sabato 22 dicembre 2018

Buone feste 2018






Buone feste a tutti...

...e buona lettura:

*un classico senza tempo e per tutte le età  scritto dall'uomo che inventò il Natale: CANTICO di NATALE di Charlre Dickens.

*Natale porta doni, ma cosa fare se in casa non c'è un soldo? La penna beffarda di O. Henry ci racconta le disavventure di due giovani sposi squattrinati ne 
 IL DONO dei MAGI, piccolo classico  sospeso tra romanticismo e ironia.

* Per i più piccoli IL SARTO DI GLOUCESTER, una deliziosa fiaba della famosa illustratrice Beatrix Potter, dove un gruppo di operosi topini aiuta un povero sarto a finire il suo lavoro, tra allegri canti e maliziose fistrocche. 

venerdì 19 ottobre 2018

Trasformzione




In uno specchio oscuro



'Transfrmation' (in italiano Metamorfosi o Trasformazine) di Mary Shelley fu pubblicato nella rivista The Keepsake nel 1831.

Il racconto è ambientato nello splendido scenario di una Genova ricca di colori e luce, affacciata sull'intenso blu del Mediterraneo.
Mary Shelley giunse a Genova nel settembre 1822 e vi restò quasi un anno. Aveva 25 anni, era già nota per il suo romanzo storico Valperga e per Frankenstein, che l’anno seguente, rientrata in patria, vide rappresentato per la prima volta a teatro a Londra.
A darle supporto morale ed economico c'era lord Byron, amico di famiglia che le era stato accanto durante la cremazione della salma del marito Percy avvenuta pochi giorni prima a Viareggio, e stabilitosi anche lui a Genova, in una villa contigua a quella dove Mary abitava col figlioletto Percy.
Nel 1822-23 i due scrittori – lo racconta lei – passeggiavano insieme scendendo verso il mare da quella che oggi è via Zara, Byron meditando imprese poetiche e politiche, Mary inconsolabile e infreddolita, perché non aveva abbastanza denaro per scaldare con la legna la grande villa Negrotto che divideva con gli amici Hunt. Byron la aiutava facendole trascrivere i capitoli del suo Don Juan, e di altre sue opere. E proprio trascrivendo un dramma di Byron, The Deformed Transformed, rimasto incompiuto, Mary trovò ispirazione per Trasformazione.
Racconto gotico macabro e sinistro, Trasformation narra le vicende di Guido, nobile genovese che, preso da un impulso incontrollabile, confessa ai lettori la terribile esperienza che ha completamente trasformato la sua vita. Orfano di padre, cresce nella casa del ricco Torella e di sua figlia Juliet. Tra i due bambini si crea un forte legame affettivo. Diventato adulto Guido, venuto in possesso della sua eredità, lascia Genova per Parigi, dove vive nei piaceri e nello sfarzo. Avendo sperperato la sua ricchezza, ritorna a Genova per reclamare la mano della celestiale Juliet, ma quando Torella cerca di porre un limite al suo stile di vita, il suo temperamento Byronico lo spinge a vendicarsi del suo benefattore e decide di rapire Juliet. Scoperto, viene bandito dalla città. Mentre vaga lungo la riva del mare, solo e senza mezzi, assiste ad una terribile tempesta e dal mare emerge una strana figura a cavalcioni di un baule. Superando l'orrore iniziale, Guido accetta il patto demonico del nano deforme: gli cederà le sue sembianze apollinee per tre giorni in cambio dell'oro contenuto nel baule, non per sete di ricchezza, ma per portare a termine la sua vendetta contro Torella. Ben presto Guido capisce la terribile verità: il nano non è che la materializzazione della sua parte oscura, causa di tutte le sue disgrazie. Mentre le loro identità si fondono sempre di più, Transformation conquista il suo posto nella storia della letteratura del Doppelgänger.


