Il diavolo, naturalmente...
La nuova storia che vi
propongo, “The Devil and Tom Walker,” scritta da Washington
Irving, appartiene a Tales of a Traveller (1824)
e si trova nella sezione dei “Money Diggers.” Essa è considerata
dalla critica contemporanea fra le cose migliori scritte da Irving.
Questa deliziosa favola nera ricca di ironia e colpi di scena,
ambientata in America al tempo delle colonie, può sembrare, a una
lettura superficiale, un edificante sermoncino contro l'avidità di
danaro, avendo come protagonista un usuraio, Tom Walker appunto,
pronto a vendere la sua anima al diavolo in cambio del tesoro del
pirata Kidd.
Noi
lettori contemporanei vi possiamo trovare sconcertanti somiglianze
con i “tempi difficili” che stiamo vivendo: sconsiderate
speculazioni immobiliari, carenza di liquidità, economia di carta,
sfrenata corsa all'arricchimento, finché la bolla si sgonfia
lasciando solo disastri; il terreno ideale, insomma, per un usuraio
senza scrupoli come Tom Walker.
Altrettanto
moderno è il linguaggio usato per suggerire lo spirito del tempo:
Irving parla, infatti, di una “febbre” speculativa che colpisce
indiscriminatamente i coloni del New England, così come noi oggi
parliamo di “contagio” per descrivere la crisi che stiamo
vivendo.
Ma
questo è solo una delle tematiche proposte dall'autore. Tom Walker
sembra scavare nell'incoscio collettivo della giovane nazione
americana, come suggerisce l'avverbio “unconsciously,” che
descrive con il linguaggio che sarà della psicoanalisi l'ossessione
compulsiva del protagonista sempre alla ricerca di tesori nascosti. E
dal buco che egli scava esce fuori il peccato originale dell'America:
il genocidio degli indiani.
Contrariamente
a quanto ci si aspetterebbe, qui gli indiani non sono i “noble
savages” cari all'illuminismo e alla letteratura romantica. Essi
sono selvaggi e crudeli, adoratori di Satana a cui offrono sacrifici
umani: sono i favoriti del diavolo, che invece disprezza quella
”razza di facce bianche” venuta a massacrare i suoi protetti e a
rubare le loro terre, e pertanto ancora più selvaggia e crudele
degli stessi uomini rossi. Qui il diavolo rappresenta, anche
fisicamente, la cattiva coscienza di tutto un popolo. Egli indossa
abiti di foggia indiana e la sua ascia è simile ad un tomawok, la sua
pelle, però, non è rossa, ma nera del fumo dell'inferno e neri sono
i suoi crespi capelli, a ricordare l'altro crimine collettivo dei
coloni: la tratta e il commercio degli schiavi.
Molte
altre sono le colpe che il diavolo imputa a Tom Walker e ai suoi
compatrioti: pirateria, persecuzioni religiose, i roghi delle
streghe, un'accumulazione capitalistica primitiva e violenta, a cui
tutto viene sacrificato, anche la propria anima. Del resto anche la
vita ultraterrena è concepita in termini mercantilistici, essi sono
“beni,” i peccati sono “addebitati,” i meriti sono
“accreditati,” proprio come in una partita doppia.
Ma naturalmente è
solo un “vecchio racconto,” la cui veridicità è ironicamente
comprovata dal buco scavato dal protagonista nella nera palude dove
incontrò il diavolo e che, secondo il narratore, è tutt'ora
visibile.
IL
DIAVOLO E TOM WALKER
di
Washington
Irving
(1824)
Jasper Francis Cropsey
(artist)
American, 1823 - 1900
Autumn - On the Hudson River, 1860
American, 1823 - 1900
Autumn - On the Hudson River, 1860
A poche miglia da Boston,
nel Massachusetts, c'è una profonda insenatura che si snoda per
diverse miglia da Charles Bay verso l'interno del paese e termina in
una zona acquitrinosa, o palude, ricoperta di alberi. Su un lato di
questa insenatura c'è un fitto boschetto, sul lato opposto il
terreno si alza improvvisamente dalla superficie dell'acqua a formare
un alto crinale su cui crescono alcune querce vetuste e maestose.
Sotto uno di questi giganteschi alberi, secondo i vecchi racconti,
c'era un enorme tesoro sepolto dal pirata Kiddi.
