mano,
avevo già una candela accesa. Dentro di me non avevo nessuna
speranza di vedere quella figura nello spogliatoio, e non ce la
vidi. Consapevole del fatto che il mio cameriere era rimasto
esterrefatto, mi girai verso di lui e dissi: “Derrick, credereste
mai che io nel pieno possesso delle mie facoltà abbia creduto di
vedere un...” A questo punto, appoggiai la mia mano sul suo petto e
lui con un improvviso sussulto rabbrividì violentemente e disse: “O
Dio, sì, signore! Un uomo morto che faceva segno verso di me!”
Ora, io non credo che questo John Derrick, mio fidato e devoto
cameriere per più di venti anni, si sia minimamente reso conto di
aver visto quella figura finché non lo toccai. Il cambiamento in lui
fu così sorprendente, quando lo toccai, che sono del tutto convinto
che mutuò misteriosamente quell'impressione da me in quel preciso
momento. Ordinai a John Derrick di portare un po' di brandy e gliene
diedi un goccio, e fui felice di prenderne un po' anche io. Non gli
dissi nemmeno una parola riguardo a ciò che aveva preceduto il
fenomeno di quella notte. Riflettendoci sopra, ero assolutamente
certo di non aver mai visto quella faccia prima, eccetto quella volta
a Piccadilly. Paragonando la sua espressione di quando mi faceva
cenno dalla porta con la sua espressione di quando aveva guardato su
verso di me mentre ero alla finestra, arrivai alla conclusione che in
quella prima occasione aveva cercato di restarmi impresso nella
memoria, e che nella seconda occasione si era accertato di essere
immediatamente riconosciuto.
Quella
non fu una notte molto tranquilla per me, sebbene fossi certo, non so
perché, che quella figura non sarebbe ritornata. Appena fece giorno,
caddi in un sonno profondo, da cui fui svegliato dall'arrivo di Joh
Derrick al fianco del mio letto con una carta in mano. Quella carta,
così sembrava, era stato l'argomento di un alterco sulla porta di
casa tra l'uomo che la portava e il mio cameriere. Era la mia
convocazione a fare da giurato nell'imminente sessione del Tribunale
Penale Centrale all'Old Bailey. Non ero mai stato convocato per una
tale giuria, come John Derrick ben sapeva. Era convinto – a questo
punto non sono certo se a torto o a ragione – che quella classe di
giurati era abitualmente scelta con requisiti più bassi dei miei, e
dapprincipio aveva rifiutato di accettare la convocazione. L'uomo che
doveva consegnarla aveva preso la cosa con molto distacco. Disse che
a lui non interessava se io avessi accettato o meno di presentarmi,
quella era la convocazione, e io avrei preso la mia decisione al
riguardo a mio rischio e pericolo e non al suo. Per un giorno o due
fui indeciso se rispondere a quella chiamata o ignorarla. Non avevo
consapevolezza del benché minimo pregiudizio, influsso o
condizionamento di natura misteriosa in un senso o nell'altro. Di
questo sono assolutamente sicuro come di ogni altra affermazione che
qui vengo facendo. Alla fine decisi, come intervallo alla mia vita
monotona, che sarei andato.
La
data fissata era un rigido mattino del mese di novembre. C'era una
densa nebbia marrone a Piccadilly, che divenne decisamente nera e
assolutamente opprimente a est di Temple Bar. Trovai i corridoi e le
scale del tribunale brillantemente illuminati col gas, e anche l'aula
era rischiarata allo stesso modo. Io PENSO che non sapessi, fino al
momento in cui fui condotto dagli uscieri nell'aula del vecchio
tribunale e vidi tutta quella folla, che l'assassino dovesse essere
giudicato proprio quel giorno. Io PENSO che non sapessi, finché non
fui accompagnato nell'aula del vecchio tribunale con considerevole
difficoltà, in quale delle due sedute ero stato convocato. Ma questa
dichiarazione non deve essere data per certa, perché dentro di me io
non sono completamente convinto di nessuno delle due cose.