Sul web ho trovato un'interessante biografia illustrata di Mary Shelley






Trasformazione

di

Mary Shelley [1831]

 

Federico Faruffini - Sordello e Cunizza, 1864




Immediatamente la mia persona fu presa
Da una terribile agonia,
Che mi forzò a dare inizio al mio racconto
E alla fine mi abbandonò.



Da allora, ad una certa ora,
Quell'agonia ritorna;
E finché la mia agghiacciante storia non è narrata,
Il cuore dentro mi brucia.
Coleridge: La ballata del vecchio marinaio (1798)






Ho sentito dire che, quando ad un essere umano accade un'avventura strana, soprannaturale e negromantica, quell'essere, per quanto possa desiderare di nasconderla, in certi momenti si sente scosso, per così dire, da una specie di terremoto intellettuale, ed è costretto a denudare i profondi recessi del suo spirito a qualcun altro. Io sono testimone di questa verità. Ho solennemente giurato a me stesso di non rivelare mai ad orecchie umane gli orrori a cui una volta, in un eccesso di demoniaco orgoglio, mi sono esposto. Il sant'uomo che raccolse la mia confessione e mi riconciliò con la chiesa, ora è morto. Nessuno sa che una volta… Perché non dovrebbe essere così? Perché raccontare una storia riguardante l'empia tentazione della Provvidenza e la mortificante umiliazione. Perché? Rispondetemi, voi che siete edotti nei segreti della natura umana! Io so solo che è così, e a dispetto della mia ferma decisione… dell'orgoglio che fin troppo mi domina… della vergogna e perfino della paura, a costo di rendermi odioso ai miei simili… devo parlare.

venerdì 27 luglio 2018

Rip Van Winkle



Il lungo sonno





RipVan Winkle (1819) fa parte della raccolta di racconti intitolata The Sketch Book of Geoffrey Crayon (Il libro degli schizzi di Geoffrey Crayon) ed è certamente uno dei racconti più conosciuti di Washington Irving (1783 – 1859), considerato il primo scrittore della neonata democrazia americana. Nato egli stesso pochi mesi prima della fine della rivoluzione americana (1776 – 1783), venne chiamato Washington in onore del generale eroe della guerra e primo presidente degli Stati Uniti. Ma chi si aspettasse di trovare una storia ispirata da ideali patriottici e nazionalistici, sbaglierebbe. Irving osserva la giovane democrazia americana con occhio critico, denunciandone i limiti, in particolare il peccato originale della distruzione dei popoli indigeni e dello schiavismo (Ildiavolo e Tom Walker, mio blog 26-02-2012).
La storia, sebbene ambientata nello stato di New York negli anni a cavallo della rivoluzione americana, quando l'influenza culturale olandese era ancora forte, è basata su un racconto della tradizione tedesca: Peter Klaus, il guardiano di capre (nel mio blog Time for Tales)
 
L'autore finge di aver trovato il racconto nelle carte di Diedrich Knickerbocker, vecchio gentiluomo di New York, interessato alle tradizioni locali, ma nella nota finale ammette che potrebbe basarsi su una vecchia leggenda tedesca "riguardante l'imperatore Federico Barbarossa e la montagna del Kypphaüser," ma si tratta evidentemente di  una falsa pista, anche se nel testo di Irving la figura dell'imperatore è sostituita da quella del capo degli spiriti della Kaatskill Mountains, l'esploratore olandese Hendrik Hudson, che fu abbandonato nella valle dell'Hudson dopo l'ammutinamento della sua ciurma (1611).
Irving fu per questo accusato di plagiarismo, e tuttavia Rip Van Winkle è uno dei miti fondanti della nuova democrazia americana. Il nostro eroe, che al lavoro proficuo preferisce dedicarsi alla caccia e alle chiacchiere da osteria, si addormenta suddito di sua maestà per risvegliarsi cittadino degli Stati Uniti. Sfruttando l'escamotage letterario del sonno miracoloso*, Irving punta il dito contro la nuova etica utilitaristica e puritana della rivoluzione americana, che in nome del guadagno e dell’attivismo reprime ciò che è abitudinario e con esso i piccoli piaceri della vita.



