La valle addormentata
La storia si svolge all'incirca nel 1787, pochi anni dopo la fine della rivoluzione americana, nella colonia olandese di Tarrytown (nel 1997 North Tarrytown è stata ribattezzata Sleepy Hollow, Contea di Westchester, New York, Stati Uniti) presso una valle isolata chiamata Sleepy Hollow (ovvero Valle addormentata) “...a causa dell’indolente quiete del posto e del singolare carattere dei suoi abitanti.” Ma cosa c’è di così singolare nel carattere di questi laboriosi contadini olandesi? “Essi sono inclini ad ogni genere di credenze soprannaturali, sono soggetti a trance e visioni e vedono spesso strane apparizioni e odono musiche e voci nell’aria.” Il capo di questa schiera di spiriti è il fantasma del cavaliere senza testa, o l’assiano al galoppo, ovvero il fantasma di un soldato tedesco decapitato da una palla di cannone durante la Rivoluzione e che ogni notte attraversa la valle al galoppo. L’eroe della storia, tuttavia, è Ichabod Crane, il maestro della scuola di campagna, secco e allampanato e sempre affamato, che ha messo gli occhi sulla bella Katrina Van Tassel, e sulla ricca fattoria paterna. Anch’egli subisce l’influenza della valle ed è affamato di soprannaturale quanto di cibo. Egli incarna perfettamente lo spirito della nuova nazione, sempre in movimento e alla conquista di nuove frontiere perse nel nulla di una natura selvaggia e spesso ostile, in contrapposizione con lo spirito sedentario dei coloni olandesi, felici e soddisfatti del benessere e della tranquillità della loro vita fatta di lavoro e di relazioni personali.
Come in ogni storia romantica che si rispetti, il nostro innamorato dovrà vedersela con un temibile avversario, il famigerato Brom Bones, ragazzone olandese, più scavezzacollo che cattivo, che ama gli scherzi e la bella Katrina. Chi avrà la meglio: il maestro con le sue pretese di raffinatezza cittadina, o l’irruento Brom Bones?
👻La storia ha ispirato cinema, televisione, teatro, musica, – leggera e non – cartoni animati, – da Walt Disney ai Puffi – e persino i Lego.
👀La versione cinematografica più famosa è quella del regista Tim Burton (1999), interpretato dal fascinoso Johnny Depp, che trasforma il racconto in una cupa trama gotica e l’allampanato maestro in un abile detective chiamato ad investigate su alcuni misteriosi omicidi – con buona pace dell’ironia che caratterizza l’originale.
La leggenda di Sleepy Hollow
di
Washington Irving
(Trovato
tra le carte del defunto Diedrich Knickerbocker)
Era una terra di piaceri intorpiditi di sogni ondeggianti davanti agli occhi semichiusi e di allegri castelli tra le nuvole che passano per sempre arrossando un cielo estivo. Thomson1
The Tappan Zee - Albert Bierstadt, 1866
Nel cuore di una di quelle ampie baie che frastagliano la riva occidentale dell’Hudson, in quella vasta ansa del fiume denominata Tappan Zee2 dai navigatori olandesi, che ammainavano prudentemente le vele e imploravano la protezione di san Nicola quando dovevano attraversarla, si trova una piccola città commerciale, o porto rurale, che alcuni chiamano Greensburgh, ma che è generalmente e più propriamente conosciuta col nome di Terry Town3. Questo nome le era stato dato, ci hanno detto, nei tempi andati dalle buone massaie della vicina campagna, a causa dell’inveterata propensione dei loro mariti ad intrattenersi nella taverna del villaggio nei giorni di mercato. Sia come sia, non garantisco per questo fatto, semplicemente lo cito per amore della precisione e dell’autenticità. Non lontano da questo villaggio, a circa due miglia, giace una piccola valle o meglio una radura tra le alte colline, che è uno dei posti più tranquilli al mondo. E’ attraversata da un ruscelletto, con un mormorio sufficiente appena a favorire il sonno, e il fischio occasionale di una quaglia o il ticchettio di un picchio sono quasi gli unici suoni che interrompono questa uniforme tranquillità.
Mi ricordo che, da ragazzo, la mia prima avventura come cacciatore di scoiattoli fu in un boschetto di alti alberi di noci che ombreggiavano un lato della valle. Mi ci ero addentrato che era mezzogiorno, quando tutta la natura è particolarmente tranquilla, e sobbalzai al rombo del mio stesso fucile quando questo squarciò la tranquillità festiva del posto, prolungato e riverberato da rabbiosi echi. Se mai dovessi desiderare un luogo dove rifugiarmi dal mondo e dalle sue distrazioni, e trascorrervi sognando in tranquillità ciò che resta di una vita turbolenta, non ne conosco uno più promettente di questa piccola valle.
A causa dell’indolente quiete del posto e del singolare carattere dei suoi abitanti, che sono i discendenti dei primi coloni olandesi, questa valle isolata è stata a lungo conosciuta con il nome di SLEEPY HOLLOW4, e i suoi rustici abitanti sono chiamati i ragazzi di SLEEPY HOLLOW in tutta la campagna circostante. Una pigra, sognante influenza sembra aleggiare su quella terra e pervadere la sua stessa aria. Alcuni dicono che il posto fu stregato da un esimio dottore tedesco, durante i primi giorni della colonizzazione; altri che un vecchio capo indiano, il profeta o lo stregone della sua tribù, era solito celebrare i suoi rituali là, prima che la regione fosse scoperta da mastro Hendrick Hudson5.
Certo è, che il posto continua ancora ad essere sotto l’influenza di un potere magico, che ha lanciato un incantesimo sulla mente di quella brava gente e li fa andare in giro in preda a perpetue fantasticherie. Sono inclini ad ogni genere di credenze soprannaturali, sono soggetti a trance e visioni e vedono spesso strane apparizioni e odono musiche e voci nell’aria. Tutto il vicinato abbonda di leggende locali, luoghi infestati e oscure superstizioni; stelle cadenti e meteore fiammeggianti attraversano la valle più spesso di ogni altra parte del paese e l’incubo6, con tutto il suo corteo di demoni, sembra averla eletta a scenario prediletto di tutte le sue scorrerie. Lo spirito dominante, comunque, che infesta questa regione incantata e sembra essere il comandante in capo di tutte le forze dell’aria, è l’apparizione di una figura a cavallo, senza la testa. Alcuni dicono che sia il fantasma di un soldato della cavalleria dell’Assia7, la cui testa era stata portata via da una palla di cannone, in una qualche battaglia durante la rivoluzione, e che i contadini vedono spesso galoppare nell’ombra della notte, come sulle ali del vento. Le sue scorrerie non sono confinate alla valle, ma a volte si spingono alle strade adiacenti, specialmente nelle vicinanze di una chiesa non troppo distante. In effetti, alcuni dei più attendibili storici di quei luoghi, che sono stati scrupolosi nel raccogliere e mettere insieme i vaghi racconti concernenti questo spettro, sostengono che il corpo del soldato sia stato seppellito nella chiesa e che il fantasma cavalchi verso la scena della battaglia alla ricerca della sua testa e che la folle velocità con cui a volte attraversa la valle, simile ad un turbine notturno, sia dovuta al fatto di essersi attardato e all’urgenza di ritornare alla chiesa prima dell’alba. Tale è il senso generale di questa leggendaria superstizione, che ha fornito materiali per numerose storie soprannaturali in quella regione di ombre e lo spettro è ben noto presso tutti i focolari del paese con il nome di cavaliere senza testa di Sleepy Hollow.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
E’ cosa rimarchevole che l’attitudine visionaria che ho descritto non sia confinata agli abitanti nativi della valle, ma è inconsciamente assorbita da chiunque risieda là per qualche tempo. Per quanto possano essere stati ben svegli prima di entrare in quella regione sonnolenta, di sicuro, in breve tempo, inaleranno l’influenza magica che è nell’aria e inizieranno ad avere fantasie, ad essere sognatori e ad avere apparizioni. Mi riferisco a questo luogo pacifico con ogni possibile encomio, perché è proprio in queste piccole valli olandesi isolate dal resto del mondo, sparse in giro per il grande stato di New York, che popolazione, modi di fare e usanze restano immutati, mentre il grande torrente della migrazione e del progresso, che sta apportando continui cambiamenti in altre parti di questo irrequieto paese, gli scorre accanto inosservato. Rassomigliano a quelle piccole pozze di acqua stagnante, che si trovano ai lati di un irruento corso d’acqua, dove possiamo vedere la pagliuzza e la bolla d’aria galleggiare pigramente, o muoversi lentamente intorno al loro porticciolo, indisturbate dall’impeto della corrente che gli passa a fianco. Sebbene siano trascorsi molti anni dall’ultima volta che ho camminato nelle sonnolente ombre di Sleepy Hollow, mi chiedo se non vi troverei ancora gli stessi alberi e le stesse famiglie a vegetare nel suo seno protettivo.
In questo posto, per sua natura fuori mano, abitava in un remoto periodo della storia americana, cioè circa trenta anni fa, un degno uomo di nome Ichabod Crane, che soggiornava o, come diceva lui, “sostava,” a Sleepy Hollow, allo scopo di istruire i bambini del vicinato. Era nato nel Connecticut, uno stato che fornisce all’Unione pionieri per la mente come per la foresta, e ogni anno manda invia legioni di boscaioli per la frontiera e maestri di scuola. Il cognome Crane8 non era inappropriato per la sua persona. Era alto, ma eccessivamente maggro, con spalle strette, braccia e gambe lunghe, mani che sbucavano un miglio fuori dalle maniche, piedi che si sarebbero potuti usare come pale, e tutta la sua figura tenuta insieme in modo sconnesso. Aveva una testa piccola e piatta con grandi orecchie, grandi occhi verdi e vitrei, e un lungo naso da beccaccino, così che rassomigliava ad una banderuola a forma di gallo appollaiata sul perno del suo collo per indicare in che direzione soffiasse il vento. Vedendolo avanzare lungo il profilo di una collina in un giorno di vento, con gli abiti gonfi e fluttuanti intorno a lui, lo si sarebbe potuto scambiare per il genio della carestia mentre discendeva sulla terra, o uno spaventapasseri fuggito da un campo di grano.