Mi
misi a sedere nel posto riservato ai giurati in attesa, e mi guardai
intorno come meglio potei attraverso la densa nuvola di nebbia e aria
viziata che avvolgeva l'aula. Notai il vapore nero sospeso come una
cortina scura all'esterno della grande finestra, e notai il rumore
attutito delle ruote sulla paglia o la corteccia di quercia che era
stata sparsa sulla strada; inoltre, il brusio della gente ammassata
lì dentro era attraversato occasionalmente da un fischio o una
canzone o un saluto più alti del resto. Subito dopo i giudici, due
di numero, presero posto. Il brusio nell'aula fu bruscamente zittito.
Fu dato ordine di condurre l'assassino alla sbarra. Egli fece lì la
sua comparsa. E immediatamente riconobbi in lui il primo dei due
uomini che camminava giù per Piccadilly. Se il mio nome fosse stato
chiamato in quel momento, dubito che avrebbero sentito la mia
risposta. Ma fu il sesto o il settimo della lista ad essere chiamato,
e per allora fui in grado di dire, “Presente!” Mentre entravo nel
banco dei giurati, il prigioniero, che era rimasto a guardare
attentamente, ma senza alcun segno di apprensione, si agitò
violentemente e fece cenno al suo avvocato. Il desiderio del
prigioniero di ricusarmi era così manifesto che causò una pausa,
durante la quale l'avvocato, con la mano appoggiata alla sbarra,
parlò a bassa voce col suo cliente, scuotendo la testa. In seguito
mi fu riferito da quel gentiluomo che le prime terrorizzate parole
che il prigioniero gli rivolse furono, “AD OGNI COSTO, RICUSATE
QUELL'UOMO!” Ma che ciò non fu possibile dal momento che il suo
cliente non motivò in alcun modo la sua richiesta e ammise che non
conosceva nemmeno il mio nome finché non lo aveva udito chiamare e
io mi ero presentato
Una seduta all'Old Bailey |
In ragione di quello che ho appena spiegato, che desidero cioè evitare di rivivere lo spiacevole ricordo di quell'assassino, e anche perché un dettagliato resoconto del suo lungo processo non è in alcun modo indispensabile al mio racconto, mi limiterò solamente a quegli incidenti che hanno direttamente influito su quella mia curiosa esperienza personale accaduti nei dieci giorni e le dieci notti in cui noi, la giuria, dovemmo stare insieme. E' per questo e non per l'assassino, che cerco l'interesse del mio lettore. E' per questo, e non per una pagina del calendario di Newgate, che chiedo attenzione.
Fui
scelto come presidente della giuria. Il secondo giorno del processo,
dopo che erano state raccolte testimonianze per due ore (avevo
sentito i rintocchi dell'orologio della chiesa), posando per caso lo
sguardo sugli altri giurati, trovai un'inspiegabile difficoltà nel
contarli. Li contai diverse volte, ma ogni volta con la stessa
difficoltà. In breve, ce n'era sempre uno di troppo. Toccai il
giurato vicino a me e gli sussurrai, “Fatemi il favore di
contarci.” Sembrò sorpreso da questa richiesta, ma girò la testa
e contò. “Ebbene,” disse, improvvisamente, “siamo tre… ma
no, è impossibile. No, siamo dodici.” Secondo la conta che avevo
fatto quel giorno, eravamo sempre giusti uno per uno, ma nel
complesso ce n'era sempre uno di troppo. Non c'era nessuna presenza –
nessuna figura – che lo giustificasse, ma dentro di me ora avevo il
presentimento della figura che sarebbe sicuramente arrivata.
