domenica 26 febbraio 2012

Il diavolo e Tom Walker

Il diavolo, naturalmente...


La nuova storia che vi propongo, “The Devil and Tom Walker,” scritta da Washington Irving, appartiene a Tales of a Traveller (1824) e si trova nella sezione dei “Money Diggers.” Essa è considerata dalla critica contemporanea fra le cose migliori scritte da Irving. Questa deliziosa favola nera ricca di ironia e colpi di scena, ambientata in America al tempo delle colonie, può sembrare, a una lettura superficiale, un edificante sermoncino contro l'avidità di danaro, avendo come protagonista un usuraio, Tom Walker appunto, pronto a vendere la sua anima al diavolo in cambio del tesoro del pirata Kidd.
Noi lettori contemporanei vi possiamo trovare sconcertanti somiglianze con i “tempi difficili” che stiamo vivendo: sconsiderate speculazioni immobiliari, carenza di liquidità, economia di carta, sfrenata corsa all'arricchimento, finché la bolla si sgonfia lasciando solo disastri; il terreno ideale, insomma, per un usuraio senza scrupoli come Tom Walker.
Altrettanto moderno è il linguaggio usato per suggerire lo spirito del tempo: Irving parla, infatti, di una “febbre” speculativa che colpisce indiscriminatamente i coloni del New England, così come noi oggi parliamo di “contagio” per descrivere la crisi che stiamo vivendo.
Ma questo è solo una delle tematiche proposte dall'autore. Tom Walker sembra scavare nell'incoscio collettivo della giovane nazione americana, come suggerisce l'avverbio “unconsciously,” che descrive con il linguaggio che sarà della psicoanalisi l'ossessione compulsiva del protagonista sempre alla ricerca di tesori nascosti. E dal buco che egli scava esce fuori il peccato originale dell'America: il genocidio degli indiani.
Contrariamente a quanto ci si aspetterebbe, qui gli indiani non sono i “noble savages” cari all'illuminismo e alla letteratura romantica. Essi sono selvaggi e crudeli, adoratori di Satana a cui offrono sacrifici umani: sono i favoriti del diavolo, che invece disprezza quella ”razza di facce bianche” venuta a massacrare i suoi protetti e a rubare le loro terre, e pertanto ancora più selvaggia e crudele degli stessi uomini rossi. Qui il diavolo rappresenta, anche fisicamente, la cattiva coscienza di tutto un popolo. Egli indossa abiti di foggia indiana e la sua ascia è simile ad un tomawok, la sua pelle, però, non è rossa, ma nera del fumo dell'inferno e neri sono i suoi crespi capelli, a ricordare l'altro crimine collettivo dei coloni: la tratta e il commercio degli schiavi.
Molte altre sono le colpe che il diavolo imputa a Tom Walker e ai suoi compatrioti: pirateria, persecuzioni religiose, i roghi delle streghe, un'accumulazione capitalistica primitiva e violenta, a cui tutto viene sacrificato, anche la propria anima. Del resto anche la vita ultraterrena è concepita in termini mercantilistici, essi sono “beni,” i peccati sono “addebitati,” i meriti sono “accreditati,” proprio come in una partita doppia.
Ma naturalmente è solo un “vecchio racconto,” la cui veridicità è ironicamente comprovata dal buco scavato dal protagonista nella nera palude dove incontrò il diavolo e che, secondo il narratore, è tutt'ora visibile.



 
IL DIAVOLO E TOM WALKER
di
Washington Irving
(1824)



Jasper Francis Cropsey (artist)
American, 1823 - 1900
Autumn - On the Hudson River, 1860


A poche miglia da Boston, nel Massachusetts, c'è una profonda insenatura che si snoda per diverse miglia da Charles Bay verso l'interno del paese e termina in una zona acquitrinosa, o palude, ricoperta di alberi. Su un lato di questa insenatura c'è un fitto boschetto, sul lato opposto il terreno si alza improvvisamente dalla superficie dell'acqua a formare un alto crinale su cui crescono alcune querce vetuste e maestose. Sotto uno di questi giganteschi alberi, secondo i vecchi racconti, c'era un enorme tesoro sepolto dal pirata Kiddi. L'insenatura aveva reso facile trasportare il denaro con una barca, in segreto e di notte, fino ai piedi della collina. La posizione elevata del luogo permetteva di controllare che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, mentre quegli alberi eccezionali formavano un buon punto di riferimento per ritrovare agevolmente il posto. I vecchi racconti aggiungono, poi, che il diavolo presidiava quel nascondiglio e lo teneva sotto la sua sorveglianza; ma, come tutti sanno, questa è una cosa che egli fa sempre con i tesori nascosti, specialmente quando sono mal guadagnati. Ma sia come sia, Kidd non tornò mai a riprendere le sue ricchezze, infatti, poco dopo fu catturato a Boston e spedito in Inghilterra dove fu impiccato per pirateria.