La sua scuola era un edificio basso con una sola grande stanza, costruita rozzamente con tronchi di legno; le finestre erano in parte protette da vetri, in parte erano rattoppate con fogli di vecchi quaderni. Nelle ore in cui non c’era nessuno era ingegnosamente messa in sicurezza da un giunco intrecciato nella maniglia della porta e da paletti sistemati sugli gli scuri della finestra, così che un ladro avrebbe potuto entrare con tutta tranquillità, ma avrebbe avuto qualche difficoltà ad uscire, un’idea molto probabilmente presa in prestito dall’architetto, Yost Van Houten, dal marchingegno di una nassa per anguille. La scuola si trovava in una posizione piuttosto isolata ma piacevole, proprio ai piedi di una collina boscosa, con un ruscello che vi scorreva a fianco e una maestosa betulla che cresceva ad una sua estremità. Da qui, in una calda giornata, si poteva udire il basso mormorio delle voci dei ragazzi che ripetevano la lezione, simile al ronzio di un alveare, interrotto di tanto in tanto dalla voce autoritaria del maestro, con tono minaccioso o imperioso o, persino, dal suono spaventoso della verga, mentre sollecitava qualche perdigiorno ritardatario lungo il sentiero fiorito della conoscenza. A dire il vero, era un uomo coscienzioso, e aveva sempre in mente la preziosa massima “Verga risparmiata, bambino viziato.” I ragazzi di Icabod Crane di sicuro non erano viziati.
F.O.C. Darley - Legend of Sleepy Hollow, 1849 |
Non vorrei, comunque, che pensaste a lui come ad uno di quei crudeli potentati della scuola che gioiscono nell’infliggere dolore ai loro sottoposti; al contrario, amministrava la giustizia con discernimento piuttosto che con severità, togliendo il fardello dalle spalle dei più deboli e caricandolo su quelle dei più forti. Il vostro gracile ragazzino, che trasaliva al solo brandire della verga, veniva risparmiato con indulgenza, ma le esigenze della giustizia venivano soddisfatte infliggendo una doppia razione a qualche piccolo monello olandese, con la testa dura e la schiena robusta, che sotto i colpi metteva il broncio, sbuffava e diventava caparbio e scontroso. Tutto questo egli lo chiamava “fare il proprio dovere nei confronti dei genitori,” e non infliggeva mai una punizione senza farla seguire dalla rassicurazione, così consolatoria per il monello dolorante, che “se ne sarebbe ricordato e lo avrebbe ringraziato per questo fino all’ultimo giorno della sua vita.”
Quando le ore di scuola finivano, era l’amico e il compagno di gioco dei ragazzi più grandi e nei pomeriggi festivi era solito scortare a casa i più piccoli che, per caso, avevano delle sorelle graziose o delle brave massaie come madri, famose per l’abbondanza delle loro dispense. Infatti, gli era necessario tenere buoni rapporti con i suoi alunni. Dall’insegnamento ricavava un misero stipendio, a malapena sufficiente a fornirgli il pane quotidiano, dal momento che era un gran mangione e, sebbene fosse magro, era capace di dilatarsi come un anaconda; ma per contribuire al suo mantenimento, secondo le usanze campagnole di quelle parti, veniva alloggiato e nutrito nelle case dei contadini i cui bambini egli istruiva. Cambiava casa ogni settimana, facendo così il giro del vicinato insieme a tutti i suoi beni terreni legati in un fazzoletto di cotone. Affinché tutto questo non fosse troppo oneroso per le borse di questi rustici patroni, che sono propensi a considerare i costi della scuola come un gravoso fardello e i maestri come degli assoluti perdigiorno, aveva diversi modi per rendersi utile e gradito. All’occorrenza, assisteva i contadini nei lavori più leggeri della fattoria, aiutava a raccogliere il fieno, riparava gli steccati, abbeverava i cavalli, riportava le vacche alla stalla e tagliava la legna per il fuoco invernale. Lasciava da parte, poi, tutta l’autorevole severità e il potere assoluto con cui dominava nel suo piccolo impero, la scuola, e diventava incredibilmente gentile e affabile. Trovava favore agli occhi delle madri coccolando i bambini, specialmente i più piccoli e, come il feroce leone che un tempo aveva trattato l’agnello con magnanimità, era solito sedere con un bambino sulle ginocchia e dondolare una culla col piede per ore ed ore.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
In aggiunta alle sue molteplici vocazioni, era anche il maestro di canto del vicinato, e raccoglieva diversi begli scellini insegnando ai giovani a salmodiare. Era questione di non poca vanità per lui prendere posto, ogni domenica, di fronte alla galleria della chiesa, con un gruppo di cantori scelti, dove, nella sua testa, strappava la palma della vittoria dalle mani del parroco. Certo è, la sua voce risuonava molto al di sopra del resto della congregazione, e ancora oggi si possono udire in quella chiesa delle bizzarre risonanze che echeggiano fino a mezzo miglio di distanza, dall’altra parte dello stagno del mulino, in una tranquilla domenica mattina, e si dice che discendano direttamente dal naso di Icabod Crane. Così, grazie a questi piccoli espedienti, in quella ingegnosa maniera che è comunemente definita ‘di riffa o di raffa,’ questo esimio pedagogo tirava avanti abbastanza bene, e c’era chi pensava, tra tutti quelli che non capivano niente del lavoro di testa, che ne ricavasse una vita incredibilmente comoda.
Nella cerchia femminile delle zone rurali il maestro di scuola è generalmente un uomo di una certa importanza essendo considerato una specie di ozioso gentiluomo, di gusto e talenti immensamente superiori a quelli dei rozzi giovanotti di campagna, inferiore per cultura soltanto al parroco. La sua apparizione in una fattoria, pertanto, era causa di una certa agitazione intorno al tavolo del tè, dove veniva aggiunto un altro piatto di torta o dolcetti o, a volte, faceva il suo ingresso trionfale una teiera d’argento. Il nostro uomo di lettere, pertanto, era particolarmente felice tra i sorrisi di tutte quelle damigelle di campagna. Quale splendida figura faceva in loro compagnia nel cimitero della chiesa, tra un servizio domenicale e l’altro, mentre raccoglieva grappoli d’uva dalle viti selvatiche che ricoprivano gli alberi circostanti, o leggeva per loro divertimento tutti gli epitaffi delle lapidi, oppure faceva un giretto, scortato dal loro codazzo, lungo la riva dello stagno adiacente, mentre i più impacciati zoticoni campagnoli li seguivano timidamente in retroguardia, invidiando la sua superiore eleganza e disinvoltura.
Arthur Rackham - 1928 |
A causa del suo stile di vita semi-itinerante, inoltre, era una specie di gazzetta viaggiante, che portava l’intero bagaglio di pettegolezzo locale di casa in casa, così che il suo arrivo era sempre salutato con soddisfazione. Inoltre, le donne lo consideravano uomo di grande erudizione, poiché aveva letto diversi libri per intero ed era un perfetto conoscitore del testo di Cotton Mather9, ‘Storia della stregoneria nel New England,’ in cui, peraltro, egli credeva con tutte le sue forze. Era, infatti, uno strano miscuglio di piccole furbizie e ingenua credulità. La sua fame di meraviglioso e la sua capacità di digerirlo, erano egualmente straordinarie, ed erano state entrambe accresciute dal suo soggiorno in quella regione incantata. Nessun racconto era troppo truculento o mostruoso per il suo stomaco capace. Spesso, nel pomeriggio, quando le lezioni erano finite, si dilettava a stendersi sul folto prato di trifoglio che fiancheggiava il piccolo ruscello che scorreva mormorando accanto alla scuola e là leggeva e rileggeva gli spaventosi racconti del vecchio Mather, finché il sopraggiungere dell’oscurità della sera trasformava la pagina stampata in una nebbia illeggibile
Mentre si dirigeva a casa attraversando paludi e fiumi e cupe foreste, fino alla fattoria dove gli capitava di acquartierarsi, ogni suono della natura, in quell’ora stregata, stuzzicava la sua immaginazione eccitata: il lamento delle nottole su per la collina, il raggelante grido della raganella arborea, messaggero dell’imminente tempesta, il bubbolare del gufo, o l’improvviso svolazzare nella selva degli uccelli spaventati dai suoi artigli. Persino le lucciole, che risplendevano più vivide nei posti più bui, di tanto in tanto lo facevano trasalire, se una di insolito splendore attraversava il suo sentiero. E se, per caso, uno sciocco grosso calabrone dirigeva il suo volo maldestro contro di lui, il povero tapino era pronto a dare l’anima a Dio, convinto di essere stato colpito dal tocco di una strega. La sua unica risorsa in quelle occasioni, per soffocare i pensieri o per scacciare gli spiriti maligni, era intonare salmi. Le brave persone di Sleepy Hollow, sedute davanti alle loro porte di sera, erano spesso pervase dalla paura nell’udire la sua melodia nasale, ‘con una dolce e prolungata malinconia10,’ fluttuare giù per la collina, o lungo la strada buia.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Ma se tutto ciò era fonte di piacere, mentre se ne stava confortevolmente accoccolato a fianco ad un caminetto che rosseggiava per il fuoco della legna scoppiettante e dove, naturalmente, nessuno spettro osava affacciarsi, questo era pagato a caro prezzo con le paure della sua successiva camminata verso casa. Quali sagome e ombre spaventose assediavano il suo sentiero al tenue chiarore spettrale di una notte nevosa! Con quale sguardo spaurito carpiva ogni incerto raggio di luce che, da finestre lontane, invadeva i campi desolati! Quanto spesso veniva sconvolto da un alberello coperto di neve che, simile ad uno spettro avvolto in un lenzuolo, invadeva il suo cammino. Quanto spesso gli si stringeva il cuore raggelato dalla paura al suono dei suoi stessi passi sullo strato di terra ghiacciata sotto i suoi piedi, e non osava guardarsi dietro per paura di vedere qualche creatura mostruosa avanzare dietro di lui! E quanto spesso era stato sopraffatto dal più assoluto terrore a causa di un violento colpo di vento che passava ululando tra i rami degli alberi, convinto che fosse l’assiano al galoppo durante una della sue scorribande notturne!
Tutti questi, comunque, erano soltanto terrori notturni, fantasmi della mente che vagano nelle tenebre, e sebbene avesse visto molti spettri in vita sua, e più di una volta era stato assediato da satana sotto diverse forme, durante le sue passeggiate solitarie, tuttavia la luce del giorno metteva fine a tutti questi mali, ed avrebbe trascorso una vita piacevole nonostante tutto, a dispetto del diavolo e delle sue opere, se il suo sentiero non fosse stato attraversato da una creatura che provoca al comune mortale più costernazione di fantasmi, goblins, e l’intera genia di streghe messe insieme, e cioè, una donna.