*La tematica del sonno miracoloso è presente possiamo dire da sempre nella letteratura e nel folklore occidentale (e non solo):
*** Plutarco e Diogene Laerzio ci tramandano il mito di Epimenide che da giovane, inviato dal padre a rintracciare una pecora nei campi, si addormentò in una caverna e dormì per cinquantasette anni. Oggi Epimenide è ricordato per il rompicapo di logica conosciuto come "paradosso del mentitore."

*** Endimione, il principe pastore di cui si innamorò Selene, dea della luna, sprofondò in un sonno ed una giovinezza eterna. Ogni notte Selene scendeva dall'alto dei cieli per fargli visita. Il mito fu celerato anche dal poeta Keats nel lungo poema Endymion (1818)
*** Ma la leggenda più conosciuta, tanto da essere citata anche nel Corano, è quella dei Sette dormienti, che racconta la leggenda di sette giovani cristiani che per sfuggire alle persecuzioni dell'imperatore Decio (249-251) si rifugiarono in una caverna presso Efeso e si ridestarono dopo un sonno di quasi due secoli, quando regnava l'imperatore cristiano Teodosio II (408-450)
♥♥♥ Tutti conosciamo la favola de La bella addormentata nel bosco nella versione di Charles Perrault (I racconti di mamma l'oca, 1697), in quella dei fratelli Grimm (Fiabe del focolare, 1812)
*** Woody Allen nel film Il dormiglione (1973) descrive le esilaranti avventure di un uomo che viene svegliato dallo stato di ibernazione dopo 200 anni, situazione molto simile a quella di Philip J. Fry, l'imbranatissimo protagonista del cartone animato Futurama, etc…






RIP VAN WINKLE

UNO SCRITTO POSTUMO DI DIEDRICH KNICKERBOCKER

di

Washington  Irving, 1819



Illustrazione di John Quidor (1849)


[Il seguente racconto fu ritrovato tra le carte del defunto Diedrich Knickerbocker, un vecchio gentiluomo di New York, che era molto interessato alla storia olandese della provincia e alle usanze dei discendenti dei suoi primi coloni. Le sue ricerche storiche, comunque, non si basano tanto sui libri quanto sugli uomini, perché i primi sono terribilmente scarsi riguardo ai suoi argomenti preferiti, laddove trovò i vecchi cittadini, e ancor più le loro mogli, così ricchi di quel sapere leggendario inestimabile per la vera storia. Pertanto, ogni volta che si imbatteva in una genuina famiglia olandese, confortevolmente rintanata nella sua fattoria dal tetto basso, sotto l'ampia chioma di un sicomoro, la considerava alla stregua di un volumetto a caratteri gotici chiuso da un fermaglio, e la studiava con lo zelo di un topo di biblioteca.

venerdì 25 maggio 2018

Il Grande Carbonchio


La magnifica ossessione







Il grande carbonchio (The Great Carbuncle, noto anche come Gran Rubino, Il gran carbonchio, La leggenda del grande rubino), è un racconto breve di Nathaniel Hawthorne contenuto in Racconti narrati due volte (Twice-Told Tales - 1842), in cui l'autore riunì racconti che erano stati già pubblicati in forma anonima su riviste letterarie o in raccolte annuali (soprattutto su "The Token", un libro strenna natalizio). Il titolo, verosimilmente, fu ispirato dal dramma shakespiriano Re Giovanni (atto III, scena 4), dove un personaggio afferma che “Life is as tedious as a twice-told tale, / Vexing the dull ear of a drowsy man.” ("La vita è noiosa come una storia narrata due volte, che infastidisce l'orecchio pigro d'uno già mezzo addormentato").

