Buone feste a tutti
Ma non è una Christmas Carol
Il battesimo di Bloomsbury (The Bloomsbury Christening) Capitplo 11 dei "Tales" di Charles Dickens in Sketches by Boz(1839), originalmente pubblicato nel numero di aprile 1834 del The Monthly Magazine.
Protagonista del racconto è lo scapolo cinquantenne Nicodemus Dumps, (detto anche 'long Dumps' per la sua altezza) che lavora alla banca d'Inghilterra e vive in affitto in un elegante appartamento. A tutta prima sembrerebbe un tranquillo e soddisfatto 'white collar,' ma Dumps non è né l'uno né l'atro: "burbero, cadaverico, eccentrico e sgarbato," è felice solo quando gli altri sono infelici e pertanto "l'unica vera consolazione della sua vita era di
rendere infelici tutti quelli che lo circondavano." Bersaglio prediletto della sua misantropia è il nipote, Mr. Charles Kitterbell, che, manco a dirlo, è invece "un ometto secco e sparuto, con
un gran testone e un faccione sorridente e affabile," e per rendere il personaggio ancora più ridicolo, Dickens aggiunge anche lo strabismo: "cosa che rendeva praticamente
impossibile a chiunque stesse conversando con lui capire dove stesse
guardando." Al contrario dello zio, ama la compagnia, le feste, il buon cibo ed è ammogliato e in attesa del suo primogenito. Il poveretto ha l'infelice idea di chiedere allo zio di fare da padrino al nascituro. Dapprima Dumps prova a rifiutare adducendo come scusa la suscettibilità dei suoi nervi, poi, approfittando del carettere ingenuo e credulone del nipote, si diverte a terrorizzarlo con presunte storie di bambini morti prematuramente. Alla fine è costretto ad accettare non solo di fare da padrino, ma anche di partecipare al ricevimento serale, con tanto di cena per 'pochi amici' e, naturalmente, discorsi di buon augurio. Ma il giorno del battesimo sarà per Dumps un susseguirsi di circostanze avverse che metteranno a dura prova i suoi nervi: dapprima si scontrerà con un maleducato fattorino di omnibus, poi incimperà in un ubriaco molesto, infine dovrà sorbirsi le spiritosaggini degli amici di suo nipote, che sembra aver invitato mezza Londra. Davvero troppo per i nervi dell'ipocondriaco Dumps, e la vendetta non si farà attendere, cinica e spietata, secondo lo stile 'dell'uomo più infelice del mondo.'
Il misantropo e cinico Dumps è generalmente considerato il modello a cui Dickens si ispirò per creare il suo personaggio più famoso: Ebenezer Scrooge, l'indimenticabile protagonista di A Christmas Carol. Ma il giovane Dickns degli esordi sembra ancora immune dal buonismo e dal patetismo che caratterizzeranno le sue opere di maggior successo. Dumps, al contrario di Scrooge, non si pentirà delle sue cattiverie, non ci sarà nessuna catarsi finale, ma l'autore si servirà del suo punto di vista cinico e incline al sadismo, per farsi gioco delle manie di grandezza di quella piccola borghesia cittadina impersonata dai coniugi Kitterbell e dai loro amici, al punto che alla fine il lettore è portato a simpatizzare proprio con l'antipatico protagonista invece che con le vittime del suo spirito caustico.
Il misantropo e cinico Dumps è generalmente considerato il modello a cui Dickens si ispirò per creare il suo personaggio più famoso: Ebenezer Scrooge, l'indimenticabile protagonista di A Christmas Carol. Ma il giovane Dickns degli esordi sembra ancora immune dal buonismo e dal patetismo che caratterizzeranno le sue opere di maggior successo. Dumps, al contrario di Scrooge, non si pentirà delle sue cattiverie, non ci sarà nessuna catarsi finale, ma l'autore si servirà del suo punto di vista cinico e incline al sadismo, per farsi gioco delle manie di grandezza di quella piccola borghesia cittadina impersonata dai coniugi Kitterbell e dai loro amici, al punto che alla fine il lettore è portato a simpatizzare proprio con l'antipatico protagonista invece che con le vittime del suo spirito caustico.
Un po' di storia:
La parte centrale del racconto è occupata dalle dissavventure di Dumps alle prese con un maleducato fattorino di omnibus. Nonostante le prevedibili esagerazioni dickensiane, c'è da dire che non siamo distanti dalla realtà dell'epoca. Gli omnibus erano stati introdotti a Londra nel 1828 sul modello del trasporto urbano parigino, e il servizio ebbe tanto successo che sullo stesso percorso (da Paddington e Regent's Park alla City) c'erano ben 90 vetrture a contendersi i passeggeri. Dopo le proteste dei cittadini i proprietari si riunirono in un'associazione per regolare il servizio e ridurre la competizione, ma non ad eliminarla, come si vedrà. Dal 1832 gli omnibus poterono circolare liberamente anche nella city, essendo venuto meno il monopolio delle carrozze pubbliche, e il loro numero crebbe incredibilmente, i prezzi del biglietto dvennero così accessibili anche alla working class, che ora poteva permettersi di abitare lontano dai luoghi di lavoro in quartieri più salubri dei tristi slums della prima rivoluzione industriale.
Per saperne di più: London Transport Museum
Il battesimo di Bloomsbury
Charles Dickens
Mr.