Fra i suoi studenti di musica che, una volta alla settimana, si riunivano per essere istruiti nell’arte di salmodiare, c’era Katrina Van Tassel, la figlia unica di un ricco contadino olandese. Era una fiorente ragazza di appena diciotto anni, paffuta come una pernice, dalle guance rosate, tonde e tenere come una delle pesche dell’orto del padre. Era universalmente famosa non solo per la sua bellezza, ma anche per le sue grandi aspettative. Per di più, era anche alquanto civetta, come si poteva intuire già dal suo modo di vestire, che era un misto di moda antica e moderna, e sicuramente adatto a mettere in risalto la sua bellezza. Indossava monili di puro oro giallo - che la sua trisavola aveva portato con sé da Saardam - un provocante corsetto di antica foggia, unito ad una sottana maliziosamente corta, per mettere in mostra i piedini e le caviglie più graziosi del circondario.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Ichabod Crane aveva un cuore debole e sciocco verso il gentil sesso e non c’è da meravigliarsi se un bocconcino così delizioso attirò subito la sua attenzione, e ancor di più dopo che le ebbe fatto visita nelle sua dimora paterna. Il vecchio Baltus Van Tassel12 era il ritratto perfetto del contadino prospero, soddisfatto e generoso. E’ vero che raramente il suo sguardo e i suoi pensieri oltrepassavano i confini della sua fattoria, ma all’interno di questi ogni cosa era confortevole, lieta e prospera. Era soddisfatto della sua ricchezza, ma non ne era orgoglioso, e si congratulava con sé stesso della grande abbondanza piuttosto che del suo stile di vita. La sua roccaforte era situata sulla riva dell’Hudson, in uno di quegli angoletti verdi, riparati e fertili in cui i contadini olandesi amano fare il nido.
Un grande olmo spargeva i suoi lunghi rami su di essa, ai piedi del quale scaturiva una sorgente dell’acqua più limpida e dolce, che si raccoglieva in un piccolo pozzo formato da un barile, e poi se ne fuggiva via attraverso l’erba fino al vicino ruscello, che scorreva mormorando tra gli ontani e i salici nani. Proprio vicino alla fattoria c’era un vasto granaio, che avrebbe potuto essere benissimo usato come chiesa, ogni sua finestra e ogni sua fenditura sembravano traboccare dei tesori della fattoria, una trebbiatrice vi risuonava operosa da mattina a sera; rondini e balestrucci saltellavano cinguettando intorno alle grondaie; file di piccioni si godevano il sole sul tetto, alcuni con un occhio girato verso l’alto, come a controllare il tempo, altri con la testa sotto un’ala o affondata nel petto, e altri ancora gonfiavano le penne, tubavano e si inchinavano alle loro dame. Grassi e goffi porcelli grufolavano nella tranquilla abbondanza delle loro stie, da dove, di tanto in tanto, truppe di lattonzoli si tiravano su, quasi a voler annusare l’aria. Un imponente squadrone di oche color neve sguazzava in un vicino stagno, facendo da scorta ad intere flotte di anatre; reggimenti di tacchini facevano glu glu per tutta la fattoria, e le galline faraone si agitavano nervose tutt’intorno, come mogli di cattivo umore, con il loro verso stizzoso e irritato. Davanti al granaio si pavoneggiava un valoroso gallo, modello di marito, guerriero e fine gentiluomo, che batteva le sue ali brunite, cantando dal profondo del suo cuore orgoglioso e felice, - a volte smuoveva la terra con le sue zampe e richiamava generosamente la sua famiglia perennemente affamata, mogli e pulcini compresi, a condividere il succulento bocconcino che aveva scoperto.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Al pedagogo veniva l’acquolina in bocca mentre osservava questa sontuosa promessa di lauti pranzi invernali. Con la sua famelica immaginazione, già si figurava i maialini arrosto fare il giro della tavola con la pancia ripiena di pudding e una mela in bocca, i piccioni erano comodamente messi a dormire nel letto di un confortevole pasticcio, e rimboccati con un copriletto di pasta frolla; le oche nuotavano nel loro stesso sugo; le anatre erano opportunamente adagiate sui piatti a due a due, come una tranquilla coppia di sposi, con un’abbondante dote di salsa alle cipolle. Nei porchetti già vedeva tagliate via le future grasse pancette, insieme a saporiti prosciutti succulenti; non c’era tacchino che non immaginasse ben legato, con la testa sotto l’ala e, nel caso, una collana di saporite salsicce; perfino il valoroso galletto giaceva disteso sulla schiena, su un piatto a parte, con le zampe all’aria, come ad invocare quella pietà che il suo spirito cavalleresco si era rifiutato di chiedere da vivo. Mentre Ichabod immaginava estasiato tutto ciò, e volgeva i suoi grandi occhi verdi suoi fertili pascoli, i ricchi campi di grano, segale, grano saraceno e granturco, e gli orti carichi di frutti maturi, che circondavano la calda dimora di Van Tassel, il suo cuore si struggeva per la damigella che avrebbe ereditato quei possedimenti, e la sua immaginazione andava oltre fantasticando su come potessero essere prontamente trasformati in contanti, e il denaro investito in immense estensioni di terreno incolto e imponenti palazzi nella natura selvaggia. Sì, la sua fervida fantasia aveva già realizzato i suoi sogni e gli aveva donato la florida Katrina con un’intera nidiata di marmocchi, sistemati in cima ad un carro carico di tutto il necessario, con pentole e teiere che dondolavano sotto, e si vedeva a cavalcioni di una veloce puledra, con puledrino al seguito, in partenza per il Kentucky, il Tennessee, o Dio sa dove.
Quando entrò nella casa, il suo cuore fu completamente conquistato. Era una di quelle spaziose fattorie, dai tetti con alti spioventi ma che digradavano verso il basso, costruita nello stile tramandato dai primi coloni olandesi; i bassi cornicioni sporgenti formavano una veranda su tutto il davanti, che poteva essere chiusa in caso di cattivo tempo. Lì sotto erano appesi gli attrezzi per la trebbiatura, i finimenti e vari utensili per la campagna, insieme alle reti per la pesca nel fiume vicino. Ai lati della porta erano state costruite delle panchine da usarsi in estate, e un grande arcolaio ad un’estremità e, dall’altra, una zangola mostravano i vari usi a cui questo importante porticato poteva essere adibito.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Oltrepassando la veranda lo stupefatto Ichabod entrò nella sala d’ingresso, che era il cuore della dimora e il luogo dove abitualmente soggiornavano. Lì fu abbagliato da file di lucide stoviglie di peltro allineate su una lunga credenza. In un angolo c’era un grande sacco di lana, pronto per essere filato, in un altro un mucchio di robusto tessuto appena tolto dal telaio; pannocchie di granturco e lunghe stringhe di fette di mele e pesche essiccate, erano appese alle pareti in gai festoni, abbelliti da peperoni rossi; una porta lasciata socchiusa gli permise di dare un’occhiata nel salotto buono, dove le sedie con i piedi a zampa di leone e tavoli di mogano scuro brillavano come specchi; alari, con accluse paletta e pinze, luccicavano da sotto la loro copertura di punte d’asparago; arance finte e conchiglie decoravano il caminetto, su cui erano sospesi stringhe di variopinte uova d’uccello; un grande uovo di struzzo pendeva al centro della stanza e una credenza ad angolo, lasciata volutamente aperta, ostentava immensi tesori di vecchia argenteria e porcellane sapientemente riparate.
Dal momento in cui Ichabod mise gli occhi su questi luoghi di delizie, la pace della sua mente cessò e la sua unica preoccupazione fu come guadagnarsi l’affetto dell’impareggiabile figlia di Van Tassel. In questa impresa, comunque, aveva molte più concrete difficoltà di quelle affrontate da una caterva di cavalieri erranti di una volta, che raramente dovevano fronteggiare niente altro che giganti, stregoni, draghi fiammeggianti e avversari di questo genere, tutti facili da sconfiggere, e dovevano farsi strada solamente attraverso porte d’acciaio e ottone e pareti di diamante fino alla cella del castello dove la dama del cuore era tenuta prigioniera - tutte cose che ogni cavaliere conquistava con la stessa facilità con cui un uomo di solito si fa strada fino al centro di una torta natalizia - e a questo punto la dama gli donava il suo cuore come era usanza. Ichabod, al contrario, doveva conquistare la sua strada fino al cuore di una civetta di campagna, al centro di un labirinto di vezzi e capricci, che causavano continuamente nuove difficoltà e ostacoli, e in più egli doveva affrontare una moltitudine di temibili avversari in carne ed ossa, i numerosi rustici ammiratori che assediavano ogni ingresso al suo cuore e che si controllavano a vicenda con sguardi torvi, ma pronti ad andare alla carica nel nome della causa comune contro ogni nuovo contendente.