Nell'anno 1727, circa, proprio nel periodo in cui i terremoti erano frequenti nel New England e facevano cadere in ginocchio molti incalliti peccatoriii, viveva lì vicino un miserabile avaro di nome Tom Walker. Aveva questi una moglie avara come lui ed erano entrambi tanto avari da derubarsi l'un l'altro. La donna nascondeva tutto quello su cui riusciva a mettere le mani: una gallina non poteva fare coccodè che già lei era in allerta per impossessarsi dell'uovo appena deposto. Suo marito frugava continuamente dappertutto per scoprire i suoi bottini nascosti e c'erano molte liti feroci su quello che avrebbe dovuto essere di proprietà comune. Vivevano in una casa isolata dall'aspetto desolato e circondata da un'aria di carestia. Pochi stentati alberi di sambuco, simbolo di sterilità,vi crescevano intorno; non un fil di fumo usciva dal camino, non un viaggiatore si fermava alla porta. Un cavallo macilento, dalle costole sporgenti simili alle barre di una griglia, gironzolava in un campo dove un sottile tappeto di muschio, che a malapena ricopriva il fondo irregolare di ciottoli, stuzzicava e lasciava insaziata la sua fame; a volte sporgeva la testa oltre lo steccato e, guardando pietosamente i passanti, sembrava implorare la liberazione da quella terra di fame. La casa e i suoi abitanti avevano una pessima fama. La moglie di Tom era un'insopportabile megera, di temperamento aggressivo, lingua tagliente e braccia robuste. La sua voce era spesso udita altercare con il marito, la cui faccia a volte mostrava chiari segni che le loro liti non si limitavano alle parole. Nessuno, comunque, osava mettersi in mezzo, il viandante rabbrividiva all'orribile clamore e al rumore delle percosse, gettava un'occhiata di traverso all'antro della discordia e riprendeva in fretta il suo cammino, felice, se scapolo, del suo celibato.
Un giorno Tom Walker si era recato in una parte distante del vicinato e per tornare a casa prese quella che gli sembrava una scorciatoia attraverso la palude. Come la maggior parte delle scorciatoie, risultò essere una pessima scelta. La palude era fittamente punteggiata di oscuri pini e cicute, alcuni alti fino a novanta piedi, cosa che rendeva il luogo buio a mezzogiorno facendone il rifugio di tutti i gufi del vicinato. C'erano pozzi e sabbie mobili ovunque, in parte ricoperti di alghe e muschio e quella superficie verde spesso attirava ingannevolmente il viaggiatore in un abisso di fango nero e soffocante. C'erano, poi, stagni di acqua putrida, dimore di girini, rospi e serpenti d'acqua, dove i tronchi dei pini e delle cicute giacevano sommersi e putridi a metà, simili ad alligatori che dormono nella mota.

Tom si era mosso a lungo con cautela attraverso questa insidiosa foresta, passando da un ciuffo all'altro di giunchi e radici che offrivano un precario appoggio fra le profonde pozze di fango, oppure muovendosi con cautela, come un gatto, lungo i tronchi caduti, sobbalzando di tanto in tanto al grido improvviso di un tarabuso o al verso di un'anatra selvatica che si levava in volo da qualche stagno solitario. Finalmente arrivò su un pezzo di terra solida, che si stendeva come una penisola fino al centro della palude. Era stato uno dei capisaldi degli indiani durante le loro guerre contro i primi coloni. Qui essi avevano tirato su una specie di fortino, che consideravano quasi imprendibile
tanto da usarlo come rifugio per le loro squwa e i loro bambiniiii. Niente rimaneva del fortino degli
indiani se non alcuni terrapieni che stavano lentamente affondando fino al livello del terreno circostante ed erano già in parte ricoperti di querce e altri alberi della foresta, il cui fogliame contrastava nettamente con i cupi pini e le cicute della palude.