Nicodemus Dumps, o, come lo chiamavano i suoi conoscenti, 'long
Dumps,' era uno scapolo cinquantenne, alto sei piedi (1,80 cm.):
burbero, cadaverico, eccentrico e sgarbato. Non era felice se non
quando era triste, ed era sempre triste quando aveva ogni motivo per
essere felice. L'unica vera consolazione della sua vita era di
rendere infelici tutti quelli che lo circondavano – allora si
poteva veramente dire che la vita gli sorrideva. Era afflitto da un
posto nella banca d'Inghilterra che gli rendeva cinquecento sterline
all'anno, e abitava in affitto in un 'primo piano ammobiliato,' a
Pentonville, che originariamente aveva preso perché si affacciava
sul lugubre panorama dell'adiacente cimitero. Aveva familiarità con
le facce di ogni tomba, e il servizio funebre sembrava suscitare la
sua più sentita partecipazione. I suoi amici dicevano che era di
sicuro uno scorbutico – lui asseriva di essere nervoso, loro lo
consideravano un fortunello, lui protestava di essere 'l'uomo più
sfortunato del mondo.' Per quanto fosse insensibile, e per quanto
dichiarasse di essere un povero infelice, non era completamente privo
di affetti. Onorava la memoria di Hoylei,
essendo egli stesso un abile e imperturbabile giocatore di whist, ed
era solito ridere compiaciuto di un avversario nervoso e impaziente.
Adorava
re Erode per il massacro degli innocenti, e se c'era una cosa che
odiava di più al mondo, erano proprio i bambini. Comunque, non si
poteva dire che odiasse qualcosa in particolare, dal momento che in
generale odiava tutto, ma forse la sua più decisa avversione era
riservata alle carrozze pubbliche, alle vecchie signore, alle porte
che non si chiudono, ai musicisti dilettanti e ai fattorini degli
omnibus. Era membro della 'Società per la soppressione del vizio'
per il piacere di far cessare ogni innocente divertimento, e
contribuiva generosamente a finanziare due pastori metodisti
itineranti, nell'amena speranza che se le circostanze avessero reso
felice qualcuno in questo mondo, costui avrebbe potuto essere reso
infelice dalla paura di quello a venire.
Mr.
Dumps aveva un nipote che era sposato da un anno, e che era in
qualche modo il preferito dello zio, poiché era un magnifico
soggetto su cui esercitare il suo potere di rendere infelice il
prossimo. Mr. Charles Kitterbell era un ometto secco e sparuto, con
un gran testone e un faccione sorridente e affabile. Sembrava un
gigante rinsecchito, a cui fossero state parzialmente ripristinate la
testa e la faccia; era anche strabico, cosa che rendeva praticamente
impossibile a chiunque stesse conversando con lui capire dove stesse
guardando. I suoi occhi sembravano fissare la parete, e invece vi
stava guardando con insistenza, insomma, non era possibile cogliere
il suo sguardo, e forse era una misericordiosa concessione della
Provvidenza che quello sguardo non potesse essere colto. Oltre a ciò,
si può aggiungere che Mr. Charles Kitterbell era una delle più
credulone e prosaiche personcine che avesse mai preso moglie e
affittato una casa a Great Russell-street, Bedford-square. (Lo zio
Dumps invece di Bedford square, preferiva le spaventose parole
'Tottenham-court-roadii.’)
“No,
ma, zio, in fede mia deve… deve promettermi che gli farà da
padrino,” Disse Mr. Kitterbell, mentre sedeva a conversare con il
suo rispettabile parente.
“Non
posso, davvero, non posso,” rispose Dumps.
“Ma
perché no? Jemima la considererà una grossa scortesia. Non è poi
un gran fastidio.”
“Non
è il fastidio che mi preoccupa,” replicò il più infelice uomo
del mondo, “ma i miei nervi sono in un tale stato… Non potrei
sopportare la cerimonia. Lo sai che non amo uscire. Per amor di Dio,
Charles, smettila di agitarti in quel modo su quello sgabello, mi fai
diventare matto.” Mr. Kitterbell, senza riguardo per i nervi dello
zio, aveva trascorso gli ultimi dieci minuti a descrivere un cerchio
sul pavimento con una gamba dello sgabello su cui era seduto, tenendo
sollevate le altre tre e aggrappandosi saldamente alla scrivania.
“Le
chiedo scusa, zio,” disse Kitterbell, evidentemente imbarazzato,
lasciando andare di colpo la sua presa sulla scrivania, e riportando
giù le tre gambe in aria, con sufficiente forza per trascinarle sul
pavimento.
“Andiamo,
non rifiuti. Se è un maschietto, lo sa, dobbiamo avere due padrini.”
“Se
è un maschietto!” disse Dumps, “ma perché non lo dici subito se
è maschio o femmina?”
“Sarei
felicissimo di dirglielo, ma è impossibile che possa azzardarmi a
dirle se è maschio o femmina se non è ancora nato.”
“Non
è ancora nato!” ripeté Dumps, con una luce di speranza sul suo
lugubre viso. “O, beh, potrebbe essere femmina, e allora non avrai
bisogno di me, ma se è un maschio, potrebbe morire prima del
battesimo.”
“Spero
di no,” disse il padre in attesa di essere tale, con aria molto
preoccupata.
“Anch'io,”
concordò Dumps, evidentemente compiaciuto dell'argomento. Stava
incominciando a divertirsi. “Spero di no, ma durante i primi due o
tre giorni di vita di un bambino i casi dolorosi sono piuttosto
frequenti: gli spasimi, mi dicono, sono estremamente comuni, e le
convulsioni sono all'ordine del giorno.”
“Buon
Dio, zio!” gemette il piccolo Kitterbell, annaspando.
“Sì,
la mia padrona di casa ha partorito – vediamo – martedì scorso,
un maschietto veramente bello. Giovedì notte la balia sedeva accanto
al fuoco col bimbo in braccio, e stava benissimo. Improvvisamente,
la faccia gli è diventata nera e terribilmente convulsa. Hanno
chiamato immediatamente il medico, ed è stato tentato ogni rimedio,
ma...”
“Spaventoso!”
lo interruppe Kitterbell terrorizzato.
“Il
bambino è morto, naturalmente. Comunque, è possibile che la tua
creatura non muoia, e se fosse un maschio, e dovesse vivere fino al
battesimo, suppongo che dovrei essere uno dei padrini.” Dumps era
evidentemente ottimista sull'affidabilità delle sue previsioni.