I racconti si ispirano a tradizioni locali, poi trascritte dall'autore. Nel caso del Il Grande Carbonchio, Hawthorne, come egli stesso precisa nella nota al titolo, afferma di ispirarsi ad una leggenda indiana “troppo selvaggia e troppo bella per essere adeguatamente rielaborata in prosa.” Tra boschi incontaminati, fiumi impetuosi e aspre cime inviolate, il variegato passato europeo si fonde con l'incanto della natura selvaggia e con gli echi delle culture native per dare forma ai protagonisti della nuova America. 

 

La storia, ambientata nella metà del seicento, si svolge in quel New England che rappresenta il cuore della giovane nazione americana, e narra di un gruppo di otto avventurieri arrivati alle pendici delle Montagne di Cristallo attratti dall'antica leggenda indiana del Grande Carbonchio, un rubino meraviglioso la cui luce incorona la cima più alta delle Crystal Hills e che li ha attirati a sé come la fiamma fa con la falena. E a quel fuoco rischieranno di bruciarsi tutti.

Come in un Morality Play*, i nomi dei personaggi alludono ai vizi e alle virtù che essi rappresentano. Così, il ricco mercante che sguazza nelle suo monete d'argento come il maiale nel fango, si chiama Pigsnort. Il dottor Cacaphodel è un alchimista che persegue la conquista della gemma per usarlo nei suoi folli esprimenti. Il Cercatore, il rude uomo delle montagne, mezzo uomo e mezzo animale, ha trascorso la sua vita all'inseguimento della gemma che vuol portare a morire con sé nel buio di una caverna. Il poeta, ha attraversato il mare nella speranza che la luce del rubino gli ridia l'ispirazione persa. Lord de Vere, rappresenta l'albagia di un'aristocrazia ormai morente, e vuole la gemma per illuminare i simboli dell'antica gloria. Matthew e Hannah, giovani sposi semplici e diretti come i loro nomi, sono la nota stonata di questo folle gruppo, ma anche loro hanno subito il fascino della pietra meravigliosa, che vogliono conquistare per illuminare, notte e giorno, il loro umile nido d'amore. Infine c'è il Cinico che, in onore al suo nome, si prende gioco di tutti ed è arrivato lì, dopo un lungo viaggio, solo per dimostrare che il Grande Carbonchio non esiste. Alla fine, secondo la legge del contrappasso, tutti avranno ciò che meritano, a meno di rendersi conto della loro follia e rinunciare al Grande Carbonchio.


Curiosità:

Il racconto è stato di nuovo raccontato da  Sylvia Plath (1932 – 1963) nella poesia The Great Carbuncle, scritto dopo un viaggio nello  Yorkshire, in cui la poetessa esplora l'atmosfera irreale della brughiera paragonandola alla luce trasfigurante del Grande Carbonchio. 







Il Grande Carbonchio.[1]
Un misero delle Montagne Bianche.



Saatchi Art Artist Hilary Baker; Painting, “The Great Carbuncle (after Hawthorne)

Al calare della notte, una volta, tanto tempo fa, sull'impervio versante di una delle colline di Cristallo1, un gruppo di avventurieri si stava ristorando dopo una faticosa e infruttuosa ricerca del Grande Carbonchio2. Erano arrivati lì, non come amici, non come soci nell'impresa, ma ognuno, salve una giovane coppia, sospinto dal proprio egoistico e solitario desiderio per questa stupefacente gemma. Il loro senso di cameratismo, comunque, era abbastanza forte da indurli ad un mutuo contributo per la costruzione di un rozzo capanno di rami e per accendere un grande fuoco con il legno di pini sradicati che erano scesi giù per la corrente precipitosa del fiume Amonoosuck3, sulla cui riva inferiore si accingevano a trascorrere la notte. Non ce n'era che uno, forse, che era diventato così estraneo al naturale sentimento di solidarietà, a causa del totalizzante coinvolgimento di quella ricerca, da non provare alcuna soddisfazione alla vista di volti umani, nella remota e solitaria regione a cui erano giunti.

lunedì 9 aprile 2018

La finestra sbarrata


 

Il racconto La finestra sbarrata ("TheBoarded Window: An Incident in the Life of an Ohio Pioneer") dello scrittore americano Ambrose 'Bitter' Bierce (1842-1914), fu pubblicato nel 1891, dapprima nel San Francisco Examiner, per entrare a far parte, in quello stesso anno, della raccolta Tales of Soldiers and Civilians.