L'insenatura aveva reso facile trasportare il denaro con una barca,
in segreto e di notte, fino ai piedi della collina. La posizione
elevata del luogo permetteva di controllare che non ci fosse nessuno
nelle vicinanze, mentre quegli alberi eccezionali formavano un buon
punto di riferimento per ritrovare agevolmente il posto. I vecchi
racconti aggiungono, poi, che il diavolo presidiava quel nascondiglio
e lo teneva sotto la sua sorveglianza; ma, come tutti sanno, questa è
una cosa che egli fa sempre con i tesori nascosti, specialmente
quando sono mal guadagnati. Ma sia come sia, Kidd non tornò mai a
riprendere le sue ricchezze, infatti, poco dopo fu catturato a Boston
e spedito in Inghilterra dove fu impiccato per pirateria.
Nell'anno 1727, circa,
proprio nel periodo in cui i terremoti erano frequenti nel New
England e facevano cadere in ginocchio molti incalliti peccatoriii,
viveva lì vicino un miserabile avaro di nome Tom Walker. Aveva
questi una moglie avara come lui ed erano entrambi tanto avari da
derubarsi l'un l'altro. La donna nascondeva tutto quello su cui
riusciva a mettere le mani: una gallina non poteva fare coccodè che
già lei era in allerta per impossessarsi dell'uovo appena deposto.
Suo marito frugava continuamente dappertutto per scoprire i suoi
bottini nascosti e c'erano molte liti feroci su quello che avrebbe
dovuto essere di proprietà comune. Vivevano in una casa isolata
dall'aspetto desolato e circondata da un'aria di carestia. Pochi
stentati alberi di sambuco, simbolo di sterilità,vi crescevano
intorno; non un fil di fumo usciva dal camino, non un viaggiatore si
fermava alla porta. Un cavallo macilento, dalle costole sporgenti
simili alle barre di una griglia, gironzolava in un campo dove un
sottile tappeto di muschio, che a malapena ricopriva il fondo
irregolare di ciottoli, stuzzicava e lasciava insaziata la sua fame;
a volte sporgeva la testa oltre lo steccato e, guardando pietosamente
i passanti, sembrava implorare la liberazione da quella terra di
fame. La casa e i suoi abitanti avevano una pessima fama. La moglie
di Tom era un'insopportabile megera, di temperamento aggressivo,
lingua tagliente e braccia robuste. La sua voce era spesso udita
altercare con il marito, la cui faccia a volte mostrava chiari segni
che le loro liti non si limitavano alle parole. Nessuno, comunque,
osava mettersi in mezzo, il viandante rabbrividiva all'orribile
clamore e al rumore delle percosse, gettava un'occhiata di traverso
all'antro della discordia e riprendeva in fretta il suo cammino,
felice, se scapolo, del suo celibato.
Un giorno Tom Walker si
era recato in una parte distante del vicinato e per tornare a casa
prese quella che gli sembrava una scorciatoia attraverso la palude.
Come la maggior parte delle scorciatoie, risultò essere una pessima
scelta. La palude era fittamente punteggiata di oscuri pini e cicute,
alcuni alti fino a novanta piedi, cosa che rendeva il luogo buio a
mezzogiorno facendone il rifugio di tutti i gufi del vicinato.
C'erano pozzi e sabbie mobili ovunque, in parte ricoperti di alghe e
muschio e quella superficie verde spesso attirava ingannevolmente il
viaggiatore in un abisso di fango nero e soffocante. C'erano, poi,
stagni di acqua putrida, dimore di girini, rospi e serpenti d'acqua,
dove i tronchi dei pini e delle cicute giacevano sommersi e putridi a
metà, simili ad alligatori che dormono nella mota.
Tom si era mosso a lungo
con cautela attraverso questa insidiosa foresta, passando da un
ciuffo all'altro di giunchi e radici che offrivano un precario
appoggio fra le profonde pozze di fango, oppure muovendosi con
cautela, come un gatto, lungo i tronchi caduti, sobbalzando di tanto
in tanto al grido improvviso di un tarabuso o al verso di un'anatra
selvatica che si levava in volo da qualche stagno solitario.
Finalmente arrivò su un pezzo di terra solida, che si stendeva come
una penisola fino al centro della palude. Era stato uno dei capisaldi
degli indiani durante le loro guerre contro i primi coloni. Qui essi
avevano tirato su una specie di fortino, che consideravano quasi
imprendibile
tanto da usarlo come
rifugio per le loro squwa e i loro bambiniiii.
Niente rimaneva del fortino degli
indiani se non alcuni
terrapieni che stavano lentamente affondando fino al livello del
terreno circostante ed erano già in parte ricoperti di querce e
altri alberi della foresta, il cui fogliame contrastava nettamente
con i cupi pini e le cicute della palude.