Tra questi, il più temibile era un corpulento, ruggente, chiassoso giovinastro di nome Abraham, o, secondo l’abbreviazione olandese, Brom Van Brunt, l’eroe della campagna circostante, che risuonava con le sue imprese di forza e baldanza. Era di spalle larghe e membra agili, con corti capelli neri e riccioluti, e un modo di fare sfrontato ma non spiacevole, grazie alla sua aria un po’ buffa e un po’ arrogante. Grazie alla sua corporatura erculea e alla forza delle sue membra, gli era stato dato il nomignolo di BROM BONES, con cui era universalmente conosciuto.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Era famoso per la sua grande competenza e abilità di cavaliere, essendo agile come un tartaro nel cavalcare. Era sempre il primo in tutte le corse e nei combattimenti di galli e, grazie all’ascendente di cui gode la forza fisica nella vita di campagna, era l’arbitro di tutte le dispute, con il cappello sulle ventitré mentre comunicava le sue decisioni con un’aria ed un tono che non ammettevano né contraddittorio né appello. Era sempre pronto sia per le scazzottate che per il divertimento, ma era più un combina guai che un malvagio, e nonostante tutta la sua dispotica rozzezza, c’era un forte tratto di scherzoso buon umore alla base. Aveva tre o quattro fedeli compagni, che lo consideravano un modello, alla testa dei quali batteva la campagna, prendendo parte ad ogni lite e ad ogni divertimento per miglia intorno. Durante l’inverno lo si notava per un cappello di pelliccia, sormontato da una sgargiante coda di volpe, e quando le persone convenute ad un raduno campestre intravvedevano questo ben noto cimiero in lontananza, che sventolava tra una squadra di instancabili cavalieri, si aspettavano sempre il peggio. A volte si sentiva la sua ciurma passare di corsa dietro le fattorie a mezzanotte, con urla e schiamazzi, degni di una truppa di cosacchi del Don, e le vecchie signore, svegliate di soprassalto, ascoltavano finché il turbine, in un attimo, scompariva sferragliando, e poi esclamavano, “sì, ecco passare Brom Bones e la sua banda!” I vicini lo consideravano con un misto di timore, ammirazione e condiscendenza; quando nelle vicinanze si verificava qualche burla o rissa campagnola, scuotevano sempre la testa e giuravano che dietro c’era Brom Bones. Questo eroe scavezzacollo aveva da tempo scelto la florida Katarina come oggetto delle sue rozze galanterie, e sebbene i suoi giochi amorosi fossero piuttosto simili alle gentili carezze e tenerezze di un orso, tuttavia si sussurrava che la ragazza non avesse del tutto scoraggiato le sue speranze. Certo è, le sue avances erano un segnale di ritirata per i suoi rivali, che non avevano nessun desiderio di far arrabbiare un leone in amore; così che, quando il suo cavallo fu visto legato alla staccionata di Va Tassel, una domenica sera, chiaro indizio che il suo padrone fosse dentro per il corteggiamento, o, come comunemente si dice, per fare il ‘brillante,’ tutti gli altri corteggiatori passarono oltre disperati e andarono ad acquartierarsi altrove.
Questo era il formidabile rivale con cui doveva contendere Ichabod Crane e, tutto considerato, un uomo più robusto di lui si sarebbe ritirato dalla competizione, mentre un uomo più saggio avrebbe perso ogni speranza. Il suo carattere, comunque, era un felice miscuglio di adattabilità e perseveranza; egli era, nel corpo e nello spirito, simile ad una canna, flessibile ma robusto: anche se si piegava, non si rompeva mai, e sebbene si chinasse sotto la più leggera pressione, tuttavia, nello stesso momento in cui questa cessava – zac! - era di nuovo in piedi, a testa alta come sempre. Prendere apertamente posizione contro un simile rivale sarebbe stata una follia, perché questi non era uomo che tollerasse di essere contrastato in amore, non più di quel turbolento amante che fu Achille. Ichabod, pertanto, faceva le sue avances in modo discreto e gentilmente insinuante. In veste di maestro di canto, faceva frequenti visite alla fattoria, non che avesse niente da temere dall’invadente interferenza dei genitori, che è così spesso un ostacolo sul sentiero degli amanti. Balt Van Tassel era uno spirito assolutamente indulgente, amava sua figlia persino più della sua pipa e, da uomo ragionevole e padre eccellente, la lasciava fare a modo suo in ogni cosa. La sua ammirevole mogliettina, poi, aveva già abbastanza da fare con la cura della casa e la gestione del suo pollame; perché, come osservava saggiamente, anatre e oche sono creature sciocche, di cui bisogna prendersi cure, ma le ragazze possono aver cura di sé stesse. Così, mentre la sua signora si affaccendava in casa o lavorava all’arcolaio su di un lato della veranda, l’onesto Balt sedeva a fumare la su pipa serale dall’altro lato, osservando le imprese di un piccolo guerriero di legno che, armato di spada in entrambe le mani, combatteva valorosamente con il vento sul pinnacolo del granaio. Nel frattempo, Ichabod portava avanti il suo corteggiamento con la figlia accanto alla sorgente sotto il grande olmo, o facendo una passeggiata all’imbrunire, ora così propizia per l’eloquenza di un innamorato.
Arthur Rackham - 1928 |
Ammetto di non sapere come si corteggia e si conquista il cuore delle donne. Per me esse sono sempre stato oggetto di stupore e ammirazione. Alcune sembrano avere un solo punto vulnerabile, o porta di accesso, mente altre hanno migliaia di accessi, e possono essere catturate in cento modi diversi. E’ un grande trionfo dell’ingegno conquistare le prime, ma è un ancor più grande prova di strategia conservare il possesso di queste ultime, perché un uomo deve battersi per la sua fortezza ad ogni porta e finestra. Colui che conquista un migliaio di cuori semplici ha pertanto diritto ad una certa rinomanza, ma chi conserva un indiscusso dominio sul cuore di una civetta è sicuramente un eroe. Certo è, questo non era il caso del temibile Brom Bones: dal momento in cui Ichabod Crane fece la sua avances, l’interesse del primo scemò visibilmente, il suo cavallo non fu più visto legato alla palizzata la domenica sera e tra lui e il precettore di Sleepy Hollow sorse gradualmente una faida mortale. Brom, che nel suo intimo possedeva un certo grado di rozza cavalleria, avrebbe preferito arrivare ad una guerra aperta e risolvere le loro aspirazioni alla mano della dama alla maniera spiccia di quelle persone ragionevoli e concrete che erano i cavalieri erranti di una volta, e cioè a singolar tenzone, ma Ichabod era troppo consapevole della superiorità fisica del suo avversario per entrare in competizione contro di lui; gli era venuto all’orecchio una vanteria di Bones, e cioè che voleva “piegare in due il maestro e riporlo su uno scaffale della sua scuola;” ed era troppo accorto per dargliene l’opportunità.
C’era qualcosa di estremamente provocatorio nel suo metodo ostinatamente pacifico che non lasciava a Brom altra alternativa se non quella di attingere alle riserve di rustica spiritosaggine a sua disposizione e giocare scherzi grossolani al suo rivale. Ichabod divenne l’oggetto dell’ostinata persecuzione di Bones e della sua banda di rozzi cavalieri. Iniziarono a devastare i suoi possedimenti fino a quel momento così pacifici: affumicarono la sua scuola di canto ostruendo il comignolo, fecero irruzione durante la notte nella scuola a dispetto dei formidabili legacci di vimini e dei paletti alla finestra e misero tutto sottosopra, così che il povero maestro iniziò a pensare che tutte le streghe della regione si riunissero lì dentro. Ma cosa ancora più seccante, Broom non perdeva occasione di metterlo in ridicolo davanti alla sua bella, e aveva un cagnaccio a cui aveva insegnato a guaire in modo estremamente buffo che le presentò come rivale di Ichabod quale maestro di canto.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Le cose andarono avanti in questo modo per qualche tempo, senza produrre alcun effetto materiale sulle sulle relative situazioni delle parti contendenti. In un bel pomeriggio autunnale, Ichabod, chiuso nei suoi pensieri, sedeva assiso in trono sull’alto sgabello da cui di solito controllava tutte le attività del suo piccolo regno della conoscenza. Nella mano brandiva la bacchetta, lo scettro del despota; la verga della giustizia, costante terrore dei malfattori, era riposta su tre chiodi dietro il trono, mentre sulla scrivania davanti a lui si potevano vedere diversi articoli di contrabbando e armi proibite, scovate sulle persone di svogliati monelli, come mele smangiucchiate, fucili giocattolo, trottole, gabbiette per le mosche, e intere legioni di galletti da combattimento di carta. A quanto sembrava, di recente era stato inflitto un terrificante atto di giustizia, perché i suoi alunni erano tutti alacremente intenti ai loro libri, o sussurravano furtivamente dietro di essi con un occhio al maestro, e in tutta la classe regnava una specie di ronzante quiete, improvvisamente interrotta dall’arrivo di un nero in giubba e pantalone di canapa grezza, quel che restava di un cappello a corona tonda, simile a quello di Mercurio, e a cavalcioni di un puledro cencioso, selvatico e sfinito, che guidava con un pezzo di corda al posto delle briglie. Arrivò scalpitando fino alla porta della scuola con un invito per Ichabod a partecipare ad una festa o ‘riunione casalinga13,’ che si sarebbe tenuta quella sera a casa di padron van Tassel, e avendo comunicato il suo messaggio con aria di importanza e sforzandosi di usare quel linguaggio forbito che un nero è in grado di esibire in insignificanti ambasciate del genere, se ne andò attraversando di corsa il ruscello e fu visto trottare via su per la vallata, consapevole dell’importanza e dell’urgenza della sua missione. In quella che poco prima era stata una tranquilla classe, ora era tutto un chiacchiericcio e uno schiamazzo. I ragazzi furono incitati ad affrettarsi a finire i compiti senza soffermarsi sulle sciocchezze, i più agili ne saltarono metà impunemente e i più lenti, di tanto in tanto, si guadagnarono una pronta incitazione sulla schiena, per sollecitarli a sbrigarsi o aiutarli con una parola difficile. I libri furono buttati da parte senza essere riposti sugli scaffali, i calamai furono rovesciati, i banchi capovolti e tutta la scolaresca fu liberata un’ora prima del solito, precipitandosi fuori come una legione di giovani demoni, guaendo e facendo baccano sul prato per la gioia della loro anticipata libertà.