La storia è ambientata in una località, ai tempi (siamo nel 1830) ancora selvaggia, dell'Ohio, ricoperta da boschi incontaminati, non distante dalla città di Cincinnati e dove lo stesso autore e la sua famiglia avevano vissuto fino al 1846. Sono i tempi della conquista del west, quando la 'frontiera' avanza verso ovest, sospinta da pionieri, cercatori d'oro, gruppi religiosi alla ricerca della loro terra promessa, giovani tanto avventurosi quanto ancora inesperti della vita. 'Bitter' Bierce ci mostra l'altra faccia dell'epopea del west, fatta di povertà, fatica quotidiana, una natura incontaminata ed ostile, territori e panorami sconosciuti, insediamenti isolati dove la morte è sempre in agguato, sotto forma di malattie, epidemie o animali selvatici. Ma è anche una storia di orrore, rimorso ed espiazione che si dipana sul filo della mamoria.



La vicenda ci viene raccontata da un narratore in prima persona, che ci riferisce di fatti appresi nella sua infanzia da suo nonno. Abbiamo, quindi, un doppio punto di vista, quello del narratore da bambino, irrazionale ed emotivo, e quello del narratore da adulto, che basandosi sui pochi dettagli appresi dal nonno, cercherà di ricostruire non tanto la storia, che ormai fa parte del folklore locale, quanto la psicologia dei protagonisti, che è la vera chiave di questo racconto breve, intenso e carico di mistero.

Links:

Su YouTube ci sono diverse versioni del testo, a me è piaciuta questa 

The Ambrose Bierce Project, sito deicato all'autore e alle sue opere, con molti contributi critici e per la didattica

VOAlearningEnglish: PDF contenente una presentazione didattica della storia






 
La finestra sbarrata

di
Ambrose Bierce

 
Home in the Woods, 1847 - Thomas Cole





Nel 1830, a solo poche miglia da quella che oggi è la grande città di Cincinnati, si trova un'immensa e quasi incontaminata foresta.
L'intera regione era scarsamente abitata da gente della frontiera – anime inquiete che non appena riuscivano a strappare case minimamente abitabili alla natura selvaggia e a raggiungere quel grado di prosperità che oggi chiameremmo indigenza, venivano costretti da un misterioso impulso della loro natura ad abbandonare tutto ed erano sospinti ancora più ad ovest andando incontro a nuovi pericoli e privazione nel tentativo di riguadagnare le povere comodità a cui avevano volontariamente rinunciato. Molti di loro avevano già abbandonato la regione per insediamenti più remoti, ma tra coloro che rimanevano ce n'era uno che era stato tra i primi ad arrivare. Viveva da solo in una capanna di tronchi circondata sui quattro lati dalla grande foresta, della cui ombra e silenzio sembrava essere parte, perché nessuno lo aveva mai visto sorridere o udito pronunciare una parola di troppo. I suoi semplici bisogni erano soddisfatti con la vendita o il baratto di pelli di animali selvatici nella città sul fiume, perché non coltivava niente su quella terra che, se necessario, avrebbe potuto reclamare come legittima proprietà. C'erano tracce di 'migliorie' – pochi acri di terreno intorno alla casa erano stati a suo tempo diboscati, e i ceppi sgretolati degli alberi abbattuti erano per metà coperti da quelli nuovi che erano stati risparmiati per rimediare alla rovina causata dall'ascia. Apparentemente lo zelo dell'uomo per l'agricoltura era stato alimentato da una fiamma caduca, spentasi in ceneri penitenziali.