“Grazie,
zio,” disse il suo agitato nipote, afferrando calorosamente la sua
mano come se gli avesse reso un gran servigio. “Forse farei meglio
a non dire a Mrs. K. quello che mi ha appena raccontato.”
“Certo,
se è giù di spirito, forse faresti meglio a non far parola con lei
di questo triste caso,” replicò Dumps, che naturalmente aveva
inventato la storia di sana pianta; “anche se, forse, sarebbe tuo
dovere di marito prepararla al peggio.”
Un
paio di giorni dopo, mentre Dumps leggeva il giornale nella
steak-house che frequentava abitualmente, gli capitò sotto gli occhi
il seguente annuncio:
'Nascite:
Sabato 18, corrente mese, a Great Russell street, la consorte del
Signor Charles Kitterbell ha dato alla luce un maschietto.'
Trascorsero
sei settimane e dal momento che non aveva ricevuto alcuna
comunicazione da parte di suo nipote, Dumps stava iniziando a cullare
l'idea che il bambino fosse morto, quando la seguente missiva sciolse
dolorosamente i suoi dubbi:
‘Great
Russell-street,
lunedì mattino.
lunedì mattino.
'Caro zio, sarà felice di sapere che la mia cara Jemima ha lasciato la sua camera e che il suo futuro figlioccio sta benissimo. Dapprincipio era molto magro, ma sta acquistando peso e la balia dice che cresce di giorno in giorno. Piange molto, ed ha un colorito moto strano, cosa che ha fatto molto preoccupare Jemima e me, ma siccome la balia dice che è una cosa naturale, e siccome naturalmente noi non sappiamo ancora niente di queste cose, ci sentiamo rassicurati da ciò che dice la balia. Pensiamo che sarà un bambino vivace, perché non dorme mai.
Come può capire, siamo tutti felicissimi, solamente siamo un po' stanchi per mancanza di sonno, dal momento che ci tiene svegli tutta la notte, ma la balia dice che dobbiamo aspettarcelo per i primi sei, otto mesi. Il bambino è stato vaccinato, ma l'operazione è stata condotta in modo poco accurato, di conseguenza alcuni pezzetti di vetro sono stati introdotti nel braccio insieme al vaccino. Questo forse può in parte spiegare la sua irrequietezza, almeno così dice la balia. Abbiamo deciso di battezzarlo venerdì a mezzogiorno, nella chiesa di St. George, ad Hart street, con il nome di Frederick Charles William. La prego di non arrivare più tardi di un quarto a mezzogiorno. A sera inviteremo gli amici più stretti, e naturalmente è invitato anche lei. Sono dolente di comunicarle che il povero bambino è particolarmente irrequieto oggi, temo a causa della febbre.
In fede, caro zio, il suo affezionato, Charles Kitterbell.
P.S. Aggiungo questa nota per dirle che ho appena scoperto la causa dell'irrequietudine del piccolo Frederick. Non è la febbre, come pensavo, ma una spillina che la balia gli ha accidentalmente conficcato nella gamba ieri sera. L'abbiamo tolta e sembra più tranquillo, anche se singhiozza ancora un bel po'.
E'
del tutto superfluo dire che la lettura del suddetto interessante
massaggio non fu di grande sollievo per lo spirito dell'ipocondriaco
Dumps. Tuttavia, era impossibile rifiutare, e così fece buon viso, e
cioè il più triste possibile, a cattivo gioco, e acquistò una
bella tazza d'argento per il piccolo Kitterbell, su cui ordinò di
incidere seduta stante le iniziali ‘F. C. W. K.,’ con i soliti
svolazzi e ghirigori seguiti da un grosso punto.
Il
lunedì fu una bella giornata, il martedì fu delizioso, il mercoledì
lo stesso e il giovedì meglio di tutti gli altri: quattro giorni
consecutivi di bel tempo a Londra! I fiaccherai divennero
rivoluzionari, mentre gli scopini incominciarono a discettare
sull'esistenza di una causa primariaiii.
Il Morning Herald informò i suoi lettori che
un'anziana signora di Camden Town aveva detto che la mitezza della
stagione era 'senza precedenti a memoria dei cittadini più anziani,'
e gli impiegati di Islington, con famiglie numerose e magri salari,
dismisero le ghette nere, abbandonarono i loro vecchi ombrelli di
cotone verde e si diressero orgogliosamente in città con ai piedi
calzini bianchi e scarpe allacciate lucidate a puntino. Dumps
osservava il tutto con un atteggiamento di supremo disprezzo: il suo
trionfo era vicino.
The crossing sweeper |
Sapeva
che se fosse stato bel tempo per quattro settimane invece che per
quattro giorni, il giorno del battesimo avrebbe piovuto, era
lugubremente felice nella convinzione che venerdì sarebbe stato un
giorno terribile, e così fu. “Lo sapevo,” disse Dumps mentre
svoltava di fronte al municipio alle undici e mezza del venerdì
mattina. “Lo sapevo. Sono preoccupato, e tanto basta;” e
certamente l'aspetto della giornata era sufficiente a deprimere
spiriti molto più ottimisti del suo.
Aveva
piovuto, senza un attimo di sosta, fin dalle otto del mattino, tutti
quelli che andavano su e giù per Cheapside erano bagnati,
infreddoliti e sporchi. Ombrelli di ogni sorta, compresi quelli
dimenticati da tempo immemorabile e nascosti chissà dove, erano
stati requisiti. Le carrozze giravano come trottole, con il 'listino'
esposto dietro due tendine di cotone lucido come se fosse stato uno
di quei misteriosi quadri nei castelli di Mrs. Radcliffeiv;
Dumps si fermò, non poteva proseguire a piedi, dal momento che si
era messo elegante per il battesimo. Se avesse preso una carrozzella
era sicuro di schizzarsi, e una carrozza chiusa era troppo costosa
per la sua natura parsimoniosa. Un omnibus era in attesa all'angolo
opposto - era un caso disperato – non aveva mai sentito di un
omnibus che si rovesciasse o il cui cavallo si imbizzarrisse, e se il
fattorino lo avesse insolentito, lui era all'altezza di dargli una
bella 'lavata di testa.'