Come dicevo, era una bella giornata autunnale; il cielo era chiaro e sereno e la natura vestiva quella livrea ricca e dorata che associamo sempre all’idea di abbondanza. Le foreste avevano indossato i loro sobri marroni e gialli, mentre le gelate avevano punteggiato gli alberi più giovani con sfumature di arancione, porpora e scarlatto. File di anatre in volo iniziavano a fare la loro apparizione in alto nel cielo; dai boschetti di faggi e noci si sentiva il tramestio dello scoiattolo e, ad intervalli, il malinconico fischio della quaglia dai vicini campi di stoppie. Gli uccellini tenevano il loro banchetto d’addio. Nel bel mezzo dei loro bagordi, svolazzavano, cinguettando e amoreggiando, da un cespuglio all’altro e da una albero all’altro, inebriati dalla stessa abbondanza e varietà che li circondavano. C’era l’onesto pettirosso, la preda preferita di tutti i cacciatori principianti, con il suo acuto fischio malinconico; e i merli canterini che volavano formando nuvole nere; e il picchio dalle ali dorate con la sua cresta cremisi, il suo ampio collare nero e lo splendido piumaggio; e il beccofrusone del cedro, con le sue ali dalla punta rossa e la coda dalla punta gialla e il suo berretto di piume; e la ghiandaia azzurra, quel chiassoso damerino, con il suo allegro cappotto azzurro e la camicia bianca, tutti che stridono e cinguettano, annuiscono e si dondolano e si inchinano, pretendendo di essere in buoni rapporti con tutti gli uccelli canterini del boschetto.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Mentre Ichabod procedeva lentamente per la sua strada, i suoi occhi, sempre aperti ad ogni indizio di abbondanza culinaria, spaziavano deliziati sui tesori di quel lieto autunno. Da ogni parte vedeva vaste riserve di mele, alcune pendevano dagli alberi sotto il peso della loro opulenza, altre raccolte in ceste e barili pronte per il mercato, altre ancora ammucchiate in alte pile vicino al torchio per il sidro. Più avanti vasti campi di granturco, con le sue spighe dorate che facevano capolino dall’involucro delle foglie con la promessa di dolci e budini; e le zucche gialle allineate sotto con le loro pance tonde rivolte al sole che offrivano ampie aspettative delle più gustose torte; subito dopo attraversò i fragranti campi di grano saraceno respirando l’odore dell’alveare, e mentre li osservava, gli passarono per la mente morbide visioni di deliziose frittelle, ben imburrate e guarnite con miele o melassa dalle delicate manine paffutelle di Katrina Van Tassel. Nutrendo a questo modo la sua mente con molti dolci pensieri e “fantasie inzuccherate,” continuò il suo viaggio costeggiando una catena di colline che sovrastavano alcuni dei più splendidi scenari del maestoso Hudson. Il grande disco del sole declinava gradualmente ad ovest. L’ampia insenatura del Tappan Zee giaceva immobile e tranquilla, eccetto che qui e là una gentile increspatura ondulava e allungava l’ombra blu della lontana montagna. Alcune nuvole ambrate fluttuavano nell’aria, senza un filo di vento a muoverle. L’orizzonte era di una delicata tinta dorata, che gradualmente mutava in un puro verde mela e da quello nell’azzurro cupo della volta celeste. Un raggio di sole obliquo indugiava sulle creste boscose dei precipizi a strapiombo su alcune zone del fiume, donando una maggior profondità al grigio scuro e al porpora dei loro fianchi rocciosi. Un’imbarcazione indugiava in lontananza, scendendo lentamente giù con la marea, le vele inutilmente issate sull’albero maestro e, a causa del cielo che si rifletteva luminoso sull’acqua cheta, sembrava che il vascello fosse sospeso in aria.
Albert Bierstadt, 1866
Fu verso sera che Ichabod arrivò al castello di mastro Van Tassel, che trovò affollato dall’orgoglio e dal fior fiore della campagna circostante. Vecchi contadini, una razza sobria dalle facce color cuoio, con giacche e brache filate a casa, calze blu, scarpe grosse, e magnifiche fibbie di peltro. Le loro arzille mogliettine avvizzite, in cuffiette plissettate, corte gonne a vita bassa, sottane filate in casa, con forbici e portaspilli nelle tasche di allegro calicò attaccate sopra. Ragazze rotondette, antiquate quasi come le loro madri, eccetto quando un cappello di paglia, un fiocco elegante o forse un abito bianco, dava l’idea di una novità di città. I figli, in corte giacche dai bordi squadrati, con file di stupendi bottoni di ottone, e i capelli generalmente legati in un codino secondo la moda del tempo, specialmente se a questo scopo potevano procurarsi della pelle di anguilla, che veniva considerata in tutta le regione un potente nutriente e rinforzante per capelli.
Brom Bones, comunque, era l’eroe della scena, essendo venuto al raduno con Daredevil, il suo stallone preferito, una creatura, come lui, piena di ardore e di malizia e che nessuno all’infuori di lui riusciva a cavalcare. Infatti, era famoso per preferire animali perfidi, portati a tutti i generi di trucchi e che facevano correre al cavaliere il costante rischio di rompersi il collo, perché considerava un cavallo mite e ben addestrato indegno di un giovane di spirito.
Mi piacerebbe fare una pausa per soffermarmi sul mondo di delizie che si spalancò davanti allo sguardo estasiato del mio eroe, quando entrò nel salotto buono della dimora di Van Tassel. Non quelle dello stormo di floride giovinette, con la loro lussureggiante esibizione di bianco e rosso, ma le sconfinate delizie di un genuino tavolo da tè di campagna olandese, in quel sontuoso tempo autunnale. Piatti stracolmi di dolci di vario genere e quasi indescrivibili, noti soltanto alle esperte massaie olandesi! C’erano le eccellenti ciambelle, le tenere frittelle, le croccanti e friabili zeppoline, dolci e crostate, torte allo zenzero e torte al miele e tutta la famiglia delle torte. E poi c’erano torte di mele e torte di pesche e torte di zucca, accanto a fette di prosciutto e manzo affumicato, e in più deliziosi piatti di prugne e pesche e pere e mele cotogne in conserva; per non menzionare le alose alla griglia e i polli arrosto, insieme a ciotole di latte e panna, tutto mescolato alla rinfusa, più o meno come li ho elencati io, con al centro la materna teiera che sbuffava nuvole di vapore – Che dio la benedica! Avrei bisogno di tirare il fiato e di tempo per discorrere di questo banchetto come merita, ma sono fin troppo ansioso di continuare la mia storia. Fortunatamente, Ichabod Crane non aveva tanta fretta quanto il suo storico, e fece ampiamente giustizia ad ogni bontà. Era un rospo gentile e riconoscente, il cui cuore si dilatava in proporzione alla sua pelle quando era colmo di allegria, e i cui spiriti si inebriavano col mangiare, come ad alcuni uomini col bere. Non poté fare a meno, poi, di girare i suoi grandi occhi intorno a sé mentre mangiava, sghignazzando alla possibilità che un giorno egli potesse essere il padrone di tutto quel luogo di inimmaginabile lusso e splendore. Poi, pensò a come avrebbe immediatamente voltato le spalle alla scuola, schioccato le dita sulla faccia di Hans Van Ripper e di ogni altro spilorcio di un patrono e buttato fuori a calci ogni pedagogo itinerante che avesse osato chiamarlo collega!
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Il vecchio Baltus Van Tassel si muoveva tra i suoi ospiti con un faccione pieno di gioia e buonumore, rotondo e gaio come la luna piena. Le sue attenzioni di ospite erano brusche ma eloquenti, essendo limitate ad una stretta di mano, una pacca sulle spalle, una risata squillante e ad un pressante invito a “iniziare a mangiare e a servirsi.”
E ora il suono della musica proveniente dalla stanza comune, o ingresso, invitò alla danza. Il musicista era un vecchio nero dai capelli grigi, che era stato l’orchestra itinerante del vicinato per più di mezzo secolo. Il suo strumento era vecchio e ammaccato come lui. Per la maggior parte del tempo grattava due o tre corde, accompagnando ogni movimento dell’archetto con quello della testa, inchinandosi quasi fino a terra e battendo il piede ogni volta che una nuova coppia stava per iniziare a ballare. Ichabod era orgoglioso delle sue qualità di ballerino tanto quanto delle sue capacità vocali. Non un arto, non una fibra del suo corpo restarono fermi, e dopo aver visto la sua figura dinoccolata in pieno movimento mentre zampettava intorno alla stanza, avreste pensato che lo stesso san Vito, il santo patrono della danza, fosse apparso di fronte a voi in persona. Era l’oggetto di ammirazione di tutti i neri di ogni età e statura, provenienti dalla fattoria e dal vicinato, che si accalcavano ad ogni porta e finestra a formare una piramide di lucide facce nere, che guardavano deliziati la scena, roteando gli occhi e mostrando file di denti d’avorio da un orecchio all’altro. Come avrebbe potuto il fustigatore di monelli essere altro che vivace e allegro? La dama del suo cuore era la sua ballerina, e sorrideva graziosamente in risposta a tutti i suoi amorosi sguardi languidi, mentre Brom Bones, amaramente roso dall’amore e dalla gelosia, sedeva pensieroso per conto suo in un angolo.
Il Quilting Frolic di John Lewis Krimmel (1786-1821, Germany) |
Quando la danza finì, Ichabod fu attratto da un capannello di anziani, incluso il vecchio Van Tassel, seduti a fumare ad un’estremità della veranda, chiacchierando dei vecchi tempi e tirando fuori lunghe storie della guerra.
Questa zona, al tempo di cui ne parlo, era uno di quei luoghi estremamente privilegiati che abbondano di storie e grandi uomini. La linea del fronte tra inglesi e americani correva proprio lì vicino durante la guerra, pertanto era stata scena di saccheggi ed infestata da fuggiaschi, mandriani e ogni genere di cavalleria di confine. Era trascorso giusto il tempo sufficiente a permettere ad ogni narratore di abbellire il suo racconto con qualche fantasticheria verosimile e, grazie alla memoria annebbiata, a fare di sé l’eroe di ogni impresa.
C‘era la storia di Doffue Martling, un enorme olandese dalla barba blu, che quasi catturò una fregata inglese con un vecchio pezzo di artiglieria da nove libbre appoggiato ad un basso parapetto di fango, solo che il cannone scoppiò al sesto colpo. E c’era un vecchio gentiluomo, che rimarrà senza nome, perché troppo ricco per essere menzionato, che, nella battaglia di White Plains14, essendo insuperabile nella difesa, schivò una palla di moschetto con uno spadino, tanto che poté sentirla distintamente fischiare intorno alla lama e rimbalzare sull’elsa, a riprova di ciò era pronto in qualsiasi momento a mostrare la spada, con l’elsa un po’ piegata. Ve ne erano diversi altri che erano stati egualmente grandi sul campo di battaglia, e non c’era nessuno di loro che non fosse persuaso di aver dato un contributo fondamentale alla felice conclusione della guerra. Ma questi erano niente al confronto dei racconti di fantasmi e apparizioni che seguirono. La regione è ricca di tesori leggendari di questo tipo. I racconti e le superstizioni locali prosperano in questi luoghi isolati ben riparati e colonizzati da lungo tempo, ma vengono calpestati dalla folla sempre in movimento che forma la popolazione della maggior parte dei nostri posti di campagna. Inoltre, non c’è nessun incoraggiamento per i fantasmi in quasi tutti i nostri villaggi, perché questi hanno appena avuto il tempo di finire il loro primo sonnellino e rigirarsi nella tomba, che i loro amici sono già andati via dal circondario, pertanto quando escono fuori la notte per fare i loro giri, non hanno conoscenti a cui fare visita. Questa è forse la ragione per cui si sente parlare di fantasmi così raramente, se non nelle antiche comunità olandesi.
