martedì 18 febbraio 2020

Il bullo del villaggio

Sfida infernale




Nel 1851 il Dublin University Magazine pubblicò "Ghost Stories of Chapelizod": una raccolta di tre racconti - The Village Bully (Il bullo del villaggio), The Sexton's Adventure (L’avventura del sagrestano), e The Spectre Lovers (Gli amanti spettrali) ambientati nel villaggio suburbano di Chapelizod, nei pressi di Dublino
 
Nel breve prologo che fa da introduzione alle storie, Le Fanu ci introduce alla natura spettrale dei suoi racconti con l’ironico corollario che, così come non c’è un vecchio formaggio senza vermi o una vecchia casa senza topi, non può esistere nessun antico villaggio, ormai in decadenza, che non abbia le sue storie di terrore. Proprio come Chapelizod, che una volta era stato un villaggio prospero e animato, poi ridotto ad uno sparuto gruppo di case, dove rimanevano solo poche tracce delle antiche glorie a contribuire a quell’aura di ‘melancholy picturesqueness’ che tanto aveva affascinato l’autore.
Con le sue storie, Le Fanu richiama dall’oblio gli abitanti del villaggio, le loro semplici vite, le loro gioie e i loro dolori, le loro ingenuità e le loro malvagità, i loro vizi e le loro virtù.

Protagonista del primo racconto - TheVillage Bully (Il bullo del villaggio) – è Larkin detto il bullo, a causa del suo carattere vile e prepotente. Dotato di grande prestanza fisica e notevole abilità pugilistica, si diverte a provocare gli uomini del villaggio, in particolare quelli più deboli e inesperti di lui, al solo scopo di umiliarli e seminare il terrore tra i suoi compaesani. Ma la violenza del bruto sarà particolarmente feroce nei confronti del giovane e inesperto ‘Long Ned’ Moran, suo involontario rivale in amore, che morirà in seguito ai colpi ricevuti durante un combattimento istigato ad arte e portato a termine con fredda determinazione omicida. Ma tre anni dopo il fantasma del giovane ritornerà ad esigere la sua vendetta infliggendo al suo aguzzino le stesse pene da lui subite e sfidandolo ad un match all'inferno.


Il racconto è contenuto in questa interessante antologia di storie horror:
 "Le Più Belle Storie di Fantasmi", Gianni Pilo a cura di, Newton e Compton Editori, 2001



Il bullo del villaggio

di
Sheridan le Fanu




Circa trenta anni fa, nella città di Chapelizod viveva un uomo malvagio provvisto di una forza esrculea, ben noto in tutto il vicinato con l’appellativo di Larkin il bullo. Oltre alla sua notevole superiorità fisica, aveva acquisito una particolare abilità come pugile, cosa che da sola sarebbe bastata a renderlo un formidabile avversario. Stando così le cose, era diventato il tiranno del villaggio, e non reggeva lo scettro invano. Conscio della sua superiorità, e sicuro dell’impunità, spadroneggiava sui suoi compaesani con una prepotenza vile e brutale, che lo aveva reso molto più profondamente odiato di quanto non fosse temuto.

In più di un’occasione aveva deliberatamente provocato litigi con uomini che aveva scelto al solo scopo di esibire la sua selvaggia potenza, e in ogni incontro il suo surclassato antagonista riceveva una ‘punizione’ di un’entità tale da intimorire e terrorizzare gli spettatori, e in alcuni casi si lasciava dietro cicatrici indelebili e ferite durevoli.
Il fegato di Larkin il bullo non era mai stato messo alla prova lealmente. Perché, grazie alla sua prodigiosa superirità in termini di peso, forza e abilità, le sue vittorie erano sempre state certe e facili, mentre la sua litigiosità e la sua insolenza crescevano in proporzione alla facilità con cui puntualmente sopraffaceva i suoi avversari. In tal modo divenne un’odiosa molestia in tutto il vicinato e il terrore di ogni madre che avsse un figlio e di ogni moglie che avesse un marito con un carattere suscettibile alle offese o con un minimo di fiducia nelle proprie abilità pugilistiche.