Stava per calare la sera
quando Tom Walker giunse al vecchio fortino e si fermò lì per
riposarsi un poco. Chiunque altro avrebbe desistito dal sostare in
quel luogo solitario e malinconico; la gente comune, infatti, ne
aveva una cattiva opinione a causa delle storie tramandate dai tempi
delle guerre indiane, quando si asseriva che i selvaggi vi
celebrassero incantesimi e facessero sacrifici allo spirito del male.
Tom Walker, comunque, non era tipo da farsi spaventare da simili
timori.
Si sedette a riposarsi
sul tronco caduto di una cicuta, ascoltando il il grido raggelante
delle raganelle arboree e scavando con il suo bastone da passeggio in
un monticello di terra scura ai suoi piedi. Mentre rivoltava
incosciamente il terreno, il suo bastone colpì qualcosa di duro.
Egli lo tirò fuori dal mucchio di terriccio, ed ecco! Un teschio con
un tomahawk indiano ancora conficcato dentro, era lì, proprio di
fronte a lui. La ruggine sull'arma dimostrava che molto tempo era
passato da quando quel colpo mortale era stato inferto. Esso era un
terribile memento della feroce lotta che aveva avuto luogo in
quell'ultimo rifugio dei guerrieri indiani.
“Bah!” esclamò Tom
Walker e diede un calcio al cranio per ripulirlo dallo sporco.
“Lascia stare quel
teschio!” gli intimò una voce arcigna.
Tom sollevò gli occhi e
vide un imponente uomo nero, seduto proprio davanti a lui sul ceppo
di un albero. Ne rimase estremamente sorpreso, non avendo né visto
né sentito avvicinarsi alcuno, ma osservandolo attentamente, per
quanto lo permettesse l'oscurità crescente, fu ancora più stupito
dal fatto che lo straniero non era né un negro né un indiano. Pur
indossando un rozzo abito di foggia vagamente indiana e una cintura
o fascia rossa stretta intorno alla vita, il suo volto non era né
nero né color rame, ma scuro e nerastro, incrostato di fuliggine
come di chi è solito lavorare tra i fuochi delle fucine. Aveva una
massa arruffata di capelli neri che spuntavano dalla sua testa in
tutte le direzioni e portava un' ascia in spalla.
John
Quidor – The Devil and Tom Walker – 1856
Diede a Tom uno sguardo
accigliato con i suoi grandi occhi rossi.
“Che stai facendo sulle
mie terre?”chiese l'uomo nero con una voce aspra e rabbiosa.
“Le tue terre?” disse
Tom, con un ghigno; “non sono più tue che mie: esse appartengono
al Diacono Peabody.”
“Il Diacono Peabody,
che sia dannato,” inveì lo straniero, ”e sono convinto che egli
lo sarà se non sta più attento ai suoi peccati e meno a quelli dei
suoi vicini. Guarda davanti a te e vedrai come andrà a finire il
Diacono Peabody.”
Tom guardò nella
direzione indicata dallo straniero e vide un grande albero, bello e
rigoglioso all'esterno, ma marcio dentro e quasi completamente
tagliato, tanto che sicuramente sarebbe caduto al primo forte vento.
Sulla corteccia dell'albero era inciso il nome del Diacono Peabody.
Prese allora a guardarsi intorno e scoprì che la maggior parte degli
alberi più alti era segnata con il nome di alcuni grandi uomini
della colonia, ed erano stati tutti quasi tagliati dall'ascia. Quello
su cui si era seduto, che evidentemente era stato appena abbattuto,
portava il nome di Crowninshield; si ricordò di un riccone con quel
nome che faceva una grossolana esibizione dei suoi soldi, che si
sussurrava avesse guadagnato facendo il bucaniere.
“E' pronto per essere
bruciato!” ringhiò trionfante l'uomo nero. “ Come vedi avrò
una bella provvista di legna da ardere per l'inverno!”
“Ma che diritto hai,”
chiese Tom, “di tagliare gli alberi del diacono Peabody?”
“Il diritto di previo
possesso,” rispose l'altro. “ Questo bosco era mio molto prima
che uno della vostra razza di facce bianche mettesse piede su questo
suolo.”
“Scusa, ma chi sei tu,
se mi è concesso chiedere?” disse Tom. “Oh, sono conosciuto con
molti nomi. Sono il Cacciatore Selvaggio in alcuni paesi, il Minatore
Nero in altri. Da queste parti sono chiamato il Boscaiolo Nero. Sono
io quello a cui gli uomini rossi avevano dedicato questo luogo, e
ogni tanto arrostivano qualche bianco per farmene un gustoso
sacrificio. Da quando gli uomini rossi sono stati sterminati da voi
bianchi selvaggi, mi diverto a presiedere le persecuzioni dei
quaccheri e degli anabattisti. Sono il grande patrono e consigliere
dei mercanti di schiavi e il grande maestro delle streghe di Salem.”