“Di
qua signore!” gridò il giovane gentiluomo che officiava come
fattorino del Giovanotto del villaggio, che era
il nome della vettura appena notata. Dumps attraversò.
“Da
questa parte, signore!” gridò il conducente del Al galoppo,
mettendo il suo veicolo di traverso a quello della concorrenza -
“Da questa parte, signore – lui è al completo.” Dumps esitò,
al che Il giovanotto del Villaggio cominciò a sciorinare una
miriade di insulti contro quelli del Al galoppo, ma il
vetturino dell'Ammiraglio Napier mise fine alla questione nel
modo più soddisfacente, per tutti, afferrando Dumps per la vita e
spingendolo nella vettura che era appena arrivata e a cui mancava
solo il sedicesimo passeggero.
“Molto
bene,” disse l' Ammiraglio, e via di corsa, come
un'autopompa al galoppo, con il cliente rapito all'interno, che si
reggeva in piedi nella posizione mezzo ripiegata di uno che sta per
cavarsi gli stivali, sbattendo di qua e di là ad ogni sussulto del
veicolo, prima da un lato e poi dall'altro, come l'Uomo verde
durante i festeggiamenti del
primo maggio quando volteggia
in senso opposto a quello della dama col ramaiolo d'ottonev.
Jack-in-the-green |
“Per
amor di Dio, dove posso sedermi?” chiese il poveretto ad un vecchio
gentiluomo, dopo essergli caduto sullo stomaco per la quarta volta.
“Dove
le pare, ma non sul mio stomaco, signore,” replicò seccamente il
vecchio gentiluomo.
“Forse
il signore starebbe meglio a cassetta,” suggerì un impiegato
d'avvocato completamente bagnato, in camicia rosa ed un sorriso
affettato.
Dopo
un bel po' di tentativi e di cadute, Dumps alla fine riuscì a
infilarsi su un sedile che,
oltre ad avere il piccolo inconveniente di trovarsi tra un finestrino
che
non si chiudeva e una porta che doveva restare aperta, lo aveva messo
a stretto contatto con un passeggero che era stato in giro tutto il
giorno senza ombrello e che
aveva l'aspetto di chi ha
trascorso la giornata in una
cisterna piena d'acqua, solo più bagnato.
“Non
sbatta la porta in quel modo,” disse Dumps al fattorino, quando
questo l'aveva chiusa dopo aver fatto scendere quattro passeggeri,
“Sono molto nervoso, e quel rumore mi distrugge.”
“I
signori hanno detto qualcosa?” rispose il fattorino, ficcando
dentro la testa e facendo lo sguardo sorpreso come se non avesse
capito la richiesta.
“Le
ho detto di non sbattere la porta in quel modo!” ripeté Dumps,
bianco in viso come il fante di bastoni, in preda ad una crisi di
nervi.
“Oh!
veda, si dà il caso, signore, che quella porta non si chiuda senza
sbattere,” rispose il vetturino, che a mo' di esempio spalancò la
porta e la richiuse con un botto terribile.
“Le
chiedo scusa, signore,” disse con voce roca un vecchio gentiluomo
tutto cerimonioso che sedeva di fronte a Dumps, “le chiedo scusa,
ha mai notato, stando seduto in un omnibus durante un giorno di
pioggia, che quattro persone su cinque arrivano sempre con grandi
ombrelli di cotone senza manico in cima o senza punta di ottone in
fondo?”
“Beh,
signore,” rispose Dumps, mentre l'orologio rintoccava le dodici,
“non ci ho mai fatto caso prima, ma ora che me lo dice… Ferma,
ferma!” gridò lo sfortunato individuo, mentre l'omnibus
oltrepassava veloce Drury lane, che era la strada dove sarebbe dovuto
scendere. “Dov'è il fattorino?”
“Credo
che sia a cassetta, signore,” disse il giovane gentiluomo in
camicia rosa che abbiamo già notato, che sembrava bianca rigata da
inchiostro rosso.
“Fatemi
scendere!” disse Dumps con una voce flebile, indebolita dagli
sforzi fatti in precedenza.
“So
io come farei scendere il fattorino,” rispose l'impiegato di
avvocato, ridacchiando.
“Ferma!”
gridò Dumps di nuovo.
“Ferma!”
gli fecero eco gli altri passeggeri. L'omnibus oltrepassò la chiesa
di St. Giles.“Frena!”
disse il fattorino, “Che mi pigliasse un accidenti se non ho
dimenticato che quel gentiluomo doveva scendere a Drury lane. Avanti,
signore, sbrigarsi, per favore,” aggiunse, aprendo la porta e
aiutando Dumps ad uscire con la massima calma, come se fosse tutto a
posto. Per una volta l'indignazione di Dumps ebbe la meglio sul suo
cinico distacco. “Drury lane!” annaspò, con la voce di un
ragazzo che prende la sua prima doccia fredda.
“Drury
lane, signore?… sì, signore, terza strada a destra, signore.”
L'ira
di Dumps era al culmine: afferrò l'ombrello e si diresse verso la
porta con la ferma intenzione di non pagare la corsa. Il fattorino,
per un'incredibile coincidenza, intratteneva un'opinione del
tutto opposta, e solo il cielo sa quanto sarebbe andato avanti
l'alterco, se il conducente non vi avesse messo abilmente fine con
una soluzione soddisfacente per tutti.
“Aspettate!”
disse quella rispettabile persona, mettendosi in piedi sulla cassetta
e appoggiandosi con un mano al tetto dell'omnibus. “Un attimo,Tom!
Dì a quel gentiluomo che dal momento che si sente danneggiato, lo
porteremo fino a Edgeware gratis, e lo lasceremo a Drury lane quando
torneremo indietro. E' un'offerta che non può rifiutare.”