Comunque, la causa immediata della prevalenza di storie soprannaturali in quei paraggi, era senza dubbio dovuta alla vicinanza di Sleepy Hollow. C’era una sorta di contagio nella stessa aria che proveniva da quella regione infestata e che diffondeva un’atmosfera di sogni e fantasticherie che infettava tutto il territorio. Diverse persone di Sleepy Hollow erano presenti a casa di Van Tassel e, al solito, stavano dispensando le loro leggende selvagge e meravigliose. Vennero raccontate molte fosche storie circa cortei funebri, pianti luttuosi e lamenti visti e sentiti intorno al grande albero dove lo sfortunato maggiore Andrè15 era stato condotto e che si trovava nei dintorni. Si fece anche cenno alla donna vestita di bianco, che infestava la cupa valle di Raven Rock, e che si sentiva spesso urlare nelle notti d’inverno prima di una tempesta, essendo perita durante una nevicata. La maggior parte delle storie, comunque, girava intorno allo spettro favorito di Sleepy Hollow, il cavaliere senza testa, che di recente era stato sentito diverse volte perlustrare la campagna e si diceva che legasse il suo cavallo di notte tra le tombe del cimitero.
La posizione isolata di questa chiesa pare che ne avesse sempre fatto il ritrovo preferito degli spiriti tormentati. Essa è situata in cima ad una collinetta, circondata da spini di Giuda e olmi torreggianti, attraverso i quali le sue umili pareti imbiancate brillano di modestia, come la castità cristiana brilla attraverso le ombre del suo ritiro. Da lì, una gentile pendenza scende fino ad un argenteo specchio d’acqua, circondato da alti alberi, attraverso i quali è possibile intravvedere le colline blu dell’Hudson. A guardare il manto erboso che ricopre il suo cimitero, dove i raggi del sole sembrano dormire in perfetta tranquillità, si potrebbe pensare che almeno lì i morti possano riposare in pace. Su di un lato della chiesa si apre un’ampia valletta boscosa, lungo la quale, tra rocce aguzze e tronchi d’alberi caduti, scorre il corso impetuoso di un largo ruscello. Su di un tratto del fiume scuro e profondo, non distante dalla chiesa, in passato era stato gettato un ponte di legno; la strada che vi conduceva e lo stesso ponte, erano erano fittamente ombreggiati dagli alberi sovrastanti, cosa che rendeva il posto buio anche in pieno giorno, ma che generava una tenebra terrificante di notte. Tale era uno dei ritrovi favoriti del cavaliere senza testa e il posto dove lo si incontrava più frequentemente. Venne narrata la storia del vecchio Brouwer, il più scettico miscredente di fantasmi, di come incontrò il cavaliere che ritornava dalla sua incursione a Sleepy Hollow, e fu costretto a salire dietro di lui, di come galopparono per macchie e boschetti, per colline e paludi, finché arrivarono al ponte, dove d’un tratto il cavaliere si trasformò in uno scheletro, gettò Brouwer nel ruscello e balzò via su per le cime degli alberi con un fragore di tuono. Questa storia fu immediatamente accompagnata da un’avventura di Brom Bones ancora più incredibile, il quale ridimensionò l’abilità dell’assiano al galoppo quale fantino fuori dall’ordinario. Affermò che, una notte, tornando dal vicino villaggio di Sing Sing, era stato sorpassato da questo cavaliere della mezzanotte e di avergli proposto di gareggiare con lui per un boccale di punch, e che avrebbe anche vinto, perché Daredevil stava dando la biada al cavallo fantasma, ma proprio quando arrivarono al ponte della chiesa, l’assiano abbandonò la corsa e sparì in un lampo di fuoco.
Tutte questa storie, raccontate con quel tono mezzo addormentato con cui gli uomini parlano al buio, l’espressione dei volti degli ascoltatori illuminati solo ogni tanto dal casuale bagliore del fuoco di una pipa, si impressero profondamente nella mente di Ichabod. Egli li ripagò allo stesso modo citando ampi stralci dal suo inestimabile autore, Cotton Mather, e aggiunse molti meravigliosi avvenimenti che erano accaduti nel suo natio Connecticut, e le paurose apparizioni che aveva visto nella sue passeggiate notturne a Sleepy Hollow.
La festa giunse gradualmente a conclusione. I vecchi contadini radunarono le loro famiglie sui carri e per un po’ di tempo li si sentì sferragliare lungo le strade vuote e su per le lontane colline. Alcune damigelle montarono in sella dietro ai loro corteggiatori, e le loro allegre risate, mescolandosi con il rumore degli zoccoli, riecheggiarono nel silenzio dei boschi, diventando sempre più flebili, finché poco a poco si spensero, e quella che prima era stato un luogo rumoroso e festoso divenne completamente silenzioso e deserto. Soltanto Ichabod rimase indietro, secondo l’abitudine degli innamorati di campagna, per avere un tête-à-tête con l’ereditiera, assolutamente convinto di essere ormai sulla via maestra per il successo. Non ho alcuna pretesa di rivelare cosa accadde durante questo incontro perché, in effetti, lo ignoro. Temo, comunque, che qualcosa deve essere andato storto, perché di certo egli se ne andò, dopo poco, con un’aria assolutamente desolata e avvilita. Oh, queste donne, queste donne! Forse che quella ragazza aveva giocato uno dei suoi trucchi da civetta? I suoi incoraggiamenti per il povero pedagogo erano una mera simulazione per conquistare il suo rivale? Solo il cielo lo sa, non io! E’ sufficiente dire che Ichabod sgattaiolò fuori con l’aria di chi ha saccheggiato un pollaio, piuttosto che il cuore di una bella dama. Senza guardare a destra o a sinistra per ammirare quel luogo di rurale ricchezza, su cui aveva gongolato così spesso, se ne andò dritto alla stalla e con diversi calci e sonori ceffoni svegliò il suo cavallo in modo piuttosto brusco dalla confortevole sistemazione in cui si era profondamente addormentato, sognando montagne di granturco e avena, e intere vallate di erba medica e trifoglio.
Fu proprio in quest’ora stregata della notte che Ichabod, col cuore pesante e la cresta abbassata, intraprese il suo cammino verso casa, lungo i fianchi delle alte colline che sovrastano Terry Town e che aveva costeggiato così allegramente nel pomeriggio. L’ora era desolata come lui. Molto più in là si stendeva la vasta distesa d’acqua scura e indistinta del Tappan Zee, con qua e là l’alto albero maestro di un vascello tranquillamente ancorato. Nel silenzio di morte della mezzanotte, poteva sentire perfino l’abbaiare di un cane da guardia dalla sponda opposta dell’Hudson, ma era così vago e debole che gli dava soltanto una vaga idea della sua distanza da questo fedele compagno dell’uomo. Ogni tanto, ancora, il canto prolungato di un gallo, svegliatosi accidentalmente, risuonava lontano da qualche remota fattoria tra le colline – ma per le sue orecchie era come un suono di sogno. Accanto a lui non c’era segno di vita, se non occasionalmente il malinconico frinire di un grillo, o forse il gutturale gracidare di una rana toro da una palude vicina, come se stesse dormendo un sonno agitato e si rigirasse di colpo nel letto.
Tutte
le storie di fantasmi e spiriti che aveva ascoltato nel pomeriggio,
ora gli si affollavano nella mente. La notte diventava sempre più
scura e le stelle sembravano sprofondare nel cielo e,
occasionalmente, nuvole passeggere le nascondevano alla sua vista.
Non si era mai sentito così solo e desolato. Per di più, si stava
avvicinando proprio al luogo dove erano state ambientate molte delle
scene delle storie di fantasmi. Al centro della strada si ergeva un
enorme albero tulipano, che torreggiava come un gigante sugli altri
alberi lì intorno, e formava una specie di punto di riferimento. I
suoi rami erano contorti e bizzarri, abbastanza grandi da formare il
tronco degli alberi ordinari, e si abbassavano giù fin quasi a
terra, per poi rialzarsi verso l’alto. Era collegato alla tragica
storia dello sfortunato Andrè, che era stato fatto prigioniero non
lontano ed era universalmente conosciuto col nome di albero del
maggiore Andrè. La gente comune lo guardava con un misto di rispetto
e superstizione, in parte per via della compassione dovuta al fato
del suo sfortunato omonimo, in parte a causa dei racconti di strane
apparizioni e addolorati lamenti che lo riguardavano.
Man mano che Ichabod si avvicinava al questo spaventoso albero, iniziò a fischiare e gli sembrò che il fischio fosse corrisposto, ma non era che una raffica di vento che passava impetuosa attraverso i rami secchi. Avvicinandosi ancora un po’, gli parve di vedere qualcosa di bianco che pendeva nel mezzo dell’albero: si fermò e smise di fischiare ma, guardando più dappresso, si rese conto che era il punto dove l’albero era stato danneggiato da un fulmine e il legno bianco era stato messo a nudo. Improvvisamente udì un gemito – gli batterono i denti, e le ginocchia si strinsero alla sella, ma non era altro che il fruscio di un grosso ramo contro un altro, agitati dalla brezza. Oltrepassò l’albero sano e salvo, ma nuovi pericoli lo attendevano.
A circa duecento iarde dall’albero, un piccolo ruscello attraversava la strada e si immetteva in una valle paludosa e fittamente ricoperta di alberi, conosciuta col nome di palude di Wiley. Alcuni rozzi tronchi d’albero, messi fianco a fianco, servivano da ponte. Sul lato della strada, là dove il ruscello si inoltrava nel bosco, un gruppo di querce e castagni, fittamente ricoperti di viti selvatiche, vi proiettavano sopra un’ombra cavernosa. Passare questo ponte era la prova più difficile. Era proprio in quel medesimo posto che lo sfortunato André era stato catturato e al riparo dei castagni e delle viti si erano nascosti i robusti patrioti che lo presero di sorpresa. Da allora questo è stato sempre considerato un fiume infestato, e terribili sono i sentimenti degli scolaretti che devono passarvi da soli al buio.