“In conclusione, se non
mi sbaglio,” disse Tom, senza timore, “tu sei comunemente
chiamato il Diavolo.”
“Proprio lui, al tuo
servizio!” replicò l'uomo nero, con un cenno di assenso quasi
civile.
Questo fu l'inizio della
conversazione, secondo il vecchio racconto, anche se essa ha un tono
un po' troppo confidenziale per essere vera. Incontrare un tale
personaggio in un luogo così selvaggio e solitario scuoterebbe i
nervi di chiunque: ma Tom era un uomo forte, che non si spaventava
facilmente, inoltre aveva vissuto così a lungo con una moglie
bisbetica, che nemmeno il diavolo poteva fargli paura.
Si dice che dopo questa
premessa, essi ebbero una lunga e franca conversazione mentre Tom
tornava verso casa. L'uomo nero gli raccontò delle grandi somme di
danaro che erano state seppellite dal pirata Kidd, sotto le querce
sulla collina non lontana dalla palude. Queste erano sotto il suo
controllo e protette dal suo potere, così che nessuno potesse
trovarle eccetto quelli che godevano del suo favore. Avendo concepito
una particolare predilezione nei confronti di Tom Walker, egli mise
queste ricchezze a sua disposizione, ma solo a certe condizioni. Si
può facilmente intuire quali fossero queste condizioni, anche se Tom
non ne parlò mai pubblicamente. Dovevano essere molto dure, perché
egli chiese tempo per pensarci, e non era certo uomo che si facesse
troppi scrupoli se c'era di mezzo il denaro. Quando raggiunsero il
confine della palude, lo straniero si fermò.
“Che garanzia ho che
tutto quello che mi hai detto è vero?” chiese Tom.
“Ecco la mia firma,”
disse l'uomo nero, imprimendo il suo dito sulla fronte di Tom. Ciò
detto, tornò indietro e si inoltrò fra gli alberi della palude e,
come disse Tom, sembrava sprofondare giù, giù, giù nella terra,
dapprima se ne poteva vedere la testa e le spalle, poi sparì
completamente.
Quando Tom tornò a casa
trovò sulla sua fronte l'impronta nera di un dito che niente poté
cancellare, tanto che sembrava impressa a fuoco.
La prima notizia che la
moglie gli comunicò fu l'improvvisa morte di Absalom Crowninshield,
il ricco filibustiere. “Lascia che quel pirata arrostisca,” disse
Tom, “a chi importa!” Egli così si convinse che tutto quello che
aveva visto e sentito non era un'illusione.
Egli non avrebbe voluto
rivelare alla moglie ciò che gli era accaduto, ma questo era un
segreto difficile da mantenere e alla fine lo condivise volentieri
con lei. Tutta l'avarizia della donna si risvegliò quando sentì
menzionare l'oro nascosto e spingeva il marito ad accettare le
condizioni poste dall'uomo nero pur di mettere le mani su quel danaro
che li avrebbe resi ricchi per tutta la vita.
Sebbene Tom si sentisse
disposto a vendersi al diavolo, egli era determinato a non
accondiscendere al volere della moglie, così rifiutò nettamente
solo per puro spirito di contraddizione. Molte e feroci furono le
liti che essi ebbero su quell'argomento, ma più la donna parlava e
più Tom era risoluto a non dannarsi l'anima solo per accontentarla.
Dopo parecchio tempo, ella decise di condurre l'affare per proprio
conto e, nel caso ci fosse riuscita, di tenersi tutto il guadagno per
sé.
Avendo lo stesso
carattere intemerato del marito, ella partì per il vecchio fortino
indiano al crepuscolo di un giorno d'estate. Stette via per molte ore
e quando tornò a casa rispose in modo reticente e brusco alle
domande del marito. Disse qualcosa a proposito di un uomo nero che
aveva incontrato al tramonto mentre stava tagliando un grande albero
alle radici. Egli era stato burbero e non era voluto scendere a patti
ma le aveva detto di tornare con un'offerta propiziatoria; la donna,
comunque, non volle rivelare la natura di quell'offerta.