Stava per calare la sera quando Tom Walker giunse al vecchio fortino e si fermò lì per riposarsi un poco. Chiunque altro avrebbe desistito dal sostare in quel luogo solitario e malinconico; la gente comune, infatti, ne aveva una cattiva opinione a causa delle storie tramandate dai tempi delle guerre indiane, quando si asseriva che i selvaggi vi celebrassero incantesimi e facessero sacrifici allo spirito del male. Tom Walker, comunque, non era tipo da farsi spaventare da simili timori.

Si sedette a riposarsi sul tronco caduto di una cicuta, ascoltando il il grido raggelante delle raganelle arboree e scavando con il suo bastone da passeggio in un monticello di terra scura ai suoi piedi. Mentre rivoltava incosciamente il terreno, il suo bastone colpì qualcosa di duro. Egli lo tirò fuori dal mucchio di terriccio, ed ecco! Un teschio con un tomahawk indiano ancora conficcato dentro, era lì, proprio di fronte a lui. La ruggine sull'arma dimostrava che molto tempo era passato da quando quel colpo mortale era stato inferto. Esso era un terribile memento della feroce lotta che aveva avuto luogo in quell'ultimo rifugio dei guerrieri indiani.

“Bah!” esclamò Tom Walker e diede un calcio al cranio per ripulirlo dallo sporco.

“Lascia stare quel teschio!” gli intimò una voce arcigna.

Tom sollevò gli occhi e vide un imponente uomo nero, seduto proprio davanti a lui sul ceppo di un albero. Ne rimase estremamente sorpreso, non avendo né visto né sentito avvicinarsi alcuno, ma osservandolo attentamente, per quanto lo permettesse l'oscurità crescente, fu ancora più stupito dal fatto che lo straniero non era né un negro né un indiano. Pur indossando un rozzo abito di foggia vagamente indiana e una cintura o fascia rossa stretta intorno alla vita, il suo volto non era né nero né color rame, ma scuro e nerastro, incrostato di fuliggine come di chi è solito lavorare tra i fuochi delle fucine. Aveva una massa arruffata di capelli neri che spuntavano dalla sua testa in tutte le direzioni e portava un' ascia in spalla.



John Quidor – The Devil and Tom Walker – 1856


Diede a Tom uno sguardo accigliato con i suoi grandi occhi rossi.

“Che stai facendo sulle mie terre?”chiese l'uomo nero con una voce aspra e rabbiosa.

“Le tue terre?” disse Tom, con un ghigno; “non sono più tue che mie: esse appartengono al Diacono Peabody.”

“Il Diacono Peabody, che sia dannato,” inveì lo straniero, ”e sono convinto che egli lo sarà se non sta più attento ai suoi peccati e meno a quelli dei suoi vicini. Guarda davanti a te e vedrai come andrà a finire il Diacono Peabody.”

Tom guardò nella direzione indicata dallo straniero e vide un grande albero, bello e rigoglioso all'esterno, ma marcio dentro e quasi completamente tagliato, tanto che sicuramente sarebbe caduto al primo forte vento. Sulla corteccia dell'albero era inciso il nome del Diacono Peabody. Prese allora a guardarsi intorno e scoprì che la maggior parte degli alberi più alti era segnata con il nome di alcuni grandi uomini della colonia, ed erano stati tutti quasi tagliati dall'ascia. Quello su cui si era seduto, che evidentemente era stato appena abbattuto, portava il nome di Crowninshield; si ricordò di un riccone con quel nome che faceva una grossolana esibizione dei suoi soldi, che si sussurrava avesse guadagnato facendo il bucaniere.

“E' pronto per essere bruciato!” ringhiò trionfante l'uomo nero. “ Come vedi avrò una bella provvista di legna da ardere per l'inverno!”

“Ma che diritto hai,” chiese Tom, “di tagliare gli alberi del diacono Peabody?”

“Il diritto di previo possesso,” rispose l'altro. “ Questo bosco era mio molto prima che uno della vostra razza di facce bianche mettesse piede su questo suolo.”

“Scusa, ma chi sei tu, se mi è concesso chiedere?” disse Tom. “Oh, sono conosciuto con molti nomi. Sono il Cacciatore Selvaggio in alcuni paesi, il Minatore Nero in altri. Da queste parti sono chiamato il Boscaiolo Nero. Sono io quello a cui gli uomini rossi avevano dedicato questo luogo, e ogni tanto arrostivano qualche bianco per farmene un gustoso sacrificio. Da quando gli uomini rossi sono stati sterminati da voi bianchi selvaggi, mi diverto a presiedere le persecuzioni dei quaccheri e degli anabattisti. Sono il grande patrono e consigliere dei mercanti di schiavi e il grande maestro delle streghe di Salem.”