mercoledì 21 marzo 2018

Una leggenda del 1805



Napoleone all'improvviso


I racconti del Wessex (Wessex Tales, 1888) fu la prima raccolta di racconti brevi pubblicati da Thomas Hardy. Contrariamente ai suoi romanzi, queste storie sono ambientate in un tempo anteriore al 1840, prima che la rivoluzione industriale cambiasse radicalmente il paesaggio naturale e morale del suo Wessex, l'antico regno sassone, comprendente oggi quattro contee: Somerset, Hampshire, Wiltshire e il Dorset. Esso costituisce allo stesso tempo una realtà unificante e uno scenario protagonista dove ambientare i suoi racconti popolati da personaggi ormai archiviati dal progresso: contrabbandieri, pastori, contadini, artigiani, cantastorie e perdigiorno.
In una brughiera punteggiata da villaggi sperduti e spazzata dal vento prendono vita i protagonista di sette racconti (A Tradition of Eighteen Hundred and Four; The Melancholy Hussar of the German Legion; The Withered Arm; Fellow-Townsmen; Interlopers at the Knap; The Distracted Preacher ), di volta in volta comici, macabri, ironici ed elegiaci.
Una leggenda del 1805 (ATradition of Eighteen Hundred and Four), è il racconto che apre la raccolta e che dà la cifra narrativa: queste 'cronache dell'immaginazione' sono presentate da un narratore-cantastorie, che non coincide con l'autore ma che è a sua volta una vera e propria dramatis persona che attinge ad un materiale pre-testuale, formato dal ricco patrimonio folcloristico del Dorset, raccogliendolo soprattutto dalla voce dei vecchi. Quella voce conserva un ruolo preminente, vista le sua funzione produttiva, rispetto a quella ricettiva dell'ascoltatore-collezionista. Il racconto diventa così un'esperienza collettiva, fulcro della comunità, dove la memoria diventa protagonista e mette in relazione gli uomini, creando un ponte fra passato e presente, tanto che le vicende narrate non sono 'cronaca', ma sono la storia di questo territorio concreto e magico al tempo stesso, fino ad intrecciarsi con la storia ufficiale e a sostituirsi ad essa.
Ed è così che questo Proust della brughiera ci racconta come dieci anni prima, in una notte di pioggia, si sia rifugiato nell'osteria del villaggio e qui, lui e gli altri avventori, interrompendo le loro 'chiacchiere peregrine,' abbiano raccolto l'incredibile storia del vecchio Solomon Selby. Il vecchio, a sua vota, racconta di vicende accadute nella sua lontana giovinezza, ai tempi delle guerre napoleoniche, quando 'l'orco corso' aveva deciso di invadere l'Inghilterra. E in una particolare notte, appena illuminata dalla luna, il ragazzo e lo zio, di guardia al solitario ovile della famiglia a picco su una baia nascosta, sono testimoni di un evento incredibile, mai riportato sui libri di storia: Napoleone in persona sbarcato per cercare il migliore approdo per la sua flotta di zattere, che al lettore di oggi ricordano da vicino quelle che sbarcheranno in Normandia più di cento anni dopo, quando inglesi e francesi non saranno più nemici ma alleati contro il nazismo. 
 