La sera successiva ella
andò di nuovo alla palude, con il grembiule stracarico. Tom la
aspettò a lungo, ma invano: venne la mezzanotte, ma la donna non si
vide; passò un altro giorno, ma la donna ancora non tornava. Tom
incominciò a preoccuparsi per la sua incolumità, specialmente dopo
aver scoperto che la moglie aveva nascosto nel suo grembiule la
teiera e i cucchiai d'argento, insieme ad ogni articolo di valore
trasportabile che si trovava in casa. Passò un'altra notte, arrivò
un altro giorno, ma non la moglie. Per farla breve, se ne perse ogni
traccia.
Molti pretendevano di
sapere cosa le fosse successo, di conseguenza nessuno sapeva quale
fosse il suo vero destino. Questo è uno di quei fatti diventato
confuso a causa delle contrastanti versioni degli storici. Qualcuno
asseriva che la donna aveva perso la strada nei labirinti intricati
della palude ed era sprofondata in un pozzo; altri, meno
caritatevoli, insinuavano che era fuggita con le ricchezze di
famiglia e se l'era svignata in un'altra provincia; altri affermavano
che il tentatore l'aveva spinta con l'inganno in un'orrida palude,
sulla cui superficie era stato trovato il suo cappello. A conferma di
ciò, si diceva che un grande uomo nero con un'ascia in spalla era
stato visto uscire dalla palude a tarda sera, trasportando un
fagotto legato in un grembiule a scacchi. Sul suo volto c'era un'aria
di maligno trionfo.
La storia più comune e
probabile, comunque, racconta che Tom Walker divenne così ansioso
per la sorte della moglie e dei suoi beni che li cercò per molto
tempo nella zona del fortino indiano. Durante un lungo pomeriggio
d'estate egli setacciò attentamente quel luogo desolato, ma non
trovò traccia della moglie. La chiamò ripetutamente, ma non ci fu
alcuna risposta. Solo il tarabuso rispose, mentre passava volando, o
il mesto gracidare dei rospi da uno stagno vicino. Alla lunga, si
dice, proprio all'imbrunire del giorno, quando i gufi iniziano a
chiurlare e i pipistrelli a svolazzare intorno, la sua attenzione fu
attratta dal clamore di alcune cornacchie che volteggiavano intorno
ad un cipresso. Guardando attentamente vide un fagotto legato in un
grembiule a scacchi che pendeva dai rami dell'albero, con un grande
avvoltoio saldamente appollaiato affianco, come se stesse facendo
la guardia. Fece un salto di gioia perché aveva riconosciuto il
grembiule della moglie e immaginò che dentro vi fossero le ricchezze
di famiglia.
“Riprendiamoci i nostri
beni,” si disse con tono consolatorio, “e ci sforzeremo di fare a
meno della moglie.”
Mentre si arrampicava
sull'albero, l'avvoltoio aprì le sue ampie ali e volò via gridando
nelle fitte ombre della foresta. Tom afferrò il grembiule a
scacchi, ma, oh vista tremenda! dentro non vi trovò altro che un
cuore e un fegato.
Questo, secondo il
racconto più verosimile, fu tutto quello che Tom poté trovare di
sua moglie.
Ella,
probabilmente, aveva cercato di comportarsi con l'uomo nero come era
solita fare con il marito, ma anche se una bisbetica è generalmente
considerata all'altezza del diavolo, tuttavia, in questa circostanza
sembra che la donna avesse avuto la peggio.
Ella doveva essere morta
da valorosa, comunque, perché si dice che Tom notò molte impronte
di piede caprino intorno all'albero e molti ciuffi di capelli che
sembravano essere stati strappati dalla nera criniera del boscaiolo.
Tom conosceva per esperienza la forza della moglie e scrollò le
spalle mentre guardava i segni dei suoi feroci artigli. “Beh,”
disse tre sé,”Il povero diavolo deve aver passato un brutto
momento!”
La perdita della moglie
lo consolò della perdita dei suoi averi, egli era infatti un uomo di
grande forza morale. Sentì perfino qualcosa che somigliava alla
gratitudine nei confronti del boscaiolo nero, che, secondo lui, gli
aveva fatto una gentilezza. Cercò, pertanto, di coltivare una più
intima conoscenza con lui, ma, per un certo tempo, senza successo; il
vecchio piede forcuto faceva il timido, perché, contrariamente a
quello che pensa la gente, non basta invocarlo per incontrarlo, egli
sa come giocare le sue carte per vincere la partita.
Si dice che una sera,
quando la lunga attesa aveva stimolato la sua avidità al massimo e
lo aveva reso pronto ad accettare tutto pur di mettere le mani sul
tesoro promesso, Tom incontrò l'uomo nero nel suo solito abito da
boscaiolo, mentre gironzolava sul limitare della palude ascia in
spalla, canticchiando un motivetto. Questi finse di ricevere la
proposta di Tom con grande indifferenza, rispose in maniera brusca e
continuò a canticchiare.