Mentre si avvicinava al fiumiciattolo, il cuore iniziò a battergli forte, tuttavia, raccolse tutto il suo coraggio, diede al cavallo una mezza dozzina di calci nelle costole e tentò di attraversare il ponte di corsa, ma invece di partire in avanti, quel perverso vecchio animale fece un movimento laterale e andò a sbattere di traverso contro la siepe. Ichabod, le cui paure crescevano con il passare del tempo, tirò le redini nell’altro senso, e diede una gragnola di calci con il piede opposto: tutto inutile, il cavallo ripartì, è vero, ma solo per tuffarsi sul lato opposto della strada in un rovo di more e sambuchi. Il maestro allora usò frusta e calcagni contro le scarne costole del vecchio Gunpowder, che si lanciò in avanti, sbuffando e soffiando, ma si fermò di colpo proprio prima del ponte, così repentinamente che quasi spedì il suo cavaliere oltre la sua testa lungo disteso a terra. Giusto in quel momento l’attenzione del sensibile orecchio di Ichabod fu catturata dal rumore di un passo pesante che affondava nel fango proprio vicino al ponte. Nella fitta ombra del bosco, sul margine del ruscello, intravide qualcosa di enorme, informe e imponente. Non si muoveva, ma sembrava acquattato nel buio, come un gigantesco mostro pronto a balzare sul viaggiatore.
I capelli del terrorizzato pedagogo gli si rizzarono in testa per la paura. Cosa fare? Per voltarsi e fuggire via era troppo tardi. Quale possibilità c’era di sfuggire a quel fantasma o folletto, se di questo si trattava, che poteva cavalcare sulle ali del vento? Allora, tirando fuori almeno una parvenza di coraggio, chiese con voce incerta, “Chi è là?” Non ricevette alcuna riposta. Ripeté la domanda con voce ancora più agitata. Di nuovo, non ci fu alcuna risposta. Ancora una volta picchiò forsennatamente sui fianchi dell’inflessibile Gunpowder e, chiudendo gli occhi, eruppe, con involontario fervore, nel canto di un salmo. Proprio allora quell’oscuro oggetto di allarme si mise in movimento e, con uno scatto e un balzo, se lo ritrovò di colpo nel mezzo della strada. Sebbene la notte fosse oscura e desolata, tuttavia adesso si poteva alquanto discernere la sagoma dello sconosciuto. Sembrava essere un cavaliere di imponente statura, in sella ad un cavallo nero di poderosa stazza. Non fece alcun cenno di molestia o amicizia, ma si tenne a distanza sul margine della strada, cavalcando lentamente dal lato cieco del vecchio Gunpowder, che aveva appena superato paura e testardaggine. Ichabod, che non era per niente desideroso di questo strano compagno notturno, ripensò all’avventura di Brom Bones con l’assiano al galoppo e accelerò l’andatura del suo cavallo nella speranza di lasciarselo dietro. Lo straniero, allora, mise il suo cavallo ad un’eguale andatura. Ichabod si fermò di colpo e si mise al passo, pensando di restare dietro, l’altro fece lo stesso. Cominciò a sentirsi il cuore in gola, tentò di riprendere a cantare il salmo, ma la lingua secca gli si attaccò al palato e non riuscì a tirar fuori nemmeno una nota. C’era qualcosa nel silenzio scontroso e caparbio di questo ostinato compagno che era misterioso e spaventoso. La cosa fu ben presto chiarita in maniera terrificante. Nel risalire un’altura, che stagliò contro il cielo la figura del suo compagno di viaggio, di altezza gigantesca e completamente avvolto in un mantello, Ichabod restò impietrito vedendo che era senza testa! Ma il suo orrore divenne ancora più grande nell’osservare che la testa, che avrebbe dovuto essere sulle spalle, era sistemata davanti a lui sul pomello della sella! Il suo terrore divenne disperazione e fece piovere una grandinata di calci e colpi su Gunpowder, nella speranza di seminarlo con un’improvvisa accelerazione, ma lo spettro partì al galoppo con lui. Via, allora, di corsa a rotta di collo, facendo volare pietre e scintille ad ogni balzo. I vestiti leggeri di Ichabod fluttuavano nell’aria, mentre allungava il suo corpo magro oltre la testa del cavallo, nella foga della corsa. Avevano ormai raggiunto la strada che svolta verso Sleepy Hollow, ma Gunpowder, che sembrava posseduto da un demone, invece di imboccarla, si rigirò e si tuffò a tutta velocità giù per la collina verso sinistra. Questa strada si snoda attraverso una gola sabbiosa e alberata per un quarto di miglio, a questo punto incrocia il famoso ponte della storia del folletto, al di là del quale si innalza la collinetta verde su cui è situata la chiesa intonacata di bianco. Per il momento il panico del cavallo diede al suo inesperto cavaliere un apparente vantaggio nell’inseguimento, ma proprio quando era arrivato a metà della valle, il sottopancia della sella cedette, e la sentì scivolargli sotto. La afferrò per il pomello e tentò di trattenerla, ma invano ed ebbe appena il tempo di salvasi aggrappandosi al collo del vecchio Gunpowder, quando la sella cadde a terra e sentì che veniva calpestata dagli zoccoli del cavallo del suo inseguitore. Per un attimo, la sua mente fu atterrita al pensiero della rabbia del vecchio Hans Van Ripper, perché quella era la sua sella migliore, ma non c’era tempo per futili paure, il folletto gli era alle calcagna e (da quell’inesperto cavaliere che era!) ebbe un bel da fare per mantenersi in groppa: a volte scivolava da un lato, altre volte dall’altro, a volte sobbalzava sull’ossuto dorso del suo cavallo con una violenza tale che gli fece temere di essere fatto a pezzi.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906
Una radura tra gli alberi lo rincuorò con la speranza che il ponte della chiesa fosse prossimo. Il tremolante riflesso di una stella d’argento sul fondo del ruscello gli disse che non si era sbagliato. Vide le pareti della chiesa che brillavano debolmente sotto gli alberi sulla sponda opposta. Si ricordò del posto dove l’avversario fantasma di Brom Bones era sparito. “Se solo riesco ad arrivare al ponte,” pensò Ichabod, “sono salvo.” Proprio allora sentì lo stallone nero che ansimava e soffiava dietro di lui; gli sembrò persino di sentire il suo fiato caldo sul collo. Un altro calcio convulso nelle costole, e il vecchio Gunpowder saltò sul ponte, fece rimbombare le tavole di legno al suo passaggio e guadagnò l’altra sponda, qui Ichabod lanciò un’occhiata dietro di lui per accertarsi che il suo inseguitore svanisse, secondo le regole, in un lampo di fuoco e zolfo. Proprio allora vide lo spirito alzarsi sulle staffe per poi lanciargli addosso la sua testa. Ichabod tentò di scansare l’orribile missile, ma troppo tardi. Gli colpì il cranio con uno schianto tremendo – ruzzolò lungo disteso nella polvere, mentre Gunpowder, lo stallone nero e il cavaliere fantasma passarono oltre in un turbine.
The Headless Horseman Pursuing Ichabod Crane (1858) by John Quidor. |
Il mattino dopo il vecchio cavallo fu trovato senza sella e con le briglie sotto gli zoccoli, mentre brucava tranquillamente l’erba vicino al cancello del suo padrone. Ichabod non si fece vedere a colazione, arrivò l’ora di cena, ma non Ichabod. I ragazzi si radunarono davanti alla scuola e passeggiarono oziosamente lungo la riva del ruscello, ma niente maestro. Hans Van Ripper incominciava a sentire una certa inquietudine per la sorte del povero Ichabod, e per la sua sella. Si decise di andare a cercare notizie, e dopo una scrupolosa indagine si imbatterono nelle sue tracce. In un tratto della strada che conduceva alla chiesa, fu trovata la sella calpestata nel fango, le tracce degli zoccoli dei cavalli profondamente impresse nella strada, e evidentemente a velocità forsennata, furono seguite fino al ponte, oltre il quale, sulla sponda della parte più ampia del ruscello, dove l’acqua corre scura e nera, fu rinvenuto il cappello dello sfortunato Ichabod e, proprio lì accanto, una zucca fracassata. Si cercò nel ruscello, ma il corpo del maestro non fu trovato. Hans Van Ripper, in qualità di esecutore dei suoi beni, esaminò il fagotto che conteneva tutti i suoi effetti terreni. Essi consistevano in due camicie e mezzo, due cravatte, una o due paia di calze di lana pettinata, un paio di pantaloni al ginocchio in velluto a coste, un rasoio arrugginito, un libro di salmi pieno di orecchie, e un accordatore a fiato rotto, In quanto ai libri e ai mobili della scuola, essi appartenevano alla comunità, eccetto la “Storia della stregoneria” di Cotton Mather, un “Almanacco del New England,” e un libro per interpretare i sogni e predire la fortuna, in cui alla fine fu trovato un foglio di carta protocollo, scribacchiato e macchiato nei diversi tentativi infruttuosi di scrivere una poesia in onore della ereditiera di Van Tassel. I libri di magia e gli scarabocchi poetici furono immediatamente consegnati alle fiamme da Hans Van Ripper che, da quel momento in poi, decise di non mandare più a scuola i suoi figli, con la considerazione che non aveva mai saputo che da tutto quel leggere e scrivere ne derivasse qualcosa di buono. Qualunque somma di denaro il maestro possedesse, e aveva ricevuto la sua paga quadrimestrale solo un paio di giorni prima, doveva averla avuta addosso al momento della sua scomparsa.
Il misterioso avvenimento originò molte congetture la domenica seguente fuori dalla chiesa. Si formarono capannelli di curiosi e pettegoli sul sagrato della chiesa, vicino al ponte e nel punto in cui erano stati trovati il cappello e la zucca. Furono ricordate le storie di Brouwer, di Bones, e tante altre e quando le ebbero diligentemente considerate e confrontate con gli indizi del caso attuale, scossero la testa e giunsero alla conclusione che Ichabod era stato portato via dall’assiano al galoppo. Dal momento che era scapolo e non aveva debiti con nessuno, nessuno si diede più pensiero per lui; la scuola fu spostata in un diverso punto della valle e un altro pedagogo regnò al posto suo.