L'offerta era allettante:
Dumps pagò i contestati sei pence e in un quarto d'ora era sulle
scale del numero 14 di Great Russell-street.
Omnibuslife - William Maw Egley |
Tutto
indicava che erano in corso i preparativi per il ricevimento serale
di “qualche amico.”
Erano appena arrivate due
dozzine extra di calici, e idem per i bicchieri da
vino, appoggiati su un tavolo
dell'ingresso ancora sporchi e cosparsi di pezzettini di paglia. Per
le scale c'era un intenso profumo di noce moscata e vino di porto;
dal tappeto delle scale erano state tolte le fodere,
mentre la statua di Venere sul primo pianerottolo sembrava si
vergognasse della candela a
poco prezzo nella sua mano
destra, che andava a formare un meraviglioso contrasto con i
drappeggi ricoperti di fuliggine della dea dell'amore. La cameriera
(tutta accaldata e indaffarata) condusse Dumps nel soggiorno,
elegantemente ammobiliato, con una profusione di piccoli cestini,
tappetini di carta, angioletti di porcellana, album rosa e dorati e
libricini dalle copertine multicolori cosparsi sui vari tavoli.
“Ah,
zio!” disse Mr. Kitterbell, “Come sta? Mi permetta… Jemima, mia
cara… mio zio. Penso che lei abbia già incontrato Jemima,
signore?”
“Ho
avuto il piacere,” rispose lo zione, e dal suo tono e dal
suo aspetto era difficile capire se avesse mai provato quella
sensazione in vita sua.
“Sono
certa,” disse Mrs. Kitterbell, con un sorriso languido e un
colpetto di tosse. “Sono certa… hem… che ogni amico di Charles…
hem… non di meno un parente, sia...”
“Sapevo
che
l'avresti detto, amore,” disse il piccolo Kitterbell, che
sembrava fissare la casa dall'altra parte della strada, ma in realtà
stava guardando sua moglie nella maniera più affettuosa: “Che Dio
ti benedica!” Le ultime due parole furono accompagnate da un
sorrisetto affettato e da una stretta di mano che provocarono un
travaso di bile allo zio.
“Jane,
dica alla balia di portare giù il bambino,” disse Mrs. Kitterbell,
rivolgendosi alla cameriera. Mrs. Kitterbell era una giovane signora
alta, magra, con capelli chiarissimi, e un volto incredibilmente
bianco, una di quelle giovane donne che invariabilmente, chissà
perché, richiama l'idea di un filetto di vitello freddo. La
cameriera uscì ed arrivò la balia, stringendo tra le braccia un
fagottino avvolto in una copertina blu orlata di pelliccia bianca.
Era il bambino.
“Allora,
zio,” disse Mr. Kitterbell, sollevando con aria trionfante un lembo
della copertina che copriva il volto dell'infante, “Secondo lei, a
chi rassomiglia?”
“He!
He! Sì, a chi?” disse Mrs. Kitterbell, infilando il braccio sotto
quello del marito e fissando lo zio con tutto l'interesse che era
capace di mostrare.
“Buon
Dio, com'è piccolo!” esclamò l'amabile zio, sobbalzando con ben
simulata sorpresa; “incredibilmente
piccolo.”
“Le
sembra?” chiese quel poveretto di Kitterbell, piuttosto allarmato.
“Rispetto a prima è una belva – non è vero, balia?”
“E'
un amore,” disse la balia, stringendo a sé il bambino, evitando di
rispondere – non perché si facesse scrupolo di dire una bugia, ma
perché non voleva sciupare la possibilità che Dumps le elargisse
una mezza corona.
“Bene,
ma a chi rassomiglia?” chiese il piccolo di Kitterbell.
“Davvero
non saprei dire a chi rassomiglia,” rispose, ben sapendo quale
risposta si aspettavano da lui.
“Non
crede che rassomigli a me?” chiese suo nipote con aria d'intesa.
“Assolutamente
no!” rispose Dumps, con un'enfasi che non ammetteva equivoci. “Non
ti assomiglia per niente. Oh, assolutamente no.”
“Rassomiglia
a Jemima?” chiese Kitterbell, timidamente.
“Oh,
no, per niente. Naturalmente non sono buon giudice in questa materia,
ma penso rassomigli di più a una di quelle piccole incisioni che a
volta si vedono suonare la tromba sulle lapidi!” La balia si chinò
sul bambino, e con grande difficoltà riuscì a trattenersi dal
ridere. Pa e ma avevano un'aria triste quasi quanto quella del loro
amabile zio.
“Bene!”
disse con disappunto il padre, “fra non molto potrà giudicare
meglio. Questa sera lo vedrà senza copertina.”
“Ora,
amore mio,” disse Kitterbell alla moglie, “è tempo di andare.
Incontreremo l'altro padrino e la madrina in chiesa, zio, Mr. E Mrs.
Wilson nostri dirimpettai, gente incredibilmente simpatica. Amore, ti
sei coperta bene?”
“Sì,
caro.”
“Sei
sicura che non ti serva un altro scialle?” chiese il premuroso
marito.
“No,
caro,” rispose l'affascinante madre, accettando il braccio che le
offriva Dumps, e il piccolo corteo entrò nella carrozza pubblica
che doveva portarlo in chiesa; mentre Dumps intratteneva Mrs.
Kitterbell dilungandosi ampiamente sui pericoli del morbillo, del
mughetto, dei primi dentini e altri interessanti malanni a cui sono
soggetti i bambini.
La
cerimonia (che durò circa cinque minuti) trascorse senza che
accadesse niente di particolare. Il prete doveva
pranzare fuori città, e doveva celebrare due rendimenti di grazie,
tre battesimi e un funerale in poco meno di un'ora. I padrini e la
madrina, pertanto, promisero di rinunciare al diavolo e alle sue
opere – 'e a tutto il resto' – come disse il piccolo Kitterbell –
'in men che non si dica,' e ad eccezione di Dumps che per poco non
fece cadere il bambino nel fonte battesimale al momento di porgerlo
al sacerdote, tutta la faccenda si svolse con la solita efficienza e
secondo le regole, e Dumps rientrò in banca alle due col cuore
pesante e la dolorosa consapevolezza che non poteva evitare di
partecipare al ricevimento serale.