Un poco alla volta,
comunque, Tom lo portò a parlare di affari e iniziarono a
mercanteggiare sulle condizioni che il diavolo poneva per venire in
possesso del tesoro del pirata. C'era una condizione che non è
necessario menzionare, essendo generalmente sottintesa in tutti i
casi in cui il diavolo concede i suoi favori; ma ce n'erano altre,
meno importanti, riguardo alle quali egli era assolutamente
irremovibile. Egli insisteva sul fatto che il denaro trovato grazie a
lui, dovesse essere impiegato al suo servizio. Pertanto, propose a
Tom di investirlo nella tratta degli schiavi e gli ordinò di
allestire una nave negriera, cosa che Tom rifiutò risolutamente,
egli era sicuramente un cattivo soggetto, ma nemmeno il diavolo
poteva spingerlo a diventare un marcante di schiavi.
Visto che Tom era così
irremovibile su questo punto, non insistette oltre, ma gli propose,
invece, di diventare usuraio; il diavolo, infatti, ha particolarmente
a cuore gli usurai, considerandole persone a lui congeniali. La cosa
gli piacque tanto che Tom non oppose nessuna alcuna obbiezione.
“Aprirai un ufficio
contabile a Boston il mese prossimo,” disse l'uomo nero.
“Lo farò domani, se
vuoi,” disse Tom
“Presterai denaro al
due per cento al mese.”
“Lo presterò al
quattro, invece!” replicò Tom Walker
“Estorcerai garanzie,
ti approprierai dei beni ipotecati, porterai i mercanti alla
bancarotta-”
“Li manderò al
diavolo,” gridò Tom Walker, avidamente.
“Tu sei l'usuraio
giusto per il mio denaro!” asserì il piede-forcuto compiaciuto.
“Quando vuoi il peculio?”
“Questa notte stessa.”
“D'accordo!” disse il
diavolo.
“D'accordo!”
acconsentì Tom Walker. Così si strinsero le mani per siglare il
contratto.
Dopo pochi giorni Tom
Walker era seduto dietro la sua scrivania in un ufficio contabile a
Boston. La sua reputazione di uomo ben provvisto di danaro, pronto a
prestarlo in cambio di una onesta commissione, si sparse subito in
giro. Tutti ricordano i giorni del governatore Belcheriv,
quando il denaro era particolarmente scarso. Era il tempo
dell'economia di carta. Il paese era stato sommerso da un diluvio di
titoli di stato, la famosa Land Bankv
era stata fondata; c'era stata una furia speculativa; la gente andava
matta per i progetti di nuovi insediamenti; si costruivano città
nelle zone più desolate; gli speculatori di beni immobili andavano
in giro con mappe di concessioni, città ed Eldorado che nessuno
sapeva dove fossero, ma che tutti erano pronti a comprare. In una
parola, la grande febbre speculativa che scoppia di tanto in tanto
nel paese, era salita ad un livello allarmante e tutti sognavano di
fare fortune improvvise dal nulla. Come al solito la febbre cessò,
il sogno svanì e con esso le fortune immaginarie, ai pazienti
rimasero piaghe dolorose e l'intero paese risuonò dei lamenti sui
“tempi difficili.”
esempio di “paper money”
In questo momento di
generale difficoltà a lui favorevole, Tom Walker fece il suo
ingresso come usuraio. Alla sua porta si accalcarono subito i
clienti. I bisognosi e gli avventurieri, gli speculatori e i
giocatori d'azzardo, i piccoli commercianti e i grandi mercanti ormai
senza credito; in breve, tutti coloro che erano costretti ad ottenere
denaro con mezzi disperati e disperati sacrifici, correvano da Tom
Walker.
Così Tom divenne l'amico
di tutti i bisognosi e si comportò come un “amico nel bisogno;”
cioè egli esigeva sempre buoni pagamenti e buone garanzie. La
durezza delle sue condizioni era proporzionale alle difficoltà del
richiedente. Accumulava garanzie e ipoteche, pian piano spremeva i
suoi clienti come spugne e quando erano completamente a secco li
cacciava dalla sua casa.