Ora accadde che all’epoca vivesse in città un giovanotto di nome Ned Moran, meglio conosciuto con il soprannome di ‘Ned il lungo,’ a causa della sua figura magra e slanciata. In verità era appena un ragazzo di diciannove anni e di ben dodici anni più giovane del forzuto attaccabrighe. Questo, comunque, come il lettore potrà constatare, non gli garantì alcuna esenzione dalle vili provocazioni del malvagio pugile. Ned il lungo, purtroppo per lui, aveva fatto gli occhi dolci ad una certa prosperosa damigella che si mostrò incline a ricambiarli, nonostante l’amorosa rivalità di Larkin il bullo.
Non c’è bisogno di dire come facilmente la scintilla della gelosia, una volta accesa, deflagri in una fiamma e come, di conseguenza, esploda in atti violenti e oltragiosi in una natura rozza e incontrollata.
Il bullo’ attese il momento opportuno e fece in modo di attirare Ned Moran, mentre beveva in un pub insieme ad un gruppo di amici, in una lite durante la quale non mancò di rivolgere al suo avversario insulti tali che nessun uomo potrebbe sopportare. Ned il lungo, sebbene fosse una persona semplice e di buon carattere, non mancava certo di coraggio, e replicò con un tono di sfida che intimorì i più timidi e diede al suo avversario l’opportunità che andava cercando.
Larkin il bullo sfidò l’eroico giovane, il cui bel volto egli aveva in cuor suo consegnato alla massacrante e sanguinaria disciplina che era tanto abile ad amministrare. La lite, che aveva deliberatamente provocato, mascherò in parte il risentimento e la malvagia premeditazione che aveva ispirato le sue azioni, e Ned il lungo, pieno com’era di giusta ira e punch al whiskey1, accettò di misurarsi in battaglia. Tutta la comitiva, accompagnata da una folla di ragazzini e sfaccendati e, per farla breve, da tutti quelli che potettero assentarsi per un attimo dalle loro consuete attività, procedette in lenta processione attraverso le vecchia porta del Phoenix Park2 e, salendo lungo la collina che sovrastava la città, fu scelta una radura pianeggiante vicino alla sommità come luogo su cui decidere le sorti della lite.
I combattenti si spogliarono e anche un bambino avrebbe potuto capire quanto fossero disperate le probabilità di vincere del povero Ned Moran: bastava osservare il contrasto fra il fisico lungo e magro del ragazzo e la complessione muscolare e massiccia del suo più anziano antagonista.
Furono nominati i ‘secondi’ e i loro aiutanti3 – selezionati, naturalmente, tra coloro che amavano la boxe – e la lotta cominciò.
Non voglio impressionare I miei lettori con la descrizione della macelleria a sangue freddo che ne seguì. Il risultato del combattimento fu quello che chiunque avrebbe potuto prevedere. All’undicesimo round il povero Ned rifiutò di ‘gettare la spugna,’ mentre il muscoloso pugilatore, indenne e col vento a favore e livido in volto per un desiderio di vendetta intenso e non ancora placato, ebbe la soddisfazione di vedere il suo avversario seduto sulle ginocchia del secondo, incapace di sollevare la testa, con il braccio sinistro inutilizzabile, la faccia ridotta ad una massa informe, gonfia e sanguinolenta, il petto pieno di cicatrici sanguinanti e tutto il copo che tremava e ansimava per la rabbia e lo sfinimento.
Arrenditi, Ned, ragazzo mio,” gridò più di uno fra il pubblico.
Mai, mai,” gridò il poveretto, con voce roca e soffocata.
Terminato l’intervallo, il suo secondo lo rimise in piedi. Accecato dal suo stesso sangue, ansimando e barcollando, non era altro che un indifeso bersaglio per i colpi del suo valente avversario. Era chiaro a tutti che sarebbe bastato un solo colpo per buttarlo a terra.
Ma Larkin non aveva alcuna intenzione di lasciarlo andar via così facilmente. Chiuse con lui senza sferrare il colpo decisivo (l’effetto del quale, se portato a segno prematuramente, sarebbe stato quello di stenderlo a terra immediatamente ponendo in tal modo fine al combattimento), mise la sua testa martoriata e quasi senza sensi sotto il braccio, stretta in quella particolare ‘mossa’ meglio conosciuta con l’elegante eufemismo di ‘chancery,’4 e lo tenne fermo mentregli riempiva la faccia di pugni con colpi monotoni e brutali. Dalla folla si udì gridare “vergogna,” perché era chiaro che il ragazzo aveva perso i sensi ed era supportato soltanto dal braccio erculeo del bruto. Il round e l’incontro finirono quando Lurkin lo scaraventò a terra, e allo stesso tempo si gettò su di lui schiacciandogli il petto con il ginocchio.