 La poetica di Hardy

Thomas Hardy (1840 - 1928) nasce in una famiglia di piccoli proprietari terrieri nel Dorsetshire, terra che ritorna nei suoi romanzi come l’idilliaco mondo rurale del Wessex, l'antico regno sassone di re Alfredo il grande, dove trascorrerà la maggior parte della vita. Studiò architettura a Londra, ma ben presto abbandonò gli studi per dedicarsi alla sua vera passione: la letteratura.
Nel 1871 pubblica Via dalla pazza folla (Far from the Madding Crowd) che dà inizio alla fase più originale della sua opera: romanzo pastorale e melodrammatico che pone in primo piano la storia di contadini consumati dall’asprezza del lavoro e da sogni ingannevoli sulla crescita sociale.
Hardy visse in un'età di transizione. La rivoluzione industriale stava ormai radicalmente trasformando l'agricoltura: le campagne si spopolavano a favore delle città, causando la disintegrazione delle tradizioni e dei costumi rurali che aveva significato stabilità e sicurezza per la gente comune. Le nuove teorie scientifiche, in primis il Darwinismo, stavano scuotendo dalle fondamenta i capisaldi ideologici e culturali della società inglese; nuovi competitors, come la Germania e gli Stati Uniti, minacciavano la supremazia industriale ed economica dell'Inghilterra; alla fine del secolo l'impero, al suo apogeo, iniziava a tremare sotto le spinte indipendentiste dei paesi assoggettai.
Veniva meno l'ottimismo che aveva caratterizzato la prima fase della rivoluzione industriale e che aveva accomunato lo scrittore e il suo pubblico, il cui campione era stato Dickens che, pur criticando gli aspetti negativi della società vittoriana, non aveva mai perso fiducia nella capacità di autoaffermazione dell'individuo e nel riformismo sociale.
Per Hardy, invece, compito dello scrittore era quello di illustrare "il contrasto tra la vita ideale desiderata da un uomo e quella reale e squallida che egli era destinato ad avere"; un destino ostile, maligno, che finisce con l'annientamento della felicità e della speranza. I suoi ultimo romanzi, Tess of the D’Urbervilles (1891) e Jude the Obscure (1895) sono così pessimisti da suscitare critiche tanto negative da indurlo da abbandonare per sempre la prosa per dedicarsi solo alla poesia.
I suoi personaggi si confrontano con una natura sorda e distante, a sua volta sottoposta ai suoi ritmi e alle sue leggi, del tutto indifferente all'umana sofferenza. Tuttavia, coloro che riescono a vivere in armonia con il loro ambente sono di solito più saggi e più felici, e sono gli unici capaci di una palingenesi morale attraverso il dolore.
Accanto all'importanza della natura, Hardy pone l'accento sul concetto di tempo, un tempo transeunte, mutevole, fatto di momenti. Le gioie della vita sono transitorie e la felicità di un momento è trasformata in dolore un attimo dopo. Anche le donne, nella loro disperata ricerca dell'amore, concorrono a questo inevitabile destino di infelicità, essendo più fragili e più esposte dell'uomo alla potenza della passioni.



Una leggenda del 1805
di
Thomas Hardy




La possibilità ampiamente dibattuta di un'invasione dell'Inghilterra attraverso un tunnel sotto il Canale mi ha spesso richiamato alla mente la storia del vecchio Solomon Selby*.
Ebbi l'occasione di annoverarmi tra suoi ascoltatori una sera in cui era seduto nel sonnecchioso angolo accanto al caminetto nella cucina della locanda, con pochi altri lì convenuti, ed io entrai per ripararmi dalla pioggia. Rimuovendo il cannello della pipa dall'incavo tra i denti in cui era abitualmente posizionato, si ritrasse nella nicchia dietro di lui e sorrise verso il fuoco. Il suo sorriso non era né gioioso né malinconico, non esattamente divertito né del tutto pensieroso. Noi che lo conoscevamo lo notammo all'istante: era il suo sorriso narrativo. Interrompendo immediatamente le nostre chiacchiere peregrine, ci avvicinammo e lui iniziò:
Mio padre, come voi sapete, ha fatto il pastore per tutta la vita e ha vissuto nei pressi della baia, a quattro miglia da qui, dove sono nato e vissuto, fino a quando mi sono trasferito da queste parti poco prima di sposarmi. Il cottage dove sono venuto al mondo si trovava in cima alla collina, vicino al mare, non c'era una casa nel raggio di due chilometri, era stato costruito proprio per accogliere il pastore della fattoria, e non aveva altra destinazione. Mi dicono che ora l'hanno buttato giù, ma si può ancora vedere dov'era dai cumuli di terra e alcuni mattoni rotti che ancora si trovano lì intorno. Era un posto desolato e cupo in inverno, ma d'estate era abbastanza bello, sebbene l'orto fosse piuttosto stentato, perché non eravamo riusciti a tirar su un buon riparo per le verdure e i ribes, che non prosperano dove c'è troppo vento.