In questo modo egli fece
denaro a piene mani, divenne un uomo ricco potente e il cambiamento
gli fece alzare la cresta. Si fece costruire, come al solito, una
grande casa solo per ostentazione, ma la lasciò in gran parte
incompiuta e senza mobili per avarizia. Nel pieno della sua
vanagloria acquistò perfino una carrozza, ma faceva quasi morire di
fame i cavalli che la tiravano, mentre le ruote senza grasso
cigolavano e stridevano sugli assi di legno così che sembrava di
sentire le anime dei poveri debitori che egli stava spremendo.
Man mano che invecchiava,
Tom diventò pensieroso. Essendosi accaparrato i beni di questo
mondo, incominciò a sentirsi ansioso per quelli dell'altro.
Ripensava con grande rammarico al patto stretto con il suo nero amico
e si arrovellava cercando un modo per sfuggirgli. Pertanto, iniziò
tutto d'un colpo a frequentare assiduamente la chiesa. Pregava ad
alta voce con quanto fiato aveva in corpo, come se il paradiso
potesse essere conquistato con la forza dei polmoni. Si poteva sempre
indovinare quale settimana avesse peccato di più dal clamore della
sue devozioni domenicali. I tranquilli cristiani che avevano
viaggiato verso Sionvi
in maniera modesta e costante, biasimavano se stessi vedendosi
superare da questo convertito novo di zecca. Tom era rigido nelle
questioni religiose come in quelle pecuniarie: era un severo
supervisore e censore dei suoi vicini e sembrava pensare che ogni
peccato che veniva loro addebitato fosse accreditato a suo favore.
Parlò perfino dell'opportunità di riprendere la persecuzione dei
quaccheri e degli anabattisti. In una parola, lo zelo di Tom divenne
notorio come le sue ricchezze.
Eppure, a dispetto di
tutta questa sua strenua attenzione alle forme, Tom temeva in cuor
suo che il diavolo, alla fine, avrebbe avuto ciò che gli spettava.
Si dice che tenesse sempre una piccola bibbia nella tasca della
giacca, per non essere preso alla sprovvista. Aveva anche una granda
bibbia in folio sulla scrivania del suo ufficio, che leggeva spesso,
ma quando arrivavano i clienti, appoggiava i suoi occhiali verdi sul
libro, per tenere il segno, e riprendeva il suo lavoro da usuraio.
Si racconta che Tom
diventò un po' strano con la vecchiaia, infatti, pensando che la
fine dei suoi giorni stesse arrivando, aveva fatto seppellire il suo
cavallo ferrato a nuovo, sellato, imbrigliato e con le zampe in aria
perché pensava che nel giorno del giudizio il mondo si sarebbe
capovolto, nel qual caso il suo cavallo sarebbe stato pronto per
essere cavalcato ed era determinato, nel peggiore dei casi, a far
fare una bella corsa al suo vecchio amico prima di essere acciuffato.
Ma questa, forse, è solo una favola e se egli prese veramente questa
precauzione, essa si dimostrò totalmente inutile, almeno, così
racconta la leggenda autentica che conclude la storia come segue.
In un torrido pomeriggio
canicolare, proprio mentre si avvicinava un cupo temporale, Tom
sedeva nel suo ufficio indossando una papalina di lino bianco e una
vestaglia di seta indiana. Era sul punto di appropriarsi di
un'ipoteca, completando così la rovina di uno speculatore verso cui
egli aveva professato la più grande amicizia. La povera vittima lo
pregò di dargli qualche mese di respiro, al che Tom diventò
irascibile e stizzoso e rifiutò anche un sol giorno di proroga.
“La mia famiglia sarà
rovinata e ridotta a vivere della pubblica assistenza,” disse lo
speculatore. “La carità inizia a casa propria,” replicò Tom,
“Ho l'obbligo di aver cura di me stesso in questi tempi difficili.”
“Avete fatto tanto
denaro grazie a me,” gli ricordò lo speculatore.
Tom perse la pazienza e
la pietà-”Che il diavolo mi prenda,” gridò Tom, “se ne ho
ricavato un centesimo.”
Proprio in quel momento
ci furono tre possenti colpi alla porta sulla strada. Egli uscì per
vedere chi fosse. Un uomo nero teneva per le briglie un cavallo nero
che nitriva e scalpitava con impazienza.
“Tom, sono venuto a
prenderti!” disse il nero compare, con voce aspra. Tom si ritrasse,
ma era troppo tardi. Aveva lasciato la sua piccola bibbia in fondo
alla tasca della giacca mentre la grande bibbia sulla scrivania era
seppellita sotto l'ipoteca che si era rifiutato di prorogare: mai
peccatore fu preso più alla sprovvista. L'uomo nero sollevò Tom
come un bambino e lo mise a cavalcioni del nero stallone che galoppò
via nella tempesta. Gli impiegati riposero le penne dietro l'orecchio
e andarono alle finestre per seguirlo con lo sguardo. Intanto Tom
Walker si precipitava al galoppo giù per le strade, con la papalina
che andava su e giù, la vestaglia che fluttuava nel vento e gli
zoccoli del cavallo che scoccavano scintille sull'acciottolato ad
ogni balzo. Quando gli impiegati si voltarono in cerca dell'uomo
nero, questi era sparito.