La
giuria era ospitata alla London Tavern. Dormivamo tutti in uno
stanzone su tavolacci separati, ed eravamo costantemente sotto la
responsabilità e sotto la sorveglianza dell'ufficiale incaricato
della nostra custodia. Non vedo alcuna ragione per tacere il nome di
quell'ufficiale. Era intelligente, estremamente educato e cortese e
(come appresi con piacere) molto rispettato in città. Aveva un
aspetto gradevole, degli occhi buoni, dei favoriti neri da far
invidia, e una bella voce sonora. Il suo nome era Mr. Harker. Quando
la notte tornavamo ai nostri dodici letti, quello di Mr. Harker
veniva messo a ridosso della porta. La seconda notte del secondo
giorno, non avendo voglia di andare a dormire e vedendo Mr. Harker
seduto sul suo letto, andai a sedermi accanto a lui e gli offrii una
presa di tabacco. Come Mr. Harker toccò la mia mano nel pescare
dalla tabacchiera, uno strano brivido lo attraversò e disse, “Chi
è quello?” Seguendo lo sguardo di Mr. Harker e guardando lungo la
stanza, rividi la figura che aspettavo – il secondo dei due uomini
che camminavano giù per Piccadilly. Mi alzai, feci qualche passo,
poi mi fermai e mi girai a guardare Mr. Harker. Era del tutto sereno,
rise e mi disse con fare divertito, “Per un momento ho pensato che
avevamo un tredicesimo giurato, senza letto. Ma vedo che è la luce
della luna.” Senza rivelare niente a Mr. Harker, ma invitandolo a
fare una passeggiata con me fino all'altro capo della stanza,
osservai quello che faceva la figura. Si fermava per qualche attimo
accanto al letto degli altri undici giurati, vicino al cuscino. Si
metteva sempre sul lato destro del letto, e andava via passando
sempre dai piedi del letto. Sembrava, dal movimento della testa, che
si limitasse a guardare in modo pensieroso le figure distese. Non
prestò attenzione a me o al mio letto, che era il più vicino a
quello di Mr.Harker. Sembrò andare via da dove entrava la luce
lunare, attraverso una finestra posta in alto come su una scalinata
eterea.
La
mattina successiva a colazione, sembrava che ognuno dei presenti
avesse sognato l'uomo assassinato durante la notte, eccetto me e Mr.
Harker. Io ora ero sicuro che il secondo uomo che camminava giù per
Piccadilly era l'uomo assassinato (per così dire), come se ne fossi
stato informato dalla sua diretta testimonianza. Ma anche questo
accadde e in un modo per cui io non ero affatto preparato.
Il
quinto giorno del processo, quando la requisitoria dell'accusa stava
giungendo a termine, fu portata come prova una miniatura della
vittima, che mancava dalla sua camera da letto quando fu scoperto il
misfatto e fu poi trovata in un nascondiglio dove l'assassino era
stato visto scavare. Essendo stata identificata dal testimone sotto
esame, fu portata al banco dei giudici e da qui passata alla giuria
affinché l'esaminasse. Mentre un usciere in tonaca nera me la stava
portando, la figura del secondo uomo che camminava giù per
Piccadilly uscì impetuosamente dalla folla, prese la miniatura
all'usciere e me la diede con le sue mani, dicendo allo steso tempo,
con una voce bassa e cupa, “ERO PIÙ GIOVANE ALLORA, E IL MIO VOLTO
NON ERA ESANGUE.” Poi si mise tra me e il giurato a cui avrei
dovuto passare la miniatura, e poi tra lui e il giurato a cui questi
avrebbe dovuto darla, e in questo modo la miniatura fece il giro
della giuria e tornò nelle mie mani. Nessuno di loro, comunque, se
ne avvide.
Illustrazione per un articolo del Time del 1922 sullle regole del galateo per ricevere un fantasma |
A
tavola, e in generale quando eravamo rinchiusi tutti insieme sotto la
custodia di Mr.Harker, fin dall'inizio avevamo ovviamente discusso a
fondo i risultati della giornata. Il quindo giorno, essendosi
conclusa la requisitoria dell'accusa, e avendo di fronte a noi quella
parte del processo nella sua interezza, la nostra discussione fu più
animata e seria. Fra di noi c'era un fabbriciere – il più grosso
idiota che abbia mai visto – che confutò la prova più
schiacciante con le obbiezioni più assurde, sostenuto in questo da
due pingui parassiti parrocchiali; tutti e tre selezionati da un
distretto così tormentato dalle epidemie che essi stessi avrebbero
dovuto essere processati per cinquecento omicidi. Quando questi tre
malvagi zucconi furono al culmine della loro discussione, cioè verso
mezzanotte, mentre alcuni di noi si stavano già preparando per
andare a dormire, vidi di nuovo l'uomo assassinato. Stava dietro di
loro con un'espressione cupa e mi faceva segno. Mentre mi avvicinavo
a loro e mi univo alla conversazione, si ritirò immediatamente.
Questo fu l'inizio di differenti apparizioni, confinate a quella
lunga stanza in cui eravamo rinchiusi. Ogni volta che si formava un
capannello di giurati, vedevo la testa dell'uomo assassinato insieme
alle loro. Ogni volta che il confronto delle diverse opinioni era
contro di lui, egli mi faceva solennemente e irresistibilmente segno.