Il bullo si rimise in piedi, ma Ned rimase disteso immobile sull’erba. Fu impossibile farlo stare sulle gambe per un altro round. Così fu trasportato giù, come si trovava, fino allo stagno che allora si trovava vicino alla vecchia porta del parco, e lì gli lavarono la testa e il corpo. Contrariamente a quello che tutti credevano, non era morto. Lo portarono a casa e dopo qualche mese si riprese alquanto, Ma non riuscì più a tenere la testa eretta, e prima che l’anno finisse morì di consunzione. Nessuno dubitò di come il male fosse stato originato, ma non c’erano prove certe per collegare causa ed effetto, e quel furfante di Larkin sfuggì alla vendetta della legge.
Dopo la morte di Ned il lungo, divenne meno litigioso di prima, ma più scontroso e riservato. Alcuni dicevano che “se l’era presa a cuore,” e altri, che non aveva la coscienza tranquilla. Sia come sia, comunque, la sua salute non soffrì a causa dei suoi presunti turbamenti, nè la sua prosperità materiale fu minimamente toccata dalle furibondi maledizioni con cui lo perseguitava l’escerbata madre del povero Moran, al contrario, la sua posizione era piuttosto migliorata e ottenne un impiego regolare e ben remnerato dal giardiniere del Primo Segretario, dall’altra parte del parco. Viveva ancora a Chapelizod, dove, alla fine della sua giornata di lavoro, era solito ritornare attraverso il parco.
Fu circa tre anni dopo la disgrazia che vi ho narrato, che una notte di fine autunno, contrariamente alle sue abitudini, Larkin non si fece vedere nella casa in cui alloggiava, né era stato visto, durante la sera, in alcun altro luogo del villaggio. L’orario in cui ritornava era sempre stato così regolare che la sua assenza suscitò molta sorpresa ma, naturalmente, nessun allarme e, alla solita ora, la casa fu chiusa per la notte e l’inquilino assente fu affidato alla misericordia degli elementi e alla cura della sua buona stella. Il mattino presto, comunque, fu trovato che giaceva in uno stato di assoluta incoscienza sul lato della collina prospiciente la porta di Chapelizod. Era stato colpito da un attacco apoplettico: il suo lato destro era morto, e trascorsero molte settimane prima che recuperasse la parola in maniera sufficiente a farsi capire.
Larkin, allora, fece il seguente racconto: pare che si fosse trattenuto più a lungo del solito e che le tenebre fossero scese prima che iniziasse a prendere la strada di casa attraverso il parco. Era una notte di luna piena, ma masse di nuvole temporalesche si muovevano lentamente nel cielo. Non aveva incontrato anima viva e non si sentiva altro suono se non il fruscio sordo del vento attraverso i cespugli e le cavità degli alberi. Questi suoni selvaggi e monotoni, insieme all’assoluta solitudine che lo circondava, non suscitavano, comunque, nessuna di quelle sgradevoli sensazioni che vengono attribuite alla superstizione, sebbene disse che si era sentito depresso o, a parole sue, ‘malinconico.’
Ma mentre attraversava la sommità della collina che sovrasta la città di Capelizod, la luna fece capolino tra le nuvole e brillò luminosa per qualche istante e il suo sguardo, che in quel momento vagava tra le ombre del cimitero ai piedi della collina, fu attratto dalla vista di una figura umana che, con la fretta di chi viene inseguito, stava scavalcando il muro del cimitero, correndo su per la salita proprio nella sua direzione. Gli vennero in mente storie di ‘resurrezionisti5,’ mentre osservava quella figura dall’aspetto sinistro. Ma poi, con una specie di terrificante istinto che non riusciva a spiegare, incominciò a rendersi conto che quella figura che stava correndo dirigeva i suoi passi, con intenzioni sinistre, proprio verso di lui.