John Quidor
– The Devil and Tom Walker – 1856
Tom Walker non tornò mai
più a prendersi l'ipoteca. Un contadino che viveva ai margini della
palude raccontò che proprio al culmine della tempesta aveva sentito
un calpestio di zoccoli e urla forsennate lungo la strada. Quando era
andato alla finestra aveva visto un uomo, simile a quello che ho
descritto, su un cavallo che galoppava furiosamente attraverso i
campi, su per le colline e poi giù nella palude delle cicute nere,
verso il fortino indiano. Poco dopo un fulmine era caduto in quella
direzione e l'intera foresta aveva preso fuoco.
La brava gente di Boston
scuoteva la testa e scrollava le spalle, ma erano stati per tanto
tempo abituati alle streghe, ai folletti e agli inganni del diavolo
nelle sue forme più svariate fin dal primo insediamento della
colonia, che non ne furono sconvolti come ci si sarebbe aspettati. I
fiduciari incaricati di curare i beni di Tom non trovarono niente da
amministrare: frugando nei suoi bauli trovarono le garanzie e le
ipoteche ridotte in cenere; al posto dell'oro e dell'argento la sua
cassaforte era piena di trucioli e segatura; nella stalla c'erano due
scheletri al posto dei suoi due ronzini e il giorno seguente la sua
grande casa fu completamente distrutta dal fuoco.
John Quidor
– The Devil and Tom Walker – 1856
Questa fu la fine di Tom
e della sua ricchezza mal guadagnata. Tutti gli avidi speculatori
dovrebbero imparare a memoria questa storia, della cui veridicità
nessuno può dubitare. Il buco sotto le querce, da cui Tom scavò il
denaro del pirata Kidd, è visibile anche oggi. Nelle notti di
tempesta, la vicina palude e il vecchio fortino indiano sono spesse
infestate da un cavaliere che indossa una vestaglia e una papalina
bianca, che è senza dubbio il tormentato spirito dell'usuraio.
Questa storia, infatti, è
diventata proverbiale ed è all'origine del detto popolare,
conosciuto in tutto il New England, “Il diavolo e Tom Walker.”
i
William Kidd (Greenock, 22 gennaio 1645 – Londra, 23 maggio
1701) è stato un pirata scozzese.Fu uno dei più famosi pirati di
sempre. Inizialmente fu incaricato di combattere contro i pirati, ma
poi si diede egli stesso alla pirateria, fu catturato e giustiziato.
ii
Nel 1727, da ottobre a dicembre, il territorio del New England fu
funestato da una serie di terremoti che furono vissuti dalla
popolazione come il segno della punizione divina e vi furono vere e
proprie conversioni di massa.
iii
Le rivolte indiane del 1676 guidate da re Filippo capo Metacomet e
che per poco non ributtarono in mare i coloni inglesi, si
conclusero proprio in quella palude con il massacro degli indiani e
l'uccisione del loro capo.
iv
Jonathan Belcher (8 gennaio
1682-31 agosto 1775) fu governatore coloniale del Massachusetts Bay,
New Hampshire e New Jersey. Personaggio controverso, fu fiero
oppositore della Land Bank, invisa al Parlamento inglese.
v
Le Land Bank furono fondate dalle autorità del
Massachussets dal 1714 al 1728 e adottate anche dalle altre colonie
del New England. Queste banche nacquero con l'intento di sopperire
alla penuria di hard money (sterlina inglese) con denaro di carta
garantito dalla proprietà immobiliare dei debitori che avevano
dieci anni di tempo per ripagare il prestito al tasso del 5 per
cento. Questo danaro si svalutò molto rispetto alla sterlina,
rendendolo vantaggioso per i debitori e svantaggioso per i
creditori. Quando nel 1741 il Parlamento inglese proibì al
governatore di acconsentire ad altre banche pubbliche, fu aperta una
land bank privata che emise tanto denaro da creare una grave crisi
inflazionistica. Il Parlamento intervenne per chiudere questa Land
Bank, facendo entrare lo stato in una profonda crisi economica.
vi
Collina nei pressi di Gerusalemme, qui sta ad indicare la città
celeste.
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