“In conclusione, se non mi sbaglio,” disse Tom, senza timore, “tu sei comunemente chiamato il Diavolo.”

“Proprio lui, al tuo servizio!” replicò l'uomo nero, con un cenno di assenso quasi civile.

Questo fu l'inizio della conversazione, secondo il vecchio racconto, anche se essa ha un tono un po' troppo confidenziale per essere vera. Incontrare un tale personaggio in un luogo così selvaggio e solitario scuoterebbe i nervi di chiunque: ma Tom era un uomo forte, che non si spaventava facilmente, inoltre aveva vissuto così a lungo con una moglie bisbetica, che nemmeno il diavolo poteva fargli paura.

Si dice che dopo questa premessa, essi ebbero una lunga e franca conversazione mentre Tom tornava verso casa. L'uomo nero gli raccontò delle grandi somme di danaro che erano state seppellite dal pirata Kidd, sotto le querce sulla collina non lontana dalla palude. Queste erano sotto il suo controllo e protette dal suo potere, così che nessuno potesse trovarle eccetto quelli che godevano del suo favore. Avendo concepito una particolare predilezione nei confronti di Tom Walker, egli mise queste ricchezze a sua disposizione, ma solo a certe condizioni. Si può facilmente intuire quali fossero queste condizioni, anche se Tom non ne parlò mai pubblicamente. Dovevano essere molto dure, perché egli chiese tempo per pensarci, e non era certo uomo che si facesse troppi scrupoli se c'era di mezzo il denaro. Quando raggiunsero il confine della palude, lo straniero si fermò.

“Che garanzia ho che tutto quello che mi hai detto è vero?” chiese Tom.

“Ecco la mia firma,” disse l'uomo nero, imprimendo il suo dito sulla fronte di Tom. Ciò detto, tornò indietro e si inoltrò fra gli alberi della palude e, come disse Tom, sembrava sprofondare giù, giù, giù nella terra, dapprima se ne poteva vedere la testa e le spalle, poi sparì completamente.

Quando Tom tornò a casa trovò sulla sua fronte l'impronta nera di un dito che niente poté cancellare, tanto che sembrava impressa a fuoco.

La prima notizia che la moglie gli comunicò fu l'improvvisa morte di Absalom Crowninshield, il ricco filibustiere. “Lascia che quel pirata arrostisca,” disse Tom, “a chi importa!” Egli così si convinse che tutto quello che aveva visto e sentito non era un'illusione.

Egli non avrebbe voluto rivelare alla moglie ciò che gli era accaduto, ma questo era un segreto difficile da mantenere e alla fine lo condivise volentieri con lei. Tutta l'avarizia della donna si risvegliò quando sentì menzionare l'oro nascosto e spingeva il marito ad accettare le condizioni poste dall'uomo nero pur di mettere le mani su quel danaro che li avrebbe resi ricchi per tutta la vita.

Sebbene Tom si sentisse disposto a vendersi al diavolo, egli era determinato a non accondiscendere al volere della moglie, così rifiutò nettamente solo per puro spirito di contraddizione. Molte e feroci furono le liti che essi ebbero su quell'argomento, ma più la donna parlava e più Tom era risoluto a non dannarsi l'anima solo per accontentarla. Dopo parecchio tempo, ella decise di condurre l'affare per proprio conto e, nel caso ci fosse riuscita, di tenersi tutto il guadagno per sé.

Avendo lo stesso carattere intemerato del marito, ella partì per il vecchio fortino indiano al crepuscolo di un giorno d'estate. Stette via per molte ore e quando tornò a casa rispose in modo reticente e brusco alle domande del marito. Disse qualcosa a proposito di un uomo nero che aveva incontrato al tramonto mentre stava tagliando un grande albero alle radici. Egli era stato burbero e non era voluto scendere a patti ma le aveva detto di tornare con un'offerta propiziatoria; la donna, comunque, non volle rivelare la natura di quell'offerta.