Churchyard with a Ruined Chapel- John Teasdale,  1848–1926


Era la sagoma di un uomo con addosso una giacca sbottonata che si tolse mentre correva e che poi, per quello che Luarkin riusciva a vedere, dal momento che la luna era di nuovo coperta dalle nuvole, gettò via. La figura avanzò in quella guisa finchè giunse ad una trentina di metri da lui, quì smise di correre e gli si avvicinò con passo felpato e spavaldo. La luna brillò di nuovo in tutto il suo splendore e, buon Dio! quale spaettacolo gli si parò dinanazi? Egli vide in maniera chiara e distinta, come se si fosse presentato là in carne ed ossa, Ned Moran, in persona, che si era denudato dalla cintola in su, come per un combattimento pugilistico, e che gli si avvicinava in silenzio. Larkin avrebbe voluto gridare, pregare, bestemmiare, fuggirsene attraverso il parco, ma era assolutamente privo di forze. L’apparizione si fermò a pochi passi e gli rivolse uno sguardo malevolo con la terrificante espressione di sfida con cui i pugili provano ad intimidire l’avversario prima del combattimento. Per un attimo, che gli sembrò eterno, egli fu prigioniero dell’incantesimo di quello sguardo ultraterreno e alla fine quella cosa, qulunque fosse, gli si avvicinò con spavalderia protendendo verso di lui il palmo delle mani. Preso da un impeto di orrore, Larkin allungò le mani nel tentativo di allontanare quella figura e i loro palmi si toccarono – almeno, così credette – perché il brivido di una inspiegabile agonia , correndo attraverso il braccio, gli pervase tutto il corpo, e cadde a terra privo di sensi.
Sebbene Larkin vivesse ancora molti anni, la sua punizione fu terribile. Era stato irrimediabilmente menomato, ed essendo inabile al lavoro, fu costretto, per sopravvivere, a chiedere la carità di coloro che una volta lo avevano temuto e adulato. Le sue sofferenze, poi, erano accresciute dalla sua terribile interpretazione di quell’incontro soprannaturale che era stato all’origine di tutte le sue disgrazie. Era impresa vana tentare di scuotere la sua fede nella veridicità di quell’apparizione e altrettanto inutile, come alcuni fecero compassionevolmente, cercare di persuaderlo che il saluto con cui quella visione era terminata, pur avendogli inflitto una temporanea sofferenza, stava a significare una riconciliazione riparatoria.
"No, no," era solito dire, “non è così. So fin troppo bene cosa vuol dire: è una sfida ad incontrarmi con lui all’altro mondo – all’inferno, dove sto per andare – questo è il significato e niente altro.”
E così, infelice e rifiutando ogni conforto, visse ancora per qualche anno e poi morì e fu seppellito nello stesso piccolo cimitero che custodiva i resti mortali della sua vittma.
Non c’è bisogno di dire, quanto fosse assoluta la fede degli onesti compaesani, al tempo in cui la storia mi fu narrata, nella veridicità di quella apparizione soprannaturale che, attraverso i portali del terrore, della malattia e dell’infelicità, aveva richiamato Larkin il bullo alla sua dimora eterna e, inoltre, tutto era accaduto proprio nel luogo dove egli aveva portato a segno il più ignobile trionfo della sua condotta violenta e vendicativa.


FINE



1- Bevanda a base di whiskey acqua calda e zucchero
2- Phoenix Park, è un grande parco situato a 3 km a nord-ovest del centro di Dublino. Ricco di prati e viali alberati, esteso 712 ettari, è delimitato da una cinta muraria di 16 km di perimetro.
3- Nell'originale: "Seconds" and "bottle-holders" I secondi avevano l'incarico di accudire il pugile durante gli intervalli, facendolo sedere sulle loro ginocchia, ristorandolo con il cordiale custodito dai portatori di bottiglie.
4- In chancery: è la corte di giustizia. Si riferisce alla presa del wrestling in cui la testa di un combattente è imprigionata sotto il braccio dell'avversario.
5- Resurrection men: termine ironico che indicava i ladri di cadaveri da vendere agli anatomisti. Vedi racconto di Stevenson 'IL LADRO DI CADAVERI'
.'
 

Nessun commento:

Posta un commento