Arrivò
la sera - e arrivarono
pure gli scarpini, le calze di seta nera e la cravatta bianca che
Dumps aveva ordinato gli venissero inoltrati,
tramite un
garzone, da Pentonville. Il
depresso padrino si vestì nell'ufficio di un amico, da cui andò
via, con il morale sotto zero, per fare a piedi la strada fino a
Great Russell street, dal momento che aveva smesso di piovere e la
serata era tutto sommato piacevole. Camminò a passo lento su per
Cheapside, Newgate street, scendendo lungo Snow hill e di nuovo su
per Holborn hill, con l'aspetto truce della polena di una nave da
guerra e trovando ad ogni passo nuovi motivi di infelicità. Mentre
stava attraversando l'angolo di Hatton garden, un uomo apparentemente
ubriaco gli andò addosso e lo avrebbe fatto cadere se non fosse
stato afferrato da un premuroso giovanotto che per caso gli passò
accanto proprio in quel momento. L'incidente scombussolò a tal punto
i nervi, e gli abiti, di Dumps, che a malapena si reggeva in piedi.
Il giovanotto lo prese sottobraccio e con grande cortesia lo
accompagnò fino a Furnival’s Inn. Dumps, per la prima volta in
vita sua, si sentì grato e gentile, e si congedò dal giovane
gentiluomo scambiando con lui reciproche espressioni di buon augurio.
“C'è
almeno qualche persona dabbene a questo mondo,” rimuginava il
misantropico Dumps, mentre procedeva verso la sua destinazione.
Toc…
toc… to-to-toc, bussò un
vetturino alla porta di Kitterbell, imitando il modo di fare del
cameriere di un gentiluomo, proprio
nel momento in cui arrivò Dumps, e dalla carrozza uscirono una
vecchia signora con un ampio cappello, un vecchio signore col
cappotto blu, e tre copie femminili della vecchia signora vestite di
rosa e con le scarpe in tinta.
“E'
un bel po'
di gente,” sospirò l'infelice padrino, asciugandosi il sudore
dalla fronte, e appoggiandosi alla ringhiera. Ci volle del
tempo prima che l'infelice potesse trovare il coraggio di bussare
alla porta, e quando ci riuscì, l'elegante persona di un
fruttivendolo del vicinato (che era stato ingaggiato come cameriere
per sette scellini e sei pence, e i cui polpacci da soli valevano
quel denaro), la lampada dell'ingresso e la Venere sul pianerottolo,
aggiunti al brusio di molte voci e al suono di un'arpa e due violini,
lo convinsero dolorosamente che i suoi timori erano fin troppo
fondati.
“Come
sta?” disse il piccolo Kitterbell, più agitato che mai,
scappando
fuori dal salottino in fondo al corridoio con un cavaturaccioli in
mano e diversi trucioli di segatura, simili ad altrettante
virgolette, sparsi sui suoi pantaloni.
“Buon
Dio!” disse Dumps, entrando nel suddetto salottino per infilarsi
gli scarpini, che aveva messo nella tasca del cappotto, e ancora più
spaventato dalla vista di sette turaccioli stappati di fresco e da un
corrispondente numero di decanter. “Quanta gente c'è di sopra?”
“O,
non più di trentacinque. Abbiamo tirato via il tappeto nel soggiorno
sul retro, mentre il piano e i tavolini per giocare a carte sono
nella sala di fronte. Jemima ha pensato che sarebbe stato meglio
cenare da seduti nel salotto sul davanti, per via dei discorsi di
buon augurio e tutto il resto. Ma, buon Dio! Zio, che le succede?”
continuò l'inarrestabile ometto, mentre Dumps, con una sola scarpa
ai piedi, si rovistava le tasche con il viso deformato da una
terribile smorfia. “Cosa ha perso? Il portafoglio?”
“No,”
rispose Dumps affondando le mani prima in una tasca e poi nell'altra,
e parlando con una voce simile a quella di Desdemonavi
con il cuscino sulla bocca.
“La
scatola dei biglietti da visita? La tabacchiera? Le chiavi di casa?”
continuò Kitterbell, snocciolando una domanda dietro l'altra con la
velocità di un fulmine.
“No!
No!” esclamò Dumps, continuando furiosamente a rovistare le sue
tasche vuote.
“Non
sarà… la tazza di cui mi ha parlato questa mattina?”
“Sì,
la tazza!”
confermò Dumps, accasciandosi sulla sedia.
“Come
è potuto succedere?” chiese Kitterbell. “E' sicuro di averla
presa?”
“S!
sì! Ora capisco tutto!” disse Dumps, tirandosi su quando l'idea
gli balenò in mente, “poveretto me
– sono nato per soffrire. Ora capisco tutto: è stato quel
giovanotto dall'aspetto gentile!”
“Mr.
Dumps!” gridò il fruttivendolo con voce stentorea, introducendo
nel soggiorno il padrino che si era alquanto rimesso un'ora dopo la
succitata esternazione. “Mr. Dumps!” tutti guardarono verso la
porta e Dumps entrò, sentendosi fuori luogo come un pesce fuor
d'acqua.
“Felice
di rivederla,” disse Mrs. Kitterbell, del tutto inconsapevole dello
smarrimento e della sofferenza dello sfortunato uomo, “mi permetta
di presentarle alcuni amici: mamma, Mr.Dmps – papà e le mie
sorelle.” Dumps strinse la mano della signora come se fosse stata
la sua propria madre, si inchinò alle giovani signore, e
contro il gentiluomo dietro di lui, e non diede nessuna
importanza al padre, che si stava inchinando incessantemente da più
di un quarto d'ora.