La sera successiva ella andò di nuovo alla palude, con il grembiule stracarico. Tom la aspettò a lungo, ma invano: venne la mezzanotte, ma la donna non si vide; passò un altro giorno, ma la donna ancora non tornava. Tom incominciò a preoccuparsi per la sua incolumità, specialmente dopo aver scoperto che la moglie aveva nascosto nel suo grembiule la teiera e i cucchiai d'argento, insieme ad ogni articolo di valore trasportabile che si trovava in casa. Passò un'altra notte, arrivò un altro giorno, ma non la moglie. Per farla breve, se ne perse ogni traccia.

Molti pretendevano di sapere cosa le fosse successo, di conseguenza nessuno sapeva quale fosse il suo vero destino. Questo è uno di quei fatti diventato confuso a causa delle contrastanti versioni degli storici. Qualcuno asseriva che la donna aveva perso la strada nei labirinti intricati della palude ed era sprofondata in un pozzo; altri, meno caritatevoli, insinuavano che era fuggita con le ricchezze di famiglia e se l'era svignata in un'altra provincia; altri affermavano che il tentatore l'aveva spinta con l'inganno in un'orrida palude, sulla cui superficie era stato trovato il suo cappello. A conferma di ciò, si diceva che un grande uomo nero con un'ascia in spalla era stato visto uscire dalla palude a tarda sera, trasportando un fagotto legato in un grembiule a scacchi. Sul suo volto c'era un'aria di maligno trionfo.

La storia più comune e probabile, comunque, racconta che Tom Walker divenne così ansioso per la sorte della moglie e dei suoi beni che li cercò per molto tempo nella zona del fortino indiano. Durante un lungo pomeriggio d'estate egli setacciò attentamente quel luogo desolato, ma non trovò traccia della moglie. La chiamò ripetutamente, ma non ci fu alcuna risposta. Solo il tarabuso rispose, mentre passava volando, o il mesto gracidare dei rospi da uno stagno vicino. Alla lunga, si dice, proprio all'imbrunire del giorno, quando i gufi iniziano a chiurlare e i pipistrelli a svolazzare intorno, la sua attenzione fu attratta dal clamore di alcune cornacchie che volteggiavano intorno ad un cipresso. Guardando attentamente vide un fagotto legato in un grembiule a scacchi che pendeva dai rami dell'albero, con un grande avvoltoio saldamente appollaiato affianco, come se stesse facendo la guardia. Fece un salto di gioia perché aveva riconosciuto il grembiule della moglie e immaginò che dentro vi fossero le ricchezze di famiglia.

“Riprendiamoci i nostri beni,” si disse con tono consolatorio, “e ci sforzeremo di fare a meno della moglie.”

Mentre si arrampicava sull'albero, l'avvoltoio aprì le sue ampie ali e volò via gridando nelle fitte ombre della foresta. Tom afferrò il grembiule a scacchi, ma, oh vista tremenda! dentro non vi trovò altro che un cuore e un fegato.

Questo, secondo il racconto più verosimile, fu tutto quello che Tom poté trovare di sua moglie. Ella, probabilmente, aveva cercato di comportarsi con l'uomo nero come era solita fare con il marito, ma anche se una bisbetica è generalmente considerata all'altezza del diavolo, tuttavia, in questa circostanza sembra che la donna avesse avuto la peggio.

Ella doveva essere morta da valorosa, comunque, perché si dice che Tom notò molte impronte di piede caprino intorno all'albero e molti ciuffi di capelli che sembravano essere stati strappati dalla nera criniera del boscaiolo. Tom conosceva per esperienza la forza della moglie e scrollò le spalle mentre guardava i segni dei suoi feroci artigli. “Beh,” disse tre sé,”Il povero diavolo deve aver passato un brutto momento!”

La perdita della moglie lo consolò della perdita dei suoi averi, egli era infatti un uomo di grande forza morale. Sentì perfino qualcosa che somigliava alla gratitudine nei confronti del boscaiolo nero, che, secondo lui, gli aveva fatto una gentilezza. Cercò, pertanto, di coltivare una più intima conoscenza con lui, ma, per un certo tempo, senza successo; il vecchio piede forcuto faceva il timido, perché, contrariamente a quello che pensa la gente, non basta invocarlo per incontrarlo, egli sa come giocare le sue carte per vincere la partita.

Si dice che una sera, quando la lunga attesa aveva stimolato la sua avidità al massimo e lo aveva reso pronto ad accettare tutto pur di mettere le mani sul tesoro promesso, Tom incontrò l'uomo nero nel suo solito abito da boscaiolo, mentre gironzolava sul limitare della palude ascia in spalla, canticchiando un motivetto. Questi finse di ricevere la proposta di Tom con grande indifferenza, rispose in maniera brusca e continuò a canticchiare.