Fisherman's House at Varengeville, Monet 1882

sabato 24 febbraio 2018

Le isole volanti


Chekhov ride
Leisole volanti di Anton Chekhov apparve per la prima volta nel 1883 nella rivista russa Budilnik. Nel 1888, all'età di soli 28 anni, Chekhov aveva pubblicato la bellezza di 528 racconti, metà dei quali umoristici. Senza pretese, pieni di vivacità e inventiva, sono ben noti al pubblico russo, ma ignorati dagli editori e dai lettori occidentali, da cui Chekhov è stato sempre considerato solamente come un genio malinconico e uno studioso dell'umana infelicità. Questi racconti, invece, rivelano la sua piena padronanza del registro comico: parodie oltraggiose con un finale a sorpresa, satire sovversive che anticipano le attitudini antiautoritarie dei suoi lavori più maturi, escursioni nell'assurdo che alludono ai suoi dialoghi teatrali.
Il racconto è una comica parodia, che pretende di essere la traduzione in russo di un'avventura spaziale di Jules Verne. Il romanzo preso di mira è senza dubbio 'DallaTerra alla Luna' (De la Terre à la Lune, trajet direct en 97 heures 20 minutes) del 1865, ma prende altresì di mira quella pretesa tutta russa di essere stati i primi a fare tutto.
Il protagonista è un eccentrico scozzese di nome John Lund, che intende bucare la Luna con un succhiello gigantesco, non si sa bene perché. Insieme al suo immancabile maggiordomo, è invitato da un stravagante scienziato russo con pretese di tuttologia, Walter Bolvanius, ad esplorare non la luna, ma delle misteriose isole volanti visibili solo attraverso il suo telescopio. Invece del proiettile di alluminio di Verne, i nostri eroi viaggiano in un cubo di rame appeso a tre palloni aerostatici. Le cose, però, non andranno affatto secondo i piani, e dopo essersi illusi di “aver surclassato Colombo,” scopriranno, ahiloro, di non essere affatto i primi ad aver tentato l'impresa.
Curiosità:
A partire dalla metà dell’Ottocento, si comincia a discutere della possibilità che la Terra abbia o meno un secondo satellite naturale. Nel 1846, Frederic Petit, direttore dell’osservatorio di Tolosa, affermò di aver scoperto una seconda luna della Terra. In generale, gli astronomi ignorarono queste teorie, e l’idea sarebbe stata ben presto dimenticata se un giovane scrittore francese, Jules Verne, non ne avesse letto un riassunto. Nel suo celebre romanzo “De la Terre à la Lune”, Verne racconta che un piccolo oggetto, un secondo satellite naturale, passò vicino alla capsula spaziale su cui viaggiavano i tre coraggiosi protagonisti diretti sulla Luna. 
 
Per saperne di più:

⭕Per approfondire l'argomento vi rimando ad un interessante articolo tra astronomia e cultura su  Altrogiornale.org

⭕Sul fascino della luna su scienza e letteratura :   Stregati dalla luna. Viaggi immaginari sul nostro satellite, Bernd Brunner - Giunti editore, 2014







THE FLYING ISLANDS. By Jules Verne.
A parody by Anton Chekhov (1883)
(tradotto dal russo da France H. Jones)



Questo è tutto, signori!” disse Mr. John Lund, un giovane membro della Royal Geographic Society, mentre sprofondava in una poltrona, esausto. Tutta la sala dell'assemblea rimbombò di applausi calorosi e urla di 'bravo!' Uno dopo l'altro, i presenti si avvicinarono a John Lund per stringergli la mano. Diciassette gentiluomini, come segno del loro stupore, sfasciarono diciassette sedie causando la distorsione di otto colli, appartenenti ad altrettanti gentiluomini, uno dei quali era il capitano dello yacht “La catastrofe,” un'imbarcazione da 100 tonnellate.