“Zio,”
disse il piccolo Kitterbell, dopo che Dumps era stato presentato ad
una ristretta rosa di un paio di dozzine di ospiti, “mi permetta di
accompagnarla
nell'altra stanza, per presentarle il mio amico Danton. Un givanotto
così brillante! Sono sicuro che le piacerà – da questa parte.”
Dumps lo seguì docile come un orso ammaestrato.
Mr.
Danton era un giovanotto di circa venticinque anni, con una notevole
scorta di impudenza e uno scarso assortimento di idee: aveva molto
successo, specialmente con le giovani donne dai sedici ai venticinque
anni, nessuna esclusa. Poteva imitare mirabilmente il suono del corno
francese, cantava canzoni comiche in maniera assolutamente
inimitabile e aveva la capacità di dire impertinenti smancerie alle
sue adoranti ammiratrici in modo estremamente lusinghiero. Si era
conquistato, non si sa come, la reputazione di persona di grande
spirito e, di conseguenza, ogni volta che apriva la bocca, tutti
quelli che lo conoscevano ridevano di cuore.
La
presentazione si svolse nelle dovute maniere. Mr. Danton s'inchinò
facendo volteggiare in maniera veramente comica un fazzoletto da
signora che teneva in mano. Tutti sorrisero.
“Fa
molto caldo,” disse Dumps, sentendosi in obbligo di dire qualcosa.
“Sì.
Ieri però faceva più caldo,” rispose il brillante Mr. Danton.
Risata generale.
“Ho
il grande piacere di congratularmi con lei per la sua prima
apparizione nelle vesti di padre, signore,” continuò, rivolgendosi
a Dumps - “padrino, volevo dire.” - Le signore si contorcevano
dal ridere, i signori erano in estasi.
Un
generale brusio di ammirazione interruppe la conversazione e annunciò
l'entrata della balia con il bambino. Le signorine accorsero in
massa. (Alle ragazze piacciono sempre così tanto i bambini quando
sono in pubblico).
“Oh,
che carino!” disse una.
“Com'è
dolce!” gridò un'altra.
“Celestiale!”
aggiunse una terza.
“Oh
che bei braccini!” disse una quarta, alzando un braccio e una mano
della grandezza e della forma della gamba di un uccellino spennato a
dovere.
“Da
non credere!” disse una piccola civetta con un ampio sellino, che
rassomigliava ad una litografia francese, facendo appello ad un
signore con tre panciotti - “Da non credere!”
“Davvero
incredibile,” rispose il suo ammiratore, aggiustandosi la cravatta.
“Oh,
me lo faccia prendere, balia,” gridò un'altra signorina. “Che
amore!”
“Può
aprire gli occhi, balia?” chiese un'altra, con fare del tutto
innocente. Basti dire che ogni singola ragazza giurò che fosse un
angelo, mentre le signore, per unanime consenso, dichiararono che era
decisamente il più bel bambino che avessero mai visto, eccetto il
loro.
Le
quadriglie ripresero con grande animazione. Tutti ammisero che Mr.
Danton aveva superato sé stesso, diverse signorine incantarono la
compagnia e conquistarono ammiratori cantando 'We met’—‘I saw
her at the Fancy Fair' - e altre ballate altrettanto sentimentali e
interessanti.
“I
giovanotti,” come disse Mrs. Kitterell, “erano tutti estremamente
simpatici,” le ragazze non si lasciarono sfuggire l'occasione, e la
serata prometteva di proseguire nel migliore dei modi. Dumps non se
ne curò, aveva escogitato un suo piano – per divertirsi un po' a
modo suo – ed era proprio soddisfatto! Giocò a carte e perse tutti
i punti. Mr. Danton disse che non poteva aver perso ogni punto, dal
momento che aveva tenuto il punto di perderli
tutti: ci
fu una risata generale.
Dumps
replicò con una battuta ancora migliore,
ma nessuno rise, ad eccezione dell'ospite, che sembrava considerare
suo dovere ridere di ogni cosa fino a diventare scuro in faccia. Ci
fu un solo neo – i musicisti non suonarono con
quella vivacità che tutti si sarebbero
aspettato. Il motivo,
comunque, ebbe una spiegazione esauriente, perché, secondo la
testimonianza di un signore che era venuto su da Gravesand nel
pomeriggio, sembrava che avessero suonato per tutto il giorno a bordo
di un battello a vapore senza un attimo di sosta su e giù da
Gravesand.
La
'cena servita' fu eccellente: c'erano quattro tempietti di zucchero
d'orzo sul tavolo, che avrebbero fatto la loro bella figura se non si
fossero sciolti prima che
la cena iniziasse,
c'era anche un mulino ad acqua,
il cui unico difetto fu che
invece di far girare la ruota, se ne andò in giro sulla tovaglia.
Poi c'era pollame e lingua e tartufo e dolci e insalata d'aragosta e
manzo in terrina… e ogni ben di Dio. E il piccolo Kitterbell
continuò a ordinare piatti puliti, ma i piatti puliti non
arrivarono,
e allora i signori che volevano i piatti dissero che non importava,
che sarebbero andati a prenderli per le signore, e allora Mrs.
Kitterbell applaudì la loro galanteria, mentre il fruttivendolo che
correva senza sosta pensò che i suoi sette scellini e sei pence se
li stava guadagnando duramente, e le signorine non mangiarono molto
per timore di apparire poco romantiche, mentre le signore mangiarono
a più non posso, per paura di non averne abbastanza, e si bevve vino
a profusione, e tutti chiacchierarono e risero considerevolmente.
“Zitti!
Zitti!” disse Mr. Kitterbell, alzandosi con aria molto seria.
“Amore mio (rivolgendosi alla moglie seduta all'altra estremità
del tavolo), abbi cura di Mrs. Maxwell, della tua mamma, e delle
altre signore, i signori convinceranno le signorine a riempire i
bicchieri, ne sono sicuro.”
“Signori
e signore,” disse quello spilungone di Dumps, con una voce
sepolcrale e un accento mesto, alzandosi dalla sua sedia come il
fantasma del Don Giovanni, “Volete avere la cortesia di riempire i
vostri bicchieri? Vorrei fare un brindisi.”