Un poco alla volta, comunque, Tom lo portò a parlare di affari e iniziarono a mercanteggiare sulle condizioni che il diavolo poneva per venire in possesso del tesoro del pirata. C'era una condizione che non è necessario menzionare, essendo generalmente sottintesa in tutti i casi in cui il diavolo concede i suoi favori; ma ce n'erano altre, meno importanti, riguardo alle quali egli era assolutamente irremovibile. Egli insisteva sul fatto che il denaro trovato grazie a lui, dovesse essere impiegato al suo servizio. Pertanto, propose a Tom di investirlo nella tratta degli schiavi e gli ordinò di allestire una nave negriera, cosa che Tom rifiutò risolutamente, egli era sicuramente un cattivo soggetto, ma nemmeno il diavolo poteva spingerlo a diventare un marcante di schiavi.

Visto che Tom era così irremovibile su questo punto, non insistette oltre, ma gli propose, invece, di diventare usuraio; il diavolo, infatti, ha particolarmente a cuore gli usurai, considerandole persone a lui congeniali. La cosa gli piacque tanto che Tom non oppose nessuna alcuna obbiezione.

“Aprirai un ufficio contabile a Boston il mese prossimo,” disse l'uomo nero.

“Lo farò domani, se vuoi,” disse Tom

“Presterai denaro al due per cento al mese.”

“Lo presterò al quattro, invece!” replicò Tom Walker

“Estorcerai garanzie, ti approprierai dei beni ipotecati, porterai i mercanti alla bancarotta-”

“Li manderò al diavolo,” gridò Tom Walker, avidamente.

“Tu sei l'usuraio giusto per il mio denaro!” asserì il piede-forcuto compiaciuto. “Quando vuoi il peculio?”

“Questa notte stessa.”

“D'accordo!” disse il diavolo.

“D'accordo!” acconsentì Tom Walker. Così si strinsero le mani per siglare il contratto.

Dopo pochi giorni Tom Walker era seduto dietro la sua scrivania in un ufficio contabile a Boston. La sua reputazione di uomo ben provvisto di danaro, pronto a prestarlo in cambio di una onesta commissione, si sparse subito in giro. Tutti ricordano i giorni del governatore Belcheriv, quando il denaro era particolarmente scarso. Era il tempo dell'economia di carta. Il paese era stato sommerso da un diluvio di titoli di stato, la famosa Land Bankv era stata fondata; c'era stata una furia speculativa; la gente andava matta per i progetti di nuovi insediamenti; si costruivano città nelle zone più desolate; gli speculatori di beni immobili andavano in giro con mappe di concessioni, città ed Eldorado che nessuno sapeva dove fossero, ma che tutti erano pronti a comprare. In una parola, la grande febbre speculativa che scoppia di tanto in tanto nel paese, era salita ad un livello allarmante e tutti sognavano di fare fortune improvvise dal nulla. Come al solito la febbre cessò, il sogno svanì e con esso le fortune immaginarie, ai pazienti rimasero piaghe dolorose e l'intero paese risuonò dei lamenti sui “tempi difficili.”


esempio di “paper money”


In questo momento di generale difficoltà a lui favorevole, Tom Walker fece il suo ingresso come usuraio. Alla sua porta si accalcarono subito i clienti. I bisognosi e gli avventurieri, gli speculatori e i giocatori d'azzardo, i piccoli commercianti e i grandi mercanti ormai senza credito; in breve, tutti coloro che erano costretti ad ottenere denaro con mezzi disperati e disperati sacrifici, correvano da Tom Walker.

Così Tom divenne l'amico di tutti i bisognosi e si comportò come un “amico nel bisogno;” cioè egli esigeva sempre buoni pagamenti e buone garanzie. La durezza delle sue condizioni era proporzionale alle difficoltà del richiedente. Accumulava garanzie e ipoteche, pian piano spremeva i suoi clienti come spugne e quando erano completamente a secco li cacciava dalla sua casa.

In questo modo egli fece denaro a piene mani, divenne un uomo ricco potente e il cambiamento gli fece alzare la cresta. Si fece costruire, come al solito, una grande casa solo per ostentazione, ma la lasciò in gran parte incompiuta e senza mobili per avarizia. Nel pieno della sua vanagloria acquistò perfino una carrozza, ma faceva quasi morire di fame i cavalli che la tiravano, mentre le ruote senza grasso cigolavano e stridevano sugli assi di legno così che sembrava di sentire le anime dei poveri debitori che egli stava spremendo.