A dire il vero, un vecchio contadino, che diversi anni dopo era stato in visita giù a New York e da cui ricevetti il resoconto di questa avventura soprannaturale, ritornò con la notizia che Ichabod Crane era ancora vivo: egli aveva lasciato la valle in parte per paura dello spirito e di Hans Van Ripper, in parte per la mortificazione di essere stato inaspettatamente rifiutato dall’ereditiera; si era quindi trasferito in una zona lontana del paese, aveva insegnato e studiato legge allo stesso tempo, era stato ammesso ad esercitare la professione, diventato politico, eletto, scritto per diversi giornali, e infine era stato nominato giudice della corte minore. Brom Bones, poi, che poco dopo la scomparsa del suo rivale aveva trionfalmente condotto la florida Katrina all’altare, aveva dato l’impressione di saperne più del dovuto ogni qual volta la storia di Ichabod veniva raccontata e, puntualmente, scoppiava in una fragorosa risata quando si menzionava la zucca, cosa che indusse a sospettare che al riguardo sapesse più di quello che aveva deciso di dire.
Le vecchie massaie di campagna, comunque, che sono i migliori giudici in queste materie, affermano ancora oggi che Ichabod fu portato via da agenti soprannaturali, ed è una delle storie preferite in tutto il circondario da raccontare intorno al fuoco d’inverno. Il ponte divenne più che mai oggetto di superstizioso timore e questo, forse, fu il motivo per cui il tracciato della strada è stato cambiato negli ultimi anni, così da raggiungere la chiesa passando accanto allo stagno del mulino. La scuola, dopo che fu abbandonata, andò subito in rovina, e si raccontava che fosse infestata dal fantasma dello sfortunato pedagogo, e il contadino che lentamente si avvia verso casa in una placida sera d’estate, ha spesso creduto di sentire la sua voce in lontananza cantare un malinconico salmo nella tranquilla solitudine di Sleepy Hollow.
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
POSCRITTO.
RITROVATO TRA GLI SCRITTI DI MR. KNICKERBOCKER
Il precedente racconto è reso con le esatte parole in cui lo sentii narrare ad una riunione della corporazione16 nell’antica città di Manhattoes17, a cui erano presenti molti dei suoi più saggi e illustri cittadini. Il narratore era un anziano gentiluomo piacente e modesto, in abiti sale e pepe, con un volto mestamente ironico e che sospettai fortemente essere povero – tali erano i suoi sforzi per intrattenerci. Quando la storia finì, ci furono molte risate e viva approvazione, specialmente da parte di due o tre membri aggiunti, che avevano dormito per la maggior parte del tempo. Ci fu, comunque, un vecchio gentiluomo alto e secco, con le sopracciglia sporgenti, che mantenne un’espressione piuttosto severa e grave per tutta la durata del racconto, incrociando ogni tanto le braccia, inclinando la testa e fissando il pavimento, come se rimuginasse qualche dubbio dentro di sé. Era uno di quegli uomini prudenti che non ridono mai se non per buoni motivi: quando hanno ragione e la legge è dalla loro parte. Quando l’allegria del resto della compagnia ebbe fine, e fu ristabilito il silenzio, appoggiò un braccio sul bracciolo della sedia, e tenendo l’altro lungo il fianco, chiese, con un movimento della testa leggero ma estremamente assennato, e corrugando la fronte, quale fosse la morale della storia, e che cosa volesse provare?
Il narratore, che stava giusto portando un bicchiere di vino alle labbra, per rinfrancarsi dopo le sue fatiche, si fermò un attimo, fissò il suo interlocutore con aria di infinita deferenza e, poggiando lentamente il bicchiere sul tavolo, osservò che la storia voleva logicamente dimostrare:
“ Che nella vita non c’è nessuna situazione che non abbia i suoi vantaggi e piaceri-- purché si sappia prendere uno scherzo per quello che è:
“Che, pertanto, chi gareggia con un soldato di cavalleria fantasma è probabile che abbia un’esperienza terribile.
“Ergo, per un maestro di campagna vedersi rifiutato da un’ereditiera olandese è un passo sicuro verso un avanzamento della sua condizione sociale.”
Arthur Ignatius Keller - The Legend of Sleepy Hollow, 1906 |
Il prudente vecchio gentiluomo aggrottò ancora di più le sopracciglia, essendo fortemente confuso dal raziocinio di quel sillogismo, mentre, mi sembrò, il signore abbigliato sale e pepe lo fissò con uno sguardo di trionfo. Dopo un po’ osservò che andava tutto bene, tuttavia era ancora convinto che la storia fosse un po’ bizzarra – c’erano un paio di punti su cui conservava i suoi dubbi.
“In fede, signore,” replicò il narratore, “quanto a questa storia, non credo alla metà nemmeno io.” D. K.
1Tradotto dall'inglese-The Castle of Indolence è una poema allegorico scritta da James Thomson, un poeta scozzese del 18 ° secolo, nel 1748. Il passo citato (canto I, vv. 46-49) si trova all'interno della descrizione di una florida valle, dove vige perennemente un mite clima tardo primaverile e in cui, a causa dell'incantesimo di un mago, tutte le persone sono costrette a una vita di indolenza e di indifferenza verso il prossimo.
2 Tappaan Zee – detta anche Tappan Sea, è un'ampia insenatura naturale larga fino a 5 km e lunga 16 km, che caratterizza il basso corso del fiume Hudson, nella parte sud-orientale dello stato di New York. Il toponimo risale ai tempi della colonizzazione olandese, quando questo territorio faceva parte dei possedimenti della Nuova Olanda: Zee significa infatti “lago”, “mare”, mentre Tappaan era il nome di una tribù di indigeni che abitava sulla sponda occidentale.
3 Tarry Town – oggi Tarrytown. Centro abitato situato sulla sponda orientale del Tappaan Zee, circa 40 km a nord di Manhattan. Irving vi soggiornò per la prima volta nel 1798: fu in questo periodo che esplorò le campagne circostanti e venne a conoscenza delle numerose leggende e delle usanze dei coloni olandesi. In seguito, Irving si stabilì definitivamente a Tarry Town, nella dimora di Sunnyside.
4 SLEEPY HOLLOW – letteralmente, “Valle Sonnolenta”. Sleepy Hollow indicava un'area delle campagne intorno a Beekmantown dove, alla fine della guerra di indipendenza americana, si trovava un piccolo villaggio. Nel 1874 quest'ultimo cambiò nome in North Tarrytown, ma dal 1997 gli abitanti hanno deciso di chiamarlo di nuovo Sleepy Hollow.
5 Master Hendrick Hudson – cioè Henry Hudson (1570-1611), esploratore inglese al servizio della Compagnia Olandese delle Indie Orientali. Nel 1609, alla ricerca di un passaggio a nord-ovest per raggiungere l'Asia, Hudson risalì il fiume che oggi porta il suo nome per un lungo tratto, fino all'odierna città di Albany.
6 nightmare – scomponendo il termine nei due elementi che lo costituiscono, night e mare, si risale alla credenza popolare che gli incubi e la sensazione di oppressione e di soffocamento che ad essi si accompagna fossero causati da un demone (mare anticamente significava “demone”, ma oggi la sua accezione più comune è quella di “cavalla”) che di notte si siede sul petto del dormiente rendendogli difficile la respirazione. Il riferimento è quindi a un demone della notte, raffigurato come una cavalla, una delle numerose creature spettrali delle leggende popolari. In questo passo risuona anche il famoso verso shakespeariano del Re Lear (atto III, scena IV, v. 126): “He met the night-mare, and her nine-fold”.
7 Hessian trooper – l'Assia è una regione storica e oggi anche un Land della Germania centrale. Durante la guerra di indipendenza americana (1775-83) alcuni principi elettori tedeschi misero a disposizione della Gran Bretagna parte delle loro truppe, da inviare nelle colonie in rivolta. Alla fine della guerra, molti militari (spesso coscritti, oppure arruolati forzatamente per debiti o per scontare una pena) non fecero ritorno in patria e si stabilirono negli Stati Uniti e in Canada.
8 Crane in inglese vuol dire gru, uccelli migratori caratterizzati, come il nostro eroe, da collo lungo e zampe lunghe.
9 Cotton Mather's – ministro del culto (1663-1728), fu tra le guide religiose più influenti del suo tempo, sostenendo che le nuove colonie americane fossero l'occasione per il ritorno a una morale rigorosa e alla centralità della Bibbia, così come espresso dal puritanesimo. In realtà l'opera citata da Irving non esiste con questo titolo all'interno della vastissima produzione letteraria di Mather, ma l'argomento della stregoneria è presente sia in Wonders of the Invisible World (1693) sia in Magnalia Christi Americana (1702).
10 In linked sweetness long drawn out – citazione da L'Allegro (v. 140), poema pastorale scritto nel 1631 da John Milton (1608-1674).
12 Van Tassel – si tratta probabilmente di un riferimento autobiografico: un certo Jacob Van Tassel era stato, durante gli anni della guerra di indipendenza, il proprietario della fattoria che Irving acquisterà nel 1835 per trasformarla nell’attuale Sunnyside.
13 Quilting frolic – nelle zone rurali le donne solitamente si riunivano per lavorare ai tradizionali quilts (trapunte fatte in stile patchwork) e intanto facevano due chiacchiere trasformando il lavoro in una riunione festosa: tali incontri prendevano il nome di quilting bee. Un quilting frolic, invece, era una festa estesa anche agli uomini, con musica e balli, nella quale gli uomini chiacchieravano tra loro o si dedicavano ad altro, mentre le donne lavoravano o mostravano i quilts già fatti.
14 The battle of Whiteplains – battaglia della guerra di indipendenza americana, combattuta il 28 ottobre 1776 e conclusasi con la sconfitta dell'esercito delle colonie ribelli. White Plains si trova a circa 12 km a sud-est di Tarrytown.
15 Major André – si tratta del maggiore John André (1750-1780), ufficiale dell'esercito britannico giustiziato come spia durante la guerra di indipendenza. Catturato nei pressi di Tarrytown, fu in realtà impiccato a Tappan, sulla sponda occidentale del Tappan Sea.
16 Corporation – in passato il Corporation meeting era il “consiglio comunale”. Oggi questo consiglio è chiamato semplicemente council e la parola assume anche il significato di “comune”, “città”. Per esempio, in Gran Bretagna una council house è una “casa del comune”, una “casa popolare”.
17 Manhattoes – i Manhattoes erano gli originari abitanti dell'isola di Manhattan (da cui ovviamente prendono il nome). Quando Henry Hudson passò da Manhattan nel 1609 c'erano 300-400 Manhattoes.
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