Si deve tener presente che finché non fu prodotta la miniatura, il
quinto giorno del processo, io non avevo mai visto quell'apparizione
in tribunale. Ora che iniziava la requisitoria della difesa, si
verificarono tre cambiamenti. Per incominciare, due di questi li
menzionerò insieme. La figura ora era continuamente in tribunale, e
lì non si rivolgeva mai a me, ma sempre alla persona che stava
parlando in quel momento. Per esempio: la gola dell'uomo assassinato
era stata tagliata da parte a parte. Nell'arringa iniziale della
difesa, fu suggerito che l'uomo avesse potuto tagliarsi la gola da
solo. Proprio in quel momento la figura, con la gola nelle terribili
condizioni appena dette (cosa che prima aveva nascosto), si mise a
fianco dell'oratore, facendo la mossa di tagliarsi la gola da parte a
parte, ora con la mano destra, ora con la sinistra, suggerendo
energicamente all'oratore l'impossibilità che una tale ferita fosse
stata auto inferta con una delle due mani. Ancora: una donna
chiamata a testimoniare sul carattere del prigioniero depose che
questo era la persona più amabile sulla faccia della terra. In
quello stesso istante la figura si mise proprio di fronte a lei,
guardandola in faccia, e indicando l'espressione malvagia
dell'accusato con il braccio e il dito tesi.
Il
terzo cambiamento che ora devo aggiungere mi impressionò fortemente
come il più notevole e sconcertante di tutti. Non voglio costruirci
sopra teorie, mi limiterò a descriverlo accuratamente. Sebbene
l'apparizione non fosse percepita da quelli a cui si rivolgeva, la
sua vicinanza a quelle persone era invariabilmente accompagnata da
una qualche trepidazione o disturbo da parte loro. Era come se gli
fosse impedito di rivelarsi completamente agli altri da una legge a
cui io non ero sottoposto, e che egli potesse tuttavia influenzare
misteriosamente le loro menti pur essendo invisibile e muto. Quando
il capo del collegio della difesa suggerì l'ipotesi del suicidio e
la figura si mise al fianco di quel dotto gentiluomo, segandosi
paurosamente la gola tagliata, è innegabile che l'avvocato iniziò a
farfugliare, perse per pochi secondi il filo del suo ingegnoso
discorso, si asciugò la fronte col fazzoletto e diventò
estremamente pallido. Quando la testimone fu affrontata
dall'apparizione, i suoi occhi seguirono certamente la direzione
indicata dal suo dito e indugiarono con grande incertezza e disagio
sulla faccia del prigioniero.
Due
ulteriori esempi saranno sufficienti. L'ottavo giorno del processo,
dopo la pausa che veniva fatta quotidianamente nel primo pomeriggio
per qualche minuto di riposo e ristoro, ritornai in tribunale con il
resto della giuria poco prima che rientrassero i giudici. Stando in
piedi nel nostro banco e guardandomi intorno, pensai che la figura
non fosse lì, finché, sollevando per caso gli occhi verso la
galleria, la vidi piegarsi in avanti e sporgersi sopra una signora
molto a modo, come per vederei se i giudici fossero o no rientrati al
loro posto. Subito dopo quella signora urlò, svenne e fu portata
fuori. Lo stesso accadde con il venerabile, sagace e sapiente giudice
che presiedeva il processo. Quando la discussione del caso fu
conclusa e si mise a riordinare le sue idee e le sue carte per tirare
le somme, l'uomo assassinato, entrando dalla porta dei giudici,
avanzò verso la cattedra di sua signoria, si mise alle sue spalle e
guardò con ansia le pagine di appunti che stava sfogliando. Nel
volto di sua signoria si verificò un cambiamento, le sue mani si
fermarono, quel particolare brivido, che conoscevo così bene, lo
attraversò; balbettò, “Signori, scusatemi un momento. Mi sento
alquanto oppresso dall'aria viziata;” e non si riprese finché non
ebbe bevuto un bicchiere d'acqua.