Man mano che invecchiava, Tom diventò pensieroso. Essendosi accaparrato i beni di questo mondo, incominciò a sentirsi ansioso per quelli dell'altro. Ripensava con grande rammarico al patto stretto con il suo nero amico e si arrovellava cercando un modo per sfuggirgli. Pertanto, iniziò tutto d'un colpo a frequentare assiduamente la chiesa. Pregava ad alta voce con quanto fiato aveva in corpo, come se il paradiso potesse essere conquistato con la forza dei polmoni. Si poteva sempre indovinare quale settimana avesse peccato di più dal clamore della sue devozioni domenicali. I tranquilli cristiani che avevano viaggiato verso Sionvi in maniera modesta e costante, biasimavano se stessi vedendosi superare da questo convertito novo di zecca. Tom era rigido nelle questioni religiose come in quelle pecuniarie: era un severo supervisore e censore dei suoi vicini e sembrava pensare che ogni peccato che veniva loro addebitato fosse accreditato a suo favore. Parlò perfino dell'opportunità di riprendere la persecuzione dei quaccheri e degli anabattisti. In una parola, lo zelo di Tom divenne notorio come le sue ricchezze.

Eppure, a dispetto di tutta questa sua strenua attenzione alle forme, Tom temeva in cuor suo che il diavolo, alla fine, avrebbe avuto ciò che gli spettava. Si dice che tenesse sempre una piccola bibbia nella tasca della giacca, per non essere preso alla sprovvista. Aveva anche una granda bibbia in folio sulla scrivania del suo ufficio, che leggeva spesso, ma quando arrivavano i clienti, appoggiava i suoi occhiali verdi sul libro, per tenere il segno, e riprendeva il suo lavoro da usuraio.
Si racconta che Tom diventò un po' strano con la vecchiaia, infatti, pensando che la fine dei suoi giorni stesse arrivando, aveva fatto seppellire il suo cavallo ferrato a nuovo, sellato, imbrigliato e con le zampe in aria perché pensava che nel giorno del giudizio il mondo si sarebbe capovolto, nel qual caso il suo cavallo sarebbe stato pronto per essere cavalcato ed era determinato, nel peggiore dei casi, a far fare una bella corsa al suo vecchio amico prima di essere acciuffato. Ma questa, forse, è solo una favola e se egli prese veramente questa precauzione, essa si dimostrò totalmente inutile, almeno, così racconta la leggenda autentica che conclude la storia come segue.

In un torrido pomeriggio canicolare, proprio mentre si avvicinava un cupo temporale, Tom sedeva nel suo ufficio indossando una papalina di lino bianco e una vestaglia di seta indiana. Era sul punto di appropriarsi di un'ipoteca, completando così la rovina di uno speculatore verso cui egli aveva professato la più grande amicizia. La povera vittima lo pregò di dargli qualche mese di respiro, al che Tom diventò irascibile e stizzoso e rifiutò anche un sol giorno di proroga.

“La mia famiglia sarà rovinata e ridotta a vivere della pubblica assistenza,” disse lo speculatore. “La carità inizia a casa propria,” replicò Tom, “Ho l'obbligo di aver cura di me stesso in questi tempi difficili.”

“Avete fatto tanto denaro grazie a me,” gli ricordò lo speculatore.

Tom perse la pazienza e la pietà-”Che il diavolo mi prenda,” gridò Tom, “se ne ho ricavato un centesimo.”

Proprio in quel momento ci furono tre possenti colpi alla porta sulla strada. Egli uscì per vedere chi fosse. Un uomo nero teneva per le briglie un cavallo nero che nitriva e scalpitava con impazienza.

“Tom, sono venuto a prenderti!” disse il nero compare, con voce aspra. Tom si ritrasse, ma era troppo tardi. Aveva lasciato la sua piccola bibbia in fondo alla tasca della giacca mentre la grande bibbia sulla scrivania era seppellita sotto l'ipoteca che si era rifiutato di prorogare: mai peccatore fu preso più alla sprovvista. L'uomo nero sollevò Tom come un bambino e lo mise a cavalcioni del nero stallone che galoppò via nella tempesta. Gli impiegati riposero le penne dietro l'orecchio e andarono alle finestre per seguirlo con lo sguardo. Intanto Tom Walker si precipitava al galoppo giù per le strade, con la papalina che andava su e giù, la vestaglia che fluttuava nel vento e gli zoccoli del cavallo che scoccavano scintille sull'acciottolato ad ogni balzo. Quando gli impiegati si voltarono in cerca dell'uomo nero, questi era sparito.