Seguì
un silenzio di tomba e i bicchieri furono riempiti – sembravano
tutti molto seri.
“Signori
e signore,” continuò con calma il lugubre Dumps, “Io” - (e qui
Mr. Danton imitò due note del corno francese, in una tonalità molto
acuta, cosa che innervosì l'irritabile oratore e fece ridere il suo
pubblico).
“Ordine!
Ordine!” disse il piccolo Kitterbell, sforzandosi di soffocare il
riso.
“Ordine!”
dissero gli altri signori.
“Tranquillo,
Danton,” disse un suo intimo amico dall'altra parte del tavolo.
“Signori
e signore,” riprese Dumps, che intanto si era alquanto ripreso e
non era troppo imbarazzato, perché era sempre stato un buon oratore
- “Conformemente a quello che, credo, sia la consuetudine in queste
occasioni, io, come uno dei padrini del piccolo Frederick Charles
William Kitterbell—(qui la sua voce ebbe un'esitazione, perché si
ricordò della tazza) – prendo l'iniziativa di proporre un
brindisi. Non c'è bisogno che vi dica che è la salute e la
prosperità di questo bambino, il particolare evento della sua
giovane vita che siamo tutti qui a celebrare – (applausi).
Signori
e signore, è impossibile pensare che questi nostri amici, a cui noi
tutti auguriamo ogni bene con cuore sincero, possano attraversare la
vita senza difficoltà, considerevoli sofferenze, severe afflizioni e
perdite gravose!” - A questo punto quel demonio fece una pausa e
con un gesto lento tirò fuori dalla tasca un lungo, bianco
fazzoletto – il suo esempio fu seguito da diverse signore. “Che
queste prove possano essergli risparmiate il più a lungo possibile è
la mia più sincera preghiera, il mio più fervido desiderio (si udì
chiaramente il singhiozzare della nonna). Io spero e mi auguro,
signori e signore, che il bambino il cui battesimo siamo qui riuniti
a celebrare, possa non essere prematuramente strappato dalle braccia
dei suoi genitori (furono requisiti diversi fazzoletti): che questa
giovane vita apparentemente sana, possa non essere distrutta da un
male incurabile. (Qui Dumps lanciò intorno a sé un'occhiata
sardonica, perché le signore erano in grande agitazione).
Anche
voi, ne sono sicuro, vi unirete a me nell'augurio che questo bimbo
possa vivere per essere un conforto e una benedizione per i suoi
genitori. (Giusto! Giusto!” singhiozzò Mr. Kitterbell.) Ma se così
non fosse – se col tempo egli dovesse dimenticare i suoi doveri
verso i genitori - allora essi proverebbero a loro spese questa amara
verità, 'l'ingratitudine di un figlio fa più male del morso di un
serpente*.'”
Non
è necessario aggiungere che questo episodio pose termine all'armonia
della serata. Aceto, sali di ammoniaca, acqua fredda furono adesso
richiesti quanto in precedenza lo erano stati vino speziato, dolcetti
e bon-bons. Mrs. Kitterell fu immediatamente accompagnata in camera
sua, i musicisti furono silenziati, i corteggiamenti cessarono e la
comitiva lentamente si sciolse. Dumps se ne andò all'inizio del
trambusto, e camminò verso casa con passo leggero e (per lui) cuor
contento. La padrona di casa, che dormiva nella stanza accanto, era
pronta a giurare di averlo sentito ridere, nel suo caratteristico
modo, dopo aver chiuso la porta. Questa affermazione, comunque, è
così improbabile e così palesemente inverosimile che fino ad oggi
non ha ottenuto alcun credito.
La
famiglia di Mr. Kitterbell è considerevolmente cresciuta dal momento
a cui ci siamo riferiti, adesso ha due figli e una figlia e poiché
fra breve si aspetta di accrescere ancora una volta la sua florida
progenie, è ansioso di assicurarsi un padrino idoneo all'occasione.
Egli è determinato, comunque, ad imporgli due condizioni. Deve
impegnarsi, con solenne giuramento, a non fare discorsi dopo cena ed
è indispensabile che non sia in alcun modo legato 'all'uomo più
sfortunato del mondo.'
FINE
i
Edmond Hoyle (1672–1769), scrittore inglese sui giochi di
carte.
ii Tottenham
Court Road è un'importante strada situata nel centro di Londra.
La strada aveva una connotazione negativa a causa di un incidente
accaduto alcuni anni prima della pubblicazione del racconto: nel
1814 un birrificio sito nella strada fu oggetto di un grave
incidente noto come London Beer Flood, con lo sversamento di circa
un milione e mezzo di litri di birra che danneggiò le abitazioni
vicine e uccise almeno otto persone
iii In
filosofia,
l'essere
autocostituito (i.e.
Dio)
a cui fa capo la
catena degli eventi.
Il termine fu usato
dai pensatori
greci e fu poi adottato dalla tradizione giudaico-cristiana.
iv Ann
Ward, nota come Ann
Radcliffe
(Holborn, 9 luglio 1764 – Holborn, 7 febbraio 1823), è stata una
popolare scrittrice inglese, vera e propria pioniera della
letteratura horror e in particolare del romanzo gotico.
v 'Jack-in-the-Green' era un personaggio delle celebrazioni del primo maggio. Ha radici molto antiche, forse celtiche, e dal medio evo in poi fu associato alla gilda degli spazzacamini. E' rappresentato da un uomo nascosto in una struttura conica ricoperta di fogliame. Era accompagnato da musici e altri personaggi tra cui il re e lla regina, o la dama col mestolo, (che serviva per raccogliere le offerte del pubblico) che gli danzavano intorno muovendosi in senso opposto al suo.
vi Protagonista
femminile dell'Otello di Shakespeare, che muore per mano del
marito geloso.
vii Re Lear atto I scena 4
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