Durante
sei di quegli interminabili dieci giorni di monotonia – gli stessi
giudici e assistenti allo stesso banco, lo stesso assassino nel
banco degli imputati, gli stessi avvocati al tavolo, gli stessi toni
di voce per le domande e le risposte che risuonavano fino al soffitto
dell'aula, lo stesso scricchiolio della penna del giudice, gli stessi
uscieri che entravano e uscivano, le stesse luci accese alla stessa
ora quando avrebbe dovuto esserci la luce naturale del giorno, la
stessa cortina di nebbia fuori dalle grandi finestre quando era
nebbioso, la stessa pioggia che picchiettava e gocciava quando era
piovoso, le stesse impronte di piedi dei secondini e del prigioniero
sulla segatura, le stesse chiavi che aprivano e chiudevano le stesse
pesanti porte – per tutta questa noiosa monotonia che mi faceva
sentire come se fossi stato il presidente della giuria per
un'eternità, e che Piccadilly fosse coeva di Babilonia, la figura
dell'uomo assassinato non perse mai ai miei occhi nemmeno un po'
della sua nitidezza, né fu mai nemmeno per un momento meno nitido
di chiunque altro. Né mi guardò, dopo che fu prodotta la miniatura,
finché arrivarono gli ultimi minuti conclusivi del processo. Ci
ritirammo per deliberare, a sette minuti a mezzanotte. Lo stupido
fabbriciere e i suoi due parassiti parrocchiali ci diedero tanti
problemi che ritornammo due volte in aula per chiedere di rileggerci
alcuni estratti dagli appunti del giudice. Nove di noi non avevano il
minimo dubbio riguardo a quei passaggi, né, credo, nessun altro
nell'aula; quel triumvirato di zucconi, non avendo alcuna idea se non
quella di ostacolarci, contestava proprio per questa ragione. Alla
lunga avemmo la meglio, e finalmente ritornammo in aula a dieci
minuti dopo mezzanotte. L'uomo assassinato allora si mise proprio di
fronte al banco della giuria, sul lato opposto dell'aula. Mentre
prendevo posto, i suoi occhi mi fissarono intensamente; sembrava
soddisfatto e lentamente fece scivolare sulla testa e su tutta la
sua figura un velo che teneva sul braccio per la prima volta. Appena
pronunciai il verdetto, “Colpevole,” il velo cadde, ogni cosa
sparì e il suo posto rimase vuoto.
L'assassino,
quando gli fu chiesto dal giudice, secondo la tradizione, se aveva
niente da dire prima che fosse emessa la sentenza di morte, farfugliò
appena qualcosa che il giorno seguente fu descritto dai maggiori
giornali come “alcune incoerenti parole a casaccio appena udibili,
in cui fu inteso lamentarsi di non aver avuto un giusto processo
poiché il presidente della giuria era maldisposto nei suoi
confronti.” L'incredibile dichiarazione che fece realmente fu la
seguente: “ECCELLENZA, SAPEVO DI ESSERE UN UOMO CONDANNATO QUANDO
IL PRESIDENTE DELLA GIURIA SEDETTE AL SUO POSTO. ECCELLENZA, SAPEVO
CHE NON MI AVREBBE MAI LASCIATO ANDARE, PERCHE', PRIMA CHE FOSSI
ARRESTATO, NON SO COME VENNE VICINO AL MIO LETTO IN PIENA NOTTE, MI
SVEGLIO' E MI MISE UN CAPPIO AL COLLO.”
FINE
1
L'episodio
è narrato da Sir Walter Scott nelle sue LETTERS
on DEMONOLOGY AND WITCHCRAFT To J. G. LOCKHART, Esq. LETTER I. in
cui si attribuisce la visione di apparizioni spettrali a particolari
stati di depressione fisica e mentale.
2
David Brewster
(1781–1868), scienziato
e filosofo scozzese, sono importanti i suoi studi sull'ottica. A lui
si deve l'invenzione del caleidoscopio nel 1816.
Nelle sue
Letters
on Natural Magic,
scritte
in risposta al su citato saggio di Sir Walter Scott, discusse
l'origine naturale di vari fenomeni considerati soprannaturali come
le illusioni ottiche, le illusioni spettrali a cui si riferisce
Dickens, la lanterna magica, gli automi, l'alchimia e molto altro
ancora.
3
L'edificio originale della prigione di Newgate data al 12. secolo. Fu
ricostruito diverse volte, e nel 18. secolo divenne luogo delle
esecuzioni pubbliche. Era adiacente
al Tribunale Penale Centrale, detto Old Bailey dalla strada in cui è
sito, e venne definitivamente abbattuto nel 1902 per fare spazio
all'attuale
Tribunale Penale Centrale.
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