John Quidor – The Devil and Tom Walker – 1856


Tom Walker non tornò mai più a prendersi l'ipoteca. Un contadino che viveva ai margini della palude raccontò che proprio al culmine della tempesta aveva sentito un calpestio di zoccoli e urla forsennate lungo la strada. Quando era andato alla finestra aveva visto un uomo, simile a quello che ho descritto, su un cavallo che galoppava furiosamente attraverso i campi, su per le colline e poi giù nella palude delle cicute nere, verso il fortino indiano. Poco dopo un fulmine era caduto in quella direzione e l'intera foresta aveva preso fuoco.

La brava gente di Boston scuoteva la testa e scrollava le spalle, ma erano stati per tanto tempo abituati alle streghe, ai folletti e agli inganni del diavolo nelle sue forme più svariate fin dal primo insediamento della colonia, che non ne furono sconvolti come ci si sarebbe aspettati. I fiduciari incaricati di curare i beni di Tom non trovarono niente da amministrare: frugando nei suoi bauli trovarono le garanzie e le ipoteche ridotte in cenere; al posto dell'oro e dell'argento la sua cassaforte era piena di trucioli e segatura; nella stalla c'erano due scheletri al posto dei suoi due ronzini e il giorno seguente la sua grande casa fu completamente distrutta dal fuoco.


 John Quidor – The Devil and Tom Walker – 1856


Questa fu la fine di Tom e della sua ricchezza mal guadagnata. Tutti gli avidi speculatori dovrebbero imparare a memoria questa storia, della cui veridicità nessuno può dubitare. Il buco sotto le querce, da cui Tom scavò il denaro del pirata Kidd, è visibile anche oggi. Nelle notti di tempesta, la vicina palude e il vecchio fortino indiano sono spesse infestate da un cavaliere che indossa una vestaglia e una papalina bianca, che è senza dubbio il tormentato spirito dell'usuraio.
Questa storia, infatti, è diventata proverbiale ed è all'origine del detto popolare, conosciuto in tutto il New England, “Il diavolo e Tom Walker.”

_________________________________________________________________________________


i William Kidd (Greenock, 22 gennaio 1645 – Londra, 23 maggio 1701) è stato un pirata scozzese.Fu uno dei più famosi pirati di sempre. Inizialmente fu incaricato di combattere contro i pirati, ma poi si diede egli stesso alla pirateria, fu catturato e giustiziato.
ii Nel 1727, da ottobre a dicembre, il territorio del New England fu funestato da una serie di terremoti che furono vissuti dalla popolazione come il segno della punizione divina e vi furono vere e proprie conversioni di massa.
iii Le rivolte indiane del 1676 guidate da re Filippo capo Metacomet e che per poco non ributtarono in mare i coloni inglesi, si conclusero proprio in quella palude con il massacro degli indiani e l'uccisione del loro capo.
iv Jonathan Belcher (8 gennaio 1682-31 agosto 1775) fu governatore coloniale del Massachusetts Bay, New Hampshire e New Jersey. Personaggio controverso, fu fiero oppositore della Land Bank, invisa al Parlamento inglese.
v Le Land Bank furono fondate dalle autorità del Massachussets dal 1714 al 1728 e adottate anche dalle altre colonie del New England. Queste banche nacquero con l'intento di sopperire alla penuria di hard money (sterlina inglese) con denaro di carta garantito dalla proprietà immobiliare dei debitori che avevano dieci anni di tempo per ripagare il prestito al tasso del 5 per cento. Questo danaro si svalutò molto rispetto alla sterlina, rendendolo vantaggioso per i debitori e svantaggioso per i creditori. Quando nel 1741 il Parlamento inglese proibì al governatore di acconsentire ad altre banche pubbliche, fu aperta una land bank privata che emise tanto denaro da creare una grave crisi inflazionistica. Il Parlamento intervenne per chiudere questa Land Bank, facendo entrare lo stato in una profonda crisi economica.
vi Collina nei pressi di Gerusalemme, qui sta ad indicare la città celeste.

Nessun commento:

Posta un commento